Tramonto sul Mekong di Cambogia, Vietnam e Laos

Tramonto sul Mekong: questo è un viaggio che io e la mia amica Elisa abbiamo fatto un paio di anni fa, il resoconto è fedele al diario tenuto all'epoca, i prezzi saranno sicuramente aumentati, andateci con una buona dose di pazienza ma ne vale la pena (e non dimenticate di assaggiare il phò). 14-15 ottobre: volo KLM BO-Amsterdam (che...
Scritto da: rabbiross74
tramonto sul mekong di cambogia, vietnam e laos
Partenza il: 14/10/2006
Ritorno il: 06/11/2006
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
Tramonto sul Mekong: questo è un viaggio che io e la mia amica Elisa abbiamo fatto un paio di anni fa, il resoconto è fedele al diario tenuto all’epoca, i prezzi saranno sicuramente aumentati, andateci con una buona dose di pazienza ma ne vale la pena (e non dimenticate di assaggiare il phò).

14-15 ottobre: volo KLM BO-Amsterdam (che bell’aeroporto!)-Bangkok, poi Bangkok-Siem Raep con l’ottima Bangkok Airways. Poco prima di arrivare a destinazione sotto di noi si apre una distesa immensa completamente inondata (il bacino del Tonle sap)…Aiuto, ma non era finito il periodo delle piogge? Fuori ci son 30° ed è umidissimo, un Taxi ci porta all’hotel Jasmine che avevamo prenotato, essenziale e pulito, il personale è molto disponibile e ci facciamo organizzare il Tuc Tuc per i 2gg di Angkor.

Dopo una breve doccia facciamo un giro nella cittadina, le strade sono fangose, ci sono molti Hotel di lusso in costruzione, le vie centrali sono comunque piacevoli anche se piuttosto turistiche, un’ottima cena khmer ci costa circa 6USD in tutto 16 ottobre: Sveglia all’alba, decidiamo insieme al Pivo (il nostro autista) di fare il giro tenendo per ultimo l’Angkor wat, visitiamo quindi il Prasat Kravan, Sra Srang, Banteay Kdai, tutti diversi l’uno dall’altro. Il più noto Ta Prohm, dove sono state girate anche alcune scene di Tomb Raiders, è completamente in balia della natura del luogo che si è impossessata delle sue mura dalle quali si stagliano enormi alberi e scendono tortuose radici.

Poi ancora il Ta Keo con le ripide scalinate, l’Angkor Thom simile a una città fortificata elo splendido Bayon con una serie infinita di volti scolpiti che sembrano seguirti nella visita.

Dopo una breve sosta continuiamo il giro, non vogliamo saltarne neanche uno! Mentre fotografo la fitta vegetazione metto accidentalmente il piede su un formicaio, in pochi secondi mi trovo formiche rosse fino ai capelli e pizzicano pure! Ed ecco, last but not least, l’Angkor Wat, immenso e ottimamente conservato, ma anche pieno di gente malgrado sia già tardi.

17 ottobre: alle 5 ci aspetta Pivo, le strade sono buie ma c’è già un gran fermento, l’Angkor Wat ha un’aria minacciosa, ci mettiamo comode ad aspettare l’alba cercando di non farci rovinare questo suggestivo spettacolo dalle orde di giapponesi che ci camminano sui piedi, ne vale comunque la pena! Ripartiamo nella visita con il Pre Rup e la sua vista sulle risaie che poi attraversiamo per arrivare al Banteay Sray, un tempio rossiccio con fini bassorilievi, molto diverso da quelli visti fino ad ora.

Concludiamo con il Preah Khan che come dice la guida è un lungo dedalo di corridoi e passaggi a volte interrotti da alberi e radici.

Ci sorprende un vero diluvio, in pochi minuti le strade sono allagate, ci facciamo riportare in città e ci infiliamo in un ristorantino vicino al mercato , un po’ rustico ma non male. Ci buttiamo sulle sciarpine khmer che sono un ottimo souvenir, prenotiamo il bus per Phnom Penh e torniamo all’Hotel.

18 ottobre: alle 6 un pulmino scalcinato fa il giro degli hotels per recuperare i turisti e portarli alla stazione dei bus, per fortuna visto che piove anche oggi, abbiamo i posti davanti, in prima fila per vedere in TV un assurdo karaoke cambogiano.

