Los Roques d’amare
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A Los Roques dal 25/04/2014 al 04/05/2014.
Spesa totale a persona, souvenir compresi, € 1.350,00
Destinazioni: Franciskys (Francisquì arriba, de abajo e del medio, Noronkys, Rabuski, Crasky, Carenero, Sarky, Cayo de Agua, Dos Mosquises, Madrisquì
Premessa. Pochi giorni di ferie tra una festività e l’altra, la voglia di essere baciati da un sole caldissimo e sopportabilissimo grazie alla perenne brezza, il desiderio di un mare incantevole, di spiagge paradisiache, di relax, di abbigliamento informale, di clima ideale e il mio pensiero vola all’arcipelago di Grand Roque. Invio qualche mail a siti specializzati e direttamente a posade (ne conservo ancora gli indirizzi e le risposte) e scelgo l’offerta di chi è più veloce a contattarmi con un prezzo competitivo: Emanuele dell’Ismael Tours c.a. (www.losroqueslastminute.it, info@losroqueslastminute.it, ismael.losroques@gmail.com, losroqueslastminute@gmail.com – cell. 345-3378040). Mi rammarico di non poter fare lo stesso identico viaggio in un periodo di bassa stagione, quando potrei risparmiare anche il 20% e arrivare con un volo diretto Alitalia (24 ore tra scali e attese in aeroporti per raggiungere la meta sono veramente tante). E’ pur vero che le compagnie aeree con le quali gli operatori possono lavorare sono decise, con norme apposite e diverse restrizioni, dal Gobierno Bolivariano de Venezuela! Il pacchetto di € 1.300 a persona prevede il volo internazionale con scalo a Madrid, il taxi da e per l’aeroporto di Caracas, una notte in hotel a 5* nei pressi della capitale venezuelana (gli orari non permettono di raggiungere l’arcipelago lo stesso giorno), il volo nazionale e 7 notti in una posada standard a Los Roques con trattamento di pensione completa ed escursioni a due isole vicine.
1° giorno: 25 aprile 2014: ROMA – CARACAS (Via Madrid)
Ci imbarchiamo alle 7,45 da Fiumicino sul volo Iberia 3239 molto comodo con pasti a pagamento. Puntuali, dopo 2 ore e 40, arriviamo alle 10,25 a Madrid; seguiamo le indicazioni per il cambio del Terminal, sono chiare ma non bisogna trastullarsi per i negozietti del duty free. Alle 11,50 partiamo per Caracas; sull’Airbus A333 i posti sono un po’ meno spaziosi, ma ognuno avrà la possibilità di trascorrere il tempo gestendo un personale monitor (50 film tra cui diversi di prima visione ma solo uno in italiano, 80 documentari, 12 giochi, 400 album musicali…). Dopo un paio d’ore il pranzo (riso con gamberi e calamari o pasta con verdure, una misera insalatina e un dolcino) e un’oretta prima dell’atterraggio all’aeroporto internazionale Simon Bolivar, dopo 9 ore e mezza circa dal decollo, uno spuntino (panino prosciutto e formaggio, yogurt e merendina).
In Italia sono quasi le 21, qui le 14,45 date le 6 ore e mezza di fuso orario.
All’uscita un autista poco comunicativo ci accompagnerà all’hotel, dove alloggeremo per una notte.
Discorso cambio. E’ la prima volta, durante un viaggio, che non portiamo né carte di credito né bancomat ma solo euro in contanti e pochi dollari (che però non utilizzeremo).
Neanche mettiamo piede a terra e molti si avvicinano proponendoci un cambio migliore di quello ufficiale (€ 1= Bolivares 8,89). Siamo tentati perché l’offerta è di € 1=bsf 75, ma non rischiamo… abbiamo ancora poca dimestichezza… dicono che alcune banconote potrebbero essere false. Cambiamo, sempre utilizzando quello che viene definito parallelo, tramite una conoscente dell’autista che ci propone 1 a 60. Contrattiamo un po’ dal momento in cui più si cambia, più si spunta un buon prezzo ed € 100, che basteranno abbondantemente per tutto il soggiorno, si trasformano in bsf 7.000 (€ 1= bsf 70). In seguito, potremo cambiare alla posada o presso la farmacia del villaggio (vi è anche un chioschetto all’uscita dall’aeroporto – Oscar Shop – ma non è conveniente).
La strada per raggiungere l’hotel Olé Caribe (Av. Intercomunal El Playón, Macuto, Edo. Vargas, Maiquetia) è trafficata; in una buona mezz’oretta riusciamo a vedere la fatiscenza di molte costruzioni e l’assenza di un piano regolatore! L’albergo è a cinque stelle, ma in Italia gliene avremmo tolte un paio. E’ un po’ vecchiotto, ma tutto sommato non male per una sola notte. Alloggiamo nell’ampia e pulita stanza 506 che affaccia sulle piscine e sul mare; connessione gratuita a internet, cassetta di sicurezza, bagno e l’antibagno con qualche campioncino. Peccato la stanchezza… avremmo potuto approfittare per un tuffo in piscina o una rilassante sauna, ma svegli ormai da quasi 24 ore… preferiamo recuperare forze ed energie per la vera vacanza che inizia domani.
Al check-in si pongono subito tre problemini: la colazione sarebbe dovuta essere inclusa e invece non lo è, ancora non abbiamo idea del volato di domani mattina per Los Roques e i nostri cellulari non funzionano! Le tre persone alla reception sono gentili: una parla inglese, l’altra spagnolo e il terzo l’italiano, ma nonostante si rendano conto delle nostre difficoltà, non si mostrano così disponibili. A tutto c’è rimedio: per la breakfast ci chiedono una decina di euro, per comunicare con il mondo manderemo una mail e del volato con Aerotuy previsto per le 8,30 di domani l’agenzia ce lo farà sapere in serata tramite una coppia di altri turisti italiani (che invece voleranno da quello metropolitano con un Cessna privato in quanto quello previsto della Chapi Air era stato cancellato – ma lo scopriranno al momento della partenza).
Volendo avremmo, per € 70, potuto fare un giro per Caracas by night e cenare in un ristorante tipico, ma lo stesso Emanuele che lo propone, lo sconsiglia: la città non è nulla di che e la vedremmo – per la nostra sicurezza – da dietro i finestrini del taxi.
