Isole di Cres di Cherso e Losinj di Lussino in Croazia…

Due mete per chi ama la natura, il silenzio e le spiagge solitarie
Scritto da: Ager
isole di cres di cherso e losinj di lussino in croazia...
Partenza il: 11/07/2013
Ritorno il: 28/07/2013
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
18 giorni per esplorare la natura di Cres e Losinj, tra bellissime spiagge deserte da raggiungere camminando ( a volte non poco.. ), o via mare, in canoa o con mezzi a motore. Una vacanza tra daini, faine, grifoni, delfini e tanti altri animali. Un salto indietro nel tempo, dormendo in case contadine di minuscoli villaggi con pochi e gentilissimi abitanti. Bagni in acque limpidissime, dalle più svariate gradazioni di colore. Rigeneranti ed economiche cene a base di pesce nei ristoranti in riva al mare. Ma anche i racconti delle persone, con spaccati di vita relativi alla tragedia della guerra di Jugoslavia degli anni ’90.

Ritorno a Cres dopo molti anni, stavolta molto più informato, soprattutto grazie ad Internet, che effettivamente ci ha cambiato la vita. Condivido il viaggio con Marina.

Partiamo, senza alcuna prenotazione, con l’idea di alloggiare in appartamenti, spostandoci nel corso del viaggio. All’inizio di luglio non dovrebbero esserci problemi di ricettività.

L’arrivo a Porozina, uno dei due accessi a Cres con traghetto, è sotto la pioggia.

Decidiamo di dirigerci a Beli, dove arriviamo verso le 22. data l’ora e la stanchezza accettiamo di trascorrere la notte nella topaia sopra il ristorante del villaggio.

Il giorno dopo ci sistemiamo dai nostri omonimi Riccardo e Marina, che ci affittano per 60 euro al giorno un appartamento veramente bello, fresco e con un tavolo all’aperto che dà su un paesaggio straordinario di mare e verdi rilievi. Cenare qui, nel silenzio, con tanto Mediterraneo che ci avvolge, mette addosso una pace leggera, insieme al desiderio di non andarsene più.

Beli è graziosissimo, appollaiato su una rocca. Ogni casa ha il suo antico pozzo, la cui acqua è la stessa che si utilizza ancora oggi per uso domestico. È molto gradevole passeggiare la sera per le stradine in salita, fino alla piazzetta della chiesa, dove i bambini giocano vociando sotto un grande albero.

La gente del posto è molto gentile e sorridente. Gli abitanti di Beli, tra cui diversi italiani, vanno molto orgogliosi della vivibilità del loro paesetto. È scritto persino sulle tovaglie di carta del già citato ristorante, dove si dorme male, ma si mangia onestamente: “a Beli c’è tutto quello che puoi desiderare“.

Effettivamente Belj è una realtà particolare dell’isola, e ha anche una sua storia molto interessante.

Per chi volesse approfondire, si possono trovare notizie storiche, geografiche, e sulla popolazione di Belj, Cres, ed altri luoghi della Dalmazia, oltre che sulle consuete guide turistiche, in un bel libro di Alessandro Marzo Magno, edito da Il Saggiatore: “Il leone di Lissa. Viaggio in Dalmazia“.

Per notizie più specifiche su Cres e Losinj, si può trovare negli uffici turistici delle due isole una buona guida turistica, di Nadir Mavrovic, intitolata “ Cherso e Lussino. Passeggiata sulle isole, isolette e scogli“.

Da Belj percorriamo a piedi un lungo sentiero che conduce a Frantin, un villaggio abitato soltanto da un pastore ubriaco, con la sua donna poliomielitica. La cartina acquistata all’azienda di soggiorno di Cres, il capoluogo dell’isola, si dimostra poco affidabile. Sembrerebbe un percorso breve, invece tra andata e ritorno cammineremo dalle 9 alle 13,30, per un totale di 4 ore e mezzo, pur con diverse soste per osservare e fotografare, all’ombra di meravigliosi boschi di querce, animali particolari come l’algiroide magnifico, il colubro carsico ( serpente gatto europeo ), i cervi volanti…

L’isola è veramente piena di animali. Soltanto nei primi 4 giorni della nostra permanenza, abbiamo visto una decina di daini, 3 faine, una lepre, un coniglio selvatico, e una gran quantità di uccelli, tra cui vari tipi di falchi, una ghiandaia marina, cormorani, e il mitico grifone.

