Ercolano e Amelia, fattucchiera che ammalia

Ercolano oltre gli scavi: Patrizio al Museo Archeologico Virtuale e lungo il percorso del Miglio d'Oro
Patrizio Roversi, 09 Giu 2010
ercolano e amelia, fattucchiera che ammalia
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L’eruzione del 79 d.C. Ha distrutto Pompei ed Ercolano ma ha costruito un mito, e soprattutto ha lasciato ai discendenti dei poveracci che son morti sotto i lapilli del Vulcano una risorsa di valore inestimabile: gli scavi, e non solo. La visita agli scavi è scontata, ma ad Ercolano c’è di più. Ed effettivamente, pur tra mille contraddizioni, gli attuali abitanti stanno cercando di valorizzare e di sfruttare positivamente le risorse storiche e ambientali inestimabili che hanno.

Sono stato ad Ercolano recentemente, a trovare il mio amico Ciro, assessore-per-caso alla toponomastica che – dopo avermi portato a mangiare una pizza strepitosa – mi ha portato al nuovo Museo Archeologico Virtuale di Via IV novembre, che offre un percorso assolutamente divertente e coinvolgente: una visita da fare, prima o dopo quella agli Scavi, che non ha nulla da invidiare alle istallazioni spettacolari dei nuovi parchi tematici alla Disneyland, con in più una serie di dati divulgativi corretti e interessanti.

Dopodichè, sempre nel raggio di pochi metri dagli scavi, c’è un altro percorso, che pochi conoscono: il Miglio d’Oro. Si tratta di una passeggiata fra le Ville del Settecento, che galleggiano ancora miracolosamente intatte (e per fortuna in alcuni casi restaurate) tra l’esplosione edilizia della città.

Ma le vere sorprese di Ercolano si scoprono andando ad esplorare le macchie di verde che affannosamente sgomitano in mezzo alle case: si tratta di vere e proprie aziende agricole, orti, campi e case coloniche, ormai inglobate dal centro cittadino. Si tratta di irriducibili amanti della propria terra, che hanno racimolato quel che restava di eredità suddivise tra mille fratelli o cugini, e ora difendono con i denti piccole ma pregevolissime produzioni di vino o pomodori, in un terreno reso fertilissimo dal Vulcano. Molti offrono anche ospitalità ai turisti, tramite agriturismo o bed & breakfast.

Ma da Ercolano parte soprattutto la strada che porta al Vulcano, passando per il Parco Nazionale. Man mano che si sale sui tornanti, si diradano anche le tracce di degrado urbanistico, e si arriva ad un paesaggio meraviglioso, in un posto che non ha nulla da invidiare ai boschi del Trentino, sia pure in un clima ben diverso e migliore. I cancelli della Riserva naturale proteggono una foresta intatta, fatta di lecci, pini, castagni, aceri. Si può fare a piedi, ed è una bellissima passeggiata: salendo, dopo il bosco, c’è la vegetazione vulcanica più rarefatta: licheni e ginestre. Io ci sono stato all’inizio dell’estate, in tempo per la fioritura delle ginestre: uno spettacolo pazzesco. Non ho visto le orchidee, ma Ciro mi assicura che ci sono…

E a mezza costa, sul Colle Umberto, c’è il vecchio Osservatorio. Non ho il tempo di descriverlo, solo di consigliarvi caldamente una visita. Non è un vecchio museo polveroso, è uno spaccato di storia (geologica ma soprattutto culturale). L’ha costruito e inventato nel 1841 un fisico (Macedonio Melloni) che poi è stato licenziato dai Borboni perché troppo repubblicano… E poi, naturalmente, c’è il cratere, con le Guide che ti raccontano la storia del Vulcano, in un’atmosfera irreale, dove non sai più se sei al mare o in alta montagna. E’ incredibile la bellezza di questi posti, così come sono incredibili le contraddizioni che controbilanciano la loro perfezione: in uno dei posti più belli del mondo, c’è praticamente una città mezza abusiva… Ma sopra a tutto aleggia sempre la saggezza filosofica partenopea, che rimanda comunque alla inesorabilità del Destino: non si deve nemmeno chiedere se il vulcano un giorno o l’altro erutterà, né se i piani di evacuazione di quasi un milione di persone hanno un senso. Questo è un dato certo (cioè è certo che il Vulcano prima o poi scoppia, e che i piani di evacuazione sono inadeguati). Ci si può solo chiedere quando. Come la morte, che prima o poi arriva per tutti, per cui… carpe diem, in un posto che è l’inno alla vita, dove uomini, pomodori e case crescono rigogliosissimi e vivono apparentemente felici e contenti, in attesa della catastrofe annunciata…

(Vai con la musica! Suggerisco mandolini tristi.) Patrizio