Tutto il gusto della Sicilia in uno dei piatti simbolo dell’isola: la Caponata

Manuela Titta, 01 Lug 2023
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Quando si parla di Sicilia siamo sicuri di trovarci sempre di fronte ad un tesoro: che sia il suo mare meraviglioso, la sua natura selvaggia, la sua ricchezza artistica ed architettonica poco importa, quel che è certo è che faremo il pieno di meraviglia. A tutto ciò si aggiunge la strepitosa cucina regionale che oltre ad essere particolarmente ricca di ingredienti, vanta ricette antiche che hanno conquistato il mondo intero. Le contaminazioni che hanno reso così variegata la cucina italiana, sono state il filo conduttore di quest’isola che ha coniugato le varie culture gastronomiche dei secoli passati, sviluppando un’identità ricchissima di sapori e di colori. La conquista araba della Sicilia inizia nel IX secolo e in più di duecento anni di dominazione ha trasformato questa terra, lasciando testimonianze indelebili in tutti gli aspetti culturali. 

Batinjan, dagli arabi all’Europa: uno degli ortaggi più amati

La melanzana è un ortaggio di origine araba, arrivato fino a noi proprio grazie alla presenza saracena nelle varie zone del mediterraneo. La sua etimologia non è collegata a qualcosa di positivo, perchè questa “mala insana”, termine di derivazione latina, stava ad indicare un pericolo per la salute, tanto è vero che nel rinascimento Bartolomeo Scappi la descrive come “pomo sdegnoso’’. Oggi sappiamo bene che questa solanacea può essere consumata solo previa cottura e la sua versatilità in cucina la rende uno degli ingredienti più amati del periodo estivo, grazie alle innumerevoli ricette in cui può essere impiegata. Nel ‘700 la cucina napoletana aveva già ampiamente sdoganato la melanzana e nel secolo successivo Pellegrino Artusi la inserì nel suo celebre ricettario La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene. “Il petonciano o melanzana è un ortaggio da non disprezzare per la ragione che non è né ventoso, né indigesto’’: con queste premesse il celebre cuoco presenta quattro ricette, tra cui quella che diventerà la melanzana alla parmigiana (Tortino di pentociani), ma notiamo che tra le indicazioni di cottura c’è anche la frittura. 

Un piatto dalla lunga storia 

Come in tutte le ricette, ci sono varie versioni e se guardiamo ai secoli passati, notiamo che lo stesso piatto era preparato in maniera completamente diversa, a seconda della disponibilità degli ingredienti. Le persone ricche infatti avevano carne e pesce nelle loro dispense, alimenti più rari tra i meno abbienti: ecco quindi come cambia la ricetta della Caponata, piatto composto da varie cose come si legge in un testo stampato 1759 a Messina.

Sulle origini di questa preparazione ci sono diverse versioni, quello che si nota è l’utilizzo dell’aceto che notoriamente era l’ingrediente che garantiva una certa conservabilità alle pietanze: questo può far pensare ad una ricetta nata per il consumo in barca, dato che i marinai avevano bisogno di ottimizzare la resa degli alimenti anche in termini di durabilità. 

La regina delle ricette con le verdure

La caponata è sicuramente uno dei piatti più famosi della Sicilia, risulta nell’elenco dei Prodotti agroalimentari tradizionali (PAT): era la protagonista sia della cucina popolare, che di quella di élite dove tra gli ingredienti compariva il pesce. L’attuale ricetta base prevede molte varianti che troviamo nelle varie città dell’isola, quella palermitana è probabilmente la più classica, perché oltre alle melanzane fritte, ci sono le olive, sedano e cipolla, i capperi, i pomodori; il condimento prevede zucchero, aceto, olio e sale. È possibile trovarla anche con aggiunta di basilico, mandorle grattugiate e pinoli. Se ci spostiamo a Trapani troveremo il peperone tra gli ingredienti, come ad Agrigento, dove la caponata prevede anche l’uvetta secca. 

Il pesce che veniva unito alla ricetta e che si mangiava ai pranzi dell’aristocrazia siciliana, era la lampuga, che veniva chiamata “capone”. Questa preparazione in agrodolce che univa verdure e proteine lasciava il posto alle sole verdure di stagione disponibili per le cucine popolari come già accennato, ma il gusto che si è definito con questa ricetta è arrivato fino a noi.   

Un vino prezioso per esaltare i sapori più veri della Sicilia

Tutta la Sicilia vanta un passato molto antico per la viticoltura, quando parliamo di vitigni facciamo riferimento al periodo greco innanzitutto e poi a quello romano, quando la la vite fu introdotta e trovò in questa terra l’ambiente ideale per diventare protagonista. Nelle zone tra Mascali e Randazzo, alle pendici dell’Etna, le tecniche di allevamento per propaggine raccontano l’unicità della pietra lavica. Questo luogo è stato plasmato dall’amore e dalla dedizione dell’uomo che ha traghettato il patrimonio locale, trasformandolo in prodotti di successo che interpretano perfettamente le esigenze dei nostri tempi, pur mantenendo tutta l’identità di secoli di storia.  

Etna è una DOC dal 1968, si sviluppa in un’area di produzione alle pendici del vulcano, con un’altitudine massima di allevamento che arriva addirittura ai 1000 m s.l.m. nel versante sud. Il Rosato è ottenuto da Nerello mascalese min.80% e Nerello Cappuccio, entrambi vitigni autoctoni. Il Nerello Mascalese, ‘’Niuriddu Mascalisi’’, è un vitigno a bacca nera le cui origini si perdono davvero nel tempo: protagonista assoluto, regala un vino intenso. Il Nerello Cappuccio, altra varietà a bacca nera, dà un vino rosso rubino intenso dai toni violacei, con un profumo di ciliegia e frutti di bosco, con un’ottima persistenza.

L’Etna Rosato DOC ha un brillante colore che oscilla tra il chiaretto e il cerasuolo, con un profilo olfattivo intenso con sentori di glicine e rose; è un vino fresco e dalla grande sapidità, grazie al suo terroir unico che trasmette tutte le sue caratteristiche al primo sorso.