La crisi e la voglia dei greci di risorgere

Patrizio ci racconta la dimensione reale (vacanziera e non) del Paese. Che, nonostante il disastro economico e sociale, non molla e lotta
steber, 20 Nov 2014
la crisi e la voglia dei greci di risorgere
Qualche settimana (maggio) fa ho avuto occasione di andare a fare un giro in Grecia, per girare un servizio televisivo. Come sempre capita in queste occasioni, da una parte ci si gode un po’ meno il sapore turistico in senso stretto, ma in compenso si viene in contatto per forza con tante persone e molte realtà diverse. Quindi – con tutti i limiti del caso – si riesce a penetrare un poco di più nella realtà. E devo dire che quello che ho visto e sentito mi ha sorpreso. Quando c’ero stato, qualche anno fa, in barca con Syusy, sulle tracce dei Popoli del Mare e delle vestigia archeologiche, la Grecia m’era apparsa squisitamente… mediterranea. Cioè un Paese rilassato, ben assestato sulla sua ricchezza storica e turistica, con una buona qualità di vita, adagiato sulle proprie tradizioni e cullato dalla bellezza del proprio territorio, e ben conscio della ricchezza del suo patrimonio storico. Ma innanzitutto era piena stagione estivo-turistica, ed era la Grecia spensierata che (lo si sarebbe saputo dopo) stava accumulando allegramente il suo debito pubblico (come e forse più di noi). Ora ho visitato una Grecia fuori-stagione turistica, quindi più reale. E soprattutto un Paese in piena crisi economica. E infatti non ho certo respirato un’atmosfera “spensierata” (a parte qualche strada turistica della Plaka, il quartiere ai bordi del Partenone). Ma non posso dire di aver trovato nemmeno un’aria di disperazione: piuttosto ho avuto l’impressione di una reazione composta e molto determinata. Ho trovato gente preoccupata, magari incazzata, si può dire in tensione, ma m’è sembrata (col beneficio d’inventario) una tensione molto positiva. Devo dirlo? Lo dico: molto meglio che da noi…

ORIGINI E CONSEGUENZE DELLA CRISI

Non si può, oggi, andare in Grecia senza rendersi conto dei numeri della catastrofe economica, senza saperne nulla. La crisi greca scoppia alla fine del 2009, quando qualcuno “scopre” che il debito è il 200% del PIL. La Grecia rischia di fallire e allora la cosiddetta Troika (Fondo Monetario Internazionale, Unione Europea e Banca Centrale Europea) per concedere dei prestiti impongono delle misure straordinarie di austerità (misure secondo molti praticamente insopportabili). Qualcuno commenta che i soldi vanno allo Stato perché a sua volta li versi alle banche (soprattutto tedesche). Fatto sta che vengono messi in mobilità prima 30mila e poi altri 15mila dipendenti pubblici. I consumi al dettaglio diminuiscono del 15%, per cui tutta l’economia ne risente. Viene bruciato il 25% del famoso PIL. I greci perdono il 40% del loro reddito e un milione di posti di lavoro. La disoccupazione è oggi al 27%, quella giovanile al 65%. Per darvi un’idea: la nostra disoccupazione è al 13%, quella giovanile al 41%. L’Unicef certifica che oggi in Grecia il 27% dei bambini vive sotto la soglia della povertà. E a proposito di rischio-povertà: in Grecia è a rischio il 35% della popolazione (in Italia siamo lì: il 30%). Tanto per tenere i greci di buonumore, tra le altre cose l’Europa spinge perché in Grecia sia commercializzato il latte definito “fresco” anche vecchio di 10 giorni, cosicché anche un prodotto che viene da lontano, dall’estero, possa far concorrenza al latte locale. Nei supermercati si possono vendere anche prodotti scaduti, purché scontati (tanto per dare l’idea di povertà).