Il panorama mi rapisce, risaie, bufali che tirano aratri, palafitte rigorosamente di legno; nell’area di servizio ci accorgiamo di cosa vendono in realtà le donne che sono ai bordi delle strade: uccellini laccate, rane fritte, scarafoni affumicati e enormi ragni neri e pelosi che sembrano caramellati, tutti perfettamente disposti in alte piramidi su vassoi che portano in testa. Due inglese si pappano con gusto un ragno sostenendo che assomiglia al pollo ma noi non abbiamo fame.

Arrivati a PP ci facciamo largo fra gli autisti di Tuc Tuc che si litigano i clienti, la Sunday Guest House ci ha mandato qualcuno. La camera è un po’ un buco umido, la cosa buffa è che la luce del bagno è nel corridoio esterno perciò chi sbaglia interruttore ci lascia al buio nel mezzo delle nostre abluzioni. La ragazza dell’hotel è piuttosto sveglia, ci propone The Killing fields in dvd per la sera stessa (povera Elisa, è il suo 33esimo compleanno e come film non è dei più allegri), il tour alla Tuol Sleng e la barca per il Vietnam. Ci dirigiamo a piedi verso il palazzo reale, la città al primo impatto non è niente di che; visitiamo la Pagoda d’Argento chiamata così per le sue mattonelle e facciamo una passeggiata sul lungo fiume dove nuovamente incontriamo le bancarelle con gli snacks cambogiani: ragni, cavallette, insetti vari disposti in colorate ciotoline, sembrano andare a ruba! Beviamo una bibita al Foreing Correspondent Centre la cui atmosfera ci riporta all’epoca coloniale, poi contrattiamo il ritorno in Hotel per 1USD.

Ci guardiamo “The killing fields” (in italiano “Le urla del silenzio”) davanti a un piatto di noodles che faticano però a scendere, il film l’avevo già visto ma qui fa un altro effetto.

19 ottobre: dopo una notte di temporale ci recupera un Tuc Tuc, prima tappa la S-21, la Tuol Sleng, la scuola prigione dove i khmer rossi torturavano i loro prigionieri, ora diventata museo, prendiamo la guida e poi rimaniamo in silenzio davanti alle migliaia di foto.

La strada per Chuong Ek, ovvero i Killing fields, è in pessimo stato, complice il fango; c’è uno stupa pieno di teschi e si cammina fra le buche delle fosse comuni; in realtà la pioggia riporta continuamente alla luce nuove fosse e anche noi ci rendiamo conto che sotto i nostri piedi affiorano brandelli di vestiti, non c’è bisogno di alcun museo qui, l’aria trasuda il crimine che è stato commesso.

Rientriamo in città con un peso sullo stomaco, facciamo un giro al mercato e ceniamo vicino al fiume prima di rientrare in albergo e fare lo zaino.

20 ottobre: arriva il solito pulmino che fa il giro dei turisti, la pseudo guida parla un inglese pessimo, capiamo che in un paio di ore saremo al Mekong dove ci aspetta una microimbarcazione che ci porterà in Vietnam via fiume; ci accomodiamo sul tetto e ammiriamo il Mekong in piena che raggiunge le cime degli alberi.

Alla frontiera cambiamo barca, sempre più piccola, e anche guida che ci spiega finalmente qualcosa di utile.

Chau Doc è orrenda e non c’è molto da fare.

21 ottobre: alle 7 ci portano in barca a vedere le fish farm, praticamente case galleggianti su reti piene di pesci che in pochi mesi crescono fino ad alcuni kg di peso! Visitiamo anche un villaggio di etnia cham, di religione islamica e la relativa moschea, poi partiamo per Can Tho (anche qui non c’è molto) e finalmente ci mettiamo in viaggio per Ho Chi Min City, la vecchia Saigon.

Appena arrivate in una delle tante agenzie prenotiamo la gita ai Tunnels e ci dirigiamo da Miss Loi, la pensione che mi ha consigliato anche un amico che ci è stato pochi mesi prima.

La casa è tutta in verticale con un cortile al centro, è pulitissima, la colazione ottima e i proprietari gentilissimi.

