Turchia, bellezza e altro ancora

Vagare in libertà tra nuovi stili di vita e terre ignote
Scritto da: mariaedino
turchia, bellezza e altro ancora
Partenza il: 20/08/2013
Ritorno il: 30/08/2013
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
Durata: 11 giorni Periodo: 20-30 agosto 2013 Partecipanti: due, mezza età. Trasporto: per gli spostamenti, esclusivamente aereo. – Torino/Frankfurt/Istanbul e ritorno Lufthansa – (sappiamo che ora c’è un volo diretto); Istanbul-Kayseri: Pegagsus – Kayseri-Izmir: Pegasus – Izmir – Istanbul: Pegasus. Trasporto in Istanbul: 80 % a piedi e 20 in tram (card) Trasporto in Goreme: scooter, a piedi e tour organizzati Trasporto in Selcuk e dintorni: da Izmir, treno , e poi minibus. Hotel: Istanbul: Marmara Guesthouse, Saruhan Hotel Goreme : Nirvana Cave Hotel & camping Selcuk: Homeros Pension

Diario breve:

Istanbul: 1. Aja Sofia, Eminonu, Moschea Nuova

2. Palazzo Topkapi, Bazar delle spezie, Piazza Taksim, Torre di Galata.

3. Moschea Blu, Gran Bazar, Rustem Pasa Camii, Chora, ritorno in battello

4. Cisterna Basilica, Parco Gulhame, Museo della scienza e della tecnologia islamica, Moschea di Solimano

– Kapadokia: 1, Goreme, sunset tour (red and rose valley). 2. Green tour con Ihlara calley, monastero di Selime, citta’ sotteranea di Derinkuyu, Pigeon valley 3. Cavusin, camini delle fate, Avatanos, Museo di Goreme, Urgup, Uchisar.

– Selcuk: 1. Efeso 2. Pamucak Beach e Kusadasi 3. Pamucak e Hammam in Selcuk

Abbiamo deciso di condividere ancora questa esperienza di viaggio su TPC perché è nostra abitudine ringraziare in qualche modo chi prima di noi l’aveva fatto e ci aveva fornito di informazioni molto utili. Inoltre, i colori, le suggestioni e l’atmosfera della vacanza trascorsa forse riempiranno il grigio di questo autunno in arrivo.

