Sulle tavole dell’autunno c’è il ricco tesoro della terra, il più profumato e desiderato!
Quando si parla di prodotti pregiati viene subito in mente il tartufo, perché ognuno di noi è rimasto sbalordito e inebriato dall’intenso profumo di questo fungo! Si, è un fungo, ma nasce sotto terra e trovarne uno significa avere tra le mani un raro diamante che cambia drasticamente la natura di un semplice ingrediente come l’uovo. Sarà banale dirlo, ma tutto ciò che viene a contatto con un po’ di tartufo ingrana una marcia in più sulla strada del sapore.
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Le caratteristiche di un fungo impossibile da coltivare
Il tartufo è un fungo ipogeo, questo significa che svolge il suo ciclo vitale sotto terra: vive in simbiosi con piante arboree e grazie a questo produce lo sporocarpo, ossia il corpo fruttifero che si sviluppa nel terreno, a circa 40 – 50 cm di profondità. La parte esterna è chiamata peridio (di natura liscia o sculturata) ed il colore varia dalla gradazione chiara a quella scura.
I tartufi crescono alle radici degli alberi grazie alle micorrize, delle strutture di scambio che permettono l’accesso alle sostanze nutritive: con questo scambio simbiotico le piante ricevono acqua e sali, cedendo ai funghi i carboidrati che hanno elaborato.
Terreno e piante sono ciò che andrà a conferire al tartufo le sue caratteristiche: la forma, rotonda e liscia oppure irregolare e ruvida, è determinata dal terreno che può essere morbido o risultare più ostico. Se alla terra dobbiamo l’aspetto, alla pianta simbionte dobbiamo il sapore, il profumo e il colore del tartufo.
Tra le piante più importanti per la crescita del tartufo troviamo le querce, i pioppi, i tigli, i noccioli, i salici e i carpini. Caratteristica della zona dove si trovano i tartufi, è la mancanza di vegetazione sotto la chioma degli alberi simbionti: questo è dovuto all’azione del micelio che inibisce la nascita della vegetazione, con la produzione di specifiche sostanze chimiche.
La saggezza della natura
Il profumo del tartufo stordisce e rapisce i sensi umani, ma la natura ha voluto che questo intenso odore si sprigionasse per una questione ben precisa: pur crescendo sotto terra, il tartufo viene intercettato da diversi animali che, cibandosene, contribuiscono alla diffusione delle spore, dando al fungo la possibilità di riprodursi.
‘’L’appetito è per lo stomaco quello che l’amore è per il cuore’’
Il nostro paese è davvero molto generoso in fatto di tartufi: l’assortimento che si trova è notevole e spazia tra le varie tipologie legate anche alla stagionalità. Già noto in tempi antichi, il tartufo lo troviamo sulle tavole rinascimentali: Caterina de’ Medici lo introdusse a Corte poiché ne era appassionata.
In onore del musicista Gioacchino Rossini, sarebbe nata la ricetta francese, Tournedos Rossini, una sontuosa preparazione a base di filetto di vitello, un piatto opulento nato da una leggenda che vede protagonista il noto compositore. Si narra che Rossini chiese una variazione per il suo filetto perché desiderava il tartufo e fu così che venne preparata questa ricetta.
“La grande questione dei Bianchi e dei Neri […] minaccia di riaccendersi a proposito dei tartufi, ma consolatevi, lettori miei, che questa volta non ci sarà spargimento di sangue’’: così si esprimeva Pellegrino Artusi nel suo celebre ricettario La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, il libro più famoso della cucina italiana.
Tuber Magnatum Pico
Il tartufo bianco è il più pregiato e il più costoso, quello più ricercato per le sue qualità: un profumo indescrivibile per questa eccellenza italiana legata al paese di Alba in Piemonte e Acqualagna nelle Marche. Il tartufo bianco è un ingrediente prezioso per le sue qualità organolettiche e la sua rarità: va servito senza cottura perché si comprometterebbe il suo aroma. È ideale per piatti delicati, affinchè non sia contrastato da sapori troppo forti: va servito a temperatura ambiente ed è perfetto per accompagnare un semplice risotto, o dei tagliolini, anche la fonduta si sposa benissimo con il tartufo bianco.
Per l’abbinamento con il vino bisogna far riferimento al piatto che si mangia e valutare l’ingrediente principale oltre al tartufo. Se siamo in presenza di un filetto possiamo andare su un vino rosso e, visto che abbiamo citato Alba, si può rimanere in Piemonte e abbinare al piatto di carne un Nebbiolo, il vitigno autoctono con cui si fanno i grandi vini piemontesi: Barolo, Barbaresco, Gattinara, Ghemme.
Non solo la carne, ma anche i tajarin (tagliolini) al tartufo bianco d’Alba già citati, piatto tipico della cucina delle Langhe: ricetta della tradizione risalente a moltissimi secoli fa, quando, nei giorni di festa, si utilizzavano le uova per la preparazione.
Quale vino bianco aprire se mangiamo tartufi? Molto in voga è l’abbinamento del tartufo bianco con il metodo classico, anche se parecchi palati preferiscono un vino bianco di media/alta struttura, che porta subito un grande equilibrio. Si può abbinare un Riesling che, con i suoi aromi, si sposa bene con le componenti di uovo e burro che, di solito, accompagnano i piatti a base di tartufo.
Le stagioni del Nero
Ci sono diversi tipilogie di tartufo nero, con costi variabili e assortimento stagionale: si va dal Tartufo nero invernale (Tuber melanosporum), al Tartufo nero estivo (Tuber aestivum) anche chiamto “scorzone“, al Tartufo nero uncinato e ancora Tartufo moscato o nero forte, Tartufo nero liscio. A differenza del bianco, le proprietà organolettiche del nero vengono maggiormente esaltate se il fungo viene sottoposto ad una fonte di calore: attenzione a non esagerare, perchè è sufficiente pochissimo tempo per consentire al tartufo di sprigionare tutto il suo favoloso profumo e sapore.
Il tartufo nero si sposa benissimo con le uova: una semplicissima omelette o una cottura a occhio di bue risultano perfette per un piatto strepitoso. Risotti, carne e anche pesce sono tutte preparazioni a cui possiamo abbinare il tartufo: molti chef propongono tonno, salmone, ma anche crudité come un carpaccio di pesce fresco accompagnato dal gusto del tartufo.