2° giorno: 26 aprile 2014: CARACAS – LOS ROQUES – FRANCISQUI ARRIBA
Alle 6 siamo pronti. L’autista di ieri è puntuale, non ci consegna nessuna carta e ci scarica all’entrata dell’aeroporto Simon Bolivar di Maiquetia al Terminal nazionale, dove ci metteremo in fila al banco LTA Linea Turistica Aereotuy c.a. (www.tui.com). Certo, non riceviamo una vera e propria assistenza e il fatto che non abbiamo una ricevuta e i telefonini fuori uso ci crea un po’ d’ansia… ma alla fine partiamo solo con un po’ di ritardo! La tassa di $ 5,50 a persona è già inclusa e il volo dovrebbe essere costato al massimo € 200. L’aereo, un quadrimotore da una cinquantina di posti turbo elica, è quasi tutto pieno. Il bagaglio può pesare al massimo kg 10 e per ogni chilo in più si pagherà un dollaro (le altre compagnie non pongono questa limitazione). Chi prima arriva meglio alloggia, noi siamo gli ultimi a salire ma capitiamo in prima fila. Finalmente spicchiamo il volo. Quanto rumore! Nessunissima paura! L’atterraggio, dopo una cinquantina di minuti, è su una piccola pista. Tutto avviene in sicurezza e planare con a destra e a manca acqua turchina è bellissimo. Ci incuriosisce subito un cartello di divieto di portare droga… proprio davanti la capannina dove si pagherà, in moneta locale, la tassa di entrata a quello che è diventato, dal 1972, parco nazionale (bsf 254=€ 3,6 per noi turisti stranieri e bsf 127 per quelli venezuelani).
Non troviamo nessuno ad aspettarci, ma sarà facilissimo raggiungere la posada Va Pensiero, categoria standard (il sito ufficiale che la dà superior non è aggiornato, ma lo sapevamo). La struttura è semplicissima: un ampio saloncino con il tavolo sul quale consumeremo i pasti, un divanetto ad angolo dai tanti cuscini colorati dove trascorreremo il tempo libero collegandoci a internet (connessione gratuita anche se un po’ lenta) o chiacchierando con gli altri ospiti. A vista l’angolo cottura dove vedremo spadellare il o la cuoca e una piccola terrazza sul tetto adibita a stenditoio. Un giovane ragazzo tuttofare, José, registra i nostri nomi, ci mostra quella che sarà la nostra stanza, molto spartana, ma per quel che ci staremo basta e avanza. E’ arredata con un grande lettone, una finestrella senza vetri ma con “inferriate di legno”, attaccapanni e mensole per appoggiare qualcosa e un piccolo bagno con tre saponette, due asciugamani di media grandezza e uno piccolino. Un cartello c’invita a non buttare la carta igienica nel water, ma in un apposito secchio, a non consumare troppa acqua, a tenere pulite le strade e a non portar via coralli o conchiglie. Noi contribuiamo all’integrità del luogo e al risparmio non utilizzando neppure la pala e l’aria condizionata perché la temperatura è ideale. Le totali tre camere della struttura si chiamano Tortuga, Acuario e, la nostra, Delfines; vivremo in un ambiente limitato a stretto contatto sia con i gestori che con gli altri ospiti, ma abbiamo un alto spirito di adattamento e il contatto con le persone è uno degli aspetti della vacanza che ci piace.
Discorso comunicazione. Per quanto riguarda i cellulari, fanno un po’ le bizze. Con il mio (contratto Tim) riesco a telefonare ma non a mandare sms, con quello di un ragazzo il contrario. Chi è tecnologico potrà scaricare i programmi WhatsApp e Viber per mandare sms e parlare in Italia a centesimi 0 (ovviamente con chi ha le stesse applicazioni)! Due cabine telefoniche si trovano vicino al porto-aeroporto e una scheda da bsf 7 dura una decina di minuti (per tre giorni, però, è mancata la linea). Presso un Cyber point (ce ne sono due, ma uno è in fase di ristrutturazione) si potrà chiamare spendendo 8 bsf al minuto. Attenzione, invece, a rispondere ai telefonini! Diversi di noi hanno ricevuto insistenti chiamate (io almeno quattro) dal numero 1148352351 e, chi ha risposto, ha visto il credito azzerarsi o diminuire visibilmente! Questo numero, che parte da Skype, cercato su Google, risulta denunciato e non intestato a nessuno.
Ci spogliamo velocemente, ci spalmiamo uno spesso strato di solare protezione 50 (e lo faremo tutti i giorni, ultimo compreso) ed entriamo nel clima vacanza. In pochi minuti raggiungiamo il molo (attiguo l’aeroporto) da dove partono quotidianamente tutti i taxi boat detti peñero.
José ci consiglia come prima meta Francisky o Francisquì o Francizqui Arriba che, se non avessimo avuto compresa nel prezzo, ci sarebbe costata € 2=bs 140 a testa.
Impariamo subito che, “in onore” a un imprenditore olandese, i nomi di alcune isole terminano con la sillaba quí derivata dalla parola inglese key=cayo=isolotto.
Il barcaiolo, dopo una decina di minuti, ci fa scendere in un angolo di Paradiso terrestre, pianta un ombrellone, scarica due sedie di plastica e una ghiacciaia, la cava, all’interno della quale il pranzo (una bottiglia d’acqua, una di aranciata e, a testa, mezza baguette ripiena di prosciutto cotto, formaggio, lattuga e pomodoro, un contenitore con una fetta d’ananas e una mono confezione di biscotti secchi Maria simili a 4 dei nostri Oro Saiwa).
L’acqua del mare è turchese, dalle sfumature azzurre, Tiffany, blu ed è a tratti bassissima. Migliaia di gabbiani zampettano sulla battigia elemosinando avanzi di cibo. Sembrano addomesticati, seguono i movimenti di chi apre recipienti o scarta qualcosa e bisogna fare pure attenzione perché se si traccheggia un po’ con un pezzo di pane in mano… c’è il rischio di esserne derubati!
L’isola non è grandissima e l’intero giro si fa in una ventina di minuti. Da una parte è più ventosa, si può praticare il Kitesurf e dove è più profonda fare snorkeling in quella che chiamano la piscina naturale. All’interno un lago salato quasi completamente asciutto color rosa che nei mesi invernali diventa giallo (miracolo della natura!) sul quale cammino provando la sensazione di farlo sulle sabbie mobili; le impronte rimangono ben visibili formando delle pozzette d’acqua.
Una costruzione un po’ rialzata di legno ospita il ristorante Casamarina che offre, a prezzi modesti, piatti prevalentemente a base di pesce (es. filetto di barracuda o di pargo – pesce incrocio tra dentice e orata – bs 320, linguine ai frutti di mare bs 400. Con € 10 a persona si pranza… ma non con aragosta, la cui pesca è concessa solo in alcuni periodi dell’anno).
