Turisti per Caso in primo piano: Davovad

“Latinos” a confronto! Il Turista per Caso di questa settimana è Davovad, Guida per Caso di Perù, Bolivia e Colombia, intervistato da Niki Japan che invece è di casa a Cuba. Hasta l'intervista!
NikiJapan, 23 Apr 2009
turisti per caso in primo piano: davovad
“Latinos” a confronto! Il Turista per Caso di questa settimana è Davovad, Guida per Caso di Perù, Bolivia e Colombia, intervistato da Niki Japan che invece è di casa a Cuba. Hasta l’intervista!

Niki Japan: Ciao Davo, innanzitutto complimenti per i tuoi molti interventi e contributi nel sito e per le tue guide precise e puntali, ma a proposito tu vivi in Colombia mi sembra?

Davovad: Sì, vivo a Bogotá da 7 anni. Magari si nota da come scrivo. Ormai confondo l’italiano col castigliano, spero di non sbagliarmi.

Niki Japan: E com’è? Davovad: Bogotá, come tutte le metropoli sudamericane, è inquinata, caotica e tendenzialmente pericolosa. Però io non ci sto male. Si trova a 2.600 metri d’altitudine ed è fiancheggiata dai Cerros orientali, che le danno un piacevole tocco di verde. L’8 novembre 2007 Bogotá ha vinto il Leone d’Oro nella decima Mostra di Architettura. Il direttore della Mostra, Richard Burdett, ha detto che “il premio è andato alla città più intelligente, che guarda al futuro in modo serio, in un Paese del terzo mondo con problemi di povertà e di criminalità, che però è riuscita a rilanciarsi grazie ad alcuni politici ispirati.” In effetti le ultime amministrazioni hanno migliorato notevolmente la qualità di vita della città. L’unico rammarico è un po’ il clima, spesso nuvoloso e con frequenti piogge. E mi dicono che rispetto ad anni fa, prima che iniziasse il disboscamento degli Llanos, pioveva ancora di più! Niki Japan: E come ci sei arrivato, cosa ti ha portato a questa scelta di vita che non penso sia dovuta a mera necessità? Davovad: Avevo sempre avuto un remoto, romantico interesse nei riguardi del Sudamerica, che risaliva alla mia prima adolescenza, quando leggevo libri d’avventura e sognavo di navigare nei Mari del Sud. Non ricordo quando nacque l’idea di partire. So soltanto che c’era qualcosa che mi attraeva irresistibilmente, che mi diceva d’andare. Avevo trascorso giornate intere a fantasticare viaggi in quelle terre remote. Ma non riuscivo a coronare questo sogno, costretto dall’età, dalla mancanza di soldi e di tempo. Non mi sarei accontentato della solita vacanza di due o tre settimane. Dopo la laurea l’idea del viaggio in Sudamerica cominciò a prendere corpo. Decisi di partire dopo l’esame di abilitazione alla professione di avvocato. Il risultato delle prove scritte non sarebbe arrivato prima di cinque o sei mesi, se andava bene, così avrei avuto a disposizione il tempo sufficiente. Niente al mondo poteva più trattenermi. Nel dicembre 1998 andai a Bologna per sostenere l’esame scritto di tre giorni. Palasport di Casalecchio di Reno, duemila candidati. Sembrava di essere a Piazza Affari in una giornata di euforia. Sentivo che il pesante portone della responsabilità e dell’onorabilità stava per serrarsi dietro di me, condannandomi a tutta una vita di abiti scuri, di ricorsi, di decreti e di citazioni. La mia unica salvezza era il Sudamerica. In quel primo viaggio ho girovagato per 4 mesi in Sudamerica. Poi nei due anni seguenti sono stato in Messico per altri 4 mesi. Ormai si trattava solamente di scegliere il modo di rimanere in America Latina. L’opportunità si è presentata con una ONG di promozione e difesa dei diritti umani che opera in Colombia: Peace Brigades International. Sono partito per starci un anno e ne sono passati già sette. Ho comprato un appartamento a Bogotá, però non vuol dire che ci rimarrò tutta la vita. Sul futuro non ho ancora pensato.