Chiamiamo Huong, la vietnamita che Elisa ha conosciuto negli USA, che ci viene a prendere per cena: ci porta al “Wrap & Roll”, un posto moderno dove si arrotola tutto, rigorosamente con le bacchette, inutile dire che ci divertiamo un sacco! Tornando a piedi ci mostra un po’ di momumenti.

22 ottobre: la gita ai Cu Chi tunnel prevede la solita sosta al negozio di souvenir, la guida è piuttosto pesante e come al solito cambiamo autobus almeno 3 volte (ma è una mania!). La visita è comunque interessantissima e i pochi metri che percorro nel tunnel mi tolgono il fiato, ma come facevano???? Pare che il segreto sia proprio la “comoda posizione di riposo”, come la chiama l’Elisa, cioè questo stare a chinino in ogni momento, cosa che per noi è un supplizio ma per i vietnamiti è assolutamente naturale.

Al ritorno facciamo un giro al mercato dove compriamo ovviamente una finta borsa della quick silver, poi decidiamo di prenotare il treno notturno, un volo Hue-Hanoi e la gita Hanoi-Sapa per risparmiare tempo (a posteriori le gite è meglio prenotarle sul posto, anche se poi l’offerta è molto simile e non aspettatevi una buona organizzazione).

Questa volta Huong arriva in scooter con un’amica, così ci buttiamo terrorizzate nella marea di motorini che percorrono come un’onda lenta le strade della città; ci portano in un ristorante tipico e ordinano di tutto spiegandoci ogni piatto e la regione da cui proviene, usciamo rotolando e abbiamo speso solo 10USD in 4! Al ritorno ci portano a vedere la città e il lungo fiume by night.

23 ottobre: cerchiamo di andare in taxi al museo della guerra ma gli autisti che parlano inglese o francese sono rarissimo così dopo averci fatto girare a caso per spillarci dei soldi decidiamo di andare a piedi sotto il sole cocente. Il museo è una raccolta di foto della guerra con gli USA, quelle che mostrano gli effetti del Napalm, del Fosforo e dell’agente Orange sono terribili. Ci rendiamo conto che le celle e i metodi di tortura sono identici a quelli appena visti in Cambogia, ci ricordiamo del viaggio in Argentina e pensiamo se a Guantanamo sia così: la crudeltà umana non è né di dx né di sx. Continuiamo comunque a non capire perché gli americani si siano accaniti a voler “liberare” il Vietnam.

Recuperiamo lo zaino da Miss Loi che ci ha organizzato il trasporto alla stazione, dove non ci sono scritte né in inglese né in francese, aiuto! Il treno è una via di mezzo fra quello indiano e quello cinese, siamo in uno scomparto da sole, non è pulitissimo ma si è visto di peggio, ci portano pure la cena e uno speaker spiega la storia dell’Espresso della Riunificazione.

Il paesaggio è il solito: risaie, cappellini conici, bufaloni d’acqua, peccato non costeggiare il mare.

24 ottobre: arriviamo mentre albeggia, prendiamo un minibus per Hoi An, la strada costiera costeggia la spiaggi e si vedono ancora chiaramente i danni provocati dal tifone che è passato appena un mese fa. Scegliamo un hotel sulla strada, 8USD doppia con bagno e colazione, prenotiamo il tour per My Son l’indomani e il bus per Hué poi andiamo a visitare il paese.

Prima tappa il bel ponte coperto giapponese, poi la casa in legno dove ancora vive la settima generazione dei commercianti cinesi che abitavano la città. Il centro è pieno di negozi di souvenirs ma comunque resta un’atmosfera gradevole. Visitiamo la casa del Fujan trasformata in tempio e riconosco lo stile cinese. Dopo un piccolo museo ci fermiamo per assaporare il Cao Lau che anche Huong ci aveva consigliato, piatto tipico della zona: sorta di tagliatelle in zuppa, crostini di porco, verdure e gallette di riso, ottimo! Dopo un po’ di shopping in giro arriva l’ora di cena e ci facciamo un ottimo pesce grigliato in foglie di banano con battuto d’aglio, cipolla e lemongrass con tanto di calamari in agrodolce, tutto in un ristorantino sul fiume.