Per ammirare quest’ultimo ci siamo fatti condurre in barca dai nostri omonimi ospiti, per 30 euro in due. Tra le scogliere a picco ne abbiamo scorti diversi, che sono anche riuscito a fotografare decentemente, nonostante il gran rollio della barca. Uccelli maestosi, dall’aria inquietante, ma anche tenera. Purtroppo il centro per il recupero degli esemplari feriti è stato trasferito, di recente, altrove, pare per “motivi politici“. Tutto il mondo è paese…

Lungo la costa si incontrano diverse spiagge di sassi bianchi. Ne esploriamo alcune, di queste spiagge, con la barca degli omonimi, e successivamente con la canoa indiana presa a noleggio al porticciolo di Beli, da una ragazza bella e simpatica. Ci facciamo un giro di una mezza giornata tra una baia e l’altra, strapazzandoci di sole e nuotate. Limpida e pulita l’acqua, bagni gradevolissimi. Un po’ modesti i fondali, ma troviamo due belle stelle marine, di un marrone intenso, puntinato dai colori più vivaci. In una di queste spiagge solitarie, mangiamo all’ombra di un bosco di ulivi e fichi, su un tavolo abilmente improvvisato da Marina con i residui di tavole di legno, trasportati a riva dalle onde. Le cicale cantano fino allo sfinimento durante e dopo il nostro pranzo, a base di pomodori e pecorino di Pag.

Nei dintorni di Beli vi sono diverse mulattiere che portano ad antichi villaggi, ora abbandonati. Ne percorriamo uno in macchina, dopo aver visitato la grande e secolare quercia di San Pietro. La povera Hyundaj i 20, nonostante il suo muso piuttosto basso, ci trasporta sulla mulattiera fino a Niska, attraversando boschi freschi e silenziosi, popolati da daini che in più occasioni ci tagliano la strada al galoppo. Il villaggio è descritto come un paese delle fiabe, ma è anche un po’ da film horror, con le sue case che paiono bombardate, sventrate dalla furia del tempo e dell’abbandono. Eppure, tra le macerie, trovano riparo le pecore, che la maggior parte dei pastori lasciano scorrazzare libere sull’isola. Animali dolci e timorosi, al nostro arrivo fuggono terrorizzate, con gran fracasso saltellando tra le travi abbandonate al suolo.

È uno spettacolo anche ammirare i loro salti tra le rocce, dove si arrampicano con destrezza di free climbers. Bisogna fare attenzione, però, a non trovarsi troppo sotto le loro evoluzioni. Evitare, quindi, le spiagge a ridosso di strapiombi. A noi, su una di queste spiagge, è capitato che alcune pecore, saltellando sopra le nostre teste, scaricassero parecchie pietre che solo per un caso fortunato non ci hanno colpiti.

Lasciamo Belj con nostalgia dopo 4 notti e ci dirigiamo a sud, senza fare sosta a Cres, il capoluogo dell’isola, peraltro già visitato un po’ sommariamente nei giorni precedenti. Cittadina molto graziosa, in stile veneziano, ricca di monumenti, gradevole da percorrere. Il centro della vita ruota intorno al Mandracchio, l’insenatura creata dal mare intorno a cui sorgono i principali edifici pubblici, i negozi, i ristoranti e le bancarelle delle donne che vendono i prodotti dei loro campi, soprattutto olio, miele, grappa, frutta e verdura. È un piacere comprare perine piccole e dolcissime, insieme a monumentali pomodori, da queste tenacissime signore. Il pecorino di Pag, considerato il migliore di tutta la Croazia, lo compriamo nel negozio all’angolo della piazza.

Quanti ricordi di precedenti viaggi in quel sapore intenso di pecora isolana, che bruca tra i pascoli salmastri dell’isola erbe aromatiche come la salvia, il timo e l’assenzio!

Pag è un luogo del cuore…

Troviamo casa a Podol. Nel villaggio vivono 7 persone, tra cui una tedesca molto alternativa, che insieme al suo compagno vende gelato di fichi secchi e biscotti alla salvia ed altri aromi, tutte specialità da lei inventate e prodotte in esclusiva. Chiunque percorra la stradina stettissima che va verso Lubenice, si trova qui a Podol di fronte ad un gelso che divide in due la strada. Nel rallentare è inevitabile che caschi l’occhio sulla freccia di legno che indica che in questo nulla è possibile mangiare un gelato al fico, e molti si fermano. Poi da cosa nasce cosa, e si incontra assai fortunosamente la padrona dell’unica casa in affitto del villaggio, che è qui per caso ed è in procinto di tornare a Cres. Come non accettare di trascorrere i prossimi tre giorni nella casa della nonna anni ’50? Mobili vecchi e massicci, soprammobili retrò, quadri di santi e madonne alle pareti… il tutto in un fresco e un silenzio impagabile, tra profumi di fichi e more di gelso.

Si sta così bene, in quesrto paesetto di 7 abitanti, grazie a noi adesso nove, che decidiamo, poi, di restare ancora due notti, oltre alle tre previste. La padrona di casa si commuove quando le chiedo se sia possibile prolungare la nostra permanenza nella casa della nonna anni ‘50, che è poi sua madre morta due anni fa. Non smette di ringraziarmi al telefono, perché per lei è bellissimo che qualcuno qui si trovi bene, cogliendo lo spirito del luogo. Nell’entusiasmo decide di non aumentare la tariffa che ci ha fatto di 45 euro al giorno, dato che nel frattempo sono scattati i prezzi dell’alta stagione.