Niki Japan: Quindi adesso lavori in un’organizzazione umanitaria, o mi sbaglio? Davovad: Non esattamente. Sto coordinando un gruppo di 12 ONG europee di cooperazione allo sviluppo e difesa dei diritti umani. L’obiettivo è cercare di influenzare le politiche di cooperazione dei paesi europei, della Commissione Europea e delle Nazioni Unite verso la Colombia. Non mi occupo pertanto di svolgere progetti di cooperazione, è un lavoro più politico. Si tratta di far sì che le risorse della cooperazione interazionale vengano destinate allo sviluppo integrale, sostenibile, che rispetti i diritti umani.

Niki Japan: Nome o nick name? Davovad: Mi hanno sempre chiamato Davo. Il nick è la ripetizione speculare di Davo, che letto di seguito possiede una vaga sonorità di città russa sperduta nella Siberia. Niki Japan: Età? Davovad: 38… Ma ancora per poco.

Niki Japan: Come sei venuto a conoscenza di TPC, e noto che da molto tempo che sei iscritto, cosa ti ha portato a restare e ad aiutare quei tanti turisti che vengono dalle tue parti, a proposito ne hai conosciuto qualcuno personalmente…? Davovad: Il sito mi è stato consigliato da un amico nel 2001, quando ero alle prese con la redazione del racconto del mio primo viaggio in Sudamerica. Ricordo che – da perfetto ignorante di navigazione in internet – non riuscivo a districarmi facilmente tra le innumerevoli pagine del sito. Per cui mi ero limitato a postare una prima edizione del racconto, alla quale era seguita la pubblicazione di un altro racconto sul Messico. Comunque, siccome non disponevo di un computer, abbandonai il sito per circa 4 anni. E’ stato qui in Colombia che mi sono riavvicinato a TpC, diventando con il tempo un assiduo frequentatore. Ho sostituito il primo racconto del viaggio in Sudamerica con la versione definitiva, frutto di un anno di lavoro. Saranno 200 pagine in word, distribuite in 8 capitoli geografici. Potrebbe essere il racconto più lungo pubblicato finora sul sito, ma non saprei come verificarlo. Negli ultimi anni ne ho scritti altri, ma per mancanza di tempo non ho potuto mantenere la stessa cura e lo stesso rigore stilistico. Mi piacerebbe che i forum diventassero autentici spazi di dibattito, scambio di opinioni, bacheche di informazioni. Però generalmente vengono utilizzati per ottenere una risposta rapida a quesiti pratici. Io cerco di accompagnare l’informazione che fornisco prima della partenza con una birra direttamente qui in Colombia. Mi sono incontrato con varie persone che sono passate da Bogotá, ho ascoltato le loro storie, ho raccontato la mia esperienza e ovviamente ho dato alcune dritte che si sono rivelate preziose, per lo meno a giudicare dai ringraziamenti. L’unico rammarico è quando non mi sono potuto incontrare con un romagnolo che mi aveva offerto di portarmi delle piadine: quando lui arrivava in Colombia io partivo per la Bolivia.

Niki Japan: Attualmente sei Guida per Caso della Colombia, del Perú e della Bolivia. Non vorresti includere anche l’Ecuador? Davovad: Ci ho pensato spesso, sarebbe interessante poter offrire una panoramica unica dei 4 Paesi andini. Ma non mi sono ancora deciso. Sono stato cinque volte in Ecuador, e rispetto agli altri tre Paesi andini è molto più piccolo. Però non mi sento di conoscerlo sufficientemente, soprattutto per quanto riguarda le Galápagos, che è una delle mete preferite dai viaggiatori che vanno in Ecuador. Vedremo.