Oziamo per diverse ore socializzando con altri turisti immersi nella cristallina, ma non caldissima acqua fino alle 17, ora in cui il motoscafo ci viene a riprendere.
La nostra prima doccia a temperatura ambiente… in realtà un po’ freddina, ma qui non vi è una rete idrica, l’acqua dolce disponibile è un bene prezioso perché proviene in parte dalle scarsissime acque piovane e gran parte da quella del mare desalinizzata. Ci spiegano che è difficile ottenere permessi per i pannelli solari, le strutture di livello più elevato hanno scaldabagni o impianti a gas, ma anche lì, a volte, la forniscono solo in alcune fasce orarie della giornata (17-19).
Alle 19,30 è pronta la prima cena che condivideremo con gli altri clienti della posada e un’ospite esterna: siamo in totale sette italiani. Il pasto prevede: tre fette di bruschettina al pomodoro, un trancio di barracuda con contorno di verdurine ripassate, un dolcino al cioccolato, acqua e un bicchiere di vino bianco. A cucinare è sempre José con il quale concordiamo le isole da andare a visitare domani.
3° giorno: 27 aprile: NORONKYS – RABUSKY – CRASKY
Buongiorno! La colazione è preparata lentamente e con cura da José (pare che la cuoca storica se ne sia andata e quella in arrivo ritardi di qualche giorno) con pane tostato, due tipi di marmellate, qualche fettina di papaia, uova strapazzate, prosciutto cotto e formaggio oltre a tè, “caffè” e succo.
Alle 9,30 raggiungiamo il molo per il mini tour tra le isole Noronky, Rabusky e Crasky (al costo di 400 bs=€ 6 a persona). In nove saliamo su una barca con potenti motori e raggiungiamo, in una ventina di minuti, la prima.
La superficie dell’acqua ci incanta per la sua trasparenza, la sabbia è bianchissima e spiccano le tante guaripete, lucertole nerissime che si nascondono sotto una piccola palafitta dalla quale scattiamo foto al panorama. Rimaniamo un’oretta a mollo uscendone più che abbronzati. Sembra che l’acqua abbia imprigionato i raggi del sole e noi, immergendoci, ne catturiamo il calore e il colore giacché da bianchi ne usciamo, secondo il grado di protezione del solare usato, rossi peperoni o bronzati. Altri si dirigono dalla parte opposta, più profonda e ventosa, fanno snorkeling e poi tutti, alla medesima ora, risalpiamo.
Cavalcando onde non proprio basse (sembra di fare una doccia fredda mentre si sta sul tagadà), ci ritroviamo in mezzo a un canale naturale smeraldino, dove gli argini sono mangrovie e il fondale basso è pieno di stelle marine dal diametro di un pallone da calcio. Siamo a Rabusquì. Ci immortaliamo insieme a queste stars, ma per il loro bene non le teniamo fuori dall’acqua più del tempo necessario di uno scatto.
Una mezz’oretta e nuovamente in moto per raggiungere Crasquì dove trascorreremo l’ultima parte della giornata prima di rientrare alle 16. La particolarità di questo terzo isolotto è il “cimitero di botuto”: gigantesche conchiglie ammonticchiate, dell’interno delle quali si nutrivano gli abitanti del luogo, ma che ora è proibito mangiare e portar via. Sono bianche, grigie, rosa, arancioni e spesso sono usate per tracciare vialetti, abbellire l’esterno delle costruzioni…
Gli Alisei anche qui soffiano forti, a volte fanno volare via o scoperchiano gli ombrelloni, cascare le sedie… ma se così non fosse il sole sarebbe impossibile da sopportare.
Nella cava di oggi il piatto forte (sempre un po’ scarsino ma commestibile) è l’insalata di riso.
Puntualmente ci vengono a riprendere. Il motoscafo corre, siamo completamente bagnati, le secchiate d’acqua fredda arrivano violente, decidiamo di indossare i k-way che c’eravamo portati e che consigliamo ai più freddolosi. Soddisfatti della giornata, rientriamo in posada e dopo un caffè o un tè caldo (sigh, nulla da sgranocchiare) facciamo un giro.
Che bello, nessun hotel, nessun villaggio turistico, nessun resort, solo altre antiche case di pescatori ristrutturate di categoria Easy, Turistica Roqueña (che poi sarebbero le standard come la nostra), ma anche Lusso o Superior. Curiosi di vederle, ci fermiamo a chiedere informazioni. Il costo della nostra, qualora avessimo prenotato direttamente, sarebbe stato di € 35-40 al giorno a persona per la pensione completa (noi, passando tramite agenzia, credo l’abbiamo pagata € 70 – ma era in un pacchetto tutto incluso). Alcune sono molto belle, confortevoli, hanno l’acqua calda, la tv satellitare, offrono un cocktail di benvenuto, la merenda, le escursioni, secondo il mare e il vento, alle isole lontane (o alle dieci della zona ricreazionale) con barche proprie, arrivano ad avere anche 15 camere e a costare € 120 a testa al giorno. La facciata di una ci fa sorridere per la presenza di uno scimmione (ovviamente si tratta di una statua) appeso a una corda che sbuca da una finestra. Ma quanti italiani ci rispondono! Scopriamo che, delle 60 totali presenti in tutta El Gran Roque, 50 sono gestite da nostri connazionali. Io, tutto sommato, sono contenta della mia sistemazione, non m’interessava una struttura lussuosa… tanto poi il mare è uguale per tutti… Col senno del poi, però, avrei optato per il B&B. La mattina avrei comprato dei panini presso la panetteria attigua alla nostra posada (le mezze baguette ripiene costavano bsf 35=€ 0,59) quando sapevo di non trovare sulle isole il chiosco-ristorante (altrimenti il pranzo decisamente lì!), mi sarei portata una borsetta frigo per le bevande e la cena l’avrei consumata ogni sera in una posada differente spendendo, al massimo, $ 10 a persona.
Pensando al cibo la fame si fa sentire, per fortuna alle 19,30 si cena e dopo un carpaccio di zucchine e scaglie di formaggio, arriva un bel piatto di spaghettini al dente con sugo fresco di barracuda e subito il sorbetto al lime. Sorseggiamo una birra nazionale leggerissima e conosciamo la nuova bella coppia che occupa la stanza Tortuga: lei avvocatessa venezuelana (assomiglia alla Cucinotta ma secondo me è ancor più bella) e lui commerciante slavo.
