Alle Svalbard in pieno inverno!

Un'avventura artica nell'estremo nord
Turisti Per Caso.it, 02 Mar 2011
alle svalbard in pieno inverno!
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Le Isole Svalbard tra dicembre e gennaio, nel cuore della notte artica, a poche centinaia di chilometri dal Polo Nord, immersi 24 ore su 24 nel buio totale: il desiderio di vivere questa straordinaria esperienza è stato lo stimolo fondamentale che ci ha indotto a prendere un aereo e, dopo tre scali (Amsterdam, Oslo e Tromso), atterrare a Longyearbyen, capoluogo delle Svalbard, a 78° 13′ di latitudine Nord.

Abbiamo iniziato ad ottobre i preparativi per questo viaggio, incuranti di tutti coloro che costantemente ci chiedevano cosa andassimo a fare in cima al mondo a Natale, periodo in cui lassù non sorge mai il sole e non si vede neppure il minimo bagliore di alba. Ma organizzare un viaggio alle Svalbard in pieno inverno non è complicato: basta sapersi muovere e si può prenotare tutto attraverso Internet. Un viaggio alle Svalbard significa un viaggio al Polo Nord, nell’Artico più profondo e più affascinante, un luogo difficile da scovare sul planisfero, dove la natura si mostra come la padrona incontrastata – “Natura dominatur” cita testualmente lo slogan di questo arcipelago in cima al globo.

Un aereo da Oslo a Longyearbyen con prua a nord, poco più di 4 ore di volo con sosta a Tromso, già 400 chilometri oltre il Circolo Polare Artico, dove all’aeroporto siamo accolti da una luce crepuscolare tipica della notte artica. Un nuovo decollo – questa volta per le Svalbard – e poco dopo, nonostante la quota di volo, la luce scompare; è il primo contatto con la notte artica vera e propria, 24 ore ininterrotte di buio, una situazione che contribuisce a regalare a questo luogo incantato, un fascino indescrivibile. La scelta di raggiungere le Svalbard in pieno inverno è stata dettata dal desiderio di vedere questo luogo sperduto nel momento “più vero”, in cui il buio ed il freddo creano realmente le condizioni limite, quando non c’è nessuna differenza tra mezzogiorno e mezzanotte. All’arrivo a Longyearbyen siamo accolti da una vera e propria bufera di neve, ad accrescere in modo implacabile le già rigide condizioni dell’inverno polare: -25° e raffiche di vento oltre gli 80 chilometri orari. E’ difficile respirare e il ghiaccio taglia i volti. Longyearbyen, capoluogo dell’arcipelago, situata sull’isola di Spitzbergen, la più grande delle 9 che lo compongono, è un piccolo centro minerario e di ricerca scientifica, un minuscolo paese, ultimo avamposto di civiltà prima del Polo Nord – se si esclude Ny Alesund, villaggio a un centinaio di chilometri ancora più a nord, famoso per essere divenuto il luogo da cui decollarono le missioni dei dirigibili “Norge” e “Italia”, impresa, quest’ultima, a cui seguì la terribile tragedia della “tenda rossa”. Nonostante le Svalbard siano un luogo sperduto, offrono tante comodità che non si penserebbe di trovare a questa latitudine: piccole sistemazioni alberghiere di diversa tipologia, qualche ristorante, un paio di locali, agenzie specializzate in escursioni, negozi di attrezzature sportive (dove si può acquistare tax free), una banca, un ufficio postale e un mini ospedale attrezzato per affrontare le prime emergenze, oltre ad un aeroporto perfettamente attrezzato per l’unico volo giornaliero che collega la città alla terraferma. Noi giungiamo alle Svalbard subito dopo Natale e, possiamo apprendere da un giornale locale stampato in inglese che proprio le vacanze di Natale 2010 costituiscono un esperimento turistico, prova che vede per la prima volta impegnati alcuni operatori a tenere aperte le poche strutture ricettive di Longyearbyen, solitamente chiuse in questo periodo.

Raggiungere le Svalbard tra dicembre e gennaio significa “rinunciare” a causa del buio ad ammirare i grandi paesaggi artici che rappresentano una delle testimonianze più straordinarie della maestosità della natura a queste latitudini ma, al contempo, si può vivere l’esperienza della profonda notte polare, condizione che aiuta ad aggiungere a questi luoghi, un carattere ancora più remoto.

