Turisti per Caso in primo piano: La Spiaza, un anno e mezzo dopo

Le nostre Guide per Caso di Panama Massimo e Elisa, uniti nello pseudonimo “La Spiaza”, si collegano a Turistipercaso.it direttamente dalla spiaggia di Las Lajas, a 400 km da Panama City. Non abitano lì da molto, si sono trasferiti dall'Emilia a Panama inseguendo un sogno poco meno di due anni fa; sul sito abbiamo seguito trepidanti...
Turisti Per Caso.it, 02 Lug 2009
turisti per caso in primo piano: la  spiaza, un anno e mezzo dopo
Le nostre Guide per Caso di Panama Massimo e Elisa, uniti nello pseudonimo “La Spiaza”, si collegano a Turistipercaso.It direttamente dalla spiaggia di Las Lajas, a 400 km da Panama City. Non abitano lì da molto, si sono trasferiti dall’Emilia a Panama inseguendo un sogno poco meno di due anni fa; sul sito abbiamo seguito trepidanti la loro partenza, ora raccogliamo il primo bilancio… Positivo!

Ormai è passato più di un anno da quando abbiamo raccolto baracca e burattini e siamo venuti a “colonizzare” quello che all’epoca era un ex-pascolo da pochi mesi. Anche se non abbiamo un’idea precisa di che giorno sia oggi, calcoliamo di essere a fine aprile dell’anno 2009, il che vuol dire che sono quasi esattamente 17 mesi che viviamo Il Sogno… E’ stata dura, durissima, ma ce l’abbiamo fatta… Almeno fino adesso… E, non senza un pizzico di orgoglio personale, vogliamo condividere con tutti quelli che ancora sanno sognare la nostra esperienza, dura, cruda e umanamente bellissima. Ormai la spiaggia pullula o quasi di investitori piu o meno “gringos”, più o meno senza scrupoli… Ma anche di tante belle persone che ci aiutano nella nostra lotta per mantenere questa incredibile spiaggia un angolo di paradiso mochillero e eco-compatibile…Qui alla Spiaza è già arrivato il classico businessman nordamericano ad aprire la sua valigetta e ad offrirci una piccola fortuna per la nostra Terra (Promessa)… E noi dal basso della nostra tenda da nomadi stanziati in paradiso, dal basso dei nostri piedi ricoperti di fango, l’abbiamo guardato con il sorriso dell’anima e gli abbiamo detto… No, thank you! E lui, pensando che fosse una questione di soldi, ci ha offerto di più… E in questo momento davvero ci siamo sentiti le persone spiritualmente più ricche del mondo, perché abbiamo avuto il lusso più unico che raro di potergli rispondere: “Neanche per 10 milioni di dollari… I sogni non si comprano e il nostro Sogno non sarà mai in vendita”.

Ma cominciamo con calma e ordine cronologico… Il 4 Dicembre 2007 approdiamo a Tocumen, in Panama City, dove saremo costretti a rimanere per 3 settimane, litigando con unghie e denti con la dogana per avere il nostro container, la nostra “valigia di cartone deluxe” che trasporta tutti i nostri averi, dai vestiti ai mobili, dal vecchio Pajero al forno a legna, dalle cose regalate da parenti e amici alla tenda comprata su e-bay che sarebbe stata la nostra nuova casa per otto interminabili mesi.

Finalmente il 28 Dicembre ci danno il via libera, scarichiamo il Pajero e scappiamo verso Las Lajas il più velocemente possibile, cioè 40 km all’ora visto i 700 kg di forno stivati nel retro del mezzo. La stragrande maggioranza della mercanzia la lasciamo nel recinto fiscale Panama City: per tagliare i costi abbiamo deciso di fare Panama City-Las Lajas (poco meno di 400 km) con la nostra macchina tutte le volte necessarie a liberare il container.

Inutile dire che veniamo travolti da impietose raffiche di vento e scrosci d’acqua per tutto il viaggio, cosa che ci obbliga a fermarci ogni 50 km per rimettere a posto il telo di plastica che copre gli scatoloni che abbiamo legato al tetto… Gli stessi panamensi che incontriamo per la via si stupiscono del carico e ci dicono impietositi “Vayan con Dios muchachos…Lo necessitan de verdad! (che Dio vi aiuti, ragazzi, ne avete bisogno!)”. Ma noi in quel momento avremmo attraversato a nuoto il famoso Canale, se fosse servito a permetterci di realizzare il nostro sogno.