Niki Japan: Vorrei parlare della tua patria adottiva, ti va? Da noi la Colombia è tristemente nota solo per la sua produzione più nota e perseguitata ed i mass media se ne interessano solo quando se ne può parlar male. Addirittura alcuni Tour Operator sconsigliano di andarci Davovad: E’ vero, succede esattamente così come dici. Però, dal mio punto di vista personale, non è completamente negativo. La Colombia è un Paese bellissimo e praticamente sconosciuto, lontano dalle rotte del turismo di massa, se si escludono località come Cartagena e San Andrés. Quando viaggio in Colombia posso ancora assaporare una dimensione genuina che ormai non si trova da altre parti. Si può ancora arrivare in un posto ed essere guardati con un misto di curiosità ed ospitalità. Comunque per me la Colombia non è solo un Paese bellissimo. Qui ho conosciuto mia moglie e qui è nata mia figlia. Io sono nato in Italia, mia moglie in Bolivia e mia figlia in Colombia. Questa si chiama globalizzazione! Niki Japan: Ho letto nel preambolo della GpC della Colombia che citi varie nazioni dell’America Latina, inclusa Cuba, e dici che per vedere insieme tutte queste bellezze bisogna visitare la Colombia, come lo spiegheresti ad un profano come me di quei lidi? Davovad: Quel detto non è mio. Con l’orgoglio che li contraddistingue, i colombiani sono sempre pronti ad esaltare il proprio Paese. E ne hanno di argomenti. La Colombia possiede due Oceani; tre Cordigliere andine e due sistemi montuosi indipendenti: la Serranía de la Macarena, l’ultimo rimasuglio di una catena montuosa che esisteva prima dell’innalzamento delle Ande, dichiarata Parco Nazionale vi si trova il famoso Caño Cristales, considerato il fiume più bello del mondo, e la Sierra Nevada de Santa Marta, la montagna costiera più alta del mondo; il deserto della Guajira, il punto più settentrionale del Sudamerica, ed il deserto della Tatacoa, il fondo di un antico mare che si è ritirato con l’innalzamento della Cordigliera Central; la selva dell’Amazzonia, dell’Orinoquia e del Chocó biogeografico; è uno dei paesi più megadiversi del pianeta e uno dei più ricchi d’acqua dolce; posiede il 70% dei páramos del pianeta, ecosistemi andini compresi tra i 3.000 ed i 4.500 metri; ghiacciai, vulcani, laghi, isole; città coloniali e le vestigia archeologiche di San Agustín, Tierradentro e la Ciudad Perdida; terme naturali e luoghi dove praticare sport estremi; un crogiuolo di culture e tradizioni; un artigianato tra i più belli dell’America Latina; oro e smeraldi; musica e letteratura; fiestas y ferias, come il Carnaval de Barranquilla, il secondo al mondo dopo quello di Rio…