Partiamo da Torino il 20 agosto con Lufthansa, scalo Frankfurt e arrivo a Istanbul in orario. L’accoglienza è già un esempio di cio’ che troveremo in itinere: non vedendo il responsabile della Marmara Guesthouse ad aspettarci, un signore ci nota impacciati e stanchi e si offre di telefonare per noi alla pensione: da bravi sospettosi, temiamo in un inganno, in realtà il mister ci dice che a causa del traffico ci sarà un lieve ritardo, di stare tranquilli. E così è: primo esempio di gentilezza gratuita. Il percorso tramite pulmino dall’aeroporto a Sultanahmet ci immette in un traffico incredibile, dove le manovre più repentine sono obbligatorie, ma notiamo la calma costante dell’autista. Magnifici giardini costeggiano il lungo mare con numerose strutture gioco per bambini, famiglie riunite sui prati a leggere e parlare, anziani sulle panchine a conversare: una bella accoglienza. Il Marmara hotel, altamente consigliato, è in una posizione ottimale, al centro del quartiere storico, con una terrazza vista Bosforo e un’indispensabile pergolato ombroso. Si ha la possibilità di servirsi di bevande calde, leggere e rilassarsi al fresco e gustare un’ampia colazione al buffet, guardando le navi arrivare e partire. Le camere differiscono di qualità, sebbene tutte pulite e grandi, per cui è meglio spendere qualche euro in più e chiedere i piani alti. I responsabili dell’hotel sono di una disponibilità totale, soprattutto la gentilezza della signora ci farebbe restare qualche giorno in piu’. Come primo pomeriggio, decidiamo di raccogliere tutte le informazioni locali necessarie e il ragazzo alla reception ci fornisce di ogni particolare, dandoci in prestito le tessere per il trasporto bus da caricare. In realtà, percorreremo Istanbul a piedi per l’80%, ma il 20% rimanente ha richiesto il mezzo pubblico. Dopo una doccia e un sigaro, e un caffè sulla citata magica terrazza, partiamo alla ricerca di un cambio (trovato in piazza Sultanahamet, ma più conveniente al Gran Bazar o nei quartieri limitrofi). Di seguito compriamo due Museum cards, 85 euro per una, durata 72 ore, presso il ticket office di Aja Sofia: considerato il ridotto numero di persone in attesa, decidiamo di iniziare qui la nostra visita. Imponente, confusa negli stili, un minimo trascurata, ma sicuramente interessante: ecco gli aggettivi che si potrebbero usare per questo immenso monumento. Già stanchi, cerchiamo un po’ di verde nel parco Gulhame e percorriamo tutto il viale fino al lungo mare, e ancora fino al ponte di Galata. Trasciniamo i piedi nella vera vita caotica di Istanbul: locali che mangiano in pace il classico panino di pesce, gente che corre trafelata per prendere il ferry boat e tornare a casa, venditori di cozze, ostriche, fucili per sparare ai palloncini, alle bottigliette piene di acqua, un caos particolare. Dall’altra parte della strada trafficata, vediamo l’insegna di Hamdi, ristorante citato sia su TPC che su Lonely. Attraversare i corsi sarà sempre mission impossible, occorre una certa dose di coraggio e furbizia e la mossa piu’ giusta è quella di affiancarsi ai locali e buttarsi con loro. Una capatina nella moschea nuova ci fa assaggiare il clima che si nota soprattutto in questa specifica struttura: un clima di respiro e profondità. Poiché la fame si fa sentire, usciamo. Di fronte all’eleganza del ristorante Hamdi, preferiamo un’esperienza più genuina e sarà l’unico neo negativo di tutto il viaggio: questa locandina, chiamiamola così, da noi scelta è due o tre postazioni oltre il noto ristorante, ha tavoli posticci fuori, diversi locali che ci mangiano sopra, ed è essenzialmente un kebab centre. In realtà sulle pietanze servite niente da dire, ma sul servizio molto, tavoli sporchi e camion della spazzatura che beatamente carica i rifiuti che svolazzano accanto, e la ciliegina è il conto dato, ripreso, corretto e decisamente maggiorato, proprio con la causale del “servizio”. Sarà il più basso rapporto qualità prezzo e l’unica volta in cui si siamo sentiti turisti derisi. Locale da non consigliare. Continuando con la nostra voglia di toccare la vera vita, al buio, torniamo a piedi per percorsi un po’ casuali e ci inoltriamo nei vicoli dietro al Bazar: il caos dei carretti svuotati, e auto strapiene e la mancanza di luci ci impauriscono un po’, ce la siamo cercata, e la Marmara pension sarà una deliziosa meta di arrivo, due cappuccini sulla terrazza e la voce dei minareti sono una degna conclusione del giorno.

