Terza volta su e giù per il Messico in 40 gg

MEXICO Luglio/Agosto 2003 - Terza volta su e giù per il Messico E’ la terza volta che andiamo in Messico (e sicuramente non l’ultima). Questo a grandi linee l’itinerario: Barranca del Cobre, Oaxaca, costa pacifica Oaxegna, Chiapas, Yucatan. La partenza è prevista per il 23 ma per un incidente viene chiusa l’autostrada e...
Scritto da: henriette
terza volta su e giù per il messico in 40 gg
Partenza il: 24/07/2003
Ritorno il: 29/08/2003
Viaggiatori: in coppia
MEXICO Luglio/Agosto 2003 – Terza volta su e giù per il Messico E’ la terza volta che andiamo in Messico (e sicuramente non l’ultima).

Questo a grandi linee l’itinerario: Barranca del Cobre, Oaxaca, costa pacifica Oaxegna, Chiapas, Yucatan. La partenza è prevista per il 23 ma per un incidente viene chiusa l’autostrada e naturalmente perdiamo l’aereo. Partiamo il giorno dopo e così ci saltano i primi tre giorni che avevamo in programma a P.To Vallarta.

Partiamo da Bologna e via Francoforte arriviamo a Città del Messico, da dove dopo tre ore ripartiamo per Chihuahua. Praticamente un massacro! Siamo distrutti e dormiamo per due giorni. Anche perché dopo aver tentato un giro per la città non ci sentiamo molto bene, complice la stanchezza del viaggio e l’impatto col caldo pazzesco che fa qui.

Ci accontentiamo di una toccata e fuga. Un giro intorno allo zocalo, la cattedrale, il palazzo del governo (bellissimi i murales che raccontano la storia del Messico rivoluzionario).

27/7 – Abbiamo preso via internet un pacchetto con un’agenzia americana per il “Barranca del Cobre”. Si tratta di un treno che in un giorno di viaggio, partendo dai 2000 mt. Di Chihuahua arriva fino al mare a Los Mochis, attraversando vari canyon e il più grande dà il nome che caratterizza ormai questa linea ferroviaria. Il treno parte quasi puntuale alle 6 …!! Ci attendono 8 ore di viaggio per arrivare a Posada Barranca dove faremo la prima sosta e alloggeremo. Abbiamo deciso di non andare fino a Los Mochis, ma di fare un altro stop a Creel e poi ritornare a Chihuahua. La scelta si rivela fortunata perché più avanti la linea ferroviaria è interrotta, mettendo così in difficoltà quelli che avevano programmato l’intero tragitto. Devo dire che i famosi canyon con strapiombi, ponti e valli non sono stati all’altezza delle cose lette. I momenti più divertenti sono stati l’attraversamento di alcuni villaggi, con i relativi tentativi di fotografare i vari personaggi presenti in stazione o nelle vie vicine. Comunque il viaggio non è stato noioso. Sia per la comodità delle carrozze (la linea è diventata privata da alcuni anni) e soprattutto per un paesaggio in ogni caso particolare e vario d’ora in ora. Per sfuggire al clima ” frigorifero” abbiamo passato molto tempo in piedi, praticamente all’aperto tra una carrozza e l’altra, al “caldo” a scattare foto. L’arrivo nel pomeriggio a Posada è piuttosto triste. Siamo a 2.300 mt. D’altezza, piove e il nostro albergo è un’imitazione “tarocca” di un castello medioevale europeo. Una passeggiata di un’ora in un intervallo della pioggia ci salva il pomeriggio. La cena è triste come il locale e alle 21.00 siamo a letto.

28/7 – Sarà per il sole che splende o per la lunga dormita al “fresco” dei 2.300 mt. Ma la mattina ha già un’altra faccia. Facciamo una passeggiata a cavallo di due ore. Costeggiamo spesso il Canyon e mentre il cavallo si arrampica e sceglie in pratica il sentiero da solo, lo sguardo si perde per le insenature del canyon. Vediamo anche alcune baracche dove vivono gli indios Tarahumara. Alcune case hanno il bucato steso al sole ed è impossibile non essere attirati dai colori appariscenti dei loro tessuti. Gli indios vivono qui in estate, mentre durante l’inverno si spostano sul fondo del canyon alla ricerca di un clima più mite. La passeggiata ci risolleva notevolmente il morale anche grazie alla piacevole compagnia di una famiglia texana con due figli (Sam e Tom!!!) molto simpatici.

Dopo pranzo riprendiamo il treno nel senso opposto e ritorniamo verso Chihuahua e dopo due ore scendiamo a Creel.

La prima impressione è piacevole. Mentre aspettiamo l’inviato dell’albergo, abbiamo subito l’idea di un paesino molto vivo. Alloggiamo al “Pueblo Vejo”, una specie di ranch con le baracche dei mandriani adattate a camere con l’esterno multicolore in stile mexico. La sera camminiamo verso lo zocalo del paese. La via principale corre parallela ai binari della ferrovia. Ci sono alcuni negozi d’artigianato degli indios e qualche ristorantino. Ci fermiamo nello zocalo a guardare il “passeggio” in auto dei giovani locali.

Una musica di un venditore di cd ci tiene compagnia. Scoppia un terribile temporale che con la stessa velocità con cui è arrivato se ne va, dopo aver allagato le strade. Ceniamo in un ristorante molto messicano (“da Veronica”). Buon cibo a buon prezzo.

29/7 – Abbiamo un’escursione di due ore compresa nel pacchetto. Avremo un autista per noi, un vecchietto simpatico che a bordo del suo camioncino ci porterà in giro. L’antenato dei moderni pick-up da solo è uno spettacolo: dal parabrezza rotto, alla moquette sul cruscotto al santino sul cambio.