Niki Japan: La descrivi come un paradiso terrestre, ma è pur vero che ci sono gravi problematiche a livello sociale e criminale, le organizzazioni dei vari cartelli di narcotraffico sembra che abbiano in mano buona parte del paese, o mi sbaglio? Davovad: Non sbagli. La Colombia è un Paese in conflitto, e lo è stato da sempre. C’è chi parla di violenza strutturale, altri hanno cercato di investigare la componete genetica della violenza, senza troppi risultati. La situazione attuale si fa risalire all’epoca della Violencia, una fase storica che iniziò con l’omicidio del candidato presidenziale Jorge Eliecer Gaitán nel 1948. Successivamente, nei primi anni 60 nascono le due principali guerriglie tuttora esistenti: le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia e l’Esercito di Liberazione Nazionale. Verso la fine degli anni 70 la Colombia inizia a produrre alcaloidi, prima la marihuana, poi la più redditizia cocaina. Ultimamente sono in ballo forti interessi economici legati all’estrazione delle risorse naturali e delle infrastrutture. Il problema è complesso: un insieme di regionalismi, poca presenza dello Stato, sistemi sociali alle dipendenze di baroni locali (caciques) basati sulla iniqua distribuzione della ricchezza, latifondismo, desplazamiento (più di 4 milioni di sfollati), violenza sociopolitica (omicidi, desapariciones), interessi economici per il controllo delle risorse naturali ed ultimamente il narcotraffico rendono la Colombia un Paese esplosivo. Questa situazione ha costretto 4 milioni di colombiani ad emigrare all’estero, soprattutto negli USA e in Spagna. In questo momento è in corso un processo di desmobilizzazione dei gruppi paramilitari e si cercano contatti con le due ultime guerriglie esistenti. Però rimangono quasi intatte le ragioni sociali della violenza. La guerra contro la droga, con un forte appoggio degli USA ed il suo Plan Colombia, non è riuscita a ridurre la produzione di cocaina. I nostri ricchi ed opulenti Paesi europei sono responsabili di una gran parte del consumo della cocaina colombiana. Lì si sniffa e qui si muore per colpa della violenza che genera il narcotraffico. Mentre il consumo di droga rimanga proibido, i Paesi europei devono fare in modo che cessi il consumo. Però a mio parere sarebbe molto meglio che l’Unione Europea abbandonasse la guerra contro la droga capeggiata dagli USA e si inclinasse alla depenalizzazione. La legalizzazione non risolverebbe il problema, però almeno eliminerebbe il mercato nero ed i favolosi guadagni dei narcos. Negli ultimi anni la guerra della coca è aumentata a dismisura in Paesi come il Messico. Ma la Colombia è un Paese pericoloso? Gira che ti rigira, tutti mi hanno fatto questa domanda. In principio no, la Colombia non è pericolosa per i turisti. A me non è mai successo niente… Fortuna? Non credo. Nel caso della criminalità comune, l’importante è non “dar papaya”, ossia cercarsela. Nel caso del conflitto armato interno, il Governo di Uribe ha respinto la guerriglia nelle zone remote delle montagne o della giungla. I principali siti turistici sono sicuri. In 7 anni ho visto solo alcuni guerriglieri delle FARC in un villaggio abbandonato lungo un fiume sperduto nella selva del Chocó, luogo dove i turisti non vanno di certo. Altri episodi li leggo solo sulla stampa. In rarissime occasioni la guerriglia può montare dei posti di blocco sulla Panamericana o in altre strade principali, però generalmente questo avviene sulle strade terziarie. L’ultimo episodio che ha coinvolto degli stranieri è stato in settembre 2003 (per commemorare il 30º anniversario del golpe in Cile), quando l’ELN ha rapito un gruppo di turisti in cammino alla Ciudad Perdida, sulla Sierra Nevada de Santa Marta. Un caso isolato, che è finito con la liberazione dei sequestrati. E comunque in mezzo a tutta questa situazione c’è anche qualche italiano, come l’ex comandante paramilitare Salvatore Mancuso ed il narcotrafficante Giorgio Sale, per citarne solo alcuni.

Niki Japan: Anch’io penso che la depenalizzazione delle sostanze stupefacenti naturali sia il miglior modo per, almeno, combattere la delinquenza legata a questo genere proibito, consideriamo che è anche la maggior fonte di ricchezza della nostra criminalità organizzata italiana. Prima di continuare, come è buon uso ultimamente in questo tipo di interviste, a queste latitudini cosa proporresti da mettere sul tavolo per passare piacevolmente questa oretta di chiacchiericci: ron, cerveza o che altro? Davovad: In Colombia si bevono quantità industriali di birra, di un tipo molto leggero. Alla gente piace riempire il tavolo di bottiglie vuote e guai al cameriere se le porta via. In primo luogo per evitare che – complice la borrachera – ti facciano pagare qualche bottiglia in più; in secondo luogo per ostentare un dubbio machismo. Però l’effetto collaterale della birra mi obbligherebbe ad alzarmi continuamente dal tavolo. Per cui propongo qualcosa di più forte come un aguardiente, magari all’anice.

