Zanzibar a gennaio

A Zanzibar e dintorni
Scritto da: maurizio567
zanzibar a gennaio
Partenza il: 01/01/2013
Ritorno il: 09/01/2013
Viaggiatori: 3
Spesa: 2000 €
Viaggio a Zanzibar con Veratour dal 1 al 9 gennaio 2013

Siamo partiti da Roma in tre, mia moglie, io e nostro figlio quasi trentenne. Abbiamo prescelto come in altre occasioni la Veratour ed esattamente il villaggio turistico di Kiwengwa, lo Zanzibar Village.

L’AEREO

Volo con la Nuova Livingstone con partenza effettiva alle 23.30 (ritardo accettabile), con un airbus 330 moderno, con gli schermi video in ogni sedile, scelta di vari film in italiano ed inglese. Purtroppo tanta modernità non si coniugava con una adeguata manutenzione. Sul nostro gruppo di tre sedili, lato finestrino, in uno era rotta la presa audio, rendendo inutile il video, il che è molto grave su un volo di lunga distanza, sull’altro sedile era scollato il rivestimento del bracciolo che cadeva a terra nel corridoio se mosso. La stessa sensazione di approssimazione allorchè un passeggero svenuto è stato soccorso da due dottoresse a bordo, ma nel kit del pronto soccorso c’era l’apparecchio della pressione, ma non il fonendoscopio necessario, pur risultando presente nella lista delle dotazioni di bordo.

Pasti nella media di un volo turistico, piccolo cuscino a disposizione; singolare che per avere una coperta la compagnia chieda un supplemento di tre euro.

L’AEROPORTO

Avevo già letto le recensioni degli altri viaggiatori e quindi ero preparato all’aeroporto non proporzionato sicuramente al traffico.

Appena aperto il portello all’arrivo, una folata di aria caldissima ed umida che, dato il tempo inclemente a Roma, è stata la benvenuta.

Qualche secondo per riadattare i polmoni e lunga fila per consegnare i passaporti con dentro i 50 dollari di tassa di ingresso ad un simpatico poliziotto di colore, basso e pienotto, che li passava al controllo. Poi restituzione da parte della poliziotta del gabbiotto, che non controllava nulla, occupandosi di ritirare solo i 50 dollari. Restituzione dei passaporto da parte del primo che, storpiando i nomi chiamati a gran voce, cercava di identificare i proprietari confrontando le foto con le persone strette nella calca.

Davvero singolare, esattamente come avevo già letto, la procedura di restituzione dei bagagli.

Non esiste nastro trasportatore, né veicoli addetti allo scarico. I bagagli vengono portati a braccia su carrelli spinti a mano a gruppi di poche unità per volta. In mezzo alla calca dei viaggiatori (erano atterrati due aerei dall’Italia per centinaia di persone), un addetto dietro al banco cercava di leggere i nomi dalle etichette dei bagagli in modo sommario, cercando di superare il baccano della folla, pronunciando per di più i soli nomi di battesimo, con risposte simultanee e lotta per arrivare al bancone.

E’ importante nella lotta al bagaglio l’altezza. Io che sono basso ho faticato non poco per “bucare“ la folla dei questuanti. Mio figlio che è alto ha trovato subito il suo.

Particolarissimo il controllo bagagli. Accanto al bancone sepolto dalla folla, c’era un piccolo nastro trasportatore con il solito rilevatore del contenuto. Quasi tutti, preso il bagaglio sono semplicemente usciti dalla porta dell’aeroporto, del tutto libera ignorando l’operatore. Chi invece diligentemente metteva il proprio bagaglio sul nastro, otteneva come risultato la richiesta dell’operatore di una mancia per il controllo ! Come se fosse il viaggiatore a voler controllare se nel suo bagaglio ci fosse una bomba !

IL VILLAGGIO TURISTICO

Giunti in mattinata al villaggio turistico con il pulmino della Veratour (i bagagli venivano caricati su altro mezzo), stanchi per il volo, insonni, ma felici dell’inizio della vacanza, dopo il brindisi di benvenuto e regolati gli orologi di due ore in avanti, ci siamo messi a girare per il villaggio ed a prendere conoscenza delle strutture, in attesa del briefing previsto per le 11.