Iniziamo il nostro giro con le “cave di S. Ignazio”. Sono delle grotte dove vivono gli indios Tarahumara. La guida c’esorta ad entrare nella grotta ma siamo in notevole difficoltà. Gli indios non amano socializzare e le uniche parole che dicono sono i prezzi degli oggetti d’artigianato che vendono. Sono abituati ai turisti, anzi a subire i turisti. Infatti, tutti i tours che partono da Creel fanno tappa qui. Ci sembra comunque di entrare in “casa” di qualcun altro e cerchiamo di essere i più discreti e veloci possibili nello scattare le foto, mentre una famiglia messicana che ci ha anticipato è veramente insopportabile per l’arroganza che usa nel voler fotografare ogni angolo della “casa” e le persone che ci sono dentro.

Riprendiamo il viaggio e incontriamo delle formazioni rocciose veramente strane: dalle forme d’animali alla “Valle dei funghi”. Arriviamo alla missione di Cerocahui, fondata da un gesuita milanese nel 1681. La chiesa è molto povera ma ha un suo fascino. Intorno la valle è bellissima e tra i campi coltivati o adibiti a pascolo è nata la scuola della missione e nel cortile ci sono tre campi da basket. Ultima tappa il lago…., circondato da pini, abeti e rocce calcaree. Nel pomeriggio riprendiamo il treno per Chihuahua, con ben tre ore di ritardo. Facciamo la conoscenza di due ragazzi di Mexico City: Oscar e Gonzalo. Uno ha i nonni italiani e così tra italiano, spagnolo e inglese la conversazione diventa uno spettacolo. C’invitano a pranzo in una posada molto spartana, dove probabilmente da soli non saremmo mai entrati e naturalmente si mangia bene e si spende poco. (“da Estela”) La loro compagnia si dimostra piacevole anche in treno dove giocando a Domino (in sostanza lo sport nazionale) arriviamo a destinazione dopo le 23.

30/7 – Spostamento da Chihuahua ad Oaxaca via Mexico City. Per un ritardo del volo aspettiamo 5 ore in aeroporto. Aggiornamento: il volo è cancellato !!!! Dobbiamo prendere il volo successivo alle 21.15 !! Arriviamo in albergo alle 24.00!!!! 31/7 – Oaxaca – Il centro della città è assolutamente fantastico! Tutto in stile coloniale, con le case basse e colorate, le strade strette e lastricate. Ad ogni portone corrisponde un cortile interno, adibito a giardino, a ristorante o a negozio d’antiquariato o vestiti. E’ pieno di turisti, messicani, europei e anche americani, seppur abbastanza alternativi. Non c’è confusione, anzi la presenza dei turisti si mescola ai messicani della città in giro per negozi e mostre. Ci sono, infatti, molti atelier d’artisti aperti al pubblico, principalmente pittori e scultori. Naturalmente l’uso di colori forti è abbondante. Abbiamo imparato che gli splendidi colori messicani derivano da piante vegetali, mentre quelli più scuri da molluschi. Ci sono varie combinazioni per avere quegli splendidi rossi, gialli o blu. Le piazze principali sono due, praticamente una di fianco all’altra. Quella della cattedrale, Alameda, e lo Zocalo. Lo Zocalo è pieno d’alberi e circondato da portici. La piazza è in pratica sempre all’ombra e questo fa naturalmente sì che sia molto frequentata. I caffè sotto i portici sono pieni a qualunque ora di popolazione locale e di turisti. Le piazze sono animate da venditori vari, musicisti o semplicemente da gente curiosa. Ci sono alcune vie pedonali che conducono alla chiesa di S. Domingo. E’ veramente divertente curiosare dietro ogni porta per vedere cosa si nasconde. Abbiamo imparato una nuova versione del concetto del “dentro e del fuori”. Camminando di giorno, in pieno traffico commerciale, con le porte dei negozi aperte, non esiste una zona interno privato o uno spazio esterno pubblico. O meglio, c’è una tal confusione da risultare una visibilità totale. Passeggiando per i marciapiedi, a distanze veramente minime, si vede un parrucchiere concentrato sulla testa di un cliente, una ragazza che stende alcuni teli colorati, vediamo macinare del cioccolato, tagliare della carne, l’atrio trasparente degli alberghi o i gli accoglienti cortili interni dei ristoranti.

Dopo aver deciso di allungare di un giorno la nostra permanenza qui, abbiamo cenato in un ristorante “EL Topil” molto caratteristico (o come li chiamiamo noi “very local”), gestito da alcune signore anziane, con un arredamento alquanto datato, ma per questo ancor più interessante. Cucina molto particolare e tipica della zona. Ci siamo poi accorti che era segnalato dalla “Lonely”.

1/8 – Passeggiando per le stradine scopriamo un posto molto particolare che ci attira subito: “La nuova Babele”, si tratta di una specie di ristorante composto di due stanze molto piccole con 7/8 tavoli e con una signora che fa lì davanti alla gente che passa le tortillas. Su un tavolino vicino si può scegliere cosa mettere nei tacos: funghi, pollo, formaggio (il “cheso” oaxegno è buonissimo). C’è veramente piaciuto! Nel pomeriggio visitiamo il sito zapoteco di Monte Alban. Ci siamo organizzati per raggiungerlo con un autobus (20 minuti) di linea. Tutte le agenzie di viaggio offrono per 150 pesos il viaggio, l’entrata e la guida (in inglese o in spagnolo). Noi abbiamo speso 24 pesos per l’autobus e 38 per l’entrata. Il sito è veramente magico per la sua posizione. Sopra una montagna che domina le valli sottostanti tra cui quella d’Oaxaca. Salendo in cima ad una delle piramidi si rimane estasiati per alcuni minuti e non c’è foto o ripresa che riproducevano la sensazione di spazio provata. Quello che stupisce di Monte Alban, non è quello che si conosce ma anzitutto quello che s’ignora. Quando sarebbero arrivati gli spagnoli (circa 1.500) M.Te Alban aveva cominciato a decadere da ottocento anni! I lunghi lavori di scavo sono terminati negli anni trenta/quaranta del novecento, praticamente l’atro ieri. E’ un posto pieno di mistero e la memoria conserverà quello “che poteva essere” Per visitarlo bastano 2 ore/2 ore e trenta. Per la cena decidiamo di darci alla musica dal vivo: salsa, merengue, rumba! Al ristorante “Candela” prima si mangia e dopo le 23.00 parte la musica dal vivo con la gente che balla nella piccola pista tra i tavoli. C’è un misto di messicani e stranieri, che però dimostrano di conoscere il posto e la gente.

