Cartoline dalla Mauritania: Una terra di confine

Itinerario: Roma – (Casablanca) – Nouakshott – Tirjit – Oujit – Cinguetti – Guel El Richad – Tin Labbé – fort Saganne - Pas d’Amodjar – Adrar – Tiuolit (oceano Atlantico) – Nouakchott – (Casablanca) - Roma Il volo sul deserto, è stato lungo e piatto. Non una luce, non uno sbalzo, non una virata. Come spesso capita,...
Scritto da: Stefano G.
Partenza il: 29/12/2005
Ritorno il: 07/01/2006
Viaggiatori: in gruppo
Spesa: 1000 €
Itinerario: Roma – (Casablanca) – Nouakshott – Tirjit – Oujit – Cinguetti – Guel El Richad – Tin Labbé – fort Saganne – Pas d’Amodjar – Adrar – Tiuolit (oceano Atlantico) – Nouakchott – (Casablanca) – Roma Il volo sul deserto, è stato lungo e piatto. Non una luce, non uno sbalzo, non una virata. Come spesso capita, volando dall’Europa verso l’Africa occidentale, atterraggio a Nouakshott, nel cuore della notte. La città, dall’alto, appare quasi all’improvviso. Un tappeto di lumini, evidenzia appena il profilo di strade squadrate e perpendicolari, e di case basse, altrettanto di forma regolare. Solo 8 ore fa, lasciavo una Roma festosa, immersa nell’atmosfera natalizia…

Sono le prime ore del mattino; e le strade sono deserte. Dall’alto mi colpiscono i quartieri vicino all’aeroporto, che sembrano molto estesi, ma data l’ora, quasi fantasma. Il faro di qualche auto, una rotatoria “rond-point” alla francese, alcune vie illuminate di arancione; la sabbia che si muove sopra l’asfalto delle strade e della pista dell’aeroporto.

Appena scesi dall’aereo, odore di polvere; il terminal decoroso, pittato di fresco, ma sicuramente non della nostra epoca. Solo pochi giorni in questo paese; un viaggio in gruppo, con i fuoristrada e le tende. Attraverso però un paese non di solo deserto. La Mauritania è sicuramente una delle tante terre di confine; qua si incontrano il Magreb e Africa occidentale. Sabbia, dune, oasi sahariane, palmeti e datteri a seccare al sole; solidarietà della gente del deserto; i 3 bicchierini di thé alla menta da sorseggiare davanti al fuoco acceso sulla sabbia rossa. Ma anche il grande oceano Atlantico, le sue larghe spiagge sabbiose soggette al gioco delle maree, e le piroghe da pesca coloratissime. E con i pescatori con i tratti somatici ormai dell’Africa occidentale, che come i loro colleghi senegalesi, a fine giornata, tirano in secca le barche con la sola forza delle braccia e caricano il loro pescato sui carretti, trainati dagli asini, per poterlo vendere agli angoli delle strade polverose di Nouakshott.

Nouakshott – la capitale: con le prime ore della mattina, la città si ravviva. Lungo le strade principali, tutte moderne, cominciano a scorrere macchine scassate, furgoncini e carretti tirati da asini. Le botteghe aprono i battenti, e la gente comincia a muoversi. Anche se è sabato, si incontrano diversi uomini che tornano dalla preghiera alla moschea. Il mercato si anima. Non esiste un vero e proprio centro. O meglio, non esiste un centro storico. Nouakshott è una città artificiale, fondata dai francesi negli anni ’50, espandendo un villaggio di circa 4.000 persone, che sorgeva al crocevia di 2 strade. Oggi, la città, si estende ai lati di 2 arterie principali. Non sono pratico, ma basta poco. La cartina della guida, e le relative spiegazioni, parlano chiaro. Il centro cittadino si snoda tutto intorno all’incrocio tra l’avenue Nasser, e l’avenue De Gaulle, all’altezza del quale si trovano una pompa di benzina e gli uffici di una compagnia aerea. Guardo la cartina e poi intorno a me. Mi sembra di essere in una periferia degradata di una delle nostre città; ma gli indizi, in realtà corrispondono.. Siamo proprio nel centro della capitale …

Il resto, verso il mare, ospita qualche edificio governativo, uno stadio molto moderno, gli uffici della televisione mauritana. Sui cancelli di qualche villa si intravedono i vessilli di ambasciate/sedi diplomatiche di paesi stranieri. Verso il mare c’è la spiaggia con il porto di pesca, le sue barche, i suoi pescatori e tutti i loro colori. Ma quello è un altro discorso.

La città principale e forse unica di questo paese molto esteso e pochissimo popolato, è questa. Un polveroso quartiere periferico, di case basse e squadrate, dove il fondo non asfaltato delle strade è costituito da sabbia, terra e da milioni di frammenti di piccole conchiglie. Tutto qua.

