Resistenze contemporanee a Bolzano
Immaginate un gruppo di una ventina di persone, di varia età. La guida che conduce il gioco li invita a “scaricare la app”, e si scatena un delirio tecnologico: chi ci riesce al primo colpo, chi non capisce, chi chiede come registrarsi, chi invoca una password, chi si lamenta che il suo telefonino non è abilitato.
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Parte anche una catena di solidarietà inter-generazionale, in cui i più giovani aiutano i più anziani. Alla fine, dopo una buona ventina di minuti, l’applicazione Artwalks ce l’hanno tutti, e può partire il programma “make it visible”. Si parte alla scoperta di Bolzano. Tutti in gruppo, tutti col naso nel telefonino e la piantina cartacea in mano. I telefonini rilevano col gps la posizione di ognuno e poi danno le indicazioni: “Sei arrivato alla prima tappa, in Via dei Portici”. E poi prosegue:“Buongiorno-Hallo! È la prima cosa che si sente entrando in uno dei tanti negozi che stanno sotto i portici di Bolzano. Il doppio saluto è necessario affinché sia i madrelingua tedeschi, sia quelli italiani, possano capire la commessa”. Questo recita la app, questo si legge sulla cartina, che poi continua: “Se oggi il bilinguismo è perfettamente integrato nella vita quotidiana dei cittadini, una volta la cultura tedesca e quella italiana non erano divise soltanto da una barriera linguistica, ma anche da una fisica: i portici erano infatti divisi in Portici tedeschi, per i commercianti che venivano dal Nord, e in Portici Italiani, per quelli che venivano dal Sud”. La app ti guida, la guida ti trasmette i concetti fondamentali, ma poi è Paolo – nato a Bolzano da una delle tantissime famiglie di italiani portati qui dal fascismo per ripopolare l’Alto Adige, o meglio il Sud Tirolo – che racconta e spiega.
BOLZANO MEDIOEVALE
La tecnologia è un bel giochino, è l’innesco e il pretesto per la passeggiata turistica, ma poi quello che conta è il contatto umano, la relazione dal vivo. Paolo racconta che, fin dal Medioevo, Bolzano e il Sud Tirolo erano la cerniera tra Nord e Sud, tra mondo Germanico e Mediterraneo. Da qui passavano tutti i commercianti, con le merci e gli scambi. Scambi economici ma anche culturali. L’Alto Adige è sempre stata una regione di confine, una porta. L’incontro/scontro fra due culture, fra due climi non è una invenzione dei nostri giorni. Oggi che, almeno da queste parti, il conflitto provocato da guerre, annessioni e violenze è in via di soluzione, oggi che siamo in Europa, può tornare di moda una vocazione antica, che è anche un’opportunità preziosa: l’incontro tra mondi diversi. E intanto l’app ti avverte che siamo alla seconda tappa: il Palazzo Mercantile. Bolzano nel Medioevo era una bolgia commerciale, con continui scambi e anche conflitti fra avventurieri e mercanti senza scrupoli, ma dall’alto del balcone del Palazzo vegliava l’Autorità che controllava e, nel caso, sanzionava quelli scorretti. Si era anche espulsi a vita dalla città. E intanto Paolo mi mostra com’era fatto un antico negozio: un budello lunghissimo, che si affacciava sul portico con una vetrina-apertura molto piccola. Gli attuali negozi sono costruiti sullo stesso modello, magari accorpando due o più antichi “corridoi commerciali”.
WALTHER IL POETA
Arrivati al Duomo la app racconta un pettegolezzo d’annata: la storia della famiglia Von Menz. La più famosa (e chiacchierata) componente della famiglia pare che fosse Annette, la ricca ereditiera. Pare che nel 1700 si sia scatenata una gara per spostarla, degna di una fiaba. Per fortuna suo padre, Anton Melchior, era un filantropo mecenate e – forse per celebrare la figlia – ha finanziato un sacco di concerti e di manifestazioni musicali dentro al Duomo. E guarda caso le sue campane stanno suonando a festa anche adesso, e davanti c’è pronta la banda musicale per un concerto. Paolo mi spiega che oggi è giorno di prime comunioni: nella stagione primaverile sono un appuntamento molto seguito. E intanto Piazza Walther è piena di fiori e gira la giostrina, ai piedi del monumento al poeta tedesco Walther von der Vogelweide, vissuto attorno al 1200. La statua è stata fatta alla fine dell’800 poi, durante il fascismo – quando la piazza fu intitolata a Vittorio Emanuele III – fu tolta e rimessa solo molto dopo la Seconda Guerra Mondiale. Piazza Walther è la piazza di Bolzano dove in inverno c’è il celebre Mercato di Natale. Una manifestazione che i bolzanini non amano troppo, perché crea un sacco di movimento e di confusione, e rischia di disturbare l’atmosfera tranquilla (fin troppo tranquilla?) della città.