Niki Japan: Beh anch’io sono un amante della birra prodotta in loco e mi sembra un’usanza simile a quella venezuelana riempire i tavoli con bottigliette da 20 cc… Però el aguardiente anisado mi incuriosisce molto. Davovad: Potremmo cominciare con una bottiglia di Néctar, provare per credere.

Niki Japan: Com’è la vita in un Paese che, anche essendo latino come il nostro, è profondamente diverso? Cosa ti manca dell’Italia e cosa invece sei contento di aver messo per il momento dietro le spalle, compreso il tuo futuro da avvocato… Tra l’altro nella ricerca della tua terra promessa hai anche incontrato la tua anima gemella, due piccioni con una fava… (in questo condividiamo l’esperienza). Davovad: Spesso si dice che l’Europa mediterranea condivide col Sudamerica il carattere latino. Potrebbe essere se lo confrontiamo con la Scandinavia, ma comunque secondo me non c’è questa grande affinità. Una cosa è visitare un paese latinoamericano e rimanere affascinati dai suoi ritmi senza dubbio diversi, un’altra è viverci. A volte può risultare stressante il livello di disordine, ritardo, rumore. Però tutto questo viene ricompensato da una maggior confidenza, allegria e spensieratezza. Cosa mi manca dell’Italia? Le foglie che cadono in autunno, la nebbia padana (mi manca 1 minuto all’anno, non di più), poter muoversi in bicicletta, la neve, i tramonti d’estate alle 10 di sera, i centri storici coi suoi edifici millenari, il parmigiano, la sanità, l’istruzione ed i servizi pubblici, più cultura civica. Non mi manca per niente la situazione di relativo benessere, che ha indotto molte persone ad accontentarsi di quello che ha, senza lottare per migliorare il suo livello educativo, conformandosi con un impiego mediocre basta che sia fisso. Non mi manca per niente la teocrazia del Vaticano, basta citare l’episodio di Eluana. Non mi manca la politica (non che qui sia meglio): una destra che insiste ad applicare politiche neoliberali, che l’attuale crisi finanziaria ha dimostrato essere sbagliate; una sinistra inesistente, senza idee, senza programmi, senza leader.

Niki Japan: Tua moglie poi è boliviana, quindi anche lei di un’altra nazione, magari con sostanziali differenze. Lei come si trova in Colombia? Davovad: Bene. Non lo ammetterà mai, però a Bogotà ci vive molto meglio che a La Paz. E’ curioso perché a volte non riesce a capire i modi di dire colombiani, e dire che parlano la stessa lingua! Inoltre dal suo accento riconoscono subito che è straniera. A volte si fa passare per pastusa, della regione di Nariño vicino all’Ecuador. Non parlano proprio uguale, però per un bogotano potrebbe anche essere. Io invece non ho speranze, mi beccano subito. E col mio accento emiliano mi prendono per un francese…

Niki Japan: Sbirciando un po’ tra i tuoi racconti ho notato che hai praticamente girato tantissimo quelle regioni, anche sconfinando in diverse nazioni limitrofe e con destinazioni e mezzi non proprio turistici. Qual’è stato il viaggio più strano? Davovad: In dicembre 2002 la mia ragazza (che adesso è mia moglie) aveva finito il suo Master ed era ritornata in Bolivia. Con le mie misere risorse da volontario non potevo certo permettermi un viaggio in aereo. Per cui decisi di andarla a visitare in bus. Ho viaggiato ininterrottamente per cinque giorni e quattro notti, cambiando una ventina di mezzi. Il ritorno è stato ancora più lungo per colpa di uno sciopero generale nel dipartimento di Puno in Perú. Il viaggio più pazzo è stato quando sono andato da solo ad Amsterdam in autostop: 3 giorni e due notti.