Nonostante la partenza di buona mattina arriviamo alla nostra spiaggia che è già notte, troppo tardi per prendere possesso del nostro appezzamento e piantare letteralmente le tende. Dormiamo in un cabana di bamboo a pochi chilometri dalla nostra nuova casa, deliziati dalla stellata bellissima tipica di questo posto incantato e al tempo stesso irritati dalla lunghezza infinita della calda notte del Pacifico sud orientale. Finalmente arriva la mattina, corriamo a vedere la nostra Terra e troviamo i resti della baracchina di legno riciclato (regalatoci dai locali) e foglie di palma che è stata la nostra casa solo l’anno prima. Ormai è distrutta dalle intemperie dell’inverno appena passato, un po’ ci intristisce sapere che dovremo tirarla giù per fare spazio alla struttura del futuro bar. Eh, il prezzo del progresso…Decidiamo di andarcene per qualche ora mentre i nostri ragazzi la tirano giù, il passato è un dolce ricordo che vorremmo rivivere per intero, ma non si può… Le tavole originali della prima baracchina saranno poi riutilizzate per costruire il primo tavolo del “proto-ristorante”, che tutt’ora è il tavolo principale dell’attuale bar… Forse sgraziato, forse fuori luogo per chi non ha vissuto con noi tutti questi mesi, ma di un valore inestimabile per La Spiaza & friends. Attorno a questo tavolo sono nate amicizie, si sono uniti nuovi compagni di viaggio, sono perfino sbocciati amori più o meno effimeri… La prima cosa, l’unico “lusso” che ci concediamo, è internet, di cui siamo stati i precursori: già dall’Italia avevamo contattato la compagnia che fornisce la linea via onde radio, visto che la spiaggia, dove solo 5 anni fa non si conosceva neppure l’elettricità, e tutt’ora è sprovvista di linea telefonica e acquedotto. Immaginatevi due pazzi pseudo-hippy che vivono in un’enorme tenda tedesca (comprata in un’asta online) con il contenuto di un container intero sparso attorno e una modernissima antenna digitale accomodata in maniera approssimativa sopra ad un palo di bamboo. Questa sarebbe stata la nostra casa per gli 8 mesi a venire.

Da questo momento iniziano i lavori veri e propri: il primo bar in muratura con un orrendo tetto di lamiera poi coperto da foglie di palma per mitigare il calore in estate e l’impatto estetico. Poi il forno a legna, che mio padre ha assemblato personalmente per far si che sia davvero Italiano. Il pozzo che finalmente ci garantisce acqua corrente e pulita, le fondamenta della costruzione principale che, dopo 5 lunghissimi mesi, ospiteranno il primo bagno de La Spiaza. Il bagno è stata la svolta, l’innovazione che ci ha reso la vita immensamente più facile…Per i primi 5 mesi siamo stati costretti a chiedere il bagno in prestito ai vicini di giorno e scavare un buco, imparando dai nostri amici felini, di notte. Tutt’ora, che di bagni ne abbiamo 5 (uno per ogni mese di sofferenza…Heehhe), al momento di usarlo ci sale un sorriso, ripensando a quanto è facile sedersi e tirare lo sciacquone. In Europa non abbiamo mai apprezzato questa comodità, dandola per scontata quando una buona parte del mondo non ha questo lusso.