25 ottobre: ci svegliamo sotto il diluvio, lasciamo gli zaini in agenzia e saliamo sul bus per My Son, anche questa guida parla un pessimo inglese e si capisce veramente poco. Il sito archeologico che dovrebbe competere con Angkor si trova fra le Cat Tooth Mountains, posto bello ma peccato per il tempo atmosferico inclemente.

Ci sono decine di gruppi formati da templi di diverse epoche e dinastie (Cham, dal IV al XIII), purtroppo molti sono in rovina e non bisogna dimenticare che sono stati anche bombardati dagli americani, comunque merita la visita.

Torniamo a Hoi An per l’ultimo Cao Lau e saliamo in bus, 4h per 130km però la strada costiera è bella e le sequele del tifone ci fanno pensare ad “Apocalypse Now” e all’”odore del Napalm”…

A Hué ci scaricano davanti ad un Hotel fuori mano, così zaino in spalla e raggiungiamo in centro, non senza difficoltà visto che chiedere le informazioni una mission impossible, e troviamo una camera (senza finestre) per 6USD.

Ceniamo con un ottimo phò (la zuppa tipica che è ogni volta diversa e per la quale io vado matta) al Mandarin café alle cui pareti ci sono le bellissime foto del proprietario che scopro aver fatto una mostra anche a Bologna vicino a casa mia.

26 ottobre: piove, in questa zona è la norma, per fortuna abbiamo un volo per Hanoi domani; facciamo colazione e andiamo a vedere la Cittadella, una sorta di mini città imperiale come la cittaà proibita cinese, purtroppo è rovinata dai secoli, dalle intemperie e dal bombardamento dell’offensiva del Tet.

Attraversiamo la città, inseguite da carrettini che insistono per farci fare un giro ma noi resistiamo, non c’è molto altro da vedere, qualche sampan di là dal fiume e qualche negozio. Piove nuovamente e ci infiliamo a mangiare in una vera bettola con ritratto alla parete dello Zio Ho, il cibo è comunque molto buono, soprattutto gli involtini di gamberetti che ci arrotoliamo noi.

Ceniamo al Co Do, a prima vista non ispira ma ma i gamberetti con chili e lemongrass e l’Hot Pot misto di pesce sono una vera delizia! 27 ottobre: l’aereo della Vietnam airlines è nuovo e il servizio buono, in 1h siamo ad Ha noi; lasciamo gli zaini all’agenzia con la quale abbiamo prenotato il nord e facciamo un giro.

Ci accorgiamo subito che tutto ha lo stesso nome, peggio che a Saigon, basta che un bar o un’agenzia sia citata in una guida che subito crescono come funghi gli omonimi (Sinh café primo fra tutti, ma quale sarà l’originale?). La zona turistica è tutta uguale, tutti offrono pacchetti e souvenirs, a posteriori credo che un posto valga l’altro che sia tutto in subappalto quindi per decidere bisogna affidarsi al più simpatico e incrociare le dita! Il quartiere vecchio è simile a un suq, ovvero in ogni strada si vende un particolare prodotto e c’è un gran caos e si rischia ogni passo di essere investiti da uno scooter o da una bici carica come fosse un TIR.

Visitiamo il tempio della letteratura, la prima università del Vietnam e poi dopo un altro giro torniamo in agenzia per il treno notturno per Sapa, l’organizzazione è pessima e il treno peggio dell’altro, presto ci accorgiamo che tutti i turisti sono messi come noi e ce ne facciamo una ragione.

28 ottobre: a Lao Cai nessuno ci avvisa, per fortuna il mio sonno è molto leggero, all’uscita ci sono migliaia di tipi con cartelli che aspettano i turisti, riusciamo a individuare uno che urla “Elisa” e saliamo su un minivan, c’è nebbia e fa freschino.

Arriviamo a Sapa dopo circa 1h, il panorama è fenomenale e dietro le nuvole si scorge in Fanxipan alto circa 3000mt.

Anche qui sia l’inglese che l’organizzazione sono piuttosto scarsi, dopo un po’ ci recupera una ragazzotta in costume locale che ci porta a fare una passeggiata, il paesaggio ci ripaga di tutto: bricchi, risaie terrazzate, fiumi, fango in cui finisco fino al ginocchio, case di legno e signore dai costumi tradizionali con gerle sulla schiena.