2/8 – Giornata dedicata agli acquisti. Saltiamo da un mercatino all’altro. L’artigianato e i manufatti tessili sono molti belli. Crolliamo su due tovaglie e su una cornice di legno coloratissima. Ci tratteniamo sperando di trovare cose simili in Chiapas.

L’idea di mettere in valigia una borsa vuota si rivelerà come altre volte azzeccata.

Per cena torniamo alla “Nueva Babele” perché c’è in programma un concerto di Latin Jazz. La cena a dispetto del pranzo dell’altro giorno non è granché (non c’è la signora), ma il gruppo che suona per pochi intimi è giovane e volonteroso. Tutte le sere c’è musica dal vivo. E’ un buon locale per bere qualche cosa e stare in un posto intimo.

Finiamo la permanenza ad Oaxaca con una passeggiata nello zocalo. Sono le 23 ma c’è pieno di gente per strada o ai tavolini, attorniati da gruppi di Mariachi che suonano e cantano ad alto volume per coprire il gruppo vicino.

Allontanandosi un pò si sente un miscuglio di musiche, canti e urla di bambini che giocano con dei palloncini. La luce della sera rispecchia il carattere dei messicani che nonostante le apparenze sembrano timidi e anche riservati. Non esistono insegne luminose (bellissime le coloratissime scritte dei nomi degli alberghi o dei ristoranti sui muri), l’unica luce per strada è quella fioca dei lampioncini o delle auto. 3/8 – Partenza ore 8.30 (“messicane”) con aereo da 9 posti per Puerto Escondido con “Aerovega”, abbiamo speso 100 US $ a testa ma ci siamo risparmiati 8 ore in autobus al freddo e un migliaio di tornanti per scavalcare le montagne tra Oaxaca e il mare. Scartata anche l’idea dell’auto a noleggio per una cifra esosa che ogni compagnia da noi contattata ci ha chiesto per il “drop off”, in altre parole il rilascio dell’auto in una città diversa da quella di partenza.

Il volo dura 40 minuti e facciamo veramente il “pelo” alle montagne pene di boschi.

Scegliamo l’hotel Flor de Maria che si trova su una strada sterrata verso playa Marinero. Sarà uno dei migliori alberghi di tutto il viaggio per quanto riguarda il rapporto qualità-prezzo.

La lonely dice che la spiaggia è considerata balneabile ma è impossibile nuotare per l’altezza delle onde. L’onda (perché di una si tratta, molto vicina alla riva) è veramente grande e con una forza pazzesca. Unica nota positiva rispetto alla vicina Zicatela (patria dei surfisti) non c’è il risucchio della corrente dopo che l’onda si è rovesciata verso riva.

4-5/8 – La mia compagna sta male e passa praticamente 2 gg. A letto. Io mi faccio una passeggiata lungo la spiaggia e arrivo a Zicatela. Le onde sono pazzesche e il rumore del mare è addirittura fastidioso. In lontananza questa spiaggia sembra avvolta in una nebbia perenne. Il paese di P.To Escondido si distende sulla collina fino al mare. Lo abbiamo scoperto saltando da un dottore all’altro e da una farmacia all’altra. In questo periodo dell’anno non c’è molta confusione. Ci sono molte famiglie messicane con i numerosi figli. Mentre eravamo in una sala d’attesa di un dottore (praticamente all’aperto!) una famiglia giovanissima con un figlio in braccio ed uno in arrivo si è stupita molto quando abbiamo detto loro di non avere figli.

Se non si cerca niente di particolare, tipo leggende soprattutto italiane anni 70/80, il posto è piacevole, con alcune baie da esplorare (tutti propongono passaggi in lancia partendo dalla spiaggia principale). In centro a Puerto si trovano messicani ed europei, nella vicina Zicatela per lo più ragazzi giovani e americani (per via del surf) e nel nuovo villaggio sorto a Bachoco i frequentatori dei resort di lusso.

Dopo due settimane è scattato lo spago da “lacrima” nel ristorante italiano “da Claudio”, quello dove trasmettono tutti i giorni!!! alle 20.30 il film di Salvatores “P.To Escondido”.

6/8 – Affittiamo un’auto e subiamo praticamente un furto. Esiste solo la Budget che ci chiede 900 pesos al giorno + 500 pesos per lasciare l’auto a Huatulco. Avessimo avuto qualche giorno in più avremmo preso l’autobus ma abbiamo solo due giorni e vogliamo avere la possibilità di fermarci in molti posti lungo la costa.

Partiamo in direzione P.To Angel. La strada è diritta ma non costeggia il mare. Siamo in mezzo ad una vegetazione rigogliosa e molto vicina alla strada. Tanto verde e la mancanza di traffico è veramente rilassante. Incontriamo solo qualche autobus e qualche camion. La gente di qui non usa (quando l’ha) l’auto. Si sfruttano i taxi collettivi (piccoli pulmini) mettendosi a bordo della strada e aspettando che ne passi uno ne richiama l’attenzione alzando un braccio. Attraversiamo qualche villaggio, non si vedono case ma si riconosce dalla scuola con l’immancabile campo da basket di fianco. Arriviamo alla deviazione per Mazunte che attraversiamo prima di arrivare a Zipolite. I villaggi sono praticamente fatti da cabanas in riva al mare, alternati da qualche baracca adibita a negozio o ristorantino. Ci sono amache in ogni posizione: o tra quattro “mura” (cabanas), o con solo un tetto sopra la testa e quindi una gran vista mare! Noi rimaniamo solo una notte e probabilmente non cogliamo appieno l’atmosfera del posto. Nel senso che non c’è niente da fare e non ci si deve praticamente muovere. Si dorme, si mangia, si beve e si chiacchiera o si prende il sole, tutto veramente a pochi metri dal mare. Magari senza mettersi una maglietta per giorni.