Il tempo passa, l’estate si dimostra meravigliosa e proficua, La Spiaza va alla grande ma… arriva la pioggia! E passare un acquazzone tropicale in tenda non è proprio il massimo della vita… Noi abbiamo dovuto sopportare 3 mesi di acqua prima che venisse pronta la prima cabana (bungalow). Ancora oggi non sappiamo come siamo riusciti a farcela, la forza di volontà (e della disperazione) è straordinaria. Ricordo che dalla finestra del bar, il cui tetto faceva acqua, guardavamo sconsolati la nostra tenda, aspettando di essere esausti per addormentarci appena toccato il letto. Durate l’ultimo mese avevamo PAURA della nostra tenda, che da spaziosa e sicura era diventata un approdo per tutti gli insetti e simili, visto che il terreno circostante si allagava completamente. La stessa gente del posto, ormai amici, vennero a prenderci durante una tempesta, offrendoci rifugio nelle loro case, sicure ed asciutte. Erano davvero preoccupati per noi, ci dissero… Un latino a fatica può sopportare questo, voi non siete abituati, venite a casa nostra! Noi ringraziammo di cuore queste persone dal cuore caldo come questa terra ma, come dicemmo loro, il buon capitano affonda con la sua barca. E così fu. I locali allora dissero: “Beh se questa è la vostra decisione, allora beviamoci su, di sicuro sarà più facile!”. E in effetti è vero: da brilli i tuoni e gli scrosci d’acqua non ci sembravano tanto violenti, i fulmini non troppo vicini… Le tempeste tropicali sono davvero affascinanti, è bello vedere i lampi illuminare l’oceano e sentire il rombo dei tuoni riecheggiare tra le montagne… Se si ha un tetto sicuro! Ma da una tenda tutto ciò ti lascia con un senso di impotenza e terrore che ti fa ringraziare la sorte per non essere morto incenerito ad ogni lampo. In quelle notti insonni ricordavo la mitologia greca con un mezzo sorriso, immaginandomi Zeus incazzato nero con gli umani che scaglia lampi e saette da sopra le nuvole.

Penso che il segreto della nostra sopravvivenza al primo inverno sia stato legato al vivere giorno per giorno, a pensare al prossimo passo e non a tutto il percorso per intero. Un po’ anche grazie alla nostra ignoranza riguardo alla stagione delle piogge… Probabilmente sapendo cosa ci aspettava, saremmo stati più intimiditi: così invece abbiamo affrontato i problemi uno alla volta, man a mano che si presentavano.

Finalmente arriva il momento di trasferirsi nel bungalow, le pareti ci cemento senza intonaco ci sembrano più eleganti della sala conferenze dell’Hilton, il bagno, proprio dietro al letto, ci sembra un lusso sfrenato… Non ci dobbiamo più bagnare fino al midollo per far pipì! E la connessione wireless porta il segnale anche lì: a parte per il cibo, possiamo anche andare in letargo fino a che non torna il sole! A settembre facciamo un salto in Italia per un paio di settimane, bello rivedere amici e famiglia, belle le comodità della vita moderna, bella la doccia calda… Ma casa nostra ormai è là, a Las Lajas, che ci aspetta e ci chiama, ci fa venire la malinconia… Ci mancano i piedi bagnati e il bucato che non si asciuga mai… Torniamo con ansia alla nostra terra preparati e determinati a superare anche l’imminente Ottobre, il mese più duro dell’anno. Durante questo mese piove tutti i giorni, spesso tutto il giorno. La spiaggia è deserta fatta eccezione per i pochi residenti permanenti di cui ora facciamo orgogliosamente parte… Fatta eccezione per una famiglia di Colombiani, siamo i primi e, per ora, unici stranieri a vivere stabilmente in spiaggia. La strada, che verrà poi rifatta per intero l’estate successiva, è un fiume in piena che in più di un’occasione si dimostra impercorribile anche per una jeep 4×4 come la nostra. Capita un paio di volte che, a causa dell’impercorribilità delle strade, comincino a scarseggiare i viveri.