IL MULINO
Se uno volesse aprire una parentesi verso un altro itinerario, lungo la Passeggiata di Sant’Osvaldo, c’è un altro edificio molto importante, consigliato dalla app: il Mulino Schlossl. È il simbolo dell’incontro fra l’antica antica città e la campagna, e poi più sopra la montagna. Infatti i contadini arrivavano qui coi loro cereali, e incontravano il mugnaio. Poi arrivava il fornaio… E nel tempo siamo arrivati alla tradizione della panificazione di Bolzano. A me il pane locale, anzi, i pani locali piacciono da morire. E m’è tornato in mente quel che dice in proposito il mio amico gastronomo Martino Ragusa, che spesso ha commentato i nostri viaggi da “Golosi per Caso”: da queste parti si contano sessanta tipologie diverse di pane! Quello che cambia, in base anche all’altitudine variabile dei vari masi, è la quantità e qualità di segale, ma poi al pane altoatesino si possono aggiungere sapori sempre diversi, variando spezie, erbe e semi: il cumino, il sesamo, il coriandolo, il finocchio, e poi ancora semi di papavero, di girasole, di lino. E ne viene fuori un nutrito elenco di pani diversi: schuttelbrot, puccia, paarl, pindl, dreierlei e i famosissimi brezel. A questo proposito ammetto che ho ignorato la app, almeno per una mezz’ora, e sono andato a comprare del pane…
VIA DEI BOTTAI
Arrivati in Via dei Bottai, l’app suggerisce di guardare in alto. E meno male, perché molti dei partecipanti a questo tour tecnologico non fanno altro che fissarsi sullo schermo del telefonino. E in alto si vedono appunto le insegne, tutt’ora conservate, di locande e ristoranti. Questo – spiega la app – è, da sempre, il quartiere dell’accoglienza. Motivo? Qui c’era la famosa Porta Vanga e, fin dal 1200, da qui transitava tutto il traffico commerciale da e per il Brennero. Questo era il primo punto di incontro tra viaggiatori, commercianti, pellegrini e cittadini di Bolzano. E tale è rimasto anche oggi: infatti gli alberghi sono quasi tutti da queste parti.
Da via dei Bottai – mi pare di ricordare – proseguiamo lungo Via Weggenstein, dove c’è la Chiesa di san Giorgio dell’Ordine Teutonico e, arrivati nell’italianissima Via Piave, prendiamo a destra, verso il ponte sul torrente Talvera. Ma prima Paolo mi consiglia di fare una sosta e di assaggiare l’acqua della fontana: è buonissima. Delle acque di Bolzano ne parla anche la mappa della app: “Prima di confluire nel fiume le acque di Bolzano percorrono chilometri nel sottosuolo, lambendo pareti rocciose che le arricchiscono di minerali e le liberano dagli agenti inquinanti”. Oltretutto nel 1500 c’era una rete di canali che portavano l’acqua del fiume fin dentro la città, per alimentare tutte le varie attività artigianali.
VITTORIA???