Il pranzo non è per nulla tradizionale (pane e uovo sodo), qualcuno si lamenta ma la guida finge di non capire.

Il nostro Hotel però è veramente carino e anche il ristorante, mangiamo un Hot Pot di carne e la ragazza ci spiega i trucchi della cottura, la corrente va e viene quindi siamo a letto presto.

29 ottobre: sotto il piumino abbiamo dormito benissimo, ci viene a prendere un minivan ma calcolano male il numero delle persone, arriviamo a Lao Cai, lasciamo gli zaini e ripartiamo per il mercato di Bac Ha con un altro bus e la solita guida antipatica.

Dopo altre 2h e aver lasciato la marmitta per strada arriviamo a destinazione, la cittadina è minuscola ma brulica di vita per il famoso mercato settimanale. Inutile dire che la parte più interessante non è quella per i turisti ma quella solo per i locali, soprattutto donne, che comprano tabacco, canne di bambù, bastoncini di incenso, animali di ogni tipo (questa zona non è per i deboli di cuore).

Dopo pranzo visitiamo un villaggio vicino, le case sono di paglia e fango, non c’è l’elettricità.

Il ritorno è il solito strazio, ci lasciano in stazione ore prima ma stavolta nello scomparto siamo da sole.

30 ottobre: il treno arriva in anticipo alle 4 di notte, un taxi ci porta in centro e aspettiamo che apra un albergo, le strade sono comunque piene di gente in frenetica attività, non ce n’è uno che passi senza fermarsi a fissarci, mah.

Prendiamo una stanza all’ Hanoi Spirit dove almeno c’è la colazione e 1h di internet inclusi, una doccia e poi in giro a confermare il volo e a scegliere l’agenzia per la baia di Ha long.

Arriviamo a piedi al mausoleo di Ho chi min che però è in Russia per restauro, accanto c’è la famosa pagoda su un’unica colonna, che però è enorme quindi non capiamo tutta questa genialata.

Decidiamo per gita di 2gg/1notte per 26USD, i prezzi sono simili ma la ragazza dell’agenzia di fronte all’albergo ci sta simpatica.

Anche qui la cena è ottima (in Vietnam abbiamo sempre mangiato benissimo, sia nei posti consigliati dalla guida sia in quelli scelti casualmente).

31 ottobre: lasciamo gli zaini grossi in agenzia e iniziamo con la trafila del “sali su un bus e poi cambialo dopo 5 minuti”, dopo 3 autobus e 4h arriviamo al mare, la guida confonde i turisti che stan via 2gg con quelli che stan via uno così riusciamo pure a dover cambiare barca altre due volte! Finalmente partiamo dopo un parco pasto, la baia è splendida ma presto ci accorgiamo che le barche utilizzate lasciano spesse scie di nafta! Visitiamo una grotta, addobbata tipo albero di natale, sembra di essere inCina, poi attraversiamo un curioso villaggio galleggiante e ci godiamo il panorama dal ponte superiore.

Attracchiamo a Cat Ba, ennesimo bus (col portellone che si pare e ci volano giù i bagagli) col quale attraversiamo l’isola per arrivare in un’altra baia dove ci aspetta la barca in cui dormiremo. (Han sbagliato i conti anche qui, siamo troppi rispetto alle cabine, un delirio).

Comunque la cabina è pulita e confortevole, la cena decente e soprattutto la luna che illumina la baia finalmente silenziosa vale tutto questo trambusto.

1novembre: ci alziamo all’alba per goderci ancora un po’ il panorama e la tranquillità, poi di nuovo ricominciamo a cambiare mezzo di trasporto tipo matrioska, prima sempre più piccolo, ora sempre più grande. Scopriamo con soddisfazione che lo stesso pacchetto è stato pagato anche il doppio da una coppia di francesi, almeno non ci siamo fatte fregare…Troppo…

Rientrate in città prendiamo una stanza per 8USD con AC vicino all’uffico della Vietnam Airlines per poter prendere il loro bus la mattina dopo. Facciamo un giro nel bel quartiere francese, l’ultimo shopping e ovviamente l’ultimo phò.