Podol, pur essendo fuori dal mondo, si trova in un luogo strategico per scendere a Valun o salire a Lubenize.

Valun è un delizioso paesetto sul mare, poche case disposte ad anfiteatro, niente automobili, acqua limpida per ottime nuotate, negozi con giornali italiani, 3 ristoranti dove finalmente si trova una cucina a base di vere grigliate. Non so perché, ma sia a Cres che a Belj, la carbonella spesso, nei ristoranti, cede il posto alla piastra sul gas. Qui a Valun, invece, si mangia assaporando quel sapore speciale che la legna di questi boschi conferisce al cibo…

Lubenice (si pronuncia Lubenizze) è arroccato a strapiombo sul mare. Si respira un’aria magica, irreale, nel minuscolo e antichissimo villaggio, dominato dal campanile della chiesa gotica del XV secolo.

La magia culmina nella notte trascorsa in spiaggia, dopo una discesa assai ripida di una quarantina di minuti, tra boschi e ghiaioni a perdifiato.

Spiaggia di sassi piccoli e rotondi, con dietro la boscaglia mediterranea e la ripida parete rocciosa di 400 metri strapiombanti e contorti. Il mare è di una trasparenza rara, e ci accoglie fresco, rigenerante, dopo la dura strapazzata della discesa, stracarichi del necessario per trascorrere la notte.

Notte insonne per via del vento che strapazza il soleil. Purtroppo siamo senza tenda, ma in fondo è andata meglio così. Dormire poco ci ha permesso di riempirci gli occhi di quel cielo terso, immenso, pieno di stelle, e di assistere allo sfrecciare di diverse meteoriti, sperando portino fortuna…

Il sorgere del sole fa passare ogni desiderio di risalire, i colori del mare e la bellezza solitaria della spiaggia sono come le sirene di Ulisse. Commettiamo così l’errore di muoverci troppo tardi, verso le 11, ed il ritorno si rivela un mezzo calvario di caldo e sudore. Ma ne valeva la pena in ogni caso, era tanto che non provavo sensazioni così intense.

Da Podol si arriva a piedi a Zbicina, seguendo un sentiero che non è un granchè, per giunta infestato dai ragni. Si arriva al villaggio in una quarantina di minuti e ci si possono togliere le ragnatele di dosso spruzzandosi l’acqua di una fontanella vicino alla chiesa, purtroppo frequentata da minacciosissime vespe. Dopodichè, su indicazione della gelataia dei fichi, si va a cercare la casa di Giorgia e Teresa. Il caso ci fa incontrare la seconda, che smette di consumare la sua cena per farci assaggiare, comodamente seduti in soggiorno, del malvasia con formaggio e pane, tutto di sua produzione. Una squisitezza unica. Si torna a casa dalla strada asfaltata, leggeri e contenti. Esiste ancora un mondo ospitale. Teresa ci ha fatto un’ ottima impressione, con la sua capacità di accogliere e mettere l’ospite a suo agio. Non ha voluto niente per la cena. Domattina ( 21 luglio ), prima di partire per Losinj passeremo ad acquistare i suoi prodotti. Non prima delle 10 e mezzo, però, perché alle nove tutto il paese (una dozzina di abitanti) andrà a messa a Lubenice. Gli abitanti dell’isola sono molto religiosi e praticanti.

Giorgia e Teresa affittano anche camere ed appartamenti. Da tenere presente. Da considerare, però, che il villaggio è un po’ aggredito dal sole.

Da Podol si raggiungono, non proprio in un attimo, anche le spiagge di Orlec e di Plat.

Orlec (si pronuncia Orlez) si trova ad una decina di km da Podol. La spiaggia si raggiunge a piedi dopo ripida discesa di una decina di minuti. Poca roba rispetto a tante altre spiagge, ma ancora una volta si ribadisce il concetto che la bellezza di Cres bisogna meritarsela.

La spiaggia è sormontata da rocce strapiombanti, dove si annidano i grifoni. È l’inizio di un tratto di costa con strapiombi, per certi versi simile al paesaggio che si era visto a Beli dalla barca.

Ci andremo due volte. La prima alla ricerca vana di un sentiero che ci conduca sui roccioni a picco sul mare, nella speranza di sorprendere i grifoni in volo. Tentativo impossibile, perché oltre i muretti di pietre che si devono faticosamente scavalcare, vi sono tratti di macchia mediterranea, fatti di arbusti verdissimi e spinosi, talmente inspidi da rovinare braccia e gambe, e comunque invalicabili.

L’avventura è in ogni caso bellissima, perché il luogo è veramente selvaggio, natura incontaminata. Tra le stoppie e i cardi ci si imbatte in una concentrazione inimmaginabile di insetti dai colori e dalle forme più varie. Diverse specie di cavallette, alcune di un’eleganza a dir poco raffinata, soprattutto in volo. Farfalle, coleotteri di un verde sfavillante. E ragni. Enormi, di svariati tipi. Che catturano tutto quello che si imbatte nelle loro reti. Ne fotografo diversi e provo orrore zoomando nel dislay della macchina forografica nell’osservare i particolari dei loro corpi minacciosi.