MERCOLEDì 21 agosto

La nostra stanza con letto e baldacchino ci ha permesso un buon sonno, ma le preghiere delle ore sei ci svegliano. Bellissima aria fresca alle otto e colazione a buffet, con ayran e frutta fresca; notiamo le prime navi da crociera sul Bosforo. Zainetti pronti, raggiungiamo Palazzo Topkapi: la tessera copre il costo del biglietto, ma non ci fa superare la coda notevole di turisti, che scivola lentamente, per cui è indispensabile recarsi molto presto (apertura ore 9): abbiamo preceduto gli 8000 turisti scesi dalle due navi da crociera visibili dal mare , che saranno dietro di noi per tutta la visita. Il Palazzo è il primo grande esempio di bellezza turca: non descriviamo il tutto, ampiamente segnalato da qualsiasi guida, ma la sensazione di essenziale eleganza, la consapevolezza di essere di fronte a pezzi unici di grande valore, l’armonia dell’insieme delle maioliche, della luce presente ovunque, della freschezza, dell’acqua, del verde sono impagabili. Notevole la piccola showroom dedicata alle armi, ben organizzata e attraente. L’harem, ora compreso nella Museum card, è tra le parti più belle. Purtroppo la zona delle cucine è chiusa ai turisti per restauro. La visita porta via l’intera mattinata per cui ritorniamo al Marmara, acquistando ayran, frutta e dolcetti e consumando questo leggero pasto ovviamente on the terrace. Dopo una breve sosta, è la volta del Bazar delle Spezie e poi Piazza Taksim. Carichiamo la bus card in Sult.square all fermata dell’F1, 5 lire. A piedi fino al mercato delle Spezie, per non perdere l’abitudine di camminare (!), rapida visita, osservando e annusando, e qui saliamo sul comodo tram, dopo aver lanciato un’occhiatina a Haza Mustafà, rinomata pasticceria. Scendiamo al capolinea, nella fermata sotterranea prendiamo la funicolare, ricaricando la card e in 5 minuti siamo in Piazza Taksim. Guardiamo il noto parco e ci dirigiamo verso la strada che conduce in discesa fino alla Torre di Galata, Istiklal Caddesi. E’ una Istanbul diversa, potrebbe essere Times Square, non manca una firma importante. Mangiamo patate ripiene di ogni cosa in un negozietto d’angolo, e camminando camminando arriviamo alla Torre di Galata alle 19.30: molti come noi attendono il tramonto e quindi la coda è lunga. Verso le 20 in ascensore e con un biglietto pagato di 13 euro saliamo, il panorama ormai è notturno, ma bello. Due foto, discesa a piedi e ancora in cammino sul ponte, tra diversi pescatori, attraversiamo il Bosforo e ci rechiamo da Haza Mustafà, dove beviamo i primi due ottimi tea e mangiamo baklava al pistacchio e un grosso budino di riso freddo. Al ritorno, passiamo di fronte al Topkapi Palace, illuminato nel buio e privo di gente, ne ammiriamo la bellezza e facciamo conoscenza dei primi cani randagi. Alla pensione, di fronte al solito caffè serale, abbiamo uno scambio interessante di informazioni italiane e turche con la signora, e poi un meritato riposo.