Le stradine laterali, tutte non asfaltate e anch’esse polverose, sono già piene di vita. Case basse, bianche o color sabbia, solo con il piano terra, al massimo, con un primo piano. Le persiane blu, al piano-strada, nascondono spesso dei negozietti bui: frutta, verdura, lavanderie, parrucchieri. Ma anche qualche noleggio di videocassette, o qualche scarnissimo ristorante. Sui tetti, tante antenne paraboliche. All’albergo è venuta a prenderci una donna, tutta coperta da un abito in stoffa variopinto, su colori verde e giallo. Ci ha prestato il necessario per pagare il conto (una mazzetta di circa 7/8 centimetri di banconote locali, Ouguya), e quindi ci ha portato presso il fratello, tour operator, corrispondente locale dell’agenzia italiana che organizza il viaggio.

L’ufficio è scarnissimo. Si affaccia quasi sull’incrocio centrale. Si entra in un anticamera, totalmente disadorna, con un divano ed una scrivania anni ’60. L’ufficio del boss è nella stanza affianco. Stesso arredamento: mura scrostate, scrivania, 2 sedie, un telefono, ed una cassaforte. Tutto quello ciò che serve e niente di più. Ci offrono il thé, e si parla di affari. Ovvero, macchine, itinerario, riconferma dei biglietti per il ritorno, eventuali provviste di bombole di gas, acqua, gasolio per le auto.

L’uomo, tra i quaranta e i cinquanta, vestito con un abito tradizionale, in azzurro stirato di fresco, non è elegante, ma si vede che ci tiene ad avere uno standard “all’altezza dei propri clienti occidentali” sia nel vestire, che nei modi di fare. E’ gentile, cerimonioso quanto basta, ma sicuramente sa il fatto suo. Parla un buon francese, ascolta, con calma controbatte e propone alternative, quindi passa in maniera decisa ordini ai suoi. Qualche volta, a seconda degli argomenti, si accalora nelle decisioni, per poi tornare alla cerimoniosità iniziale. Comunica poi le decisioni al capo autista o via telefono cellulare agli eventuali altri interessati. Non deve essere un tipo tenero. Nelle trattative non regala nulla. Insiste tuttavia, affinché al ritorno, prima della partenza del volo in notturna, si vada “ospiti” da lui, a mangiare, a riposarsi, a prepararsi per il viaggio verso casa. Nonostante sia sicuramente un filibustiere e cerchi di farci fare tutto quello che a lui fa più comodo, l’etichetta prevede comunque cerimoniosità e ospitalità… E a questo, sembra tenerci molto. (in effetti, nonostante tutte le discussioni,talvolta anche accese, al ritorno ci ospiterà, offrendoci una cena a base di cous-cous, e senza, almeno in modo diretto, chiedere nulla in cambio) Il “tour operator”, la casa in cui ci ha ospitato al ritorno, la città, la gente per strada.. Tutti mi lasciano un impressione analoga. Molto pragmatici. Non eleganti, forse più poveri che ricchi; non grandi sovrastrutture, ma tutto quello ciò che serve per vivere in modo più che dignitoso. L’impressione di un posto ancora un po genuino, in cui si sente l’appartenenza al mondo “francofono”, ma dove molte delle convenzioni del vivere globalizzato sono ancora lontane.

Nel deserto, verso Cinguetti. La meta del viaggio è la mitica città di Chinguetti, tra le dune, nella regione dell’Adrar. Le macchine lasciano la strada asfaltata, e avanzano su piste di terra battuta. Talvolta tagliano direttamente tra le dune di sabbia. Come sciatori che affrontano il fuori pista nella neve fresca, gli autisti cercano di impostare la traiettoria tra le dune, seguendo le tracce già lasciate da qualcun altro. Cercando di non affondare e di non rimanere impantanati, giocano con le pendenze, facendo una specie di slalom. Ad ogni curva un manto di sabbia si solleva proprio come al passaggio degli sci sulla neve. L’Adrar è una regione, come tutta la Mauritania, scarsamente popolata. Tra le dune del deserto e le valli brulle con una morfologia tipo Monument Valley americana, si incontrano di tanto in tanto qualche villaggetto di poche case e all’improvviso qualche palmeto, verdissimo, che sorge in presenza di una sorgente d’acqua. Nelle oasi, ombreggiate e lussureggianti, ormai la popolazione locale si sta organizzando per estrarre l’acqua dai pozzi, e per irrigare tramite tubature, le piantagioni di datteri. Ad ogni sosta, quando vicino ad un centro “abitato”, le donne del villaggio si avvicinano in modo discreto a questo gruppo di turisti “marziani”. In modo molto riservato dispongono la loro mercanzia sulle stuoie, sperando di vendere qualcosa prodotto dalla loro comunità. Teiere, bicchierini da the decorati a mano, tabacchiere in pelle e pipe in metallo, scatole in lana e paglia, collane e oggetti in legno. Possono passare anche una o due ore, senza che dicano nulla, osservando in silenzio, ad una distanza ravvicinata, ma non opprimente, il gruppo di stranieri che magari si fa da mangiare o che si sta montando le tende.. E con la stessa discrezione, sia che il gruppo abbia comprato qualcosa, abbia cercato di instaurare un dialogo con loro o le abbia ignorate, ad un certo punto, raccolgono la mercanzia e si riavviano, con compostezza verso casa.