Abbiamo cenato molto bene in un ristorantino (Eclipse) sulla spiaggia, con passeggiata lungo la riva per il ritorno. Avevamo letto di mille pericoli e anche il messicano che gestisce la nostra cabanas ci aveva messo in guardia, ma la cameriera italiana del ristorante ci tranquillizzò. La forza del mare fa veramente paura. Alcuni giorni fa sono morti due ragazzi italiani. Non è solo questione d’onde grosse, ma soprattutto di una corrente che risucchia e rende e rende difficoltosa l’uscita dall’acqua.

All’estrema sinistra della spiaggia (est) oltrepassando la roccia (ci sono dei gradini che partono dietro l’ultimo ristorante) si arriva in una piccola spiaggia (playa dell’amor), dove la forza del mare arriva un po’ rallentata e si riesce a fare il bagno.

7/8 – Prendiamo la strada per Huatulco e questa volta è piena di curve, ma la tranquillità è sempre la sessa. Attraversiamo P.To Angel che è un po’ più paese dei precedenti villaggi dove abbiamo dormito.

Arriviamo a Huatulco e grazie ad una dritta di un ragazzo dell’albergo andiamo a baia Conjeros. E’ una splendida baia a mezza luna, raggiungibile a piedi in cinque minuti di sentiero dalla strada dove si deve lasciare l’auto. Saremmo una ventina di persone in 500/600 mt. Di spiaggia. L’acqua è calma (nonostante siamo nel pacifico) e si può finalmente fare il bagno senza guardarsi alle spalle.

La cittadina diventerà uno dei poli turistici più importanti della costa pacifica. 8/8 – Chiapas – Giornata di trasferimento: Huatulco – Tuxla via Città del Messico.

Abbiamo preso via internet un pacchetto di 4 gg. Con tutti i trasferimenti inclusi. Per alcuni giorni non dovremmo pensare ma solo farci scorrazzare. E’ in pratica la prima volta che lo facciamo. Non è nel nostro spirito ma in un lungo viaggio come questo può anche starci. Tempestiamo comunque di domande la ragazza che sarà la nostra guida e che c’è venuta a prendere all’aeroporto insieme con un autista per portarci a S. Critòbal della Casas. Stanno costruendo una nuova strada che dimezzerà il tempo di viaggio. Per ora sono disponibili solo 20 km. Così in un’ora arriviamo nel cuore del Chiapas arrampicandoci con mille curve in mezzo ad una vegetazione fantastica. Ceniamo in una “asaderia” (Bulle) dove a prezzo fisso (50 pesos) si può mangiare qualsiasi tipo di carne e in quantità. Stentiamo a crederci ma è vero. Dopo cena facciamo la prima passeggiata per il centro.

Fa freddo ma la cosa più fastidiosa è il numero incredibile d’italiani che incontriamo per strada a passeggio. Scopriamo che anche il nostro albergo n’è pieno. Sono in gruppo, si conoscono e fanno un casino insopportabile.

9/8 – Rancho Nuevo Caves, Amantenango del Valle, Teman Puente (sito archeologico), Motebello Lakes, Comitan, Teopisca.

Partiamo alle 9.30 con guida e autista con auto privata. La nostra guida è una ragazza spagnola che ha sposato un messicano di qui e parla benissimo inglese. Visitiamo delle grotte, con stalagmiti e stalattiti. Sono molto profonde e grazie ad una passerella in cemento la passeggiata è piacevole, nonostante il freddo e l’umidità. Ci fermiamo in un paese (Amantenago della valle) dove le donne sono molto brave nella lavorazione della terracotta. Ci fermiamo davanti ad una casa dove una signora ci fa vedere come, usando solo le mani, modella una scodella.

Visitiamo poi il sito archeologico di Teman Puente. Ci arrampichiamo su alcune piramidi per ammirare la vista sulla valle sottostante. La giungla è avvolgente e per i soliti motivi economici gli scavi sono fermi.

Arriviamo ai laghi e ci accorgiamo subito che sono molti e di vario colore. I più belli sono i più grandi, alcuni anche navigabili. Mozzafiato la vista dall’alto dei cosiddetti “5 laghi”. Al ritorno ci fermiamo nello zocalo di Comitan e Teopisca. La prima è una cittadina ed è molto graziosa, mentre il secondo un semplice villaggio. Oggi è sabato e l’atmosfera in centro è veramente piacevole. Specialmente a Comitan, dove arriviamo col sole, la gente passeggia per lo zocalo e per i negozi. Non ci sono turisti perché in città non c’è molto da vedere. Le case del centro sono colorate come a S. Cristobal ma non sono così vecchie.

Ceniamo in locale un po’ alla moda. “La Paloma” è un ristorante con annessa galleria d’arte. Tra i tavoli si trova un giardino tropicale. E’ sabato sera e tre ragazzi locali suonano ballate messicane. Non sono bravi ma s’impegnano e sono divertenti.

10/8 – Villaggi Indiani (S. Juan Chamula, Zinacantan) e piccolo tour a S. Cristòbal Questa era per noi la giornata più attesa. E’ sera e ho ancora negli occhi un miscuglio di cose viste, rumori e odori sentiti, insomma un miscuglio di sensazioni provate da mettere ancora in ordine.

Oggi era domenica, a S. Juan Chamula c’era il mercato davanti alla chiesa. Qui si trovano gli indios Chamula (circa 50.000). Sono vestiti con i loro tradizionali costumi con colori vivaci. La confusione è grande, aumentata dalla presenza di molti turisti, per la maggior parte italiani. Entriamo in chiesa dove alcuni indios stanno pregando. Avevamo già letto molto su questi villaggi, sia sulla lonely placet che sui vari siti che raccolgono diari di viaggio. Mi aspettavo visioni mistiche da riti woodoo. Niente di tutto questo. Certo le sensazioni provate sono forti ma le abitudini viste non mi sono sembrate così lontane da noi. Sono manifestazioni riconducibili a molte religioni. Si viene in chiesa per chiedere aiuto al proprio santo preferito. Le candele cambiano colore in base al problema o al desiderio che si ha. Ci sono moltissime candele accese che mandano vampate di colore. Qualcuno sacrifica anche un pollo tirandogli il collo. Le statue dei santi sono vestite con costumi locali, a volte hanno anche 2 o 3 vestiti, uno sopra l’altro. Non ci sono panche per sedersi e i fedeli stanno seduti o in ginocchio. In piedi ci sono i turisti e chi controlla che nessuno fotografi, o chi fa la pulizia delle candele ormai consumate. Un turista seduto in un angolo sta disegnando uno schizzo su un foglio ma viene duramente ripreso da questi controllori. Di fianco alle candele ci sono alcune bevande gasate. Servono per aiutare i fedeli a liberarsi delle presenze maligne, facendole uscire con dei “rutti”. Sinceramente l’unica cosa che dava fastidio era la “vasca” dei turisti che passeggiavano tra i preganti.