L’odore di salvia selvatica, che cresce abbondante tra le pietre e gli sterpi, è inebriante.

Stupendo, in generale, l’odore dell’isola. Si potrebbe visitarla bendati e riconoscere i luoghi dagli odori.

La seconda volta di Orlec ci decidiamo finalmente a scendere nella minuscola spiaggia, con un mare trasparente e colorato a macchie di varie gradazioni tra il verde e l’azzurro, come la tavolozza di un pittore.

Plat è più lontana e non facile da raggiungere. Senza questa approfondita e accattivante relazione scaricata da Internet ( http://www.ebnitalia.it/Qb/QB012/cherso.htm ) non ci saremmo mai arrivati, anche perché nelle diverse pubblicazioni sull’isola che abbiamo non vi è alcun riferimento a questa località con le rive sassose e i fondali di sabbia.

Bisogna scendere oltre Vrana ed oltre Belej, per arrivarci. In corrispondenza del primo bivio della strada principale per Ustrine, la cui spiaggia è 400 metri di dislivello sotto il paese, fattore che ci induce a pigra ma legittima rinuncia, si deve prendere sul lato opposto una strada sterrata priva di ogni indicazione. Una decina di minuti di sofferenza per l’automobile e si raggiunge un paesetto oltre il quale non si può procedere in macchina. Di qui parte il sentiero, veramente piacevole, per Plat. Il percorso, praticamente in piano, attraversa campagne molto gialle, popolate dai soliti numerosissimi insetti, tra cui vi sono delle cavallette color smeraldo che finora non si erano mai viste. Si respira un’atmosfera molto serena, ancora una volta un salto indietro nel tempo, ed un’immersione intensa nella natura.

L’arrivo al mare chiude un po’ lo stomaco per via dei tanti rifiuti abbandonati in spiaggia, o forse trasportati dalle onde e dalla marea, ma apre il cuore e lo spirito per la bellezza della costa, e per il sorgere della luna tra voli di sterne e gabbiani.

Si cena poi a Belej, sulla via del ritorno, dove si trovano due ristoranti che cucinano soprattutto piatti di terra, tra cui il maiale allo spiedo e il ragù di agnello. Facciamo uno strappo alle nostre regole vegetariane… buono il maiale, più discutibile il ragù di agnello.

Lasciare l’isola di Cres mette tristezza. La proprietaria della casa di Podol si presenta col marito e dei biscotti in dono per salutarci. Facciamo lunga conversazione. La signora, come tutte le persone oltre i 50 anni, parla bene l’italiano. Non ha frequentato la scuola italiana come sua madre, ma in casa ha sempre praticato il bilinguismo: italiano e croato. Probabilmente questo predispone all’apprendimento delle lingue, perché quasi tutti in Dalmazia si arrabattano con successo a parlare le lingue più svariate.

Signora e consorte, il tipico omone dai tratti slavi, molto virili e marcati, ci mostrano le foto degli antenati, coloro che hanno costruito, pietra su pietra, la casa in cui abbiamo soggiornato. Si susseguono, nei discorsi, racconti della vita di una volta, quando ogni gruppo di villaggi era autosussistente, perché non c’erano strade di collegamento neanche col capoluogo dell’isola. Si lavorava tanto solamente per sopravvivere, per il pane quotidiano. Con la costruzione delle strade, l’industrializzazione, il prolungamento degli studi, i giovani hanno iniziato ad abbandonare la campagna, ed i villaggi sono caduti in rovina. Chi ancora vi abita è anziano, ed agli anziani non succederà nessuno, se tutto continua così.

Provo molta commozione quando si arriva a parlare della guerra che ha disgregato la Jugoslavia negli anni ‘90. A Cres non si è combattuto, ma anche qui è arrivato, inaspettato e furioso, il demone dell’intolleranza inter etnica. Sull’isola vi sono croati, serbi, bosniaci, cattolici, ortodossi, ebrei… fino a quel momento queste diversità non avevano costituito il minimo problema, ed improvvisamente sono diventate fonte di separazione e di discriminazione. E allora quel tale è croato, ma quell’altro può essere pericoloso perché è serbo, meglio non parlargli più, chiudere i rapporti… speriamo che se na vada, non ci si può fidare, e poi cosa diranno gli altri se mi vedono parlare con lui? Una situazione tragica ed assurda, raccontata con dolore e non ancora sopito stupore da chi l’ha vissuta. Difficile trovare una spiegazione per quanto è accaduto. I nostri due ospiti dichiarano di non essere in grado di farlo…

Torniamo a Zbicina, prima di dirigerci a Sud. Teresa ci accoglie anche oggi nella sua bella casa, e ci offre uno sciroppo che lei stessa produce coi limoni di Lussino. Tra una chiacchiera e l’altra anche di qui non si riesce a venir via. Io e Marina tentiamo di spostare il discorso sul formaggio, il vino, l‘olio e la grappa che vorremmo acquistare, ma Teresa rimanda, ci presenta la lucidissima madre ottantenne, sembra che non voglia dare importanza agli affari, finchè non si decide a tirar fuori una caciotta di pecora, che si rivelerà squisita, e le varie bottiglie che le avevamo richiesto. Al momento del conto – non c’era da dubitarne – il prezzo è più che onesto.

