C’era una volta in America

Entusiasmante viaggio on the road per tutta la West Coast, attraversando deserti, paesaggi mozzafiato, città folli e le spiagge dei telefilm
Scritto da: supereli
c'era una volta in america
Partenza il: 31/10/2014
Ritorno il: 16/11/2014
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €

31/10

Finalmente arrivati! Siamo in giro ormai da 24 ore tra il volo in ritardo e il fuso orario. Due ore per i controlli di uscita (e vai di qua e vai di là e stai qui etc) e di corsa a prendere la navetta che ci porta al noleggio. Tra l’ansia da Suv con cambio automatico e il peso di un volo di 14 ore arriviamo sani e salvi all’ostello a due passi dalla Walk of FAME a Hollywood. Avevo letto molti commenti negativi su questo quartiere ma a noi non sembra così male, complice forse la notte di Halloween, le luci, la musica e centinaia di persone travestite in giro. Mi ricorda un po’ Times Square, il kitsch al neon americano che adoro, ma noi siamo esausti e non riusciamo neanche a farci un margarita in un locale messicano. I locali sono molti e optiamo per un fast food qualsiasi.

$ 20 per nachos, tacos e coca.

01/11

La giornata comincia all’americana con waffle e sciroppo d’acero. Piove e – a detta del ragazzo della reception – a L.A. non piove da un anno, che fortunelli! Oggi andiamo agli Universal Studios: prendiamo la metro sul Boulevard e scendiamo alla prima, poi la navetta comoda e veloce ci porta fino in cima alla collina. Abbiamo fatto bene a non prendere l’auto, infatti il parcheggio costa da 16 a 30 $ e questa sera c’è Halloween horror night,un evento molto conosciuto viste le migliaia di persone in coda per entrare. Siamo svegli dalle 5 ma siamo carichi, le aspettative sono alte. Abbiamo comprato i biglietti online risparmiando $5 a testa (ma costano comunque $ 87…). L’ambientazione è bellissima, la migliore che abbia mai visto e l’atmosfera è davvero Hollywodiana. Ci sono molti spettacoli e poche attrazioni: ho trovato spettacolare il 3D di Trasformers nonostante non conosca i film, bellissimo il 3D di Cattivissimo Me con gli adorabili Minion e il Ride della Mummia. Gli effetti sono super e tutto è curato nel dettaglio. Abbiamo poi incontrato alcuni personaggi dei film/cartoni e per fortuna gli addetti controllavano le file e scattavano anche le foto con il tuo cellulare. Io ho trovato Marilyn Monroe appoggiata a una cadillac rosa, il massimo del mito! Le somigliava davvero tanto e mi ha anche fatto i complimenti per i miei capelli. Poi mi sono sbaciucchiata un minion…. Inoltre da Pig’s abbiamo mangiato ottimi hot dog con coca per $20 in due. La sera riusciamo a trovare posto in un locale messicano molto carino sul boulevard. Spendiamo $40 per una caesar salad, hamburger, due birre. Devo dire che qui sono tutti molto gentili e sorridenti nonostante l’alta concentrazione di personaggi strani! A me questa zona di L.A. è piaciuta, sarà per il mito o per quello che si vede in tv.

