Concia, taragna o fritta: Italia patria della polenta e delle varietà di mais antico

Manuela Titta, 03 Nov 2023
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Il mais è uno dei prodotti che è giunto a noi dall’America, il suo utilizzo oggi è frutto di secoli di storia che ha plasmato questa materia prima in base alle nostre abitudini e ai gusti dei tempi passati. Bisogna tornare all’epoca romana per individuare il piatto antenato della polenta: il puls veniva realizzato con farina di farro e, in generale, tutti i cereali che non erano destinati alla panificazione potevano essere impiegati in questa preparazione. La disponibilità di materie prime spaziava dall’orzo, al miglio, al sorgo, a un cereale molto antico di nome panìco, ora poco coltivato in Europa e maggiormente in oriente. 

Dalle popolazioni indigene precolombiane, all’Europa

Il mais era un ingrediente fondamentale dell’alimentazione nelle popolazioni indigene del centro America: studi archeologici hanno individuato nella valle messicana di Tehuacàn il centro di questa coltura, stabilendo con certezza che la diffusione di questa pianta era strettamente legata all’opera dell’uomo. La raccolta sistematica dei cereali è antichissima perché intorno ai 9.000 – 8.000 anni fa cominciarono a svilupparsi le prime colture: quando si parla di domesticazione dei cereali si intende la rivoluzione che vede protagonista la Mezzaluna Fertile con la nascita della coltivazione del frumento. Nel caso specifico del mais, dal centro America si diffuse in molte aree, con un grosso impatto sull’alimentazione delle popolazioni e, ovviamente, anche sulla cultura dei popoli. Dopo la scoperta delle Americhe, il mais arrivò in Europa e si diffuse anche in Africa e in Asia.

Il mais in Italia

Siamo nel ‘500 e in Italia la coltivazione del mais era già realtà come in Andalusia e in Francia: la diffusione avvenne principalmente nella zona padana a discapito di miglio e panìco. L’introduzione di questo nuovo alimento alla base della dieta divenne motivo di problemi tra i contadini che, fino alla fine dell’800, soffrirono di pellagra, una malattia causata 

dalla carenza o dal mancato assorbimento di vitamine del gruppo B. 
Piano piano il mais arrivò in diverse zone d’Italia, incontrando non poche resistenze dovute alla diffidenza dei proprietari terrieri, ma un grosso contributo alla diffusione di questo cereale fu dato dalle carestie, periodo durante il quale il mais conquistò con successo parecchie aree agricole

Mais antichi 

Oggi il mais è, insieme alla soia, soggetto alla sperimentazione transgenica che punta ad ottenere sementi molto produttive, tuttavia in Italia abbiamo assistito alla difesa di alcuni ecotipi che sono patrimonio della biodiversità. Se in termini di produttività queste colture non sono vantaggiose come gli ibridi, esse hanno il merito di conservare intatta una tradizione che viene da molto lontano. Nel corso dei secoli il nostro territorio ha visto la coltivazione di varietà locali che dal ‘900 in poi è andata progressivamente persa a causa dello spopolamento delle zone montane: l’abbandono del territorio ha comportato la perdita delle sementi, ma negli ultimi tempi c’è stato un progressivo lavoro di recupero e valorizzazione delle antiche varietà, un progetto lungimirante che ha permesso di tornare alle nostre tradizioni.  

 

Privo di glutine, ricco di ferro e minerali, il mais è particolarmente digeribile: apporta fibra alimentare, preziosa per il buon funzionamento del nostro apparato gastrointestinale.  Disporre di un ingrediente che si aveva un secolo fa, significa non solo preservare il territorio che con quella coltura si è definito in un certo modo, ma significa anche conservare la tradizione gastronomica, che è nata ed è stata tramandata di generazione in generazione. Quando si parla di “grani antichi” oggi si cerca di trasmettere con due semplici parole un concetto molto ampio: non si tratta solo di cereali che hanno una storia parallela a quella dei prodotti moderni, ma si trasmette qualcosa che comprende anche i colori e tutte le qualità organolettiche che hanno distinto i sapori di una volta. 

Oltre alle zone del nord Italia, anche regioni come le Marche, la Toscana, l’Abruzzo hanno recuperato varietà di mais locali

Dal Mais ottofile, al Pignoletto rosso, al Mais di Storo e ancora il  Mais di Pitigliano, il Granturco Nano di Verni, il Mais Quarantino di Sansepolcro solo per citarne alcuni: tutti questi prodotti oggi portano avanti la tradizione, fatta di ricette che affondano le radici nella nostra storia. 

Le ricette imperdibili

Con il termine polenta bramata, si intende quella gialla ottenuta con una farina macinata a grana grossa: si ottiene una polenta densa e piuttosto corposa, tipica della zona bergamasca e veronese. Questa preparazione accompagna carni succulente, è perfetta per la cacciagione, ma anche per i funghi, i tartufi o le fondute di formaggio: la consistenza più granulosa renderà immediatamente solida questa polenta che va servita sul tagliere. Al contrario il fioretto ha una macinatura più fine per un risultato decisamente setoso: questa polenta risulta più fluida, con una consistenza più liquida. Vellutata e soffice, la polenta di fioretto è l’ideale per un prelibato condimento a base di porcini e salsicce. L’abbinamento polenta/pesce più famoso è sicuramente il Bacalà alla vicentina, uno stoccafisso preparato con un soffritto di cipolla e sarde, olio e latte, cotto sul fuoco oppure in forno: ci vorranno più di quattro ore per ottenere il giusto risultato, il colore bianco dello stoccafisso, la morbidezza e i profumi sono quelli di una ricetta molto antica, che vanta ben cinquecento anni di storia. 

Fuori dai piatti tradizionali troviamo tante altre proposte con il pesce: dai medaglioni di polenta con un sugo allo scoglio, alla Polenta e sepe, una ricetta tipica triestina fatta con seppie, pomodoro e cipolla. 

Tipica della zona tra Venezia, Treviso e Padova è la polenta bianca, che viene ricavata dal mais Biancoperla Presidio Slow Food: dal gusto più delicato e con una grana fine, il mais bianco è particolarmente versatile, ideale sia per le preparazioni dolci che salate. 

Famosissima la Taragna della Valtellina, che vede impiegate farina di mais e grano saraceno: la colorazione è più scura rispetto al giallo classico della polenta, grazie al grano saraceno che presenta un colore tra il grigio e il nocciola. 

Diffusa in tutta la zona alpina, la polenta concia, è un piatto tipico condito con formaggio: se andiamo in Valle d’Aosta la gustiamo con la strepitosa Fontina DOP, una delle eccellenze di questa regione. Con gli scagliozzi andiamo al sud perché sono un tipico street food che troviamo tra Napoli e la Puglia, una deliziosa polenta fritta: il nome deriva da “scaglia” che sta ad indicare un pezzo tagliato grossolanamente, ma il riferimento è anche al colore dorato perchè con il termine “scagliozza” nel sud Italia si intende la moneta.