Ma oltre il Ponte ci aspetta una sorpresa: Piazza Vittoria. Ma vittoria di chi? Contro chi? Come se non bastasse il nome, l’orizzonte è sbarrato da un enorme monumento di chiaro stampo fascista, con tanto di colonnato. Celebra naturalmente la vittoria degli italiani contro gli austro-tedeschi, ampliamente sfruttata poi ed enfatizzata dal regime fascista, che ha condotto una vera colonizzazione del Sud Tirolo. Oggi è un pugno nello stomaco, un inutile trionfo di retorica, una provocazione. Paolo mi racconta che gli irredentisti-indipendentisti sud-tirolesi hanno provato a farlo saltare in aria. E si è discusso per anni se lasciarlo o demolirlo. Adesso hanno utilizzato la parte sottostante per farne un Museo. È sempre Paolo ad annunciarmi che, attraversato il fiume, sarò nella “città italiana”. Infatti, negli anni 30/40, è stata costruita tutta una nuova Bolzano, oltre il Talvera. Lasciamo il monumento alla nostra destra e prendiamo una stradina (con pista ciclabile) che corre parallelamente all’acqua, tra prati verdi e un paesaggio bellissimo. Paolo mi racconta appunto che la sua famiglia – padre veneto e madre pugliese – è arrivata qui in cerca di lavoro alla fine degli anni 40. All’inizio è stata durissima, poi hanno avuto un piccolo alloggio nel quartiere di case popolari che si sviluppa sopra di noi, alla nostra destra, in quella che Paolo definisce “periferia”, ma in realtà si tratta di un quartiere ameno, che non ha nulla a che fare con le classiche periferie deprimenti che si incontrano spessissimo in altre città.
LE SCUOLE-CATACOMBE
In realtà sono case a tre o quattro piani, tenute benissimo, che disegnano un quartiere ordinatissimo, pieno di verde. Le rive del fiume sono un parco continuo, con gente che corre, passeggia, va in bicicletta. Vecchi edifici del ventennio sono stati restaurati e riadattati: ora sono centri scolastici, piscine, centri sportivi. Sembra un piccolo paradiso. La parola che si adatta meglio alla scena è “equilibrio”. Ma quanti conflitti sono sottesi a questo equilibrio raggiunto? Quanta fatica per raggiungerlo? Paolo mi racconta dei problemi della sua famiglia, ma anche del fatto che durante il fascismo era proibito ai cittadini sud-tirolesi studiare il tedesco, anche solo parlarlo. Le maestre tedesche insegnavano la loro lingua ai bambini in scuole-catacombe. E da parte sua Massimo – un altro amico italiano nato qui – mi racconta di suo padre, che faceva il carabiniere e che rischiava la vita al tempo degli attentati terroristici. Sembra incredibile che tutto questo possa essere avvenuto, ed è ancor più incredibile pensare – passeggiando per la civilissima e ordinatissima Bolzano – che le conseguenze si son fatte sentire direttamente fino a non più di 20-25 anni fa. E che hanno lasciato il segno fino a oggi.
IL FESTIVAL DELLE RESISTENZE
In fondo, a pensarci bene, Mussolini ha applicato in anticipo – e certo in modo radicale – lo slogan che oggi agita Trump: “Prima gli Americani!”. Che è poi lo stesso della signora Le Pen in Francia: “Prima i Francesi”. Ed è incredibile che ci sia chi continua ancora, dalle nostre parti, a dire “prima gli Italiani”… Arriviamo – guarda caso e per fortuna – in Piazza Matteotti, finalmente un nome che può mettere d’accordo tutti coloro che hanno dovuto subire le violenze di una storia di sopraffazioni. Qui c’è una manifestazione, molto partecipata. Si chiama Festival delle Resistenze –piattaforma delle resistenze contemporanee – e consiste in una serie di iniziative, spettacoli, concerti, dibattiti, gite, itinerari per Bolzano e dintorni (per esempio a Merano), organizzato dalla Cooperativa 19 e da Confcooperative, e sostenuto dalla Provincia Autonoma. Ha molto a che fare col turismo, perché si parla di relazioni, di viaggi, di identità. Il simbolo (una spirale) assieme al titolo, fa pensare a un convegno di elettricisti. E in fondo è così: in effetti si parla di contatti, di rete, di energia sociale. L’atmosfera è festosa, i contenuti interessanti. Peccato che sia popolata solo da cittadini di lingua italiana. Quelli di lingua tedesca non ci sono. A Bolzano si convive bene, ma spesso ancora separati. A me, in conclusione, sembra interessante che tutto quello che vi ho raccontato finora (la passeggiata, i monumenti, i negozi, le considerazioni storiche, la periferia, la natura) siano sensazioni ed esperienze inserite perfettamente in un giro “turistico”, se è vero che turismo significa relazioni, rapporti, esperienze, incontri. Alla fine a Bolzano ho vissuto una bellissima e divertente giornata di “turismo responsabile”.
Patrizio