Lungo la strada ci si accampa per la notte. Non ci sono accampamenti organizzati o molti posti dove dormire. Semplicemente, al calare del sole si identifica la duna o l’oasi vicino alla quale montare le tende e preparare il fuoco. Gli arbusti del deserto, tutti dello stesso tipo, una volta secchi, si accendono molto facilmente e liberano una bella fiamma vivace. Ad ogni sosta, gli autisti, preparano, nella teiera in metallo posta sul fuoco di legna, il the verde, con la menta e tanto zucchero. I piccoli bicchierini di vetro vengono riempiti, e una volta iniziato il giro, il cerimoniale prevede le tre gradazioni con diversi gradi di dolcezza: amaro come la vita, dolce come l’amore, soave come la morte.

Si montano le tende, aspettando uno dei momenti più emozionanti della giornata: il tramonto. Con il calare del sole, le dune gialle si trasformano; i colori arancione della sabbia e blu del cielo tendono a fondersi, in qualche cosa che non ha dimensione. La luce cambia rapidamente, istante per istante. Per alcuni attimi, il deserto assume un colore arancione vivo, ancora più caloroso e accecante del giallo delle normali ore diurne. Poi, la palla di fuoco del sole, scende sotto l’orizzonte e lascia spazio ad un cielo blu scuro su cui viene evidenziato uno spettacolare manto di stelle luminosissime. A queste latitudini, di questa stagione, è possibile ammirare nello stesso momento sia la Croce del Sud che tutte le stelle tipiche del nostro emisfero…

Chinguetti, una mattina compare tra le dune. Il villaggio antico, con le sue biblioteche coraniche e la sua moschea, è separato dal villaggio attuale da un torrente in secca, un “oued”. Arriviamo nelle ore del mercato. Poca mercanzia, su pochissimi banchetti. Carne (di montone o capra, macellata e coperta di mosche), qualche verdura, foglie di menta fresca, banane, e tanto pane. L’”oued” è trafficatissimo. Donne, uomini, anziani, vanno e vengono in tutte le direzioni. Nella parte vecchia, al passaggio di noi turisti (come noi c’è anche qualcun altro occidentale, in gruppo o in solitaria), i custodi accorrono ad aprire le loro biblioteche, per mostrare gli esempi di testi storici ancora in loro possesso, perché scampati alle termiti o non ancora trasferiti dall’UNESCO in qualche luogo più protetto.

Corani, libri sacri, testi di scienze oltre che cimeli di un passato carovaniero, che aveva fatto la fortuna di questa città, punto di passaggio dei commerci, porta del deserto e luogo di raccolta dei fedeli per il pellegrinaggio annuale, da questa regione, verso la mecca.

La spiaggia atlantica. Sulla via del ritorno, raggiungiamo l’oceano Atlantico. La costa mauritana, a nord di Nouakshott, è quasi completamente disabitata, ad eccezione del porto di Nouadhibou; ci troviamo quindi su di una lunghissima spiaggia, con una sabbia nettamente diversa da quella del deserto poco più all’interno; sabbia marina, vera e propria. L’oceano, mosso, è comunque di un colore turchese abbastanza chiaro. Al largo, qualche piroga da pesca, simile alle tante barche colorate e tirate in secca, dietro al bagnasciuga.

Sulla battigia tanti piccoli pesci scartati dai pescatori, rapidamente essiccati ed incartapecoriti dal sole. Mante e palombi, con la loro forma da squaletti, fanno abbastanza effetto; sembrano quasi finti.

Assistiamo alla messa in secca di una barca, che rientra con il suo pescato. L’equipaggio, 5/6 uomini, alcuni vestiti con delle cerate, altri più semplicemente in maglietta, portano la piroga fuori dall’acqua,appoggiando la prua su di un asse di legno e quindi facendo ruotare la poppa dell’imbarcazione su di un’altra asse più fuori dall’acqua, e ripetendo il gioco di rotazioni poppa-prua, fino a quando la barca non è completamente uscita. Una volta messa l’imbarcazione in sicurezza, comincia la selezione del poco pescato. Una parte viene buttato sulla sabbia, il resto messo in secchi e portato via dalla spiaggia, verso le tende sul retro.

Al tramonto, al porto di pesca di Nouakshott, la scena è ancora più suggestiva. Tantissime le barche che rientrano; moltissima la gente che si riversa in spiaggia. Il mercato, a partire da metà pomeriggio comincia a riempirsi di gente e di pesce, proveniente dalle barche. Il mare, qui, deve essere molto pescoso. Il pesce che arriva sui banchi è principalmente composto da saraghi, triglie, cefali, anche molto grossi. I tratti somatici delle persone, sulla costa, già da Tioulit, non è più da gente del deserto. Siamo in Africa centrale. Gli abiti delle donne sono coloratissimi; si vedono diverse “mama”, le signore di una certa stazza, molto energiche, che diriggono i commerci come nei mercati degli altri stati costieri del Golfo di Guinea. Il sole tramonta verso il mare, evidenziando in controluce le sagome delle persone che animano la spiaggia. Il vociare, il rumore delle onde fanno da colonna sonora di quest’ultima cartolina mauritana.



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