Genitori e figli in viaggio: si può!

Basta dare uno scopo al viaggio e tenere a bada l'ansia...
Patrizio Roversi, 28 Lug 2011
genitori e figli in viaggio: si può!
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Il primo (di una lunga serie) di litigi fra me e Syusy risale a quando io-Patrizio avevo 20 anni, e sono andato per l’ultima volta in vacanza in Danimarca in roulotte coi miei genitori. Per Syusy è stato uno scandalo, un chiaro segnale di tossicodipendenza familiare e di sviluppo ritardato: ma quale è l’età massima per andare in vacanza coi genitori? E cosa c’è di male per i figli ad andare in vacanza coi genitori? Oppure, se vogliamo rovesciare la domanda: cosa c’è di male per i genitori portare in vacanza i figli?

In realtà sono due versanti dello stesso problema, o due facce della stessa medaglia. Da una parte quando i figli crescono non hanno nessuna voglia di andare coi genitori (Zoe, nostra figlia, che ha quasi 17 anni, ne sa qualche cosa) e dall’altra i genitori che vogliono viaggiare coi figli piccoli si fanno un sacco di problemi. Morale: sembra quasi che la forbice entro cui genitori e figli possono viaggiare tranquillamente assieme sia strettissima: tra gli 8 e 12 anni! Prima e dopo è un problema. Ma se il problema del dopo è presto detto (insofferenza adolescenziale, interessi che si differenziano, ritmi di vita incompatibili e problemi di convivenza generazionale), i problemi del prima – cioè del viaggio con figli piccoli – forse si possono affrontare meglio. Certo un primo problema è far coincidere ferie degli adulti, vacanze dei ragazzi e soprattutto periodi buoni per viaggiare, in termini di clima e di costi. Viaggiare “in bassa stagione” per chi ha figli è quasi impossibile, perché appena la scuola chiude i prezzi degli alberghi e dei voli salgono… Forse da metà giugno a metà luglio è l’unico periodo buono per viaggiare “in controtendenza”. Ma poi, per viaggi a lungo raggio o in località particolari, c’è il problema delle tante paranoie salutistiche: c’è pericolo di malattie? Cosa si mangia? E se mi si ammala, che faccio?

Io e Syusy siamo stati in genere molto ansiosi in proposito, e Zoe parecchio dispettosa: durante i primi viaggi, quando magari noi genitori ci assentavamo per 10 o 15 giorni assieme, lei restava coi miei genitori e… puntualmente si ammalava. Non si ammalava mai, solo quando la lasciavamo a casa. Come dire: se mi portavate con voi era meglio. Ricordo una telefonata dall’Egitto a mia madre: “Come sta la bimba?”. “Benino, ha due linee di febbre…” da cui ho desunto che aveva 40, come infatti è stato. Quando poi abbiamo cominciato a portare la bimba con noi in viaggio, c’era una valigia interamente dedicata ai medicinali… Strano perché noi siamo sempre stati affascinati da coloro che intraprendevano lunghi viaggi coi figli: abbiamo conosciuto velisti giramondo che facevano studiare i figli in barca, via internet. La voglia del Giro del Mondo ci è venuta anche per questo. Ma quando poi si tratta dei tuoi figli, si ricade nell’ansia. Quindi è difficile dar consigli.

Per i bimbi piccoli naturalmente ci si può informare bene sul viaggio: per esempio anche l’India si può affrontare, ma attenzione ai periodi e alle zone malariche, attenzione al cibo e all’acqua, e comunque magari il Kerala è meglio del Rajasthan. Anche l’Etiopia si può fare, ma con una guida che ti dà una mano con l’alimentazione, e magari ti porta nella Valle dell’Omo nella stagione giusta. Poi, per carità, ci sono vacanze sicure e tranquille, tipo crociera, dove sai quel che mangi e ci sono mille intrattenimenti. Per ovviare invece al disamore dei figli adolescenti, vale la stessa regola che oramai vale per tutti: dare uno scopo al viaggio. Darsi una meta, un obiettivo, delle cose da vedere e da scoprire, che rappresentano altrettanti motivi di coinvolgimento dell’adolescente inquieto: Syusy, ad esempio, riesce a coinvolgere Zoe nella sua passione per la storia e i misteri.

Anche le strutture ricettive possono (e devono) fare molto. Lo dice anche il nostro amico Roberto Vitali, di V4A (village for all) che si occupa di accessibilità: il problema non è la disabilità, ma la diversità. Un bambino in viaggio ha delle sue specifiche esigenze, come qualsiasi altro: se gli veniamo incontro, diamo un’occasione in più a tutti: un cibo flessibile, orari elastici, zone verdi e adibite al gioco son cose che in un Villaggio o un Albergo fanno comodo a tutti. Tutto, pur di non ridursi al vecchio modello della villeggiatura, dove genitori e figli riproducono lo stesso parallelismo di vite estranee: i figli stanno con gli amici, i genitori per conto proprio. Il viaggio è un pretesto per stare assieme, per fare esperienze “strane”, per capire e capirsi di più, altrimenti che viaggio è?

Patrizio