Andarsene da Cres è sempre più un’impresa. Lo dicevano anche i miei amici, quando intorno ai vent’anni si facevano i primi viaggi con le automobili sottratte ai genitori: “ con Riccardo non si arriva mai… “. La strada per Lussinj scorre veloce, ma io devo tentare di placare almeno in parte una mia ossessione. Il Lago Vrana è un rovello tra il piacevole ed il tormentoso che non mi abbandona. Si tratta di uno specchio d’acqua profonda e purissima, collocato al centro dell’isola. Vederlo dall’alto è uno spettacolo, con i suoi riflessi caraibici lungo le sponde. Purtroppo non vi si può scendere, perché rifornisce tutta l’isola con la sua acqua incontaminata, e quindi è sacro agli abitanti, che ne proteggono gelosamente l’accesso, che si trova un duecento metri di dislivello sotto la strada ed i pochi villaggi che lo circondano. I trasgressori rischiano reprimende e multe terribili.

La fantasia lavora, il desiderio di poter toccare quell’acqua miracolosa è così forte da immaginarsi di fronte al plotone d’esecuzione ed esprimere come ultimo desiderio quello di poter scendere al lago…

Facciamo sosta al paese di Vrana, sperando di trovare un umano compiacente, che ci sveli come raggiungere il paradiso perduto. Ma il paese appare deserto, sotto il sole di mezzogiorno non si odono “ parole che dici umane “. Facciamo sosta vicino ad un edificio dove hanno nidificato delle rondini. Mentre le fotografo accade non il miracolo sperato, il lago resterà avvolto nel suo mistero, ma è comunque bellissimo che si sia aperta una porta e di nuovo qualcuno ci abbia ospitati e nutriti. Stavolta si tratta di una coppia di vranesi, fratello e sorella, emigrati da tempo negli Stati Uniti. tutte le estati tornano al loro paese di origine, dove ormai vivono soltanto 4 o 5 persone. Io e Marina tentiamo di opporre resistenza, ma come si può dire di no al formaggio di Pag con la verdura e la frutta dell’orto?

Accettiamo anche del vino, con l’idea che dopo due bicchieri avrei dato il meglio di me al volante…

Col bere scorrono le parole. I due hanno viaggiato e lavorato in diversi luoghi del mondo. Lui, Nicolao, infaticabile settantenne, non è ancora in pensione. Ha un’aria molto gradevole e positiva, da american style rivisitato e reso più umano da radici europee. Lei, Tereza, in pensione c’è andata, ma si porta dietro da anni la sua croce, il figlio morto nella tragedia dell’11 settembre.

Non facciamo domande, perché quando Tereza accenna all’episodio, trattiene a stento le lacrime.

Vorrei tanto saperne di più, ma ci siamo appena conosciuti, potrei sembrare il turista curioso che trasforma anche le altrui disgrazie in luoghi esotici da vivere e consumare come si trattasse di una cena o la scoperta di una nuova spiaggia…

Curioso, comunque, come in questi luoghi così sperduti si incrocino episodi importanti della storia del Mondo. Nell’arco di un paio d’ore abbiamo avuto due testimonianze dirette della guerra dei primi anni ’90 tra i paesi della ex Jugoslavia, e dell’attentato dell’11 settembre 2001. La Storia è come la sabbia portata dal vento, in grado di infilarsi dappertutto, di coinvolgere e talvolta annientare persone, prive di ogni colpa, che vivono nei luoghi apparentemente più isolati e tranquilli.

Il Lago Vrana può essere anche intravisto seguendo un percorso circolare intorno alle sue sponde, sempre rimanendo alti e ben discosti dalle sue acque. La cosa è comunque da non fare. Il tratto da Grmov a Podol, visto sulla cartina, sembrerebbe fattibile, una strada bianca piuttosto ben marcata. Invece ci si ritrova a tratti in un sentiero stretto e pieno di enormi buche, dove non so ancora adesso come siamo riusciti a non sfracellare il fondo e le sospensioni dell’eroica Hjunday I 20. Esperienza da sudare e tacere un’ora intera per la tensione, tra l’altro neanche un po’ appagante come panorama sul lago, dato che il percorso è quasi completamente nel fitto di un bosco inquietantemente solitario.