4° giorno: 28 aprile: FRANCISKY ARRIBA (ma dovevamo andare a Madrisky…)
E’ arrivata la cuoca, una 21enne venezuelana di nome Ruby che speriamo sia brava quanto José e un po’ più generosa nelle porzioni. Oggi la variante della colazione sono le cachapas, delle piccole piadine di farina di mais mischiata al latte e poi cotte sulla piastra che si accompagnano solo con formaggio, ma io ci spalmo anche il caratteristico dulche de leche, una crema dolce a base di latte e zucchero che ricorda le nostre mou sciolte.
Partiamo per l’isola di Madrisky, ma per un’incomprensione tra José e il marinaio (ognuno ha dato una sua spiegazione) ci siamo trovati nuovamente a Francisquì. Inizialmente eravamo un po’ contrariati… ma poi ci siamo goduti un’intera giornata di mare dal color azzurro intenso e dall’acqua meno fredda del primo giorno. Qualcuno fa snorkeling e qualcun altro cerca un po’ più in profondità una Madonnina che si dice protegga l’intero arcipelago. Chi fa diving racconta di aver visto tartarughe, tonni, mante, grossi barracuda e in effetti, qualche lunga lisca, la troviamo anche noi a riva.
Apriamo la cava. Oggi una piadina arrotolata ripiena d’insalata di tonno, pomodori, carote e per frutta una fettinina di dolcissimo melone (troppo esiguo!).
Rientriamo per un tè, un caffè e di nuovo fuori per un dolcino che prenderemo presso la Panaderia Pasteleria Bella Mar quasi di fronte la posada. Qui il profumo di pane appena sfornato e di dolci è inebriante e per € 0,20 l’uno portiamo via dei “maritozzi” squisiti.
Che belle le viuzze del villaggio, l’unico centro abitato di quasi 1200 persone, dove non circolano auto, moto, ma solo un camioncino per la raccolta dei rifiuti ben differenziati in grandi secchioni colorati. Certo, il mezzo non è silenziosissimo, soprattutto perché sotto la finestra della nostra stanza passa alle 6,30, ma poi, veder camminare scalzi su tutta l’isola gli abitanti (noi con le infradito dall’alba a notte fonda) ci fa sopportare il piccolo disagio. D’altronde anche a Roma il camion dell’AMA passa in orari fastidiosissimi!
Impiegando un quarto d’ora e percorrendo uno dei tanti sentieri tracciati e delineati da sassi, arriviamo sulla collinetta dove si erge il faro e dalla quale il paesaggio è una cartolina. Le abitazioni spiccano con gli allegri e variopinti colori delle loro facciate, le aree verdi dalle mille sfumature contrastano con il tripudio di colori che vanno dal bianco al blu del mare… e intanto il tramonto rende l’atmosfera ancora più magica. Tutto si tinge di arancione e una gigantesca palla rosso fuoco si va lentamente a nascondere dietro una montagnetta di fronte a dove ci troviamo.
Rientriamo per la doccia e per fortuna avevo portato un micro phon perché l’idea di tenerne uno a disposizione non è proprio considerata, anzi, quando l’ho chiesto si sono fatti una risata. La corrente è bassissima… ma è pur vero che chi ha i capelli corti può anche asciugarli al vento.
Esordio della cuoca: vellutata di verdure strepitosa, bocconcini di tonno fresco alla griglia, insalatona mista e deliziosa crema al mango sulla base del biscotto Maria. Certo, chi ha un buon appetito o non ama il pesce si alzerà da tavola ancora con lo stomaco brontolante… ma nella piazza principale potrà integrare con una pizza – che non ho assaggiato ma che aveva un buon aspetto – presso La Chucheria (una margherita, secondo la grandezza, può costare dai 2 ai 3,5 €) alla cui cassa due cartelli ben visibili attirano la mia attenzione: “Zona libre de armas, prohibido portar armas de fuego…” e “Ley orgànica contra la discriminacìon racial” con tanto di spiegazione. Però!
Facciamo in tempo a terminare la cena e salta la corrente. José accende diverse candele e l’atmosfera diventa romantica, molto intima. La posada ha anche un piccolo generatore, ma va azionato, non scatta automaticamente e, a quanto pare, lo appureremo anche altre volte, lui non ha molta voglia di farlo, forse perché l’assenza di elettricità non ha tempi troppo lunghi.
Usciamo per ammirare un cielo stellato che ci ricorda la carta dei Baci Perugina. Strutture illuminate, altre completamente buie… sembra di camminare in mezzo a un presepe. Noi c’eravamo portati una piccola torcia, ma a far luce saranno i cellulari super moderni di alcuni amici. Un’oretta scarsa e tutto si riaccende.
Cerchiamo un locale specifico, nei pressi del molo, dove trascorrere il dopocena, ma è chiuso per ristrutturazione. Acquistiamo allora, presso un negozio di liquori, bibite e sigarette, soprannominato il “distributore” (ma il vero nome è Inversiones Yemaya), del ron aňejo Cacique tipico venezuelano invecchiato di un anno, 40% (€ 3,5=bsf 250 al lt), un rum bianco, del succo di arancia, una sprite e torniamo in posada per prepararci dei cocktail. La serata scorre piacevole, si chiacchiera in italiano, spagnolo, inglese… mentre programmiamo la gita di domani.
Le isole sono una cinquantina oltre ai quasi 300 cayos=atolli corallini, ma le escursioni proposte sono al massimo una quindicina. Scopriamo che hanno un prezzo fisso imposto dall’Autorità del Parco il cui tariffario è esposto in tutti gli uffici, al molo, è uguale per tutti, indipendentemente da con che barca si fa la gita e include la fornitura di un ombrellone e di due sedie ogni coppia di turisti. Nel pacchetto noi abbiamo comprese quelle vicine, ma per quelle lontane non ci faranno pagare la differenza, come immaginavamo, ma sborseremo l’intero importo (è pur vero che si parla di pochi euro l’una!). Scegliamo il mini tour Carenero – Sarky (€ 6,50=bsf 450 a persona).
5° giorno: 29 aprile: CARENERO – SARKY
La novità a colazione sono le arepas, focaccine di farina di mais, acqua e sale cotte alla piastra, che si accompagnano con formaggio, prosciutto cotto e uova. Sono squisite, mi ricordano delle polpette schiacciate di polenta-semolino… ma decisamente più gustose.
Via direzione Carenero dove arriveremo in una quarantina di minuti (facendo due brevi pit-stop in altre isole a lasciare vari turisti). L’isola è magnifica e i colori ci incantano. Non c’è una spiaggia molto larga ma la lunga passeggiata è piacevole. Diverse sono le casupole di pescatori, dove intravvediamo le nasse, antichi attrezzi tuttora utilizzati soprattutto per la pesca delle aragoste. Nonostante ne sia vietata la cattura in questo periodo, alcuni turisti italiani hanno accettato la proposta di mangiarle e, con € 20, oltre a tre piccoli crostacei, hanno gustato quattro ostriche e due pesci arrosto accompagnati da riso in bianco.