02/11

Anche oggi la città ci accoglie con la pioggia. Ma passa in fretta e ci mettiamo alla ricerca della famosa collina. La strada di accesso è chiusa per lavori e cominciamo a girare per trovare una via secondaria; la strada è stretta, in salita e piena di curve ma le ville e la vista da cui si gode sono bellissime. Ci sono megavilloni, casette con il giardino e una casa tonda! Alla fine sbuchiamo in una strada con moltissime auto e un parco… c’era un’altra via di accesso! Foto di rito con la scritta HOLLYWOOD e ci mettiamo in marcia uscendo da L.A. verso est. Il traffico è scorrevole, ognuno sta nella sua corsia a velocità costante e nessuno fa zigzag tra le auto, suona il clacson o commette scorrettezze. Anche i camion – seppur enormi – non danno minimamente fastidio. Il SUV dodge è enorme e comodissimo e viaggiamo per 6 ore senza accorgercene. Lasciamo la squallida periferia della città e incontriamo il deserto, secco e piatto, che ci accompagna per circa 300 miglia. La strada è dritta e non si incontrano benzinai o punti ristoro se non qualche area di sosta attrezzata con wc e distributori di bevande. Più ci avviciniamo all’Arizona più l’attesa sale: non vedo l’ora di vederei cactus di Willy il coyote! In realtà i cactus sono secchi alla base e non ci si può avvicinare. Mi accontento di fare qualche scatto dall’auto in movimento. Arriviamo a Phoenix con un bellissimo tramonto, si vedono i luna park, i grattacieli, e passiamo in mezzo a due rocce giganti rosso fuoco.Arriviamo a Scottsdale che è già buio, ci sono locali e ristoranti nella via illuminata come se fosse Natale. L’old Town è un quartiere molto caratteristico a tema western con tanti negozietti di artigianato indiano che purtroppo vista l’ora sono chiusi. Mangiamo in un locale chiamato Burger Therapy, arredato in free style con bici appese al muro e video di sport estremi. L’hamburger sarà alto 15 cm ed è godurioso, lo staff sorridente e gentile come trovato in tutti posti finora (tranne al noleggio auto). Paghiamo $29 + mancia per due megahamburger, patate dolci, una birra, una coca con refill gratuito. Con la PANCIA piena giriamo per il centro semideserto di domenica sera- Dormiamo al Howard Johnson, un motel nuovo, pulito e con molti servizi per $80.

03/11

Alle 5 siamo già svegli e pianifichiamo la giornata. Finalmente oggi guido. Devo fare l’abitudine al cambio automatico ma la macchina va da sola. Attraversiamo campi di cactus in un saliscendi di strade che lasciano poi spazio a una vegetazione più verde mentre si sale in quota. Vediamo anche una macchina della polizia nascosta dietro agli alberi pronta a scattare! Usciamo a flagstaff per fare riforimento di provviste e anche perché vogliamo intercettare la mitica route 66. Ma dov’è? dov’è?!? So che non è più una strada statale e che è stata rimpiazzata da una più nuova ma scorre parallela a noi e non riusciamo a raggiungerla. Arriviamo fino a Williams dove deve passare per forza. Sembra di essere in un film, locali abbandonati, una locomotiva del Grand Canyon, diner con le scritte al neon, una pompa di benzina vecchissima e finalmente trovo il mitico cartello bianco con la scritta “route 66”.. che meraviglia, un sogno che si realizza! L’atmosfera è ovattata e nostalgica e io sono finalmente soddisfatta! A Tusayan entriamo al Visitor Centre per fare il pass annuale dei parchi ma non c’è nessuno a cui chiedere informazioni! Il tragitto verso il Grand Canyon è una strada tutta dritta con qualche ranch qua e là fino al casello dei rangers. Il parco è organizzato benissimo e facile da visitare sia in macchina che con la navetta. purtroppo la nostra tabella di marcia non ci consente di fare un’escursione o un rafting (che comunque è molto costoso) e quindi visitiamo alcuni punti di osservazione. Inizialmente le nuvole non rendevano giustizia al colore della roccia (ad un certo punto si è messo a nevicare…) ma poi il tramonto ci ha regalato scorci stupendi su yaki point e kaibab point. Il canyon sembra di cartapesta, e non riesco a capacitarmi della grandiosità della natura. La temperatura scende di botto ma per fortuna all’Holiday Inn c’è una bella piscina riscaldata…sono le 21:00 e Dario crolla addormentato, la giornata è stata davvero intensa.

04/11

Dopo una super colazione americana all’Holiday Inn torniamo all’interno del parco.Fa molto freddo, il termometro segna 2° ma non è umido. Percorriamo la Desert Drive fermandoci nei vari punti di osservazione: da qui si vede meglio il Colorado. Non c’è una nuvola e il Canyon si mostra in tutta la sua grandezza.Durante il percorso troviamo anche una paio di piccoli musei molto carini e pannelli illustrativi storici, naturalistici e geologici. A Desert Drive c’è una bella torre da visitare che in un certo senso decreta la fine del Grand Canyon: da qui infatti si restringe sempre di più.