Longyearbyen è un poco più di un villaggio dove abitano circa 2000 persone tra minatori, ricercatori scientifici e gente “del posto” che vive con naturalezza questa perenne sfida dell’uomo alla natura, gestendo piccole attività commerciali. Persone che si “contendono” questo paradiso artico con i 3500 orsi bianchi che popolano le Svalbard. Ma anche persone che vivono una realtà sociale lontanissima dalla nostra, al punto che alcuni negozi alla sera non ritirano neppure la merce esposta lungo la via principale: inutile ritirarla, perché nessuno ruba. Qui la criminalità non esiste. Nonostante la stagione invernale e la prossimità con le vacanze natalizie che fanno di questo periodo “bassa stagione”, è possibile partecipare ad alcune escursioni. Le più suggestive sono la visita nel cuore di un ghiacciaio e un tour su slitte trainate dai cani, esperienza quest’ultima che ci ha immersi nell’irreale atmosfera della notte artica più “vera”, dove il buio totale è rischiarato solo da un piccolo lume da minatore posto sulle nostre teste e il silenzio impenetrabile, rotto solo dallo sfregare dei pattini della slitta sulla neve e dall’abbaiare dei cani. Un’esperienza da lasciare senza fiato.

Poi resta da scoprire il piccolo capoluogo. Una cittadina costruita per lo più in legno, dalla pianta molto semplice che ricorda i paesini del Far West visti in tanti film. Solo che qui al posto della terra arida c’è il ghiaccio. Un villaggio che si snoda lungo una via lunga poche centinaia di metri su cui si affacciano i pochi negozi della città, un piccolissimo cinema (incredibile a questa latitudine), l’ufficio postale, la farmacia, la banca e un supermercato attrezzato di tutto punto. Poco distante dal centro, la città è dominata dall’ufficio del Sysselmannen, il governatorato delle Svalbard, e dalla Svalbard Kirke, una chiesa minuscola, il cui interno assomiglia decisamente di più ad un salotto di casa; luogo di culto indubbiamente più a nord del mondo. Qui i visitatori (i pochi che vi giungono) sono i benvenuti e, al termine della funzione religiosa, possono unirsi alla comunità locale per condividere una colazione servita nel locale adiacente a quello in cui si celebra la Messa. Longyearbyen ospita anche l’Istituto Norvegese di studi polari, accanto al quale sorge il piccolo museo che raccoglie testimonianze e reperti che raccontano la storia di convivenza tra uomo ed elementi naturali in questo straordinario luogo. All’ingresso è obbligatorio togliersi le scarpe, secondo una vecchia abitudine scandinava, poi si può accedere al museo, piccolissimo, che racconta la natura, la vita dei cacciatori, l’epopea delle esplorazioni polari e la storia dello sfruttamento minerario delle isole. A Longyearbyen esiste anche un secondo piccolo museo, lo Spitsbergen Airship Museum, nato un paio d’anni fa dalla passione per le esplorazioni polari di un ragazzo norvegese e di Stefano Poli, italiano che ha fatto delle Svalbard la sua seconda patria – museo che però noi non abbiamo avuto modo di visitare in quanto oggetto di trasferimento di sede. Nonostante le 24 ore di notte artica, nelle passeggiate lungo la via principale è possibile riconoscere i profili delle montagne le cui forme, plasmate dai ghiacci e dal vento, sembrano abbracciare Longyearbyen. Purtroppo, come sempre accade le cose belle non possono durare per sempre e, dopo pochi giorni di permanenza alle Svalbard dobbiamo far ritorno in Norvegia prima del definitivo rientro a Milano. A malincuore, risaliamo in aereo per far ritorno a casa, tristi per il dover abbandonare un luogo straordinario, dove la natura domina ancora incontrastata sull’uomo ma certi di aver vissuto un’esperienza che pochi nella vita hanno provato, speranzosi di farvi ritorno per assaporare ancora una volta il sapore dell’Artico.

Matteo Taino e Piero Uboldi



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