Niki Japan: Con calma mi leggerò il tuo voluminoso primo viaggio, penso che sarà una lettura interessante ed emozionante. Una domanda che mi interessa personalmente perché anch’io vivo una situazione simile seppur all’incontrario. Innanzitutto tua figlia quanti anni ha, naturalmente nascendo e vivendo lì parlerà spagnolo ma un po’ di italiano glielo insegni; e poi è stata già in Italia? Cosa dicono lei e sua madre della nostra malandata patria? Davovad: Mia figlia ha 5 mesi, ma sta già ricevendo un corso accelerato di italiano. Pensiamo di portarla in Italia quest’estate, mi immagino già le feste. Mia moglie è stata in Italia 3 volte. La prima volta ha viaggiato senza visto Schengen perché i cittadini boliviani ne erano esenti. Però le ultime due volte l’ha dovuto fare, e l’Ambasciata italiana a Bogotà ha brillato come sempre per inefficienza. Invece adesso per la prima volta entrerà in Italia da cittadina italiana, col suo bel passaporto nuovo di zecca. Per quanto malandata, non c’è paragone: l’Italia l’ha impressionata favorevolmente. Chissà quanto argento trafugato dalle favolose miniere di Potosí in Bolivia avrà finanziato le bellissime opere d’arte dell’Italia.

Niki Japan:A proposito di cultura, di musica e di poesia tu sei interessato a questo argomento ed hai qualche autore che potrebbe renderci un po’ partecipi del clima e delle sensazioni di quella terra che a detta tua dev’essere meravigliosa? E qual è la musica tipica della Colombia, perché per esperienza anche se le espressioni musicali sia moderne che tradizionali sembra che da quelle parti si somiglino un po’ tutte all’orecchio di un europeo, in realtà sono molto differenti. Davovad: Tra gli scrittori potremmo citare i classici Gabriel García Márquez o Álvaro Mutis.

Un autore interessante è Germán Castro Caycedo, scrive con uno stile giornalistico e tocca temi di attualità, però non so se i suoi libri sono stati tradotti in italiano. Potrei consigliare un giovane scrittore sposato con un’italiana: Efraím Medina Reyes, con uno stile demenziale. I suoi libri si trovano in italiano. Un autore italiano che conosce bene la realtà colombiana è Guido Piccoli, autore – tra l’altro – di Colombia il Paese dell’eccesso.

In un Paese così grande, ogni regione ha la sua musica. Nella costa caribe l’influenza della cultura africana ha creato ritmi come la champeta, la gaita, il mapalé, il porro ed ovviamente il vallenato, con la sua tipica fisarmonica. Nella costa pacifica si può ascoltare il currulao. Nella regione andina la musica tipica è il bambuco, la carrilera, la sanjuanera ed il torbellino. Negli Llanos orientali il suono dell’arpa scandisce il ritmo della guacharaca ed il joropo. A livello commerciale si ascolta e soprattutto si balla la salsa ed il vallenato. Il cinema colombiano sta cercando di emergere. Ci sono un paio di film classici, come La vendedora de rosas e La estrategia del caracol. Tra i film più moderni potrei citare María llena eres de gracia ed El colombian dream. Due documentari molto eloquenti sono La Sierra ed El baile rojo.