La strada verso la Monument Valley è terribilmente dritta e si intravedono qua e là le abitazioni dei nativi americani (in realtà sono catapecchie e roulotte). Passiamo da Kayenta, che altro non è se non un agglomerato di case prefabbricate sorte intorno ad un incrocio. Si intravedono già i monoliti rossicci. L’ingresso costa $20 per auto (non vale il pass annuale perché è una riserva indiana) ma li vale proprio tutti. Sono rimasta sbalordita dalla bellezza del paesaggio, proprio come me l’aspettavo, anzi più bello! Il percorso sterrato di 17 miglia si snoda tra monoliti giganteschi di varie forme (associate dai nativi a mani, cammelli, suore etc) ben segnalati e con piazzole di sosta per fare le foto. Per fortuna non c’è molta gente e scattiamo a più non posso. Sembra proprio di essere in un film, c’è anche la possibilità di fare una foto a cavallo nel punto di john wayne. In tempo per il tramonto raggiungiamo l’uscita per fare delle meravigliose foto alla roccia infuocata e il cielo che passa dall’azzurro al rosso al viola… non ho mai visto un tramonto cosi suggestivo. Il sole e la temperatura scendono e partiamo alla volta di Page. Dormiamo al Quality Inn Lake Powell. Siamo stanchi e grazie alla colazione super abbondante non abbiamo neanche fame.

05/11

Oggi ce la prendiamo un po’ con calma. Siamo pronti per l’escursione all’Antelope, un canyon visitabile all’interno dove la luce crea dei giochi spettacolari. La roccia è liscia e levigata. per visitarlo bisogna fare per forza un tour con i Navajo i quali prima chiedono $8 a persona come tassa di ingresso e poi bisogna pagare il tour ($40 se fatto nelle ore di luci migliore dalle 10 alle 14); tuttavia ci ci aspetterebbe di più che una mezz’ora di tour con una guida che non dice neanche una parola…ma forse siamo stati solo sfortunati perchè le altre guide sembravano molto loquaci! Tappa al Walmart per le provviste a visitiamo Horseshoe point,un angolo di canyon da cui emerge una roccia rossa dal Colorado. Andiamo poi fino a Scenic Point per vedere dall’alto il lago Powell (sono entrambi gratuiti). Ci rimettiamo in viaggio e man mano che si sale il paesaggio desertico lascia il posto a boschi di conifere e casette di legno; ci sono le montagne, i torrenti e riconosco i colori dell’autunno. La strada è perfettamente asfaltata e con qualche Rest Area. Passiamo attraverso il red Canyon che al tramonto regala un effetto ancora più bello. Arriviamo al Bryce Canyon un po’ tardi ma anche all’ombra è molto suggestivo. Abbiamo prenotato a Bryce City, un minuscolo centro quasi deserto in questo periodo dell’anno. Ci spostiamo di circa 3 miglia e ceniamo da Foster’s steakhouse. Spendiamo $40 per due hamburger con contorno, 2 coca e due apple pie. La temperatura è scesa fino a -2.2.

06-08/11

Dopo una colazione da campioni a base di uova e bacon torniamo al Bryce per fare un trekking facile. Ci sono molti percorsi di varia difficoltà che scendono nel canyon, fatto di guglie e pinnacoli con vari livelli di stratificazione. Il sole tiepido di novembre e la quasi totale assenza di altre persone ci fa percorrere tranquillamente il Queen Trail, dove si raggiunge una guglia che assomiglia realmente a una regina di profilo.

Poche ore dopo… la prima impressione di Las Vegas non è quella che mi aspettavo: no no è che emerge dal deserto come mi avevano detto ma vi si arriva da una strada tra le montagne desertiche. Ci immettiamo in quella che è la loro circonvallazione. Riconosco già gli hotel che ho guardato mille volte su internet: stratosphere, mgm, hilton, caesar’s palace, il paris con la tour eiffel illuminata… quante luci! Arriviamo al platinum, leggermente defilato dalla strip ma a 15 minuti a piedi, uno dei pochi senza casinò; l’abbiamo scelto sia per l’ottimo prezzo sia perché lontano dal caos. La nostra stanza è una suite al 12° piano con vista sulla strip. Las Vegas fa girare la testa anche a chi, come me, piace la musica, le luci, il casino. Tutto è finto e esagerato, gli hotel a tema sono iperlussuosi e immensi, con all’interno ristoranti,locali, casinò, teatri, discoteche, centri commerciali collegati tra loro, i casinò colmi di gente che ti fanno sentire un topo in gabbia, le fontane del bellagio e il vulcano del mirage, Venezia riprodotta in scala, le montagne russe dentro al New York, gente mascherata, insegne al neon, alcolici, ferrari e lamborghini… la follia di Las Vegas non si può descrivere, va vissuta! Ci sono poi le monorotaie che collegano gli hotel, i ristoranti all you can eat enormi, i baracchini che vendono i biglietti scontati per gli spettacoli e le cene, i negozi, l’M&M’s store di 4 piani e il Coca Cola centre dove si può fare la degustazione delle coca cola nel mondo per $8. Abbiamo camminato quasi un giorno e mezzo e non siamo neanche riusciti a vedere tutti gli hotel della strip!