Pensavo ci saremmo messi in un angolo, cercando di dare meno nell’occhio possibile, invece si finisce inevitabilmente in mezzo alla gente che prega, spinti da altri turisti che sono dietro e che vogliono passare, in una serpentina di turisti con percorso obbligato.

Ho provato a chiedere, ma sembra che ormai l’abitudine di pregare con i turisti intorno è assodata. Ci dice la guida che, come al solito, pensano che comunque i turisti portino soldi alla comunità. Il secondo villaggio che visitiamo si chiama S. Lorenzo di Zinacantan e oggi è il 10 agosto, quindi giorno del santo a cui è dedicato il paese. Il paese è in festa e ci sono molte rappresentazioni. Tutti sono vestiti con i costumi tradizionali. Nonostante il paese sia distante solo pochi chilometri dal precedente, i costumi sono completamente diversi, con colori più scuri. Anche i tratti somatici sono diversi, diciamo più asiatici. Anche qui è severamente proibito fare foto, soprattutto nei paraggi della chiesa o di qualche rappresentazione religiosa. E’ possibile fare qualche foto solo nel mercato vicino e solo di carattere generale.

Gli indios non vogliono foto ravvicinate e quando se ne accorgono o protestano o si limitano a girarsi.

La nostra guida, ci porta in una casa di una famiglia di sua conoscenza. Producono splendidi tessuti e tappeti.

Ci mostrano come li fabbricano con telai molto semplici e con grand’abilità delle mani associata a molta fantasia nelle decorazioni. Visitiamo anche la casa che consiste in poche stanze. La più grande, adibita ad esposizione dei tessuti, è anche la stanza da letto d’alcune figlie. Quando chiediamo il prezzo degli oggetti, si capisce chi comanda in casa: mamma, ma soprattutto la nonna. Tutta la famiglia indossa il costume tradizionale e le ragazze hanno i lunghi capelli ancora bagnati e se li stanno pettinando a vicenda. Si respira una certa aria d’eccitazione per la giornata di festa che le attende. Dopo vari acquisti di tovaglie, coperte o semplici teli colorati da usare in mille modi, torniamo nella piazza principale.

C’è tantissima gente intorno al campo da basket dove è in corso una partita, mentre in uno spiazzo vicino alcuni ragazzi si alternano in vari balli di gruppo. Ci spiegano che per l’occasione sono in molti gli indios scesi dai villaggi vicini. La chiesa è addobbata con tantissimi fiori. L’atmosfera è molto meno mistica dell’altro villaggio ma ugualmente particolare nel suo sapore di festa. E’ mezzogiorno ma sono già molti quelli che dormono in qualche angolo per l’eccessivo alcool. Camminando per le strade da ogni bar o cantina esce musica e le urla dei vari brindisi.

11/8 – Canyon Sumidero, Chiapa de Chorzo Dopo un’ora d’auto da S. Cristobal in direzione Tuxla, arriviamo a Chiapa de Chorzo. Da qui partono le lance per la corsa lungo il Rio Griyalva. Siamo in 14 sulla barca, italiani, spagnoli e americani. La barca è velocissima e tra pellicani e avvoltoi “zig-zaghiamo” nel fiume alla ricerca di coccodrilli. L’entrata nel canyon è affascinante. Ci sono dei punti dove è molto stretto e vista l’altezza (raggiunge anche i 1.000 mt.) non entra il sole. Il panorama è vario. Le pareti di roccia levigate sono quelle che attirano di più. Arriviamo fino alla diga. In questo punto il bacino è profondo 240 mt. Al ritorno vediamo alcuni coccodrilli per la gioia dei passeggeri e della mancia dell’autista. Una volta scesi facciamo due passi nel centro del paese. Fa un gran caldo e si rimpiange già il clima di S. Cristobal. La fontana dello Zocalo è molto particolare, a forma di corona. Vediamo la chiesa e il bel cortile dell’ex convento adiacente. C’è una passeggiata che dal centro arriva al fiume, piena di bancarelle e ristoranti. Al ritorno mentre ci arrampichiamo per le montagne incontriamo il temporale quotidiano. Arriva all’improvviso, si scatena e con altrettanta velocità se né va. La temperatura a S. Cristobal si abbassa velocemente dopo la pioggia. Facciamo uno spuntino in una “Tacheria”. E’ divertente provare i vari tipi di tacos, anche perché si parte da 4 pesos (800 lire circa). 12/8 – Agua Azul, Palenque + trasferimento a Cancun Oggi è una giornata piuttosto impegnativa, così partiamo alle 7 da S. Cristobal. Facciamo colazione lungo il tragitto e dopo 3 ore di strada arriviamo alle cascate d’Agua Azul. Si tratta di tante piccole cascate che si alternano a piccoli bacini d’acqua. Qui s’incontrano tre fiumi. La sosta merita alcune foto ma probabilmente il modo migliore per goderle fino in fondo è farci il bagno. Alcuni consigli: o si fa alla fine delle cascate, in pratica vicino all’entrata, oppure salire per una quindicina di minuti e ci s’immerge nei bacini più in alto. Evitare le “piscine” intermedie perché la corrente è forte e le croci lungo il sentiero stanno a ricordare la conseguenza del pericolo. Decidiamo di passare oltre la cascata di Misol-Ha, per poter vedere più tranquillamente Palenque e poi andare a Villaermosa a prendere l’aereo per Cancun.

