L’Aja città aperta
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Sintesi di acqua e di verde
Del resto, l’arte all’Aja si nutre spesso di idee originali. Vogliamo scoprirne qualcun’altra? Allora attraversiamo la cintura che collega la spiaggia al centro, occupata (si fa per dire) per lo più da parchi. La sensazione è quella di trovarsi in una grande città giardino, dove l’acqua si integra con il verde. Nei canali, talora popolati di piante acquatiche si specchiano gli alberi dei viali attraversati dai binari dei tram, con la loro erbetta ben curata che cresce spontanea tra le rotaie. Un lungo passaggio fiancheggiato da stagni di ninfee ci allontana dall’inevitabile rumore cittadino e ci porta al Gemeentemuseum, il museo municipale di arti applicate, disegnato dall’architetto olandese Hendrik Petrus Berlage che non lo vide mai finito, visto che la struttura aprì nel 1935, un anno dopo la sua morte. L’edificio, che contiene la più grande collezione di quadri di Piet Mondrian, è il regno dell’armonia: è formato com’è da una serie di cubi che escono l’uno dall’altro e in cui (curiosamente) ricorrono l’11 e i suoi multipli. Sembra cabala, ma non lo è. Il risultato è un palazzo armonioso e leggero. Naturalmente affacciato sull’acqua. Perché tutti i musei all’Aia hanno un rapporto speciale con l’acqua. Spostandosi nel centro città, non fa eccezione il Mauritshuis, la Pinacoteca Reale, che accoglie capolavori del Secolo d’Oro olandese e l’adiacente ex palazzo Binnenhof sul romantico Hofvijver, ovvero lo “stagno di corte”. Se si tratta della corte reale o di un cortile non è dato saperlo.
Metafisica & cilindri
Anche se tutta l’Aia è popolata di case basse, non mancano le eccezioni, tutte degli ultimi anni: la prima nella piazza più metafisica, Spuiplein, che più di ogni altra esalta il concetto di spazio in città e mette in vetrina gioielli architettonici. Da un lato la mole bianchissima dello Stadhuis, cioè gli 11 piani del Municipio progettati dall’architetto Richard Meier e che ospitano anche la biblioteca, dall’altro il Lucent Dans Theater, il palcoscenico nazionale dedicato alla danza progettato da Rem Koolhaas e con un futuristico ristorante in un cilindro irregolare. Al centro della piazza invece c’è la Dr. Anton Philipszaal usata per performance musicali di tutti i generi.
Un tram chiamato 17
Alto è anche il complesso di grattacieli De Resident, nei pressi della stazione centrale, che porta il nome di architetti di grido come Cesar Pelli. Ospita sì sedi di ministeri, ma è divenuto, dall’alto dei 142 metri dell’Hoftoren (la torre più alta), il nuovo landmark cittadino. Visibile (e quindi motivo di critica secondo alcuni) anche dallo specchio d’acqua dell’Hofvijver, svetta alle spalle del palazzo in stile classico olandese del Mauritshuis. Ma a nascondere tanta modernità, verso sera, quando la luce si affievolisce, ci pensa un tram, il numero 17. In partenza dalla stazione, attraversa tutto il centro e accarezza il Lange Vorhout, uno spazio urbano a metà tra il parco e il viale, che spesso viene trasformato in una galleria open air di sculture. Poi tocca il lago Hofvijver, emblema cittadino e prosegue lambendo Molenstraat, strada che ricorda un piccolo quartiere latino. Suggestiva perché circondata da stradine tanto minuscole e affollate che sedie e tavolini del caffè de Oude Moll, all’angolo con Oude Molstraat, devono essere alzati ogni volta che passa un’auto. Il 17 finisce la sua corsa arrivando non lontano da Sweelinckplein, la piazza più borghese e con l’architettura più elegante della città; quella che farebbe esclamare a parte degli olandesi, con una smorfia sul viso, che gli abitanti dell’Aia hanno la puzza sotto il naso. Chissà?