In Ottobre escono tutte le magagne del posto: le piogge torrenziali, le inondazioni (10 cm di acqua dentro la nostra tenda, fortunatamente usata solo come deposito da un paio di mesi), gli insetti (mosquito, sand fly e chi più ne ha più ne metta), i roditori che scappano dai campi per rifugiarsi in alto (cioè in casa nostra), i serpenti che escono dalle tane inondate (di solito in spiaggia non ce ne sono molti, ma se i tuoi vicini sono degli zozzoni che comprano terra per investire e poi si dimenticano di tagliare l’erba…), i rospi giganti brutti da vedere ma dal gracidare melodioso… Da tutte queste cose abbiamo dovuto imparare: il nostro lotto è stato interamente alzato e livellato tenendo in conto l’altezza massima raggiunta dall’acqua (in alcuni punti ci siamo addirittura elevati di mezzo metro), piante come il Nim (o Neem in inglese, un albero indiano che è un insetticida naturale) e il tabacco (odiato dai serpenti) sono state sparse per tutta la proprietà, Patablanca, Carnefrita, Tigrilla e Bianchina sono entrati a far parte della famiglia (sono i nostri gatti che non solo hanno provveduto a sterminare, ahimè, i dannosi ma simpatici topolini di campagna, ma si sono rivelati, crescendo, la miglior arma contro i serpenti: non solo ne sono abilissimi cacciatori, ma ne vanno ghiotti). Per quanto riguarda i vicini zozzoni siamo, a nostro malgrado, dovuti ricorrere alla legge panamense che riconosce l’erba alta come pericolosa e obbliga i proprietari a mantenerla bassa tutto l’anno in prossimità di case. Per mosquito e and fly bruciamo barba di cocco e foglie di tabacco, assai meno dannose degli zampironi cinesi in commercio qui. È difficile limitare al massimo l’utilizzo di sostanze chimiche (che qui vengono usate abbondantemente per tenere l’erba bassa, così come per allontanare i serpenti e ammazzare i topi), ma possibile. Basta informarsi su internet e ascoltare i consigli dei vecchi della spiaggia e degli indios per avere le conoscenze, anche se applicarle non è sempre così facile. Ottobre è crudele ma intrigante: la natura si fa rigogliosa, gli animali selvatici tra cui iguane, formichieri, scoiattoli, pappagalli, tucani, armadillos etc etc escono allo scoperto approfittando della scarsa presenza umana, le tartarughe marine che visitano playa Las Lajas da Agosto a Dicembre intensificano la nidificazione sulla costa, la pace totale viene interrotta solo dall’oceano in alta marea e dal canto di rane e uccelli. La Spiaggia è deserta ma mai desolata: abbiamo passato due settimane senza vedere o parlare (fatta eccezione che tramite internet) con anima viva… Nella nostra vita precedente (cioè quella italiana) avrei visto con orrore questa prospettiva che invece si e rivelata un’esperienza unica e difficile da descrivere. Un’esperienza spirituale in cui davvero ti rendi conto di non essere che un animale come tutti gli altri: il silenzio del mondo moderno aiuta a sentire la voce della natura che ti parla e ti conforta, che ti urla e ti spaventa.

Proprio per la selvaggia bellezza di questo periodo mi viene da dire che Ottobre è un buon mese per morire, ma anche per imparare a (soprav)vivere. L’Elisa e Massimo moderni e materialisti sono probabilmente morti per sempre (se mai sono esistiti), ma dalle spoglie sono nati due “cholos” (parola in dialetto che indica gli indios, ma anche i latini, che abitano le zone più sperdute del paese). Due persone nuove: l’essenza è la stessa ma la crosta di fango del consumismo-menefreghismo-egoismo sfrenato tipico dei paesi ricchi è stata lavata via dalle piogge d’Ottobre. Lo rifarei ogni stagione delle piogge se fosse necessario (anche se spero, e penso, che in futuro nulla sarà duro quanto l’ “inverno” 2008). E tutt’ora, di fronte alle difficoltà, pensiamo a questa disperazione propedeutica e ci diciamo… “hahahhaha, questo ci fa un baffo!” Poi, d’improvviso, l’inverno se ne va così com’era venuto: è l’ultimo periodo di piogge il più duro, passato ciò il sole fa capolino a Novembre e, nel giro di un mese, prende pieno possesso del cielo. E con Dicembre arrivano i turisti e un respiro economico: finalmente possiamo lavorare come dei matti per tirare su il gruzzolo che ci serve per continuare il nostro sogno. Mettiamo su una struttura con il tetto di paglia (tipico della nostra zona e perfettamente a prova d’acqua) che diventerà l’ostello e, usando la stessa tecnica, rimoderniamo il bar, sopra al quale ricaviamo un appartamentino (rustico ma vista mare) tutto per noi. Hurrà! Finalmente, dopo un anno, ci possiamo concedere un minimo di privacy! Gennaio, Febbraio, Marzo e Aprile ci sfuggono dalla mani per la rapidità con cui passano, gli affari vanno bene, il sogno va meglio, vecchi e nuovi amici passano a trovarci… Qualcuno, come il neo abitante della spiaggia Ryan (un canadese quasi pazzo quanto noi), decide di fermarsi a vivere qui e di aiutarci a mettere su un programma di salvaguardia delle tartarughe marine, forse anche di riciclaggio dei rifiuti… Le idee sono tante e i cervelli (e le braccia) poche… Ma sappiamo che la calma dell’inverno porterà consiglio e, di sicuro, un altro pezzo di maturità umana e tolleranza animale. A presto!

Elisa e Massimo – La Spiaza Guide per Caso di Panama



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