LA MAMMA & LA TERRA

Eppure l’impressione è che nessuno abbia mollato. Mentre ero ad Atene, è passata in Piazza Syntagma l’ennesima manifestazione contro il Governo di Antonio Samaras, una sorta del nostro Governo di larghe intese. Ma tutto funziona, almeno apparentemente. Funziona il traffico, funzionano le navi e i traghetti, funziona l’aeroporto, funziona il commercio. Sembra quasi che i greci in realtà – nonostante i contrasti e le accuse contro la Merkel e le banche – abbiamo preso molto dai tedeschi: vanno avanti con grande, apparente ed ostinata efficienza. Parlando con qualche conoscente, mi dicono che la rabbia sia tanta, qualcuno si è fatto prendere dalla depressione (come da noi), ma non si è caduti nella disillusione cinica e nell’autolesionismo (tipico dell’Italia di oggi), anzi. Il segreto di questa reazione sta nella composizione sociale e anche economica della Grecia. Innanzitutto ha retto bene la solidarietà famigliare. Nei quartieri residenziali, dove una volta abitava una media borghesia, sono tanti quelli che hanno dovuto rinunciare a una casa “da benestanti” e che poi hanno trovato un tetto (e un piatto di suvlaki) dalla mamma o dai nonni. E questo in parte succede in effetti anche dalle nostre parti (anzi, qualcuno non si è mai potuto muovere da casa dei genitori). Poi c’è l’economia greca, che ha sempre mantenuto una sua base contadina, locale, legata al territorio. E che quindi ha rappresentato una base abbastanza solida, assieme ai proventi del turismo. E a proposito di turismo (siamo qui per parlare di questo), la Grecia resta una delle mete più belle del mondo…

IL PAESAGGIO

Uno dei privilegi che ho avuto in questa occasione è stato quello di sorvolare una buona parte del territorio greco. E ne sono rimasto affascinato. Facendo semplicemente il turista in Grecia non te ne rendi conto, ma al di là delle isole e al di là delle coste, con il loro mare meraviglioso e colorato, c’è un interno fatto soprattutto di zone montuose e collinari, ricoperte di macchia mediterranea, ma anche di alberi d’alto fusto, anche se i boschi veri e propri sono pochi. Solo un terzo del territorio greco è coltivato, il resto è – se non selvaggio – certamente naturale. Ma anche la terra coltivata è affascinante, con i suoi sconfinati uliveti, agrumeti e vigneti. Tutto è molto curato, pulitissimo: niente a che vedere con le vaste zone degradate del nostro Meridione. Nell’insieme il paesaggio greco m’ha ricordato l’Umbria o la Toscana, anche se in effetti qui l’acqua è scarsa. Motivo di più per visitare la Grecia in primavera, quando è ancora verde… Dalle parti di Tripoli e di Nemea il territorio diventa più aspro: è terra di greggi e di miele, anche se si dice che da qui provengano le melanzane più dolci del Mediterraneo. Più giù le dita del Peloponneso disegnano un profilo meravigliosamente variegato nel mare, che appunto qui ha colori spettacolari. E in un rigoglio di macchia mediterranea le città moderne (come Naflio, la prima capitale greca indipendente nel 1830) stanno accanto ai miti del passato, come Micene. Magnifica, impressionante, omerica, con la sua indimenticabile tomba di Agamennone.

HYDRA E CORINTO

Il canale di Corinto è sempre affascinante, sia che lo si veda dal basso (cioè navigandolo in barca), sia da metà (cioè dal ponte che lo attraversa), sia dall’alto, cioè da cielo. È una ferita, dritta, lunga sei chilometri. Come è noto, mette in diretto contatto il Mediterraneo, cioè il Golfo di Corinto, e l’Egeo. Prima dovevano scaricare le navi, spingerle fino dall’altra parte su dei rulli e trasbordare le merci sui carri. Ma stavolta, in termini storici, ho fatto una scoperta: pare che sia stata un’idea di Nerone, che venne qui di persona e diede la prima picconata per scavare il canale… con una “graziosa piccozza d’oro”! Poi ci hanno provato i veneziani, ma l’impresa è stata compiuta soltanto a fine ‘800, dagli stessi ingegneri del Canale di Suez. Scendendo un po’ più a sud, una delle prime isole, fra le più facilmente raggiungibili, è Hydra. Adesso è una sorta di fiore all’occhiello ecologico: le auto non sono ammesse, si va a piedi, in bicicletta o a dorso di asino. Sono belle le sue case, attorno al porto, e notevoli poi quelle di due o trecento anni fa, quando l’isola era la patria di ricchi armatori. Poi pare sia diventata la meta di intellettuali, tipo la nostra Capalbio… Ma io devo confessare che sono stato colpito soprattutto dall’isola di Egina. Sta davanti ad Atene, la si raggiunge in meno di un’ora di aliscafo.