La strada è un continuo tornante immerso nel verde. Dopo un’ora arriviamo a Palenque. La nostra guida ci ha prenotato un accompagnatore speciale: Victor. Questo signore si dimostra veramente speciale. Sono quasi trent’anni che fa la guida qui, parla molte lingue (tra cui l’italiano) e le ha imparate senza muoversi da questa città, praticamente solo parlando con i turisti. Per due ore c’incuriosisce con le sue teorie, molte delle quali contrastano con le versioni ufficiali. Il bello è che ci dimostra tutto quello che lui ipotizza. E’ convinto che i Maya usassero attrezzi metallici, la ruota e che conoscessero bene usi e costumi degli egiziani e perfino dei cinesi.

Palenque è bellissima. Le piramidi sono immerse nella giungla, che ancora oggi nasconde molte costruzioni e cerca di “rimangiarsi” quelle già scoperte. L’unico problema è che fa veramente caldo. L’umidità è altissima e nonostante sia nuvoloso si suda in modo incredibile. Riprendiamo il nostro tragitto e dopo due ore, finalmente senza curve, arriviamo a Villaermosa. Salutiamo i nostri compagni di questi quattro intensi giorni di viaggio in Chiapas e prendiamo l’aereo per Cancun (dopo uno scalo a Città del Messico).

Arriviamo a Cancun alle 24.00. Il taxi collettivo prima di portarci al nostro albergo in Ciutad Cancun fa il giro della zona hotelera e ci ricorda perché questo posto non ci piace! 13/8 – Cancun – Isla Holbox Prendiamo l’autobus delle 12.30 per Ciquila, da dove dovremo prendere il ferry per l’isola. L’autobus ci mette 40 min. Ad uscire da Cancun. La parte sulla costa viene chiamata Ciutad ed è un posto orribile. Cresciuta a dismisura e in fretta, come dormitorio per la gente che lavora nella zona hotelera.

Il viaggio in autobus dura tre ore e non sappiamo se siano peggio le topes che incontriamo o la musica orribile sparata a tutto volume dalla radio del bus. Terrorizzati da altre avventure di turisti, ci presentiamo vestiti per una scalata ad un ghiacciaio. Invece fa un gran caldo per tutto il viaggio! La cosa più divertente è vedere salire la gente per strada in posti dove non si vede nessuna costruzione. Arriviamo a Ciquila in tempo per il ferry che in venti minuti ci porta sull’isola. Nonostante il caldo, il primo impatto è piacevole. Non ci sono strade asfaltate e la definizione che abbiamo letto di un’Isla Muyeres di vent’anni fa ci sembra azzeccata.

14/8 – Isla Holbox Siamo in piccolo resort (11 stanze) gestito da una famiglia italiana che ha aperto questo posto da alcuni mesi. E’ molto ben curato e rifinito, tutto veramente con molto gusto. (Hotelito La Tortuga) Il mare è meno limpido della costa di Cancun e Playa del Carmen. La sensazione è però bellissima. La spiaggia è bianca e il riflesso del sole è accecante. Davanti al nostro albergo ci sono le barche dei pescatori e tettoie fatte con rami di palma, sotto le quali appoggiare le reti da pesca che devono essere riparate. In acqua solo pellicani e i figli dei pescatori che giocano. Nel pomeriggio facciamo un giro in barca insieme a due simpatici ragazzi romani.

Prima tappa la spiaggia dei fenicotteri rosa. Poi puntiamo verso la costa per andare a vedere un cenote. Una pozza d’acqua dolce in mezzo alla vegetazione, dove esce un getto d’acqua da un buco nella terra sul fondo. Ci tuffiamo e ci teniamo ad una fune per restare fermi perché la corrente è forte. Al ritorno verso la barca, un incontro inaspettato. Dal pontile alla barca dobbiamo fare una ventina di metri in una zona paludosa, col fondo fangoso. Capiamo che c’è qualche cosa di strano dalla velocità con cui il messicano che ci fa da guida prende i due figli e li mette sulla barca. A non più di venti/trenta metri vediamo la testa di un coccodrillo. All’eccitazione dell’avvistamento si mescola il panico per lo specchio d’acqua che dovremmo attraversare. Il messicano che guida la barca si mette tra noi e il coccodrillo, restando comunque vicino alla barca. Affossando nel fango quei metri sembrano interminabili. Anche perché se si prova ad accelerare il passo si sprofonda sempre più nel fango.

Giunti salvi sulla barca abbiamo visto riaffiorare il coccodrillo molto … Vicino! Solo la tranquillità dimostrata dal messicano, che si era in sostanza messo tra noi e l’animale, ci ha convito alla corsa in acqua. Abbiamo (dopo in barca) riso molto immaginando cosa avrebbe fatto se il coccodrillo avesse deciso di avvicinarsi ulteriormente. Mentre attraversiamo di nuovo il pezzo di mare che separa la costa dall’isola, affianchiamo una ventina di delfini che nuotano in mare. Bellissimo.

Anche se non riusciamo ad avvicinarci molto e loro stanno poco fuori dell’acqua.

Ci dirigiamo verso una laguna, dove al centro c’è un isolotto che è stato adottato da un numero incredibile d’uccelli. I locali la chiamano “l’isola del guano”.

Siamo attraccati ad un pontile collegato al quale c’era una torretta per l’osservazione degli uccelli.

Pellicani, cormorani, fregate, gazze e corvi. Un numero pazzesco d’uccelli che, visto l’ora del tramonto imminente, stavano tornando ai loro nidi sugli alberi.

Viaggio di ritorno col sole che scende e produce il tanto atteso “mexican sunset”, con la palla rossa a pelo d’acqua e le nuvole di riflesso sempre più colorate man mano che il sole scende.

15/8 – Un gruppo si alza alle 6 per andare a vedere gli squali balena. Un’ora di barca per arrivare ad un punto al largo delle coste dello Yucatan dove gli squali balena si ritrovano in questo periodo per mangiare, vista l’enorme quantità di plancton che si trova in questo braccio di mare.

Ci sono solo altri due posti al mondo dove questi animali si ritrovano a far scorta di cibo: Australia e Alaska.

