Stoccolma… per noi
Perché cominciamo dal clima? Se non fosse per quello, uno a Stoccolma ci andrebbe ad abitare!
È accogliente, pulita, razionale, moderna eppure bella (a differenza delle nostre città dove spesso moderno fa rima con orribile). I servizi sociali sono da sempre un fiore all’occhiello, c’è il premio Nobel, ci sono tanti bei musei e tanti bei locali e poche industrie (quindi non è inquinata). A proposito di musei: io-Patrizio ricordo ancora il Vasa, il più famoso della Scandinavia, dedicato alla grandissima nave da guerra del 1600 (aveva tre alberi, era lunga più di 60 metri) affondata durante il suo primo viaggio e recuperata nel 1960 con tanto di vele conservate nella stiva. Io-Syusy invece ho fatto un salto all’Historiska Museet, dove c’è una sezione dedicata ai vichinghi, che mi ha aiutato, allora, a intuire i misteri della scoperta dell’America. Ma di musei ce n’è per tutti i gusti: da quello dei giocattoli al museo degli Abba (sì, il gruppo musicale), dal museo dei fiammiferi a quello dei Nobel.
Al Palazzo della Municipalità, dove vengono assegnati i Nobel, ci siamo stati, e abbiamo anche fatto finta di ballare nella sala della cerimonia. Soprattutto siamo andati al ristorante dei Nobel, che è del Comune e che ospita ogni anno i vincitori, dedicando a ognuno un menù specifico, che ora viene riproposto ai turisti. Io-Syusy ho scelto il menù di Grazia Deledda (Nobel nel 1926), mentre io-Patrizio quello di Dario Fo (1997). Non c’era una grande differenza, né varietà di pietanze: l’unica cosa memorabile era il dolce alla dinamite (con un candelotto acceso), un omaggio ad Alfred Bernhard Nobel che l’ha inventata.
A proposito di cucina: io-Patrizio ho di Stoccolma un ricordo piuttosto choccante. Siamo entrati in un grande ristorante, in cui si teneva un corso di cucina italiana. Ho partecipato per capire come uno chef svedese interpretasse la nostra tradizione culinaria. Ma è stato uno strazio: il cuoco ha messo gli spaghetti nell’acqua bollente, poi ha cominciato a raccontare e chiacchierare. Arrivati al tempo di cottura, non faceva una piega. Allora l’ho interrotto e gli ho fatto notare che stavano scuocendo. Lui – un po’ infastidito – dopo un bel po’ li ha scolati e… li ha lasciati “riposare”. Quindi ha cominciato a fare una specie di sugo, con pomodoro e un po’ di ketchup. Morale: alla fine ha servito un piatto di cosce di pollo condito con un contorno di spaghetti-in-pappa al sugo di similpomodoro. Per fortuna il vino era un Chianti vero. Ci siamo però riconciliati con la Svezia visitando un quartiere-modello, ricavato nelle ex industrie portuali, con servizi di primordine, spazi comuni, soluzioni d’avanguardia, design affascinante ecc.