Come a Grand Roque, anche qui tanti i cani a zonzo che oziosamente si aggirano e rilassano sotto i pochi ombrelloni in attesa che si apra la ghiacciaia che oggi offre pasta fredda e fettina di papaia (con queste mini porzioni… mi dispiace cari amici animali ma… c’è ben poco da attendere… fra un po’ saremo noi a chiedervi i viveri!). Sono tranquilli, a volte giocano tra loro, si aspettano una carezza, ma mai, in nessuna situazione, ci sono sembrati pericolosi, anzi, fin troppo mansueti! Davanti alla nostra posada, accucciati su se stessi, ci facevano da “zerbini” e, per non infastidirli, li aggiravamo, mentre loro, pigramente, alzavano la testa, sembrava ci strizzassero l’occhio per darci il bentornati e si riaccoccolavano… mai sembrata così bella la vita da cani!
Dopo tre ore ci vengono a prendere per portarci a Sarky, un isolotto dove saremo gli unici turisti e nessunissima presenza di strutture. L’acqua è calda, il vento è un flebile alito e stare ammollo è una goduria, sembra il nostro habitat naturale e penso che, di questo passo, noi donne usciremo con le pinne da Sirenetta e agli uomini spunteranno le squame.
Alle 16 prendiamo la via del ritorno e azzeccata anche oggi l’idea di indossare il k-way perché cavalcare le onde a velocità sostenuta tutti bagnati fa venire la pelle d’oca.
A un certo punto ci fermiamo in mezzo al mare… si è rotto qualcosa? Può darsi… spesso è capitato che qualche motore facesse i capricci o che corde reggenti i tendalini si staccassero… Ma questa volta no! Si tratta di un gruppo di delfini che sta saltando davanti a noi e i marinai ci vogliono far vedere l’emozionante spettacolo.
Ancor più sorridenti torniamo in posada e un’altra sorpresina ci aspetta: bruschettine al tonno! Una veloce doccia (qualora ci fosse stata l’acqua calda sarebbe stata molto più lunga!) e relax prima della cena: due fettine di baguette con sughetto, due spiedini a testa di tonno, riso in bianco e un piccolo creme caramel. Tutto gustoso, ma sempre molto contato. Per fortuna c’è la carrambata della bella coppia venezuelana-slavo: Toblerone gigantesco per finire in dolcezza la serata.
6° giorno: 30 aprile: CAYO DE AGUA – DOS MOSQUISES
Certo, se si è giunti su quest’isola per dormire… non è la vacanza giusta. La sera fino all’1 in alcuni pub la musica pompa e rimbomba per tutte le stradine, la mattina inizia molto presto per i gestori delle posade che spazzano i giardini o i terrazzini antistanti, alle 6,30 puntuale come le tasse passa il camioncino per la raccolta dell’immondizia, ospiti di posade attigue si ritrovano a chiacchierare sotto la nostra finestra (senza vetri) nelle ore più impensate per colpa del fuso orario… Anche io, massimo alle 7, spesso erravo per le viuzze, ma il farlo mi ha regalato piacevoli esperienze come quella di incontrare i bambini diretti a scuola da soli o accompagnati dai genitori. Tutti gli alunni indossavano una divisa: pantaloni o gonna blu e camicia azzurra e le bimbe erano accuratamente pettinate. Molti genitori, liberatisi dei bimbi, si fermavano a consumare, nella grande piazza, le frittelle (€ 0,60) preparate al momento e dal profumo invitante.
Oggi escursione alle isole più lontane. Prendiamo i teli da mare: asciugamani poco più grandi di quelli da bidè, un po’ logorati o macchiati, ma per noi bastano e avanzano giacché li metteremo sopra le sedie di plastica e ci sdraieremo direttamente sulla battigia o al massimo sui nostri larghi parei e ci dirigiamo al molo. La piccola imbarcazione è molto bella, nuova, con comodi cuscini e il viaggio di un’ora passerà più velocemente.
Arriviamo in quella che si dice sia una delle dieci spiagge più belle al mondo: Cayo de Agua. Io non so quali siano le altre nove… ma questa è incantevole veramente. L’acqua è tiepida, ha mille venature che vanno dal celestino al blu cobalto e con la colonna sonora del fruscio del vento e delle onde passeggiamo lungamente su una finissima polvere candida che non è mai troppo calda per camminarci scalzi. Raggiungiamo una bianchissima lingua che divide l’isola in due e dove abbiamo difficoltà a tenere gli occhi aperti per il riverbero, ma dobbiamo farlo, non possiamo chiuderli davanti all’Eden.
Arriviamo fino all’alto faro a righe orizzontali bianche e rosse al centro di una fitta distesa di piante grasse.
Ammiriamo un tripudio di pellicani che si fionda a picco sulla miriade di pesci che sono alla nostra “portata di piedi”. Curiosissimi i gabbiani che si posano sulle loro ali a mangiucchiare e spesso davanti ai nostri occhi si accoppiano senza inibizioni.
Qualora avessimo voluto noleggiare maschera e pinne, avremmo dovuto sborsare – presso il molo o la posada – circa bs 300=€ 4 al giorno, ma noi ci siamo portati occhialetti da piscina e boccaglio ovviando così.
Con un po’ di malinconia abbandoniamo quest’isola per dirigerci a Dos Mosquises dove un anziano signore ci dà il benvenuto e ci mostra, pagando un biglietto simbolico di bs.F 20 per entrare al Paradero Arqueologico, alcune vasche (in eternit!) lungo il Sendero ecologico dove la Fundación Científica alleva e cerca di preservare quattro tipi di tartarughe in pericolo d’estinzione. Ne vediamo solo due tipi, la Caretta caretta e la Tortuga verde o blanca. Quella che più ci fa tenerezza è nata 22 giorni fa e sta nel palmo di una mano. In riva troviamo una stella marina color ocra mentre sulla battigia dei resti di granchi giganti. Immortaliamo sia la viva sia le reliquie: la prima tenendola con cura, le altre creando coreografie da scene dell’horror… anche questo giocherellare fa parte del clima vacanziero.
Rientriamo impiegando più di un’ora e arriviamo abbastanza cotti e zuppi.
Che famissima! Per cena carpaccio di tonno in salsa di soia (a me sì, ma agli altri non piace e io mi sacrifico), tranci di barracuda affogati in salsa di soia e ricoperti di cipolla, peperone e carote (a me sì, ma agli altri non piace e io mi sacrifico scartando, per motivi digestivi un po’ di peperone e per il bene del mio compagno, un po’ di cipolla), purea di patate e d’aglio (qualcuno sta per piangere!) e pezzettino di ciambella al cioccolato (essendo l’unica ad aver cenato la cedo ai famelici compagni di avventura).