Sono bestie gigantesche che possono raggiungere anche i 15/20 mt. Di lunghezza e 2 mt. Di larghezza. Fanno parte della famiglia degli squali, ma questi non mangiano carne ed infatti, non hanno i denti. Ci si tuffa in acqua e si nuota di fianco, evitando magari di attaccarsi come invece fa qualche turista.

Dalla barca sembrano fermi in acqua, ma appena ci si trova di fianco bisogna nuotare veloci perché con un semplice colpo di coda fanno molta strada.

Il pomeriggio lo passiamo finalmente al sole a chiacchierare con gli altri italiani dell’albergo. 16/8 – La giornata passa molto pigramente. La compagnia delle persone incontrate qui è molto piacevole e si resta piacevolmente in compagnia a raccontarsi le proprie esperienze di viaggio.

L’atmosfera sull’isola è veramente particolare. In spiaggia ti puoi ritrovare di fianco al pescatore che aggiusta le reti, alcuni bambini del luogo che giocano in riva al mare, alcuni messicani parlano all’ombra delle tettoie in paglia attrezzate dai pescatori, altri ancora puliscono o riparano le piccole barche da pesca. Sarebbe tutto perfetto se non ci fosse un unico gran problema: le zanzare! Sono mortali! A qualsiasi ora del giorno e soprattutto della sera.

Bisogna mangiare in locali al chiuso per non dover fuggire con il boccone in bocca. E’ un vero peccato.

L’ultima sera ceniamo in un modo molto particolare. Siamo invitati (a pagamento) da una signora messicana a cena nella propria casa sulla spiaggia. Lei cucina ogni tanto per diletto e quindi solo quando ne ha voglia e invita alcuni turisti. E’ ricchissima e ha girato il mondo. La casa è veramente bella, praticamente un loft in riva al mare. Naturalmente è anche un po’ pazza, ma la serata è molto piacevole. Ci cucina un pesce che dice si trova raramente. Vive sull’isola da quasi da quasi tre anni e la sua casa da un lato dà direttamente sulla spiaggia mentre gli altri lati sono stai letteralmente circondati da un resort con il quale lei è naturalmente imbestialita. Le hanno chiesto di vendere la casa ma per ora è troppo arrabbiata e orgogliosa.

17/8 – Playa del Carmen Lasciamo l’isola e insieme ai due ragazzi di Roma prendiamo prima il traghetto per Ciquila e in seguito un taxi prenotato direttamente dall’albergo. Ci porterà a Playa del Carmen dove abbiamo intenzione di dormire per poi affittare un auto e dirigerci verso Merida.

Alloggiamo così al Continental Plaza, in pratica il primo albergo vicino all’imbarcadero per Cozumel, grazie ad un’ottima offerta trovata in internet.

Dal quinto piano della stanza il riflesso del mare azzurro è accecante. Passiamo il pomeriggio in spiaggia pigramente a dormire, grazie anche alle solite nuvole pomeridiane che ci tolgono il calore del sole.

Questa è la terza volta che torniamo a Playa a distanza di sei anni dalla prima. E’ veramente tutto cambiato ma abbiamo visto trasformazioni peggiori. Ci sono molti locali che starebbero bene a Milano Marittima e non hanno più niente di messicano. E’ anche vero che chi viene qua cerca questo e non il Messico.

Per una sera, noi che comunque non siamo degli esploratori, si può anche passeggiare nella strada pedonale, constatando in mezzo a mille italiani quando siano cari i negozi. 18/8 Prendiamo l’auto e via Tulum e Cobà vogliamo arrivare a Chichen Itza. Proprio a Cobà sbagliamo strada e perdiamo più di un’ora. Siamo finiti in una strada sterrata che s’infilava nella giungla. Non finiremo mai di ringraziare quel camionista che abbiamo incontrato. Arriviamo a Chichen Itza alle 16.30. Il sito archeologico chiude alle 18, ma una guida che parla italiano ci dice che andando un po’ veloci si riescono a vedere le cose più interessanti. Restiamo veramente affascinati dal Castillo. La piramide è alta 25 mt. E la vista una volta raggiunta la vetta è particolare. Non ci sono fino all’orizzonte palazzi o montagne, ma solo la vegetazione della giungla dello Yucatan sottostante. La discesa dalla piramide è un’avventura. Molti la fanno all’indietro tenendosi ad una corda. E’ molto ripida e dall’alto i gradini sembrano molto piccoli. Altro posto affascinante è il campo del gioco della pelota. Ne abbiamo già visti tanti, ma questo è veramente grande. Qui i muri sono pendenti verso l’interno del campo e questo provoca echi particolari. Rispetto alla guida di Palenque, questa segue maggiormente le versioni ufficiali riguardanti la storia dei Maya, concedendosi solo il dubbio sull’uso o meno della ruota, che anche secondo il nostro uomo conoscevano e sfruttavano. Cerchiamo di provocarlo con qualche versione di Victor (la guida che ci affascinò a Palenque), ma lui è abbastanza diplomatico e non si fa coinvolgere. Usciamo dal sito e giusto in tempo si scatena un temporale notevole. Raggiungiamo l’auto e ora occorrono più di 2 ore e mezza per arrivare a Merida. Abbiamo preso un altro albergo proprio in centro, sempre con un’offerta in internet. Arriviamo distrutti e grazie ad un nuovo temporale ceniamo nel patio interno dell’albergo. Il posto è molto carino. Si tratta (Hotel Caribe) di un vecchio collegio ristrutturato con un bel cortile interno adibito a giardino.

19/8 – Merida – Izamal Passiamo la mattina visitando il centro di Merida. E’ una città molto viva e trafficata. Fa molto caldo nonostante la giornata nuvolosa e il temporale della sera precedente. Molte persone si avvicinano proponendoci le amache che sono prodotte per la maggior parte in queste zone. Gironzoliamo per la piazza centrale e per la via principale cercando di mettere la testa dentro ad ogni cortile che troviamo.