Niki Japan: Tornando a noi, praticamente non credo che tu possa essere definito un turista per caso, visto che sei finito residente. Come spendi la tua giornata tipica, ho notato che spesso vi regalate dei bei viaggetti, ma la quotidianità di Bogotà è paragonabile a quella di qualche nostra grande città? Tra l’altro ho curiosato con Google heart ed ho visto delle foto del centro e che sorpresa, è bellissimo, moderno con anche tanto verde. Hai amici, conoscenti, colleghi, si vive anche lì la bellissima e leggera socialità che io posso vivere a Cuba? Davovad: Premetto che in Italia ho sempre vissuto in una cittadina di piccole dimensioni. Bogotà invece ha circa 8 milioni di abitanti. Comunque per questioni di lavoro, casa e divertimenti, alla fine rimaniamo sempre negli stessi due o tre quartieri. Posso ritenermi fortunato, perché vado in ufficio a piedi, anche se dista 20 isolati e mi devo sorbire un inquinamento non indifferente, per cui cerco di attraversare stradine secondarie. Per esigenze di lavoro mi sposto spesso dentro la città, ed ormai sono abituato ad uscire anche un’ora prima dell’inizio della riunione, se si trova lontano. In una città così grande c’è una buona offerta culturale tra cinema, teatri e spettacoli all’aperto, e diversi parchi. Nei dintorni ci son paesini tranquilli dove riposare, magari rilassandosi con il tiepido abbraccio delle acque termali o scendendo di quota verso la valle del Magdalena e gli Llanos, per godere il clima tropicale. Prima ne approfittavamo, però adesso con la bambina piccola abbiamo dovuto cambiare strategia: invitiamo amici a degustare specialità della cucina italiana. La patata pastusa è ottima per fare gli gnocchi, e non è difficile trovare un surrogato del gorgonzola (queso azul) o foglie di salvia per condirli. Cuciniamo le migliori lasagne dell’America Latina, deliziose pizze e sformati di verdure. Qui si trova l’autentica pasta italiana, olio d’oliva e un’ampia scelta di vini. In realtà sono pochi gli ingredienti introvabili, come il mascarpone. Bogotà è una metropoli un po’ fredda, e non solo meteorologicamente. La socialità di Cuba si può ritrovare più facilmente sulla costa caribe.

Niki Japan: Un’ultima curiosità, essendo la Colombia un Paese della regione andina la religione come è vissuta, perché avendo esperienza delle svariatissime forme di quella cubana, di origine prevalentemente africana, mi chiedo se c’è qualche antico legame con le credenze precolombiane. Davovad: La gran maggioranza della popolazione si professa cattolica. Ci sono diversi Santuari che ricevono continui pellegrinaggi. Le culture locali sono state reindottrinate da secoli di catechizzazione forzata ed ormai sono praticamente scomparse. Negli ultimi anni si sta diffondendo l’evangelismo di stampo statunitense. Come succede negli USA, ci sono sedicenti pastori carismatici che radunano folle di fedeli negli stadi e compiono miracoli e sanazioni. Il tutto a cambio del pagamento di una decima e del voto nelle elezioni. Secondo me non ha niente a che vedere con la religione, sono potenti imprese economiche e politiche. Solo un paio d’anni fa è stata votata la Legge sull’aborto, ed ha scatenato indignate proteste.

Niki Japan: Bene l’aguardiente è quasi finita, la nostra piacevole conversazione volge al termine, a proposito molto buono questo prodotto, se poi paragonata all’aguardiente de caña o de piña che si suole bere nell’oriente cubano non c’è confronto. Spero di bere presto insieme a te una birra a Bogotà, io a quei fortunati che vanno all’Habana quando sono lì riservo un grande e ricco piatto di pasta con gamberetti cucinati da me. Un’ultima domanda: cos’è per te il viaggio? Davovad: La vita stessa è un viaggio. Ma se vogliamo limitarci a considerare ciò che comunemente si considera viaggio, nel mio caso il viaggio è iniziato 7 anni fa e non è ancora finito. Sono venuto a vivere in America Latina per scelta personale e ho avuto la fortuna di girare parecchio soprattutto nella regione andina. Per me il viaggio è immedesimazione, significa entrare nella storia, cultura e tradizioni di un Paese. C’è fin troppa gente che viaggia con il corpo e non con lo spirito, sale su un aereo, si catapulta dall’altro lato del mondo, parla un misto di italiano ed inglese, segue capillarmente le istruzioni delle guide di viaggio e pretende mangiare spaghetti ogni giorno… Ma non era meglio restare nei paraggi?

Niki Japan: Bene, abbiamo fatto la conoscenza di un altro particolare tpc, che partito da turista ancora non trova la strada di casa, o per meglio dire, ha trovato una nuova casa e si è scordato la strada della vecchia. Complimenti Davo, quando si dice credere in un sogno bisognerebbe pensarti un po’! Davovad: ¡Hasta la pasta!



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