Dato il digiuno forzato di gran parte del tavolo e dal momento in cui la sera, dopo la nostra cena, José, la sua fidanzata (un’italiana probabilmente sessantenne), la cuoca e alcuni amici spesso preparano e gustano spaghettate… ci armiamo di “coraggio” e chiediamo, per domani, qualcosina in più a pranzo nella cava e un semplice spaghetto al pomodoro per cena. Sono l’unica che gradisce sempre qualsiasi cibo sia a pranzo sia a cena e spazzolo via gli “avanzi” di tutti, ma ammetto che si stanno sciupando visibilmente… e mi dispiaccio per loro. Josè prima di prendere qualsiasi decisione contatta il responsabile della posada, Davide Magelli (d.magelli@mmtours.com.ve, booking.mm@hotmail.it) e… grande evento: dal giorno dopo le quantità si incrementano. Vedendo la gestione lasciata un po’ a sé e alla gioventù di due sole persone, pensavamo che il proprietario fosse completamente assente e ignaro di cosa accadeva. Una volta esposti, in maniera chiara, e non velata, i nostri disappunti, ne è stato investito e ha fatto agire di conseguenza. Eh, avessimo parlato prima! Il tutto, tra l’altro, è nato da un’incomprensione della quota pagata al giorno a persona. Ma è bene quel che finisce bene e, seppure solo per gli ultimi due giorni, almeno durante i pasti principali ci nutriremo un po’ di più.
Usciamo per una fresca e leggera birretta Solera che consumeremo presso un ampio locale al centro della piazza, il Nueva Cadiz, dall’insegna fucsia. All’interno, su tavolini quadrati di legno, solo uomini che giocano a carte e sulle mura disegni vari tra cui quello di due gigantesche rose con scritto Mama Rosa come il nome della mia.
All’esterno, su tavolini trascinati davanti alle proprie abitazioni o in mezzo al centro della piazza, più donnone giocano a tombola (o qualcosa di simile) mentre allattano o buttano un occhio ai bimbi sui passeggini o ai più grandicelli che giocano a fare le scimmiette arrampicandosi sui rami degli alberi. W la libertà, la spensieratezza e i colori! Noto che ognuna, di qualsiasi maxxxitaglia, indossa abbigliamento sgargiante che ben si sposa con le tinte delle costruzioni dell’isola e che tutti, in generale, hanno in mano perennemente una lattina di bibita gasata.
7° giorno: 1° maggio: MADRISQUI’ (o MADRIZQUI o MADRISKY)
Buona festa dei lavoratori! Anche qui si festeggia e noi, dopo tanto lavorar… ci stiamo regalando del meritato relax. Per integrare la colazione compriamo in panineria delle brioche, una al sapore di cannella, una ripiena di marmellata ai frutti esotici e una al cocco il cui prezzo varia dagli € 0,15 agli € 0,30. Il gestore non è così simpatico e spesso serve i clienti locali (per i quali siamo trasparenti), anche se arrivati dopo di noi. Sia presso la panetteria, sia presso il distributore di liquori, si possono acquistare le sigarette. Il costo di una stecca di Marlboro rosse sarà, dopo un minimo di contrattazione, una decina di euro=bsf 650.
Dieci minuti dal molo e raggiungiamo la seconda isola compresa nel pacchetto. Su Madrisky abbiamo sentito differenti commenti e più di una persona non ce ne ha parlato con entusiasmo. Arriviamo un po’ prevenuti e ci rendiamo conto di quanto la bellezza sia soggettiva! Per noi è uno spettacolo! L’acqua è un po’ più alta rispetto alle lingue di sabbia finora battute ed è più dalle sfumature verdine. In alcuni punti sembra ci siano delle ombre che vanno e vengono, alziamo la testa per vedere se sono delle nuvolette passeggere, ma il cielo è limpido: si tratta di banchi di pesciolini argento scuro che stazionano e si muovono secondo la corrente (minima) o dei nostri movimenti. Incredibile! La spiaggia è lunga e diverse sono le villette basse proprio a ridosso del mare. Hanno grandi spazi antistanti dove si rilassano proprietari o turisti sugli unici lettini finora visti. Riusciamo anche a nuotare e non esclusivamente a lessarci per la temperatura parecchio alta, sia dentro, sia fuori l’acqua. Siamo stati molto fortunati a trovare il cielo terso, a volte basta una nuvola a far provare sensazioni differenti. Scatti fotografici a gogò per fermare sia le immagini di pellicani che pescano a pochi centimetri da noi, che planano a ridosso delle nostre teste mentre siamo in acqua sia quelle di gabbiani che beccano pezzetti di pane dalle nostre mani o di cani che si impanano mentre ci proteggiamo sotto l’ombrellone.
Di gatti, invece, ne abbiamo visti molto meno… sono probabilmente più riservati e casalinghi poiché i pochi incontrati sostavano presso negozi o sembravano sfingi all’interno di strutture. Tutti avevano il collarino e a volte qualche campanellina appesa al collo che ne annunciava l’arrivo.
Tornando dall’escursione, vediamo tanta gente con i carrelli colmi di buste della spesa. Da dove viene? Dove ha acquistato tutti quei rifornimenti? Io sono cinque giorni che cerco un fruttivendolo e non lo trovo! Presso la piazza principale sono allestiti dei banchi e dietro alcune provvisorie transenne tutto il paese attende di ritirare le provviste che, una volta a settimana, arrivano dalla terra ferma. Sui tendoni che proteggono le esposizioni appare la scritta Territorio Insular Francisco de Miranda.
E’ la prima volta che vediamo tante persone insieme! E’ un peccato, però, che non riusciamo ad integrarci… sono così abituati ad averci intorno, che siamo invisibili… Non sono diffidenti, no, sono schivi, disinteressati a uno scambio di cultura… Da riconoscere, però, che ogniqualvolta ho chiesto loro di poterci fotografare insieme o di farlo ai bimbi… non si sono mai opposti.
Ma quante donne corpulente! Prima di quell’età, o probabilmente prima di diventare madri, però, hanno dei corpi ben torniti e soprattutto i lati B da far girare la testa! Sulle spiagge non passano inosservate. Quasi tutte hanno le mani e i piedi laccati e decorati vistosamente, i seni con protesi ben visibili e i sederi alla Jlo realmente notevoli. Beh, ammettendo l’evidenza, e non facendo caso ai nostri uomini un po’ tanto distratti, c’è da dire che con queste femmine ci compensiamo bene. Dalle nostre parti in gioventù lasciamo spazio all’“acqua e sapone”, ma con il passar del tempo ci curiamo, mostriamo meno anni restando comunque attraenti… qui sono tutte tirate fino agli enta e poi si lasciano completamente andare sfiorendo incredibilmente.