L’arrivo a Losinj, all’inizio non è esaltante. Dopo 10 giorni vissuti in una dimensione di solitudine nella natura incontrastata, Mali Lussinj con i sui 7000 abitanti appare come una metropoli rumorosa, e per tutto il primo giorno si ha la sensazione che il viaggio abbia perso di purezza e poesia. Ci stabiliamo, cmq, per 4 giorni a Veli Losinj, che di abitanti ne ha un migliaio. Sempre troppi, ci sembrano. E l’appartamento che troviamo da affittare per 45 euro al giorno, più un forfait di 20 per le pulizie finali, non è certo la casa di Podol. Qui vi sono altri turisti, ognuno col suo tavolo all’ombra, e la padrona di casa sta proprio nell’appartamento della porta accanto, e ci cura con gentilezza ansiosa. Si preoccupa che non ci siano problemi, che tutto vada bene, probabilmente teme giudizi negativi che potremmo esprimere all’agenzia al momento del pagamento. Fortuna che ci sono tre gatti neri, piuttosto spelacchiati, ma socievoli, con cui approfondiremo l’amicizia offrendo loro, bella idea e abitudine di Marina, saporite croste di formaggio di pecora ed altri avanzi di cibo.

Quasi tutti i gatti dell’isola sono neri. Ne parliamo con la padrona di casa, complimentandoci per l’assenza di atteggiamenti superstiziosi, che ancora in Italia sopravvivono, da parte degli abitanti di Cres e Lusinj. La signora se la ride sotto i baffi e la barba, fatti di peli bianchi corti ed inspidi, cui evidentemente è ormai affezionata. Assume l’aria di chi è superiore a certe cose, e sembra un po’ Margherita Hack, che parlando di magie e superstizioni, spesso diceva nel suo tenacissimo fiorentino, inalterato dopo un’intera vita trascorsa lontano dalla sua città: “ codeste son tutte baggianate! “.

Anche il mare di Losinj è tutt’altro che una baggianata. Limpido, talvolta azzurro, altre volte verde dei riflessi dei boschi di conifere, di cui l’isola è piena, e che ne rappresentano una caratteristica importante.

Percorriamo, nel tardo pomeriggio, il sentiero ormai solitario che dalla baia di Rovenska, a Veli Losinj, conduce alla spiaggia di Kriska. È possibile andare molto oltre, in teoria compiendo l’intero giro dell’isola, e visitandone tutte le spiagge. Data l’ora e la fame, non proseguiamo oltre Kriska, molto bella, per quanto un po’ scomoda, con i suoi pietroni irregolari.

Il giorno successivo facciamo un altro percorso a piedi. Partendo dall’affollata spiaggia di Cicat, a Mali Losinj, camminando quasi due ore, seguiamo un itinerario che diventa molto wild dopo Borik, e raggiungiamo la solitaria Cuanguski, nelle cui acque così trasparenti da permettere di ammirare fondali di 20 e più metri, facciamo un meritatissimo bagno.

Sulla via del ritorno ci affianca un tedesco ubriaco di birra, che non ci molla per quasi tutto il percorso, rivolgendoci domande e discorsi sconclusionati in inglese. Fortuna che troviamo la scorciatoia che ci permette di tagliare la penisola con la chiesetta di Santa Annunziata, a cui si raccomandavano i marinai e soprattutto le loro donne, prima di avventurarsi al largo. Ci risparmiamo un bel pezzo di strada, e ci lasciamo indietro il tedesco che nel frattempo ha raggiunto la sua automobile, parcheggiata nei pressi di un superalbergone che domina minacciosamente un tratto di costa.

Bello anche il percorso in automobile nell’interno dell’isola, che si conclude a Mrtvaska con una discesa a perdifiato che conduce al mare. Vi sono assolati punti panoramici, che danno su tutta l’isola. È possibile, con un po’ di fortuna, ammirare il volo dei falchi, mobbati dai gracchi corallini.

Il porticciolo di Veli Losinj è molto gradevole e vivibile. Nell’insenatura si riflettono le case colorate, tra le barche e i gabbiani. In un edificio si trova il museo del mare, con molte informazioni sui delfini che nuotano nel mare di Losinj. Sono un centinaio e vengono protetti e tutelati dai ricercatori, che li conoscono uno ad uno, e ad ognuno hanno anche assegnato un nome proprio.

Animali, o forse “ persone non umane “, secondo una recente definizione di Danilo Mainardi, veramente simpatici e adorabili. Nelle acque dell’isola è possibile vederli nuotare.

Facciamo due tentativi. Il primo con un’escursione di gruppo sulla Happy Boat, barca economica, 25 euro a persona, e confortevole, con pranzo a bordo. Certo un po’ affollata. Al momento della partenza rimpiango di essermi imbarcato con tutte quelle famigliole di turisti, con le quali ci toccherà contenderci gli spazi, e limitare i nostri movimenti. In particolare gli italiani mi appaiono poco simpatici.