08/11

E’ uno shock lasciare Las Vegas e addentrarsi nella Death Valley, un paesaggio secco e desolato dove vivono solo serpenti a sonagli… le strade sono dritte e tutte uguali ma asfaltate (tranne un tratto che ci ha portato a vedere il primo insediamento di Stovepipe Wells mentre cercavamo un posto per mangiare). Arriviamo al Visitor Centre di Furnace Creek nel pomeriggio e riusciamo a visitare Zabriskie Point, l’Artist’s drive dove la roccia ha colori diversi e Badwater, a -86 metri sotto il livello del mare. L’aria è secca e pesante e il viaggio verso l’hotel di Bridgestone è lungo, al buio e pieno di dossi naturali. In compenso, nel buio totale della notte, ammiriamo il cielo stellato più bello che abbiamo mai visto.

09/11

Arriviamo al Sequoia National Park nel primo pomeriggio scoprendo che dobbiamo fare altre due ore di macchina in montagna per arrivare al Generale Grant. Optiamo quindi per il generale Sherman, la sequoia più grande del mondo, ma comunque ci vogliono mezz’ora di tornanti stretti e 15 minuti a piedi nella foresta. Sarà che siamo abituati ai boschi delle nostre Alpi ma la foresta di conifere mista a sequoia non ci fa impazzire. Di certo il generale è unico nel suo genere ma saranno le rumorose famiglie in gita domenicale che non ci fanno apprezzare questo dono della natura.

10-13/11

Avevamo molte aspettative su San Francisco: sarà perché l’ho vista in tanti film e me ne avevano parlato così bene che non vedevo l’ora di vederla. Procediamo lentamente nel traffico su questo mega ponte che offre una prima bella vista sui saliscendi della città. Attraversiamo una parte di downtown con dei grattacieli altissimi, intorno uomini d’affari che corrono con il loro pranzo take away e ragazze con il bicchiere di coffee to go..ahhhh l’america! Passiamo di sfuggita da una via che entra in Chinatown ma siamo troppo concentrati sulla strada visto che qui non sono proprio così corretti alla guida. Siamo sui binari del tram, le salite sono da paura e il semaforo è rosso (fortuna hanno il cambio automatico e mi auguro non nevichi mai!). Addirittura ci sono le macchine con il paraurti rinforzato per resistere agli urti provocati nel parcheggiare in queste incredibili salite! Lasciamo le cose nel motel (la città è piena di motel, comodi e relativamente economici ma con parcheggio, che fanno risparmiare 40-50$ al giorno). E’ l’inn Broadway, dall’aspetto tetro e squallido ma con camere grandi e pulite, a 5 minuti dalla fermata del cable car e di fronte alla fermata del bus 47 che porta al Fisherman’s Wharf. Consiglio di fare il pass della MUNI per cable car + bus perché girare a piedi è impensabile, si perde tanto tempo. Mangiamo in un ristorante thai e partiamo alla scoperta di SF. Ci dirigiamo verso Union Square, il bel quartire commerciale da dove parte il cable car… e una fila lunghissima per salire! Consiglio di prenderlo due fermate più iin su, magari non starete attaccati ai pali esterni ma risparmierete 45 minuti di coda!Purtroppo trovo SF sporchissima, sembra che i lati delle strade non vengano mai puliti… Union Square è un po’ meglio ma comunque piena di poveri homeless, schizofrenici e tossicodipendenti; la loro presenza è inquietante ma non infastidiscono (evitare la sera i quartieri di Mission e Tenderloin). L’immagine che mi rimane impressa della città sono le bellissime case vittoriane colorate sui saliscendi con vista sulla baia (da vedere il quartiere di Russian Hill) e questa povera gente che predica di religione, urla di fantasmi o semplicemente dorme in terra, abbracciata al proprio cane. A prima vista non mi ha fatto impazzire di gioia come ad esempio mi aveva colpito New York, sarà che è considerata la più europea delle città americane (e a me le sue vie e i palazzi ricordano tanto Parigi, quindi qualcosa di visto e rivisto) ma avrei voluto vedere più “americanità”.