Gli uomini, per lo più pescatori o barcaioli, invece, finché in attività conservano un fisico asciutto e muscoloso.
Come loro, alcuni di noi fanno merenda con un hot dog (€ 0,40) che una venditrice “ambulante”, ma sempre fissa nel medesimo posto, invita a farcire a piacimento con differenti salse e al top del quale spolvera formaggio grattugiato (paese che vai…).
19,30 spaccate, ci sediamo a tavola. Ogni promessa è debito? Non lo so, ma una cosa è certa: dopo una bruschettina al pomodoro e formaggio grattugiato, arriva un piattone di spaghettini al pomodoro fresco. Con educazione, ma con gli occhi strabuzzanti di felicità, tutti si fiondano sulla nostrana pietanza snobbando qualche trancio di pargo che faceva da secondo e del quale ha approfittato la sottoscritta. Per dolce una crêpe ripiena di banana caramellata.
In vacanza cerco sempre di apprendere il massimo dalla cultura della popolazione e, il cibo, è uno dei fattori più importanti per integrarmi con il luogo e la gente che sono venuta a conoscere per cui, di solito, di cappuccini, di pizze, di pasta, di espressi ne faccio incetta solo in Italia. Racconto agli astanti che, più i gusti riscontrati durante i miei viaggi sono differenti dai miei, più ne vengo attratta e racconto del serpente che mangiai in Cina, dell’alpaca che gustai in Perù, del porcellino d’india di cui mi deliziai in Ecuador…
Alle 21 e fino all’1 presso la posada Galapagos si balla soprattutto oggi, 1ero de Mayo, Party speciale per la Fiesta de Trabajador. Viene alternata musica latina a internazionale commerciale, si viene invitati a partecipare senza pagare alcun ingresso e non obbligatoria sarà la consumazione. I prezzi sono accessibili (un cuba libre € 2,50, una blue margarita, un sex on the beach o una piña colada € 3,50), il posto molto semplice ma carino, classica atmosfera marina, qualche palma, tavole da surf per coreografia e sotto tetti in paglia il bancone. Neanche il tempo di ambientarmi e diversi venezuelani che ballicchiano svogliatamente tentano un cordiale approccio… che rimorchioni!
8° giorno: 2 maggio: MADRISQUI’ (con una puntatina a FRANCISQUI’ DE ABAJO E DEL MEDIO)
Per colazione, con farina, uova, zucchero e vaniglia la silenziosa Ruby ci prepara dei pankake sui quali versa una colata di miele Apiario che gustiamo scambiando le ultime chiacchiere con la coppia venezuelana-slavo che partirà in mattinata.
Oggi, essendo l’ultimo giorno anche per noi, avevamo pensato di andare a fare snorkeling a Boca de Sebastopol e rilassarci un’oretta nella striminzita Cayo Fabian (bs 600), ma alcuni ragazzi che ci sono andati ieri ci hanno raccontato che l’acqua era così bassa che non sono riusciti a combinar nulla e allora optiamo per le altre due Francisquìs.
Quando arriviamo in quell’abajo, detta anche accampamiento, però, troviamo ormeggiati tantissimi velieri, catamarani, yacht a ridosso della spiaggia dove la parte dai colori brillanti è poca.
La Francisquì del medio, invece, è molto ventosa e addirittura gli ombrelloni devono essere piantati in un verso differente da quello classico.
Preferiamo quindi ritornare a Madrisquì che tanto ci era piaciuta approfittando che anche una coppia di venezuelani di origine molisana – con cui ci scambieremo i recapiti e che rincontreremo stasera -, vogliono essere lasciati lì. Il capitano è un po’ contrariato da questo nostro ripensamento (ma tanto lui doveva farlo ugualmente quel giro!) e allora per addolcire il suo broncio gli diamo una piccola mancia corrispondente al costo della gita già pagata.
E’ sorprendente come una visione che ci ha incantato per sei giorni di seguito ci meravigli anche oggi, ultimo dì.
E’ incredibile come i turisti venezuelani siano cordiali, vogliosi di chiacchierare con noi, ospitali… in netto contrasto con i poco affabili e alquanto distaccati commercianti, barcaioli, negozianti… ovvero con chi ha a che fare con noi per lavoro.
La giornata, meno ventosa e più serena del solito, passerà tra passeggiate e nuotate. Cerchiamo di goderci al meglio le ultime ore di vacanza immersi, senza far nulla, in trasparenti acque, anche perché, adagiati sopra qualche corallo spezzettato sotto il sole è bellissimo ma si resiste ben poco.
Il barcaiolo tarda di una mezz’ora la sua venuta. Ci insospettiamo che non sia un dispettuccio… siamo gli unici sull’isola… a me non dispiace vedere il tramonto qui ma… per assicurarmi di non dover dormirci sotto le stelle… chiamo Josè. Ci tranquillizza e dopo un po’ il tizio si materializza. 10 minuti di barca e siamo al molo, scendiamo e lui, borbottando qualcosa, si fa integrare la gita di qualche bolivares da José! Che furbacchione! Si era preso la mancia dicendo che era tutto ok e poi…
Tre minuti di strada e siamo spaparanzati – perché meno si fa, meno si ha voglia di fare – a consumare la merenda: una fetta di melone e un tè. Siamo assaliti dalla spossatezza del dolce far niente.
La doccia la faremo al lume di candela per la mancanza di elettricità che dura proprio quella mezz’ora! Su nostra richiesta Josè si attiva per attaccare il generatore… ma quando ormai non ce n’è più bisogno.
Conosciamo i nuovi ospiti della stanza Tortuga: una coppia giovanissima, lei argentina di origine comasca, lui paraguaiano noto per aver partecipato, arrivando secondo, a una sorta di X factor venezuelano. Sono simpatici e un po’ in inglese, un po’ in spagnolo e un po’ in italiano ci raccontiamo.
Abbiamo appurato che solo gli italiani – o probabilmente chi viene da tanto lontano – prenota per più di 6-7 notti; i venezuelani rimangono al massimo 2 notti dal momento in cui sono diverse e ottime le offerte comprensive di volo.
Pronti per l’ultima cena. A strati, uno sull’altro, pomodoro, formaggio primo sale e melanzana come antipasto, pargo panato per secondo, insalata di radicchio per contorno e mousse al limone come dessert.
