Fino a 60 euro per 1 grammo, ma di questa incredibile spezia ne basta davvero pochissima
Chiamato anche oro rosso, lo zafferano è la spezia più preziosa al mondo grazie alle sue incredibili proprietà, ma anche al suo gusto impareggiabile: questa è una coltivazione antichissima, infatti troviamo lo zafferano nell’affresco minoico che proviene dal Palazzo di Cnosso, una scena che rappresenta il raccoglitore intento nel suo lavoro.
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Oro rosso
Il crocus sativus viene piantato nel periodo caldo, tra fine agosto e inizio settembre: il bulbo dello zafferano è in dormienza e in autunno c’è la magnifica fioritura, che ci regala una seconda primavera. Nel mese di ottobre i fiori si schiudono: dalle aree montane alle zone più basse, è un susseguirsi di fioritura che va monitorata per attivare una raccolta immediata.
La responsabilità del produttore per mantenere alta la qualità della spezia, sta nel preservare lo stimma: la raccolta va fatta al mattino presto, perché il fiore si schiude con i primi raggi del sole e bisogna arrivare prima! Le api sono molto attratte dal colore vivace dei petali, ma bisogna preservare il prodotto ed effettuare la raccolta prima che i fiori si schiudano completamente.
L’antica lavorazione degli stimmi
La raccolta dello zafferano ha il sapore di gesti antichi, un rituale rimasto intatto perché gli stimmi hanno bisogno della delicatezza propria di gesti sapienti. Una volta colti i fiori, si adagiano ancora in cesti di vimini nel rispetto della tradizione; una volta portati nel laboratorio si procede alla trasformazione: le mani lavorano attentamente per ricavare gli stimmi dai pistilli che comprendono tutta la parte femminile del fiore. Artigianalità e sapienza, un lavoro meticoloso che veniva svolto anche da persone anziane che, con la loro pazienza, estraevano questo tesoro prezioso dai fiori.
Un tempo si essiccava grazie al calore del camino e la scelta della legna era di grande importanza: legna nobile, non resinosa affinché non rilasciasse profumi che interferiscono con lo zafferano. La temperatura deve essere tra i quaranta e i sessantacinque gradi, anche la giusta distanza dalla fonte di calore è fondamentale: particolare attenzione va riposta anche per il contenitore dove sono adagiati gli stimmi, in modo che il riscaldamento sia uniforme.
Lo zafferano appena lavorato sa di fiore, non di zafferano: dopo l’essiccazione con il camino, ai procedeva ad avvolgere gli stimmi in una coperta, lasciandoli riposare per almeno un mesetto; dopo questo lungo periodo, quando si apriva la coperta si veniva investiti da un’esplosione di profumi.
La spezia più pregiata
Cosa c’è nello zafferano che lo rende così prezioso?
Se guardiamo la composizione dello zafferano troviamo un gran quantitativo di zuccheri (glucosio, fruttosio, stachiosio), una quota di minerali, vitamina C e acido folico: l’acqua, un 10%, viene abbattuta con l’essiccamento. Lo zafferano è noto per le sue grandi proprietà antinfiammatorie e antiossidanti dovute alle sue componenti principali: crocetina, crocina e picrocrocina, i carotenoidi responsabili del colore e il safranale (un aldeide monoterpenica) è responsabile del caratteristico aroma.
Lo zafferano è un nutraceutico perché le sostanze antocianine, i polifenoli e i carotenoidi fanno sì che questo complesso risulti dotato di tantissime proprietà biologiche, proprietà antiossidanti ed antidepressive. Tutti questi risultati sono stati valutati sull’estratto di zafferano, ma ciò non ci vieta di dire che lo zafferano in cucina fornisce una serie di preziose e importanti proprietà.
Lo zafferano in Italia
Lo zafferano ha una shelf life di cinque anni, ma è un prodotto che degrada facilmente: è fondamentale proteggerlo da fonti di calore, luce e umidità. È la spezia più contraffatta al mondo, basti pensare che per 1 kg servono fino a 500 ore di manodopera, ma è importante sottolineare che la sua produzione è a basso impatto ambientale. Le celebri DOP – Zafferano dell’Aquila, Zafferano di Sardegna, Zafferano di San Gimignano – racchiudono storia e tradizione secolare: da sempre sinonimo di ricchezza, i romani lo sfoggiavano ai banchetti come simbolo di potenza della famiglia. La coltura dello zafferano si perde in Europa occidentale con la caduta dell’impero Romano e viene successivamente recuperato dalla Spagna grazie agli arabi: nel rinascimento si diffonde in tutta Italia a seconda delle zone pedoclimatiche, risultando uno dei prodotti più preziosi per il commercio.
Dall’alta cucina a quella tradizionale
La ricetta simbolo è sicuramente il risotto allo zafferano: la storia narra che nel XIV lo zafferano veniva utilizzato dai vetratisti del Duomo di Milano per dare la giusta colorazione gialla ai vetri della chiesa. Durante il matrimonio della figlia di Valerio di Fiandra, vetraio belga impegnato nei lavori del Duomo, lo zafferano venne servito in aggiunta al risotto del pranzo, frutto evidente dell’atto goliardico escogitato dagli altri vetrai in combutta con il cuoco. Sta di fatto che questo risotto conquistò occhio e palato, con il suo incredibile color oro: il successo fu talmente grande che la ricetta circolò per tutta la città arrivando fino ad oggi come uno dei simboli indiscussi di Milano. Già allora venivano attribuite a questa spezia numerose proprietà e questo fu un grosso incentivo alla diffusione del risotto allo zafferano in tutte le osterie e taverne. Per la ricetta originale servono midollo di manzo o di bue, brodo ristretto, grasso d’arrosto, cipolla, burro e gli stimmi di zafferano che vanno a completare il piatto; per il riso scegliamo un carnaroli o un vialone nano e procediamo con tostatura, cottura e mantecatura; il risotto alla milanese è una De.Co.
Lo zafferano è perfetto per accompagnare il pesce, per i primi piatti in generale, fantastico per le salse, con i contorni di verdure, le zuppe e anche per i dolci.