Di seguito una breve descrizione quartiere per quartiere visitati a piedi, cable car e bus:

– Russian Hill: bel quartiere tranquillo con case vittoriane tutte diverse tra loro. Da non perdere – Tra lombard street e hyde street- l’inizio del tratto considerato tra i più tortuosi al mondo circondato da ortensie e percorribile in auto.

– Chinatown: caotica e piena di negozi di souvenir e ristoranti non così economici

– Union Square: gioiellerie, negozi di lusso, caffetterie e qualche ristorante turistico. Al 7° piano di Macy’s c’è Cheesecake factory, $8 per una fetta di 5 dita di delirante bontà!

– Soma: dall’altra parte di Market street, piena di negozi e ristoranti. Dovrebbe essere il centro della vita notturna di SF ma – sarà che è un martedì di novembre – dopo le 19 non c’è in giro un’anima! Si cena presto alle 21 qualche ristorante è già chiuso… ovviamente non avendo un vero e proprio centro molti scelgono un locale e vi ci passano tutta la sera facendo aperitivo, cena, dopocena insieme! Comunque si trova qualche pub o qualche locale alla moda in cui bere un drink.

– North beach: pieno zeppo di ristoranti italiani, pizzerie e caffè dal sapore nostrano. prezzi alti e dubbia qualità in quanto pochi sono realmente gestiti da italiani, ma per chi sente la mancanza di casa una pizza tira sempre su il morale!

– Fisherman’s Wharf: super turistico, pieno di ristoranti e negozi di souvenir; suggerisco il molo 43 1/2 dove, davanti alla pasticceria Boudin, c’è una fila di chioschi di street food di pesce: la bread bowl (zuppa di patate e calamari in una mega pagnotta per 7-8$), insalata di gamberetti, panini con crema di granchio, aragoste… in zona suggerisco anche IHOP per la colazione, superabbondante e pancakes buonissimi! Al pier 39 si possono anche vedere i leoni marini distesi al sole. Dai moli partono le gite ad alcatraz, molto interessanti e di effetto peccato per la troppa folla e in tantissimi bambini che correvano e urlavano in giro disturbando la visita.

– Golden Gate Bridge: per arrivarci abbiamo cambiato due autobus e al ritorno abbiamo preso quello sbagliato… chiedete sempre all’autista perché le cartine e le segnalazioni non sono facili da capire ( ne abbiamo preso uno che secondo il display avrebbe dovuto portarci al molo e invece siamo finiti fuori città). Il ponte è quasi sempre immerso nella nebbia. Da vedere per una foto o una passeggiata ma niente di più.

– Golden Gate Park: è parecchio fuori mano. Il parco è gigante e volendo si possono noleggiare le bici. alcune parti non sono molto curate, altre hanno dei bei giardini e laghetti. Abbiamo visitato il giardino giapponese per $7, da vedere solo se piace il genere. Al ritorno siamo passati dal quartiere Haight- Asbury, il vecchio quartiere hippy oggi un po’ degradato, con negozi di bigiotteria indiani e pakistani dal sapore new age. Poi da market street abbiamo preso il lentissimo tram storico F che costeggia i moli impiegandoci 2 ore e mezza dal parco al fisherman’s wharf!

Forse la totale immersione nella natura nei giorni passati mi ha reso difficile il reinserimento in città e credo che comunque SF sia una città più da vivere che da visitare per apprezzarne la vera essenza.

13/11

La California no ci è amica: dopo la pioggia di L.A. eccola di nuovo in quella che dovrebbe essere una delle zone più belle dello Stato: il Big Sur! Prima però facciamo tappa a Monterey dove la simpatica e gentile signora del Visitor Centre (a proposito cercateli sempre, sono un ottimo punto di riferimento e forniscono mappe gratuite e altro materiale) ci suggerisce di saltare la visita alla cittadina perchè dobbiamo assolutamente affrontare la strada costiera con la luce del sole e per arrivare a San Simeon ci vogliono dalle 2 alle 5 ore a seconda delle soste nei vari punti panoramici! Facciamo comunque un salto al molo, una versione in piccolo del Pier 39 di San Francisco. Non percorriamo la 17 miles drive per mancanza di tempo ma dicono sia molto bella: costeggia il promontorio di Monterey e costa $ 10 a vettura. Tenete presente che negli States qualsiasi parco,monumento, fiume o foresta sono di interesse nazionale e ci sono scenic drive e punti di osservazione ovunque. Anche i servizi igienici nelle Rest Area sono forniti e pulitissimi.