Lo Zanzibar village appare subito come un piccolo villaggio turistico sul mare con poco più di 60 camere in villette immerse nel verde. Molto curato con continue pulizie, sia all’esterno, che all’interno delle spaziose camere in stile rustico. Tutto è coperto da tetti in canne e foglie secondo le prescrizioni del posto per non danneggiare l’estetica. Palme altissime da cocco, banani, vegetazione splendida tropicale. Massima attenzione contro le zanzare, continue disinfestazioni e letti a baldacchino tutti coperti da una candida rete anti insetti per la notte. Condizionatore (essenziale) e ventilatore a soffitto. Manca in camera sia il televisore (del quale non si sente la mancanza in quanto è sintonizzabile solo Rai International), sia un frigo (che sarebbe utile anche perchè una bottiglia di acqua naturale viene fatta pagare all’interno del villaggio 3 dollari contro 1 dollaro richiesto all’esterno). Inoltre poiché manca per qualche minuto, ma spesso, la corrente, (non dimentichiamoci che ci troviamo in un posto poverissimo, dove molti vivono malamente con un dollaro al giorno), sarebbe molto utile che in ogni camera ci fosse una lampada a led automatica di emergenza che in Italia costa pochi euro.

Ciascun appartamento ha una verandina con tavolo, sedie e stenditoio in legno per i costumi. Ampio bagno con doccia e tubo con spruzzo, tipo barca, nel vano doccia, per sopperire alla mancanza di bidet.

Il villaggio utilizza una bella piscina, proporzionata al modesto numero dei clienti e vari impianti sportivi, beach volley, vela, surf, canoa, bocce, tiro con l’arco etc.

Molto ben curata l’animazione, mai invadente.

Il personale del villaggio è apparso eccellente sia per cortesia (anche nei confronti dei clienti scontenti di professione) sia per l’assistenza prestata.

SPIAGGIA E MARE

Spiaggia incorniciata dalle palme, spettacolare di sabbia finissima bianca che si allunga verso il mare di ulteriori 300 mt nelle basse maree (ogni 6 ore). Questo è il singolare fenomeno di questo villaggio, ad ogni bassa marea si può camminare dove poche ore prima si nuotava. La spiaggia si estende a destra e sinistra per chilometri. Accanto sulla destra guardando il mare vi sono numerosi sommari negozi di souvenir e poi un altro villaggio turistico italiano.

A sinistra un altro villaggio straniero ed il villaggio abbandonato del Club del Ventaglio, andato di recente a fuoco ed ora distrutto (hanno smontato perfino le porte e gli infissi dei bungalow) ed adibito, a quanto sembra, a rifugio di famiglie di locali. Tra i due, qualche altra bottega di artigianato

La barriera corallina si trova a circa 500 metri dalla spiaggia, ma non è accessibile se non tramite barca.

Il mare non è quello caraibico o delle Maldive. Nel senso che, a parte le basse maree che lasciano interdetti per i pantani che si creano, in realtà è sempre lattiginoso a causa della spiaggia finissima in sospensione, frequenti punti con alghe galleggianti che vengono sospinte a riva.

Tuttavia è da cartolina; di un verde che muta di tonalità a seconda delle ore fino a fondersi nell’azzurro del cielo con le vele triangolari delle imbarcazioni locali tutte munite di due bilanceri, uno per lato. L’altro villaggio a nord della Veratour gode di una spiaggia che non risente in modo così marcato delle basse maree.

Il mare è caldissimo. Nel periodo in cui siamo andati, il mio orologio da immersione indicava 30,6° al mattino. L’unico vero problema è la difficoltà, superata la barriera di tronchi che delimita, lato mare, il villaggio, di arrivare al mare senza essere molestati da decine dei cosiddetti beach-boys e beach-girls. Trattandosi di un problema rilevante, ne parliamo più diffusamente, qui di seguito.