Per “smaltire” l’ingurgitato ce ne andiamo a spasso per le polverose stradine e, “perdendoci” in una viuzza, scopriamo una costruzione tondeggiante dalla facciata candida e dalle rifiniture turchesi. Si tratta di una chiesetta rivolta verso il mare con due Madonnine, una sopra al portone di legno all’interno di una nicchietta, l’altra dai colori celestiali su una colonna all’inizio della scalinata da cui si accede. A quest’ora è chiusa, ma da una finestra illuminata si vede che chi la abita, magari il sacerdote, è ancora in piedi.
Presso il Cyber point acquistiamo qualche calamita a bsf 35 l’una (€ 0,50). Non sono bellissime, più carine, ma un po’ più care, si trovano di fronte la posada Sol y Luna, nel negozietto che la sera diventa anche localino dove bere qualcosa e fare quattro zompi sulla playa.
La partenza di domani si avvicina e il volo delle 9,30, sempre con Aerotuy, viene anticipato alle 7,45, ma alle 6 bisognerà fare il check-in.
Nel fare le valigie, ci siamo resi di conto di quanto abbigliamento e soprattutto di quanti repellenti antizanzare non abbiamo utilizzato. Avevamo letto di piccoli insetti – zancudos o mosquitos – presenti solitamente in ambienti tropicali in particolari orari della giornata (ancora è vivo il brutto ricordo dei sand fly honduregni). Per proteggerci avevamo portato di tutto di più, pronti a comprare ulteriori potenti prodotti venezuelani… e invece abbiamo trovato solo qualche stupida zanzara la mattina e qualche fastidioso moscone (tipo tafano) su un paio di spiagge. Il problema, quindi, non l’abbiamo avuto, ma sicuramente sussiste in altri periodi dell’anno, tant’è vero che qualsiasi negozio è rifornitissimo, a prezzi irrisori, di prodotti dopo punture.
Non bisognerà lesinare, invece, sulle creme solari che si potranno acquistare già in aeroporto a prezzi stracciati (Nivea 200 ml +50: € 4,50). Convenienti pure i doposole all’aloe vera… ottima idea anche da regalare per souvenir. E’ incredibile come in un posto di mare questi articoli siano economici. C’è chi ha fatto incetta di creme Eucerin e chi, viaggiando solo con il bagaglio a mano, ha comprato tutto qui (bagnoschiuma e shampoo compresi), lo ha utilizzato e poi lasciato a disposizione della posada!
Io non li ho usati, ma sono stati utilissimi ai turisti ai quali li ho prestati, cappellini, bandane e occhiali da sole! Per fortuna non ho messo in valigia scarpe o vestiti formali… sarebbe stato peso sprecato!
9° giorno: 3 maggio 2014: LOS ROQUES – CARACAS
Ci svegliamo prestissimo. José ci avrebbe dovuto dare un minimo di assistenza fino alla partenza, avevamo concordato una velocissima colazione con pane e marmellata, un frutto, tè o caffè, ma… dopo tanto attendere non si fa vivo. Ci incamminiamo verso l’ufficio Aerotuy nella piazza principale. Diamo i nostri passaporti (il biglietto è elettronico, non abbiamo nulla di cartaceo), le nostre valigie pesano esattamente kg 10 l’una, ci consegnano un Bording Pass che ritireranno prima di salire sul quadrimotore da 48 posti.
Il volo non è puntuale ma il tutto procederà tranquillamente. Non è strapieno tanto è vero che invitano tutti a occupare i sedili più avanti lasciando gli ultimi liberi per bilanciare il velivolo (nella parte posteriore si trova la stiva per le valigie).
Sorvoliamo questo remoto arcipelago cercando di identificare dall’alto (ma non siamo neanche tanto in alto!) le isole che abbiamo vissuto e che sono distanti, dalle coste del Venezuela, 75 miglia. I colori sono ancora più incantevoli e completo il servizio fotografico per la mia personale photo gallery in un set naturale unico dove sono contenta di aver trascorso sette giorni (6-7 notti sono sufficienti per questa meta che consiglio agli amanti incondizionati del mare).
Atterraggio perfetto quasi sei ore prima del volo internazionale. Prima di raggiungere il terminal internazionale ci fermiamo a fare un po’ di shopping trovando convenienti torroncini, barrette, snack e tutto ciò che riguarda la frutta secca. Gustosi e a buon prezzo i pacchetti di platano fritto simili alle nostre crik crok. Lungo il percorso per la connessione compreremo – da alcune bancarelle di prodotti artigianali – altre calamite, mentre al duty free internazionale cioccolata di più tipi e caffè. I liquori, tra cui i famigerati rum, sono tanti e convenientissimi, ma non potremo portarli perché non abbiamo un volo diretto per l’Italia. Ovviamente il tutto dovrà essere pagato con moneta locale! Per quanto riguarda il cibo, ci sarà solo l’imbarazzo della scelta e noi ci buttiamo su quello locale a La casa de las arepas. Bevendo un guayayo – che a Roma chiameremmo “sbobba” o “acqua celletta” – praticamente un bicchiere di caffè annacquato ma molto caliente, ci congediamo da questo paese.
Pensavamo che per le pratiche di check-in impiegassimo tanto e invece sono molto organizzati, tanto personale che per tempo distribuisce vaschette dove collocare tutto, scarpe comprese. Le bottiglie d’acqua o comunque i liquidi (ovviamente non infiammabili!) passano tranquillamente ma solo qui! A Madrid di nuovo le restrizioni che ben conosciamo. La connessione a internet, con password WIFIAEROPUERTO, è illimitata e gratuita.
Alle ore 16,30 siamo pronti e per percorrere le 4353 miglia che ci distanziano dalla capitale spagnola, impiegheremo 8 ore e 40 minuti.
10° giorno: 4 maggio 2014: CARACAS – MADRID – ROMA
A Madrid atterriamo alle ore 7,40 e una corsa sfrenata ci aspetta perché la coincidenza ha veramente tempi strettissimi. Ci consegnano un fluorescente cartoncino che riporta, a caratteri cubitali, l’express connection in modo tale che supereremo più velocemente le file. I controlli, nonostante non avessimo materialmente il tempo di “manomettere” i bagagli a mano, sono severissimi e tutto ciò che è liquido (liquori caratteristici compresi) o cremoso (dulche de leche compreso) sarà sequestrato! Che cattiveria! Alle 8,45 ripartiamo per atterrare, nella nostra amata Roma alle 11,15.
Un PENSIERO VA alla VA PENSIERO.
Buon viaggio, Luna Lecci