Imbocchiamo la Pacific Highway 1 che si snoda stretta e tortuosa lungo la costa californiana a picco sulle gelide acque oceaniche. La nebbia – e la macchinata di cinesi davanti a noi – ci fanno procedere a velocità ridottissima e ammiriamo Il paesaggio che mi ricorda le coste selvagge dell’Irlanda.

ANEDDOTO – I CINESI

Nella quiete rossastra della Monument Valley vediamo emergere dalla polvere due SUV bruttini e uguali che viaggiano a velocità sostenuta in contromano. Sono 8 cinesi che stanno facendo tutto il percorso al contrario! Il giorno dopo – mentre camminiamo verso Horseshoe BendPoint, dove il Colorado scorre intorno a un Canyon, eccoli di nuovo urlanti e rumorosi guastare la sacralità del luogo… Infastiditi dal non poter contemplare il paesaggio in armonia con la natura non possiamo neanche scattare foto visto che sono in ogni angolo.

Non riesco a credere ai miei occhi quando li vediamo anche al supermercato!

Ed eccoli ora al Big sur, proprio davanti a noi, che guidano a ben 15 miglia/h con il piede sul freno…noi ovviamente non possiamo sorpassare perché la strada è buia e stretta e ormai la nebbia è davvero fitta, quindi arriviamo al Sea Breeze Inn a San Simeon in tarda serata.

14/11

Oggi finalmente c’è il sole. Lungo la panoramica facciamo sosta per ammirare una colonia di leoni marini: sono enormi, buffi e goffi; alcuni giocano tra di loro nell’acqua, altri sbadigliano o si grattano. E’ incredibile la somiglianza con gli essere umani. Sulla strada troviamo un’altra colonia ma più popolosa e …oziosa. Dopo una paio di ore di tragitto cominciamo a vedere un paesaggio a noi più noto: palme, megaville, surfisti che cercano l’onda, case sulla spiaggia e cabine dei guardiaspiaggia..siamo a Malibu! Abbiamo proprio la sensazione che da un momento all’altro sbuchi fuori uun bagnino di Baywatch. C’è anche un elicottero che si alza in volo per un’operazione di salvatagggio …sarà stato uno squalo? Sosta per pranzo in una pescheria (Malibu’s sea food) dove gustiamo dell’ottimo fish and chips. ll nostro viaggio prosegue fino a Santa Monica dove abbiamo prenotato una camera su Airbnb. Lindsay, la padrona di casa, è veramente gentile e ci fa sentire a nostro agio, dandoci consigli utili su cosa fare in città. Raggiungiamo a piedi la spiaggia e vediamo le prime palestre all’aperto. Ci rendiamo conto che gli americani sono super sportivi, corrono, camminano, pedalano ovunque. Tra gli altri ci ricordiamo di una mamma che fa jogging tenendo il passeggino nella destra e il cane al guinzaglio nella sinistra; un dog sitter sullo skateboard con 8 cani al guinzaglio; mamma e bambini sullo skate board che fanno dondolare l’hula hoop con il bacino.

Sul molto di Santa Monica passeggiamo tra le bancarelle fino alla ruota panoramica illuminata e scattiamo la foto di rito al cartello “End of route 66”. Posso immaginare l’emozione di chi giunge a questo punto dopo aver attraversato tutti gli States su due ruote…

Una rampa ci conduce a Main Street da dove inizia una passeggiata pedonale con negozi, ristoranti e artisti di strada. E’ già tutto addobbato per Natale, e fa strano camminare in T-shirt tra lucine e pupazzi di neve. Ci fermiamo a bere un drink in locale messicano e -ironia- è della stessa catena di quello dove ci siamo fermati due settimane fa, nel nostro primo giorno in terra americana. Con l’Happy Hour (in usa va moltissimo il 2×1 in certe ore del giorno e della sera) prendiamo 2 Corona, 2 ottimi Margarita lampone e banana, una porzione di jalapenos fritti e gli immancabili nachos spendendo $ 30