I BEACH-BOYS

I beach-boys e le beach-girls altri non sono che venditori. Insistenti, forsennati, instancabili, appiccicosi venditori. Dalla mattina presto si piazzano davanti al villaggio in forze ed attendono che il malcapitato o i malcapitati superino il limite dei tronchi che delimitano il Zanzibar Village della Veratour. A controllo dei confini vi sono dei guardiani Masai (o come tali vestiti) incaricati del villaggio, muniti di bastone o canna che impediscono ogni invasione. Non appena un cliente decide di oltrepassare i sacri confini per andare a farsi il bagno o una passeggiata (e al ritorno) viene affiancati dai beach-boys che pubblicizzano la loro mercanzia o le prestazioni offerte, con una insistenza fuori di ogni ragionevolezza, fino a seguirti anche vestiti dentro il mare (realmente).

E’ un fenomeno solo dei villaggi italiani come ho appurato e come mi hanno detto sia i venditori che gli addetti al villaggio. Infatti poiché gli altri turisti europei semplicemente non comprano dai venditori ambulanti e neanche accettano il dialogo, nessun capannello sussiste davanti ai villaggi francesi, inglesi o tedeschi.

Va comunque chiarito che si tratta di venditori di generi diversi.

Innanzi tutto vi sono i venditori delle escursioni che si pongono in netta concorrenza con lo stesso Tour Operator. Vendono le stesse escursioni via terra, via mare, pranzi e cene incluse, con un ribasso medio del 30%, o più, rispetto il prezzo, praticato dal Villaggio, nel nostro caso dalla Veratour.

I venditori si distinguono subito perchè hanno le stesse magliette pubblicitarie e fanno parte di un’organizzazione ben radicata, che impedisce a chiunque altro, e non crediamo bonariamente, di vendere lo stesso prodotto sulla spiaggia. Hanno in sostanza il monopolio di tutte le escursioni, gestiscono, pullman, barche e locali.

Al villaggio, la prima cosa che comunicano al briefing, e vi sono anche cartelli all’uopo, è di non fidarsi e comunque che nessuna forma di assicurazione o di assistenza è prevista in caso di problemi.

Tuttavia chi si è servito di loro, in linea di massima appare soddisfatto: escursioni ben condotte, guide preparate, mezzi se non parificabili a quelli del tour-operator, almeno sufficienti.

Noi abbiamo deciso di pagare un po’ di più le escursioni, ma di affidarci alla struttura organizzativa del villaggio, sia per la copertura assicurativa, e la oggettiva garanzia di un interlocutore con sede in Italia, sia perché non vi era alcuna garanzia per il cibo. Infatti basta effettuare la visita turistica al mercato di Stone-Stown, per rendersi conto immediatamente del livello di igiene (inesistente), per esempio carne e pesce coperti da mosche su banchi in mezzo alla terra nuda. E’ inoltre un fatto oggettivo che qui la corrente elettrica si interrompa più volte al giorno, e così il funzionamento dei frigoriferi. Al villaggio utilizzano generatori autonomi che non sospendono mai la corrente ai frigeratori. Al di fuori tali impianti non esistono.

Gli altri venditori (molte donne masai (o presunte tali), statuarie nei loro costumi tradizionali) o gli altri bantu, invece si occupano di portare il cliente alle loro botteghe sulla spiaggia.

I prodotti più venduti sono costituiti da collane, bracciali e orecchini (ca. 2-4 dollari l’uno), i pareo con colori e stampe caratteristiche (ca. 7 dollari l’uno, con fermaglio 9), statuette (da 1 a 4 dollari l’una), cd con musiche locali (3-5 dollari).

Dei vari balsami contro gli insetti, le scottature…il malocchio etc. diffiderei.

Il prezzo va trattato. All’inizio vi chiedono il doppio o il triplo.

Un’altra categoria è data dai venditori di tavolette d’ebano con inciso a mano il nome od altro (10-20 dollari). Noi abbiamo chiesto ad un anziano venditore, chiamato Ali Mohd Ali (anche lui staziona avanti la spiaggia), di farcene avere una grande da usare come copertina di un album di fotografie.