Ci salutiamo con i nostri compagni di viaggio. I due ragazzi romani prendono l’autobus per il Chiapas e ci ripromettiamo di ritrovarci più avanti a Tulum. Durante il tragitto di ritorno facciamo una deviazione per fare tappa a Izamal, detta anche “il villaggio amarillo”, perché tutte le costruzioni sono di colore giallo. Dalle case lungo le calli, ai palazzi comunali che danno sulla piazza, al convento francescano da cui tutto è partito. Il convento è stato costruito nel 1500. E’ imponente e domina la piazza principale. Camminiamo per la piazza e mentre scattiamo foto ci accorgiamo di essere in pochi in giro. Sono le prime ore del pomeriggio e fa molto caldo. Sembra che il tempo si sia fermato e le carrozzelle trainate dai cavalli aiutano questa sensazione. Le poche persone che si vedono, o sono sedute all’ombra o camminano molto lentamente. Pranziamo in posto non molto affidabile e dopo aver ordinato la solita limonata spiamo il tipo per vedere se usa l’acqua purificata. Appena apre il rubinetto dell’acqua, ci mettiamo ad urlare: Coca, Coca !!!! Ritorniamo, via Tulum, a Playa del Carmen dove dormiamo in attesa del traghetto per Cozumel.

20-21/8 – Cozumel I 35 min. Di traghetto non sono piacevoli, anche se il mare è tranquillo. Alcuni bambini vomitano e all’arrivo sospiriamo. Abbiamo preso un’offerta in uno di quegli albergoni all’americana con spiaggia bellissima. Infatti, sapevamo che sull’isola erano pochi gli alberghi con la spiaggia. Passiamo due giorni “vergognandoci”: mare, lettino, (con materassino morbido, asciugamano gigante e comodo rotolo poggia-testa !), sole e …Ombra.

Gli americani sono tutti in piscina con bicchiere in mano e così la spiaggia è tranquilla.

22/8 Affittiamo un’auto e dedichiamo la giornata al giro dell’isola. La prima delle due spiagge più famose (S. Francesco) è quella che c’è stata più consigliata. E’ piena d’americani perché qui arrivano i catamarani che partono dal paese S. Miguel (dove non c’è spiaggia). Per la loro gioia qui c’è tutto: ristoranti, bar e affitto delle moto d’acqua e parasaling, spazio sulla spiaggia per giocare a racchettoni. Insomma, quello che serve ai gringos per andare al mare. L’acqua inoltre è molto torbida. Praticamente scappiamo ! La seconda spiaggia è invece un paradiso: Playa Palancar. Il mare è bellissimo. Dall’azzurro chiaro al blu scuro. C’è un solo ristorantino con una quindicina di tavoli L’atmosfera è molto tranquilla e si sente solo la musica proveniente dal bar (Carlos Santana). Ci accorgiamo che oltre la metà degli avventori della spiaggia parla italiano. Quando si tratta di buon gusto!!! Lasciamo questo posto da sogno (anche se un po’ caro), per arrivare alla punta sud dell’isola. Ci arriviamo nel tardo pomeriggio e ci accorgiamo che è stato creato da poco un parco che vista l’ora stava però per chiudere. Si tratta di un parco per proteggere la fauna di questa parte dell’isola, ma soprattutto le tartarughe che vengono a nidificare su questa spiaggia. La strada che porta al faro delimita questa spiaggia e una laguna interna piena di vegetazione, che noi purtroppo possiamo vedere solo dall’alto, da un punto di osservazione all’entrata del parco. Deve essere stato creato veramente da poco perché non ne abbiamo letto su nessuna guida e non è pubblicizzato sull’isola.

Proseguiamo il giro costeggiando la parte est dell’isola, quella che da verso il mare aperto. Qui il mare è naturalmente molto più mosso e leggiamo anche che le correnti sono molto pericolose. Vediamo chilometri di spiagge deserte alternate ad alcuni ristorantini che si affacciano su alcune baie. Arriviamo alla “capitale” e unico paese dell’isola: S. Miguel. Il paese è un po’ una delusione perché non ha niente di caratteristico ed è completamente votato ad attirare clientela americana, soprattutto quella delle grandi crociere che ogni giorno attraccano sull’isola, o quelli che arrivano in giornata da Playa del Carmen. Il paese è molto più animato di giorno perché la sera gli americani non escono dai resort, se non addirittura dalla camera dove cenano davanti alla televisione. E’ veramente un peccato perché l’isola è bella ma è completamente in mano ai gringos, che vengono qua ad annusare il Messico e fare immersioni. Grazie alla trasparenza e alla tranquillità del mare sembra, infatti, questo uno dei posti migliori per iniziare l’attività di sub. Annusare il Messico per i gringos vuol dire andare in giro con una jeep aperta e in mano una birra. Visto che da loro non si può fare, gli dà un profondo senso di …Trasgressione. In compenso non vogliono rinunciare alle loro comodità e gli alberghi e molti ristoranti danno i prezzi direttamente in dollari. E’ tutto molto caro, rispetto anche a Playa del Carmen.

23-29/8 Tulum Se uno cerca mare, mare e solo mare, questo è il luogo ideale. Tra la giungla dello Yucatan e l’azzurro mare, una striscia di sabbia lunga parecchi chilometri lungo la quale sta nascendo una serie di piccoli alberghi e pensioni. Si parte praticamente dalle rovine di Tulum con alcune costruzioni che ospitano saccopelisti e amache. Le famose “cabanas” dove si riesce a dormire, adattandosi, spendendo poco. Poi inizia la serie di piccoli alberghi, anche distanti tra loro e comunque nascosti nella vegetazione, raggiungibili con una strada sterrata. Ad alcuni chilometri, verso l’interno, si trova Tulum Pueblo. In sostanza un supermercato, negozietti, inernet point, alcuni ristoranti e la stazione degli autobus, il tutto di fianco alla “caretera nazionale”, la strada che collega lo Yucatan con il resto del Messico.

Incredibile, ma questo posto riesce ad avere anche un po’ d’atmosfera, specialmente di sera, stando seduti ai tavolini dei locali illuminati dalle candele. Ci si muove in taxi, o chiedendo passaggi ai turisti con auto noleggiata.

Siamo disponibili per domande e speriamo che queste righe possano servire ad altre persone come lo è stato per noi con altri racconti



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