Già alla prima sosta con bagno nelle acque della disabitata isola di Oruda, le cose iniziano a cambiare. L’acqua è di uno straordinario turchese, col fondale sabbioso movimentato da tanti pesci e qualche calamaro che si muove radente alla sabbia. Un bagno così ricordo di averlo fatto di recente solo a Lampedusa e in pochi altri luoghi. La gioia di nuotare, felici come bambini, in quelle acque luminescenti affratella il popolo degli sconosciuti, ed i compagni di viaggio iniziano ad apparirmi persino simpatici.

Il secondo bagno, di fronte ad altre isole disabitate, in acque altrettanto meravigliose, predispone bene per il pranzo a base del più economico dei pesci azzurri, lo sgombro. Cucinato alla brace è comunque buonissimo, esalta quel sapore di mare che si ha in bocca dall’inizio della giornata. Non importa se trovo un capello del cuoco tra le carni del pesce, vado avanti a mangiare a oltranza, fino al bis che condivido con Marina, mentre il corpulento e pelosissimo svizzero seduto in fondo alla barca, come uno squalo addenta e divora un bis e un tris…

Il caffè sulla piccola, ma abitata isola di Ilovik, scende come una catarsi nello stomaco provato dal sapore forte dello sgombro. Si respira un’aria di pace totale su quest’isola. Dev’essere bellissimo trascorrervi qualche giorno. La cosa è anche possibile, perché ci sono appartamenti e camere da affittare. Passeggiando in riva al mare ci imbattiamo in un cormorano molto tranquillamente posato su uno scoglio. Mi permette di avvicinarmi per fotografarlo. Mai arrivato così vicino a un cormorano, evidentemente qui nessuno fa loro del male…

I delfini però si sono appena intravisti e così decidiamo di metter mano al portafogli, depositando 120 euro direttamente nelle mani di Karlo Asl. Ci è stato raccomandato al museo del mare, come esperto di delfini. Combiniamo di farci condurre da lui tra i cetacei. Saremo i soli sulla barca e questo è uno stimolo non da poco.

Cerchiamo Karlo sul molo, l’appuntamento è per le 10. Non avremmo mai supposto che potesse essere quel giovane con l’aria da turista, tutto vestito di bianco, con in testa un largo cappello bianchissimo di cotone.

Saliamo un po’ perplessi sulla sua piccola ma confortevole imbarcazione, ma ogni dubbio viene poi fugato dalla sicurezza di Karlo nel condurre la barca verso la Punta Croce di Cres. Qui i delfini nuotano, saltano, giocano. Talvolta vengono così vicini da sentirne il pesante respiro. Scattare foto è tutt’altro che facile, peggio anche della caccia ai grifoni. Tra le onde di Belj la barca rollava, ma almeno i volatili stavano fermi, appollaiati saldamente sulle rocce. Qui è tutto in movimento, i delfini appaiono e scompaiono, con un andamento per giunta irregolare. Alla fine della strenua lotta, comunque, qualche foto buona è stata scattata. Per chi volesse cimentarsi nell’impresa, consiglio di utilizzare un teleobiettivo. Pare che talvolta si sia così fortunati da poter ammirare i cetacei a pochi metri dall’imbarcazione, ma a noi non è capitato, e senza il mio 300 mm con moltiplicatore 0,4 x, non sarei riuscito a combinare un granchè. Lo stesso vale, ancor più, per le foto ai grifoni.

A Veli Losinj, oltre all’insenatura del porto, c’è anche la baia di Rovenska, un tranquillissimo fiordo, con tre graziosi ristoranti. Nell’ultimo, il “ Mol “, quello più vicino al mare, ci siamo trovati benissimo. Il menu è abbastanza vario e il pesce alla griglia viene cucinato all’esterno. La fortuna ha voluto che trovassimo libero il tavolino più appartato ed è stato un piacere romantico mangiare col dolce sciabordio delle onde tra gli scogli a pochi metri di distanza da noi, nel fresco, e con l’odore del mare.

Punta Kriza ( Croce ), viene descritta dalla guida come un luogo pressochè disabitato, immerso in una natura selvaggia, con un mare tra i più belli, ed insenature con una loro specificità, che accolgono spiagge diverse da quelle del resto dell’isola. È un fuori programma, saremmo già dovuti rientrare in Italia, per giunta facendo una puntata verso i laghi di Plitvice. Ma tornare a Cres, per completarne la visita, è un’attrazione irresistibile.

Prima di abbandonare Losinj, facciamo sosta a Nerezine, dove ci si può rifornire anche di gpl, unico distributore dove sia possibile trovare questo tipo di carburante tra Cres e Losinj.

Sempre a Nerezine preleviamo col bancomat. È buona cosa farlo qui perché poi, per parecchi chilometri, non si incontrano altri sportelli.

Diamo un’occhiata ad Osor, dove c’è il ponte che congiunge Cres e Losinj. Graziosissimo paesetto, con tante statue di bronzo sul tema della musica, dato che qui in estate si svolge un festival di un certo livello. Vi sono anche un paio di ristoranti. Proviamo quello che si trova vicino al ponte. Nel rapporto prezzo-qualità è il meglio che si sia trovato in tutta la vacanza. Con una dozzina di euro a testa mangiamo ottimo pesce, in porzioni generose.