Il giorno dopo ci ha portato uno splendido lavoro intagliato a mano con il nome della località e scene di animali e piante (20 dollari). Da consigliare l’anziano Sig. Ali Mohd per precisione e correttezza. E’ facilmente identificabile sulla spiaggia perché è l’unico anziano (qui in Tanzania si muore a 60 anni perché mancano medicine, assistenza mutualistica e cure adeguate).

Comunque il fenomeno dei cosiddetti beach-boys disturba abbastanza ed ogni mattina bisogna fare lo slalom per arrivare al mare. D’altra parte la responsabilità non può che ricadere sui turisti italiani che vi danno causa.

LE ESCURSIONI

Il secondo giorno abbiamo effettuato sia l’escursione a Stone-Town (la capitale) che lo Spice-Tour (le piantagioni di spezie famose nell’isola). Entrambe immancabili. Commovente a Stone-town la chiesa costruita sul luogo dove venivano imprigionati e bastonati gli schiavi per saggiarne la resistenza, prima di avviarli alle destinazioni finali. Chi non superava la prova veniva decapitato sul posto, così come venivano decapitati i bambini per non intralciare le madri schiave. Fautore ed artefice della cessazione della schiavitù (e dei massacri) sull’isola, con l’aiuto determinante della Chiesa Anglicana fu Livingstone (quello delle sorgenti del Nilo) ed a lui è dedicata una statua sull’isola.

Un’altra commovente serie di statue è quella che raffigura gli schiavi incatenati posti in una fossa accanto alla chiesa.

Davvero unico ed interessante è stato il giro nelle piantagioni di spezie e nei boschi per verificare come è realmente il caffè, i semi di cacao, la cannella, le piante di curry, vaniglia, pepe, aloe con assaggio alla fonte, per finire con abbuffata di mango, papaya ed ananas.

E’ singolare constatare come il sapore delle bacche di caffe o di cacao è ben differente dal sapore che ci saremmo aspettati.

Successivamente mezza giornata alla riserva di Jazany Forest per vedere in libertà le scimmiette endemiche Red Columbus, in mezzo alle mangrovie.

Di domenica dovevamo tutti partire in barca per Nakupenda, piccola isola di fronte alla capitale con tartarughe giganti dalle Seychelles con snorkeling e pranzo. Tuttavia dopo l’imbarco, senza muoverci. siamo dovuti scendere per un fortunale in arrivo (c’era stato un uragano a Mauritius), con gita annullata.

Una imbarcazione molto più piccola della nostra, con gita organizzata dai beach-boys ha preso egualmente (e pericolosamente) il mare.

Va dato atto alla Veratour (ed in particolare a Francesca persona preparata e di estrema capacità, soprattutto di fronte alle sgradevoli intemperanze in quel frangente di alcuni partecipanti ) dell’estrema correttezza nell’aver immediatamente rimborsato tutti.

La gita è stata ripetuta poi il martedi, ed è stata splendida. Prima su grosse barche caratteristiche del luogo. Siamo andati a Prison Island (questa volta con una giornata bellissima), a visitare le gigantesche tartarughe provenienti dalle Seychelles e le rovine della prigione (in realtà un centro di smistamento schiavi da parte degli arabi che ignoravano il divieto inglese della schiavitù). Poi siamo andati per il resto della giornata in un’altra isoletta disabitata formata da una lingua di sabbia in mezzo ad un mare cristallino. Snorkeling tra stelle marine una più bella dell’altra e pranzo con cibi locali e pesce alla brace. Probabilmente l’escursione più bella.

Da segnalare anche il Tour del nord a Ras Nungwi, con visita alle fabbriche di barche da pesca ed al villaggio dei pescatori. Interessante vedere la costruzione dei Dhow (le caratteristiche imbarcazioni locali) senza uno strumento elettrico che non possiedono. I fori vengono effettuati, uno ad uno a mano, il legno scaldato su falò per piegarlo e le tavole segate anch’esse a mano.

Nel pomeriggio è bellissimo vedere il mare che si copre delle molte decine di vele triangolari delle barche che partono per la pesca per trascorrere tutta la notte fuori.

Si torna al villaggio dopo aver atteso il tramonto sulla spiaggia.

