Turisti per mostre

Italia, fine settimana a base di arte, mostre e cultura
Patrizio Roversi, 25 Gen 2012
turisti per mostre
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Eravamo a Milano per lavoro, in centro. Piazza del Duomo, per provinciali come noi, mantiene un suo fascino: le luci, le insegne, il Duomo, la Galleria. La Milano da bere sta pian piano evaporando, svuotata di senso dalla crisi economica e dalla crisi di valore di un modello che “non va più” (lo sapevate che alcune grandi aziende hanno suggerito ai loro manager di non vestirsi più da manager – completo grigio, cravatta, scarpe a punta – per non dare nell’occhio e per non essere insultati per strada?). Ma in compenso riaffiora la Milano storica, culturale, borghese. E infatti, bighellonando, siamo arrivati a Palazzo Reale, dove guarda caso c’era una lunghissima fila di gente in attesa: quel giorno inaugurava una mostra su Cezanne. Noi siamo andati, invece, a vedere la mostra dedicata ad Artemisia, la grandissima artista del 600. Un grande personaggio, con una storia dolorosa ma di grande spessore: figlia di un grande pittore (Orazio Gentileschi), entrata in conflitto col padre, violentata da un suo collega, è riuscita a diventare non solo una grandissima artista, ma soprattutto un’icona dell’emancipazione femminile.

La mostra (curata da Contini-Solinas con Emma Dante) è bellissima: ci sono esposti 50 quadri, che contrariamente al buio seicentesco (magari squarciato dalle luci radenti caravaggesche) esplodono in colori prorompenti. Come potenti sono le rappresentazioni, che magari si rifanno a personaggi biblico-mitologici, ma alludono in modo esplicito ai conflitti vissuti da Artemisia (basta pensare a Giuditta che decapita Oloforne). Abbiamo passato un pomeriggio bellissimo, abbiamo comprato il Dvd da portare a Zoe.

Sono pochi i turisti-per-mostre e, a torto, sono considerati snob, così come i turisti-per-musei che, ai più, appaiono come alieni, capaci di camminare instancabilmente per lunghi corridoi, col naso appiccicato a bacheche polverose. Invece non è così: una mostra può rappresentare, in assoluto, lo scopo di un viaggio. Certo, basta prendere alcune precauzioni: innanzitutto prepararsi un attimo. Io-Syusy il personaggio di Artemisia lo conoscevo e ho contagiato Patrizio con la mia curiosità. E io-Patrizio aggiungo che è giusto vedere quel che davvero ci interessa, senza ipocrisia: si può andare in un museo anche spinti dalla curiosità per un unico reperto, si può vistare una mostra anche per ammirare da vicino un solo quadro, senza sentirsi “doveri culturali” a cui ottemperare, ma solo per il piacere di farlo. Persino io (che sono un ignorante-praticante in tema di arte) tornerei a Parigi solo per poter stare mezzora davanti all’autoritratto di Van Gogh del Museo d’Orsay. Un viaggio, appunto, è come un paio di scarpe: deve calzare a pennello, altrimenti fa male.