2 novembre: sveglia alle 4, il bus è puntuale, l’aeroporto è deserto e ancora in costruzione! Paghiamo 14USD per lasciare il Vietnam; anche questo volo è breve e il servizio a bordo buono.

Il visto in arrivo in Laos costa 35USD, la procedura è breve.

Un taxi ci porta in centro e giriamo a piedi per trovare una guesthouse.

Sembra di essere sbarcati in un’altra dimensione: poco traffico, poco rumore, gente sorridente e non aggressiva come i vietnamiti, rispettano pure i segnali stradali e la lingua non è tonale quindi non perfora le orecchie.

Lasciati gli zaini facciamo colazione alla curiosa Scandinavian Bakery e ritroviamo il Mekong, qui è più placido anche lui.

Noleggiamo una bici per fare il giro dei templi, è incredibile la quiete di Vientiane! In Laos ritroviamo alcune usanze khmer come gli insetti fritti, qui i grilli sono una vera prelibatezza, indossiamo un sarong per visitare il bel tempio con lo stupa d’oro poi torniamo indietro verso il Wat Sisak, il più antico: nella sala di preghiera è dipinta la vita del buddha e nel chiostro ci sono migliaia di statue tutte diverse.

Un po’ fuori mano c’è il Muan Lang (o qualcosa di simile), non è particolarmente bello ma è in corso una sorta di festa della parrocchia e l’atmosfera è magica.

Un veloce giro al mercato e poi riportiamo le bici.

Ci sediamo al tramonto in riva al Mekong dove siamo assalite dalle zanzare, ceniamo al Riverside dove io prendo il piatto tipico: sorta di insalata di carne macinata o pesce, menta, aglio peperoncino e riso glutinoso, ottimo! 3 novembre: colazione in autostazione e poi via in bus per Luangprabang, l’antica capitale imperiale del Laos. Il paesaggio è spettacolare, verdissimo, montuoso, ogni tanto attraversiamo qualche villaggio in legno, vediamo anche alcuni uomini col fucile, anni fa questa strada era pericolosa perché sotto il controllo dei ribelli…Speriamo.

Oltre ad aver diritto ad acqua e a uno snack, a pranzo ci fermiamo in una specie di autogrill dove ci danno un po’ di riso con verdure che aiuta a tappare lo stomaco in questa strada tutta a curve.

Arrivati in città preferiamo una guesthouse un po’ fuori ma più economica.

Il Mekong qui è più piccolo e selvaggio, ceniamo sulla sua riva osservando il tramonto poi un giro al mercatino serale, vera manna per i turisti.

4 novembre: sveglia alle 5 per andare a vedere la questa dei monaci che si ripete all’alba tutti i giorni ritmata dai gong dei 46 templi buddhisti della città. Purtroppo i turisti che vogliono partecipare a questa millenaria tradizione rovinano la spiritualità del gesto dell’elemosina che comunque i monaci ricevono sempre con grande dignità.

Facciamo colazione alla succursale della Scandinavian Bakery e visitiamo tutta la città che alterna vivaci Wat a antiche case coloniali, il silenzio è magico.

Saliamo al tempio sulla collina che domina la valle e la vista è fenomenale, scendiamo dall’altro lato e compriamo della seta per farci delle gonne.

Il palazzo reale è bello e piuttosto sobrio, visitiamo i templi restanti e poi ci immergiamo fra le bancarelle del mercato turistico.

5 novembre: oggi abbiamo preso una gita in barca sul fiume, le grotte non sno nulla di particolare, più interessanti sono i villaggi che visitiamo, in uno fanno il liquore di riso, nell’altro lavorano la carta.

Per l’ultima cena decido di provare i muschi fritti del Mekong, assomigliano alle patatine e mi mangio l’intero piatto seguito da insalata di pesce e riso glutinoso.

6 novembre: è il mio compleanno e festeggiamo con una ricca colazione e l’ultimo giro del paese, l’Europa sembra così lontana. In aeroporto mi fanno mettere in valigia le bottiglie di vino di riso…Per fortuna perché è il primo giorno delle nuove normative e arrivate a Bangkok vediamo interi bidoni pieni di creme, cremine e bottiglie che non hanno passato i controlli.

Però in Laos, non sono mica fuori dal mondo come credevo io!



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