LO STAFF DELLO ZANZIBAR VILLAGE

Ci siamo trovati nel complesso molto bene. Ho ritrovato fortunosamente nel villaggio “Beppe” il bravissimo cantante e musicista del villaggio che avevo già incontrato un anno prima in Tailandia e che mi ha riconosciuto subito.

Il plauso maggiore va tuttavia alla Sig.ra Francesca, vero manager della struttura unitamente, ovviamente al capovillaggio, la quale non solo ha risolto brillantemente e con nostra grande soddisfazione, alcune nostre problematiche personali, ma ha gestito le esigenze dei clienti, (inclusi quelli scontenti per professione), sempre con grande umanità, cortesia e professionalità.

LA POPOLAZIONE DI ZANZIBAR

Sarebbe incompleto questo quadro della vacanza, se non si accennasse alla situazione di Zanzibar e dei suoi abitanti. Dire che sono poveri sarebbe riduttivo.

In realtà vivono in una situazione, per molti, disperata. Il lavoro, salvo che nella capitale, non c’è. La maggioranza vive con un dollaro al giorno. In caso di malattia, non esiste alcuna forma di assistenza soprattutto per i bambini. Non ci sono i soldi per pagare il medico, ma soprattutto non ci sono i soldi per pagare le medicine. La mortalità alla nascita qui è un bambino su dieci. In Tanzania 122 bambini su 1000 non arrivano a cinque anni. La situazione sull’altra isola di Pemba è ancora peggiore. Nel viaggio, non abbiamo incontrato anziani. Ciascuna guida ci ha detto di aver perso i genitori prima che questi raggiungessero i 50 o 60 anni. Tutte le morti sono imputabili a malattie per noi curabilissime, come diabete, malattie cardiovascolari o tumori non rilevati tempestivamente.

Per le bambine la scolarizzazione è spesso un miraggio a causa delle gravidanze e matrimoni in età precoce (anche 12 anni).

Ogni turista (e anche noi) usa portare penne, matite, quaderni, indumenti per bambini e simili. Non è opportuno consegnare danaro, perché è estremamente diffuso tra i giovani l’uso di stupefacenti.

Vi sono varie organizzazioni di aiuto alla popolazioni (ad una di queste aderisce, come si rileva dai volantini in loco, anche la Veratour.

Indubbiamente il viaggio può divenire un’occasione per scoprire situazioni inimmaginabili, contribuendo in modo concreto.

IL VOLO DI RITORNO

Corruzione diffusissima. All’arrivo in aeroporto ci chiedono la mancia per portare le valigie. Dopo che hai dato il dollaro, scopri che i volenterosi trasportatori, ti hanno gabbato, perché non possono entrare in aeroporto e quindi il lavoro consiste nello spostare la valigia da un marciapiede all’altro, dove devi riprenderla. Tuttavia la cosa più grave è la corruzione degli addetti all’aeroporto. Al momento di pagare la tassa di uscita l’addetta allo sportello (forse una poliziotta) doveva restituire di resto, 6 dollari. Invece facendo finta di non capire rifiuta la consegna del danaro. Alle mie rimostranze, con aria stizzita mi riconsegna un solo dollaro, intascando gli altri 5.

Il ritorno sempre con Livingstone il 9 gennaio 2013 alle 9,55. Ritardo accettabile. Purtroppo sempre le stesse carenze spicciole di manutenzione sull’aereo, per altri versi moderno, laddove anche su altri sedili gli spinotti delle cuffie per vedere i film non entravano o facevano falso contatto.

Una nota finale positiva con un doveroso accenno alla cortesia del Capovillaggio, il quale doveva tornare a Milano e viaggiava con noi in aereo (purtroppo non ricordo il suo nome, e mi vorrà scusare di questo…ma sono molto distratto).

L’aereo faceva scalo a Roma, con tutti i passeggeri semiaddormentati dopo 8 ore di volo, per far scendere parte delle persone per riprendere il volo per Milano.

Ebbene il Capovillaggio, interrompendo il sonno, si è messo vicino l’uscita dell’aereo per stringere la mano e salutare, uno ad uno, tutti coloro che avevano trascorso la vacanza al villaggio Veratour. Un piccolo gesto ed una gentilezza da ricordare.



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche