L’albero del pane: storia e tradizione del frutto più amato

Manuela Titta, 06 Ott 2023
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È tempo di assaggiare il frutto autunnale per eccellenza: in questi giorni la nostra spesa si arricchisce di una piccola bontà che non solo si gusta da sola, ma è protagonista di moltissime preparazioni dolci e salate. Castagne o marroni? La differenza è evidente al primo sguardo, perché le castagne sono più piccole, a goccia, un po’ schiacciate e con una buccia più scura, mentre i marroni presentano una forma più allungata e sono più rossicci. Le castagne sono selvatiche, mentre i marroni derivano dalle cultivar selezionate nel corso del tempo.

Ricchezza e tradizione della storia passata


Le castagne hanno sfamato intere generazioni nel corso dei secoli: il mondo rurale montano ha trovato in questa preziosa risorsa un fondamentale contributo a livello nutrizionale. Le castagne sono state l’ingrediente che ha caratterizzato l’alimentazione, ma anche la tradizione, gli usi, i costumi e sicuramente la tecnica agronomica. Il grande interesse per le castagne ha permesso di operare incroci e innesti, ricavando una tipologia di pianta non selvatica sulla quale scommettere, al fine di avere un assortimento diverso e disporre di una ulteriore risorsa: i marroni. I nostri boschi hanno subito dei cambiamenti proprio in funzione di maggiore disponibilità di questi frutti: le superfici coltivate a castagneto sono aumentate con un lavoro mirato di disboscamento per la realizzazione di aree dedicate a questa pianta. Negli ultimi decenni le nostre montagne hanno visto un progressivo spopolamento, insieme ad un cambio repentino negli stili di vita e anche delle abitudini alimentari. Le castagne e i marroni sono diventate, oggi, un motivo di riscoperta di queste zone, viste le immancabili occasioni di festa che proliferano in moltissimi centri montani del nostro paese proprio in questo periodo: sagre e raccolta diretta di questi frutti sono uno degli appuntamenti più belli di ottobre

DOP e IGP

Anche qui le certificazioni non mancano e le ragioni sono semplici: quando si parla di disciplinare vuol dire che siamo al cospetto di un prodotto d’eccellenza che raccolta la tipicità, ossia l’insostituibile originalità legata esclusivamente al luogo di produzione e di provenienza. 

Siamo in Veneto, a ridosso del Lago di Garda per il Marrone di San Zeno, DOP dal 2003, un prodotto che vanta una storia ben radicata in questi luoghi:  la castanicoltura della comunità montana del Monte Baldo risale al Medioevo, con indicazioni scritte circa la raccolta e la commercializzazione. 

La Castagna del Monte Amiata IGP ha rappresentato davvero un’importante fonte di sostentamento per tutti coloro che in epoche passate disponevano di poche risorse: le indicazioni sulle norme per la raccolta risalgono al XIV secolo, a testimonianza del frutto prezioso che questa terra metteva a disposizione di tutti i meno abbienti. Grazie alla trasformazione in farina, si otteneva ‘’il pane della povera gente’’: la Farina di Neccio della Garfagnana DOP è un altro prodotto certificato, simbolo di una storia che parte dall’anno mille. Con il termine neccio si comprende la castagna e tutti i suoi derivati, andando proprio ad indicare il prodotto base per l’alimentazione di questo territorio. Castanicoltura e regolamentazione per la gestione di questi frutti sono, pertanto, i fondamentali per l’economia di questi luoghi, dove fu attentamente gestita la raccolta e la successiva produzione di farina. 

La farina: un prodotto dalle caratteristiche uniche

La facile reperibilità e la lunga conservabilità delle castagne, hanno fatto di questo frutto un alleato prezioso dell’alimentazione sostituendo spesso i cereali, eppure oggi, epoca in cui si dispone di tutto, riscopriamo il gusto della farina di castagne, un ingrediente ricchissimo di proprietà e di gusto. 

La farina di castagne è ovviamente priva di glutine, con un’elevata percentuale di carboidrati, proteine, lipidi, vitamine e sali minerali, tra cui potassio, sodio e ferro. Nelle zone montane dove la coltivazione dei cereali risultava impossibile, la farina di castagne ha rappresentato la base per moltissime preparazioni, sia dolci che salate: oggi queste ricette fanno parte del patrimonio gastronomico di questi territori e diventano un prezioso strumento di conoscenza della storia culinaria passata. 

Le gradazioni di colore della farina variano a seconda della tipologia del frutto, con una oscillazione che va dal bianco all’avorio più scuro. Anche la tecnica di essiccazione rimanda alle procedure dei secoli scorsi, quando la lenta lavorazione garantiva un prodotto finale da sbucciare e macinare a pietra, pratica ancora in voga in molte aziende che hanno mantenuto questa pratica di molitura. 

Dal bosco alla tavola

Pane, polenta, zuppe e pasta fresca: queste sono alcune delle preparazioni salate con cui possiamo sbizzarrirci partendo dalla farina di castagne. 

Il Castagnaccio è sicuramente una delle ricette più note, le cui prime notizie risalgono al XVI secolo: questo dolce tipico della regione Toscana è una torta, molto semplice e molto povera, arricchita da uvetta, pinoli e rosmarino per un sapore intenso e rustico. La reperibilità e la facilità di realizzazione permise a questa ricetta di diffondersi lungo tutta la zona appenninica, fino al settentrione. 

I necci sono delle focaccine a base di farina di castagne simili alle crêpes, che vengono arrotolate come fossero dei cannoli, per essere poi farciti con ricotta: anche questa è una semplice ricetta toscana che affonda le radici nel passato. 

Con il Montblanc le castagne non rappresentano più un cibo povero, ma vengono celebrate in uno dei dolci più complessi: questa prelibatezza è stata celebrata non solo nel ricettario più famoso, quello di Pellegrino Artusi, ma è entrata anche nella storia del cinema grazie ad autori come Nanni Moretti. La lunga preparazione ha una base fatta con la crema di marroni: si completa con panna montata e meringhe, per un sapore e una consistenza soave. Gli equilibri di questo dolce regalano sensazioni inimitabili, la raffinatezza di questa ricetta è attribuita alla tradizione piemontese, elaborata durante il periodo dei Savoia: la forma e il nome ricordano il Monte Bianco e infatti il dolce è ricoperto da panna montata proprio come ad indicare la vetta.