Poi, finalmente, si imbocca la stretta strada che conduce a Punta Croce.

È il 25 luglio, la ricettività della zona non è molto abbondante, tranne per chi ha intenzione di campeggiare. Per gli amanti della tenda c’è infatti un enorme camping, con un grande spazio anche per i naturisti.

Chi come noi cerca un appartamento, in questo momento dell’anno ( 25 luglio ) qui rischia di non trovare più niente. E infatti ne resta libero soltanto uno di appartamento in tutta la zona, molto vicino alla chiesa del paese, che affittiamo al volo per 50 euro al giorno.

I nostri ospiti sono due sessantenni in pensione, molto gentili e caratteristici. La signora parla un italiano perfetto, che utilizza con una certa arguzia ed efficacia affabulatoria. Suo marito ci offre subito una birra e si mette a conversare di Tito, Togliatti, Pertini e Berlinguer. È un vecchio comunista, appassionato di storia. Segue moltissimo Rai Storia e non si perde un documentario sulle vicende storico politiche degli ultimi decenni.

La signora, invece, ci racconta di quanto fosse spaventoso e al tempo stesso strano vedere quelle enormi navi, cariche di soldati, andare al fronte per combattere contro i serbi: “ una scena da fantascienza, la sensazione di sognare ad occhi aperti… è proprio qui che si svolge la guerra? Come è possibile? Si andava tanto d’accordo, con Tito non sarebbe accaduto…. “

Poi arrivano amici che vengono subito fatti sedere al tavolo all’ombra del fico, e la birra inizia a scorrere a fiumi. Qui è ancora come una volta, non c’è bisogno di programmare gli incontri, ci si presenta direttamente. Un’abitudine che abbiamo ormai perso, non saprei se nel bene o nel male.

L’appartamento, comunque, non è il massimo. È molto spazioso, ma il bagno è esterno e soprattutto mancano le zanzariere alle finestre, per cui bisogna prendere molte precauzioni per non ritrovarsi divorati dalle zanzare. La gentilezza dei proprietari, però, sopperisce a certe mancanze. Prima della partenza, ci ritroveremo perfino l’automobile lavata. Era ormai di un marroncino uniforme per la terra che la ricopriva in seguito ai numerosi sterrati percorsi…

Dalla strada stretta e asfaltata che taglia in due la punta, si diramano diverse strade bianche. Nessuna conduce direttamente al mare, ma percorrerle in auto può far risparmiare diversi chilometri che nel caldo intenso di certi giorni d’estate possono essere veramente faticosi da compiere a piedi. Finito lo sterrato e abbandonata la macchina, purtroppo, non sempre si trova il sentiero indicato dalla cartina che a Losinj ci hanno regalato al centro di informazioni turistiche. Come già detto, anche la carta di Cres acquistata nel capoluogo dell’isola non è molto precisa. La cosa migliore, prima di avventurarsi su sterrati e sentieri, è chiedere conferma alle persone del posto riguardo alla fattibilità dell’impresa ed alle reali distanze. In ogni caso, qualunque avventura ha sempre il suo fascino, ed in fondo avere macinato un bel po’ di chilometri in auto per tentare invano di raggiungere l’imbocco del sentiero per la spiaggia di Toverascica, ha avuto una sua bellezza.

Non ci sono, invece, difficoltà a raggiungere il parcheggio, sempre su strada sterrata, da cui parte il brevissimo sentiero per la spiaggia di Meli. Sponde sassose e fondo sabbioso. Arrivare in spiaggia col sole basso sull’orizzonte, in prossimità del tramonto, regala la sensazione di essere ai tropici. La vegetazione lussureggiante ed il colore particolare dell’acqua liscia, dà l’impressione di essere alle Seychelles più che in Croazia.

In questo paradiso ci siamo soltanto noi e due tedeschi adulti con i loro bambini. Tutta la famiglia cammina nuda in acqua, rendendo il paesaggio ancora più surreale.

Al campeggio di Punta Croce affittiamo una canoa per l’ultima avventura di questo bellissimo viaggio. Dopo un’ora di pagaiare col mare che svela ai nostri occhi luminescenti fondali scogliosi, arriviamo in una spiaggia pulitissima di deliziosi sassolini rotondi, molto chiari. È un’avventura un po’ da Robinson. La spiaggia è frequentata soltanto da una turista straniera. Come sia arrivata fin qui è un mistero, dato che non c’è sentiero, ma neanche barche ormeggiate a riva.

Io e Marina facciamo foto, nuotiamo e ci sdraiamo al sole ormai basso. Peccato non essere soli…

Solitudine e silenzio sono stati tra i protagonisti di questo bellissimo viaggio. Una delle più belle vacanze di mare che abbia mai fatto….

Torniamo a casa carichi di sensazioni, emozioni, ricordi.

Gireranno altri soli, si faranno altri viaggi, è bello riempire così la propria esistenza.



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