Camminiamo fino a un centro commerciale all’aperto dove non mancano i ristoranti Italian style con la pizza a $16. Noi però siamo attratti da un pub stile bikers con le targhe appese alle pareti ma si rivela una pessima scelta: il mio sandwich al pollo è in realtà un hamburger con pollo fritto marinato in aceto e paprika immangiabile. Sulla strada verso casa passiamo davanti a una scuola dove ragazzi e ragazze stanno giocando a calcio a squadre miste e penso che in Italia non ho mai visto nulla di simile.

15/11

Venice si trova a pochi minuti di auto da Santa Monica e la sua spiaggia ne è il prolungamento. Anni fa la città era disseminata da canali che poi sono stati ricoperti; oggi ne rimangono pochi, sui quali si affacciano piccole casette di legno colorate. La vera attrattiva sono la spiaggia e l’Ocean Front Walk, dove si incontrano personaggi davvero bizzarri. La passeggiata pullula di artisti di strada, venditori ambulanti, chiromanti, pittori, addirittura una cane che fa la guardia alla merce indossando degli occhiali da sole rosa; ci sono poi rastaman, negozi di tatuaggi e piercing dalla dubbia igiene, locali legati alla cultura della cannabis. L’atmosfera è colorata e vivace ed è davvero piacevole passeggiare al sole con la musica nell’aria. La spiaggia è grandissima e mi stupisco nel vedere che ognuno tiene sottobraccio la sua tavola da surf: in acqua ci sono tantissimi surfisti che galleggiano in attesa dell’onda perfetta ma solo un paio attirano la nostra attenzione, facendo avvitamenti e cavalcando l’onda… che spettacolo! Qui c’è anche l’originale Muscle Beach dove si allenava Arnold Schwarzenegger, una palestra all’aperto per esibizionisti rigorosamente abbronzati e a petto nudo che si fanno fotografare mentre si allenano!

Questa notte dormiamo al Travelodge LAX, un motel carinissimo vicino all’aereoporto, al noleggio auto e a Denny’s, dove ci concediamo l’ultimo superhamburger.

Il mattino seguente la navetta ci porta direttamente davanti all’ingresso del Terminal e facciamo rapidamente il check in e i controlli (al contrario dell’arrivo). Ma non posso lasciare gli States senza il mio ultimo coffee to go e un sublime cupcake panna e fragola che mi dà l’energia per affrontare un viaggio di 15 ore. Non abbiamo molta voglia di tornare alla routine ma siamo pienamente soddisfatti del viaggio che abbiamo organizzato con tanta cura: abbiamo fatto e visto tutto quello che avevamo programmato, ci siamo concessi momenti di relax e abbiamo percorso 3000 miglia in auto senza mai sbagliare strada (grazie a un buon GPS e alle ottime indicazioni stradali); abbiamo fatto il pieno di hamburger e cheesecake; abbiamo visto paesaggi che non potevano essere più diversi tra loro, dalla gloria anni ’50 di Hollywood ai deserti dell’Arizona, dalla grandiosità del grand Canyon alla particolarità del Bryce Canyon, dalla folle Las Vegas al territorio desolato della Death Valley. E ancora le foreste di sequoia, i saliscendi di San Francisco, la California selvaggia del Big Sur e quella mondana di palme e surfisti.

Un viaggio nel mito, nell’America del far west e dei telefilm, ma anche così reale, da ammirare e – perché no- imitare. Perché non solo i paesaggi ci hanno stupito: abbiamo infatti trovato persone disponibili e cordiali anche nel fast food più sperduto, persone che come prima cosa ti chiedono come stai e poi ti fanno domande sul tuo paese di origine, persone educate che chiedono scusa se ti urtano uscendo da un negozio e ti tengono la porta aperta de devi entrare. Abbiamo visto esempi di civiltà che in Italia purtroppo non esistono, dall’educazione stradale all’attenzione nei confronti delle persone disabili.

Ma per ogni viaggio finito ce n’è un altro da organizzare: passo davanti al gate dove stanno imbarcando un volo per Papeete e un pensiero mi attraversa…

ON THE ROAD AGAIN!



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