EGINA

Non era la mia prima volta ad Egina, ma stavolta l’isola mi è apparsa sotto un aspetto del tutto diverso dall’affollata meta turistica che ricordavo. Ancora una volta il motivo principale è stata la stagione diversa, il giorno feriale (il fine settimana è la meta quasi obbligata di un sacco di ateniesi), ma non solo. Stavolta ho potuto (dovuto) seguire itinerari diversi da quelli turistici, e questa è una cosa che chiunque può fare, in qualunque momento. Per cui la cittadina con le sue viuzze e i suoi negozi mi è risultata tranquilla e accogliente, e così pure il lungomare. Il famosissimo Tempio di Aphaia non potevo non rivederlo: è uno dei capolavori dello stile dorico (anche se essendoci un po’ di stile ionico, lo definiscono eclettico), risale circa al 590 a.C. Con i suoi colori e le sue forme è la cartolina, l’essenza, il modello per eccellenza del Tempio Greco. Ma non basta: collocato in cima a una collina, all’interno di una pineta meravigliosa, rappresenta uno dei momenti più alti del paesaggio mediterraneo. Anche stavolta non ho potuto fare a meno di litigare coi custodi riguardo alla possibilità di filmare e scattare foto (il famoso detto “Greci e italiani, stessa raza, stessa faza” non è affatto vero: i primi in linea di massima sono molto meno flessibili e tolleranti di noi), ma comunque ne valeva la pena. Ma dopo l’Egina-classica mi è capitato (visto che ero lì per un servizio di Linea Verde) di fare un giro per l’interno agricolo. Ho visitato campi di pistacchi, piccoli centri, chiesette, boschi e pinete. E devo dire di essere rimasto a dir poco incantato. La stessa sensazione l’ho avuta tutte le volte che ho percorso l’interno dell’Isola d’Elba, ma qui ad Egina il sapore mediterraneo era ancora più marcato.

ATENE

Tappa (quasi) obbligata per chi arriva in Grecia in aereo è Atene. Pare sia stato fortunato a non arrivarci d’inverno: quest’anno molta gente non poteva permettersi di pagare il gasolio per il riscaldamento, per cui stufe e camini dove si bruciava di tutto coprivano la città di un fumo pesante. La parte moderna non è all’altezza di quella antica (ma d’altra parte come sarebbe possibile?). Il Mito di fondazione, con Atena e Poseidone che si contendono il nome della costruenda città, decidendo di assegnare il giudizio al popolo (invenzione della democrazia), col popolo suddetto che al cavallo di guerra del dio del mare preferisce l’ulivo della dea della sapienza (invenzione dell’agricoltura e del simbolo della pace) rappresenta in pratica il meglio della nostra civiltà occidentale. Poi non potevamo che peggiorare… In realtà Atene non è che sia brutta; la sua periferia è migliore di quelle di tante altre grandi città, il grosso dei suoi quartieri è una colata di cemento bianco che riempie tutta la piana, dal Pireo all’Aereoporto, ma certo non si può dire sia tutta una gran bellezza. Magnifica è naturalmente l’Acropoli, l’eredità di Pericle, tre ettari quadrati densi di storia e di monumenti immortali, che hanno resistito al tempo ma non agli inglesi, che si son portati via i fregi di Fidia e non solo. Ma attorno al porto e ai piedi dei templi c’è la famosa Plaka, il quartiere vecchio, fatto di piazzette (trasformate in parcheggi a pagamento) e di ristoranti, dove alla cucina classica greca (la musakà, che è una specie di parmigiana, i suvlaki, che sono spiedini di pollo, maiale ma soprattutto montone e lo zaziki, che sarebbe yogurt con cetrioli e purtroppo molto aglio), che dopo qualche giorno ti esce dagli occhi, si accompagnano ora piatti “nuovi”. Piatti contaminati, figli della nuova cultura gastronomica degli chef, che anche in Grecia si apprestano a diventare i nuovi maître à penser della cultura neo-pop. Il bello è che ad Atene, nella Plaka, può capitarti di sedere a un tavolino tra il tempio di Efesto e il vecchio cammino lungo il quale Socrate passeggiava con i suoi filosofi peripatetici. Guarda un po’ i casi della vita: quelli che una volta erano semplici maitre (camerieri) son diventati maître à penser ma ai colti Peripatetici son succedute alcune peripatetiche… È la storia, bellezza!