GIOVEDì 22

Stiamo entrando nel circolo della calma che caratterizza la vita della città. La Moschea Blu è la prima meta della giornata: invasa da turisti, è importante arrivarci alle 9 o anche prima, evitando le ore di preghiera. Seconda meta, il Gran Bazar: il delirio di negozi, offerte, voci, colori, profumi, armi, formaggi, erbe, stoffe, rame, scarpe, cuscini, tappeti… non siamo molto abili nell’arte del mercanteggiare, ma abbiamo subito acquistato due trottoline tipiche da ragazzini molto abili, e poi… molto altro! All’uscita, ci mettiamo alla ricerca della Rustem Pasa Camii, e, trovata con fatica, la visitiamo. Sarà la moschea che più ci piace, piccola, raccolta, bella. La solita atmosfera, luminosa e spirituale, e qui più sentita. E’ ora di pranzo, per cui mangiamo pesci fritti e una pade in un locale da consigliare, Osmanli Balikcisi. Si trova sotto la loggia della moschea, nel traffico del Bazar, molti locali si fermano per uno spuntino e questa è una garanzia. Camminando verso la pensione, meditiamo di andare fino a Chora, chiesa bizantina consigliata da molti, tra TPC e guida. Infatti, dopo la solita pausa fresca vista mare e caffè, partiamo. Scendiamo fino ad Eminonu e sul piazzale, in un intrigo di bus, riusciamo ad acchiappare il 99A per scendere a Fener. Il bus ci lascia sulla strada principale e qui nessuno conosce Chora. Dopo diversi tentativi, un signore ci fa chiaramente capire a gesti sia la direzione sia la fatica che ci aspetta: e’ molto lontano e molto in salita, dice. Non ci diamo per persi e iniziamo a camminare, attraendo l’attenzione di alcuni bimbi, che ci fanno domande e ripetono ad oltranza “Chora! Chora!” chiamando altri amici. Insomma, il pifferaio di Hamelin era nessuno ai nostri confronti: li trasciniamo con noi fino in cima, e che cima… Chora: non ci soffermeremo molto sulla cosa, sarà sicuramente un capolavoro di arte bizantina ed etichettata con diversi riconoscimenti, ma rimane in noi il ricordo di una chiesetta in cui è abbastanza “normale” imbattersi in Italia, e i cui affreschi e mosaici, notevoli, sono nella maggioranza distrutti e o restaurati solo in parte. Tuttavia, lasciamo ad altri più competenti consigli migliori. Il biglietto è compreso nella Museum Card. Con un mah generale, scendiamo a Eyrup, percorrendo la strada principale (salire ancora a fianco della piazza e girare a sinistra) che alle 18.15 è nel pieno del traffico. Con il senno del poi, avremmo potuto prendere il bus navetta alla fermata inizio via che porta direttamente al Corno d’Oro. Comunque, parlando del più e del meno, raggiungiamo la meta e prendiamo l’ultimo ferry boat delle 19.45. Ci godiamo Istanbul ormai illuminata nel tragitto lento che ci porta a Eminonu e qui, decisi, andiamo a mangiare da “Hamdi”. Famoso per i kebap, con un ottimo servizio, forse troppo occidentale, scegliamo le specialità –pistacchio e yogurt- con meze e baklava finali, orange juice, 88 lire. Con calma, ritorniamo alla pensione, con sosta nella piazza della Moschea Blu, dopo esserci imbattuti in bambini accovacciati nel buio di angoli nascosti, e costretti a vendere fazzoletti in atteggiamento lacrimevole –immagine che ci rimarrà impressa . Cani randagi ci accompagneranno all’hotel, senza danno.

VENERDì 23

Oggi cambiamo hotel a causa di una nostra disorganizzazione Ci recheremo al Saruhan hotel, sempre nella catena del Marmara. Salutiamo con affetto la signora, facendole gli auguri per il futuro bebe’, facciamo i bagagli che saranno trasportati direttamente in loco, e ci incamminiamo per la Cisterna Basilica. Decidiamo pero’ di trascorrere la giornata di oggi con estrema calma, considerata la camminata niente male di ieri. Tuttavia la sosta nella piazza della Moschea Blu ha una brusca interruzione davanti ai mille turisti che stanno scendendo dai bus e, sgranando gli occhi di fronte a questo serpente umano, quasi di corsa ci precipitiamo alla Cisterna Basilica, li’ accanto. Le 10 lire del biglietto sono nulla di fronte allo spettacolo che ci troviamo di fronte: sara’ una tra le sensazioni piu’ belle del viaggio, sia per l’atmosfera creata con luci e musica adatte, sia per la struttura in se’ e la storia che la caratterizza. Dobbiamo imporci di smettere di far foto e di uscire, e l’enorme coda in attesa alla cassa ci convince. L’anticipare le folle ai monumenti e’ una mossa strategica indispensabile ad Istanbul! Ci rechiamo al parco Gulhame per visitare il Museo della scienza e della tecnologia islamica, anche questo compreso nella card: interessante e ben organizzato. Ci godiamo una limonata fresca e sgranocchiamo pistacchi, all’ombra degli alberi secolari del parco e alle 12 andiamo alla ricerca del Museo delle Arti, ahime’ in ristrutturazione. Non ci resta che recarci al nuovo hotel, che è elegante e pulito, ma non cosi’ “famigliare” come il Marmara. La stanza è più che buona, ma la distanza dal centro non è conveniente, anche se accettabile, e il quartiere è sicuramente meno interessante. La terrazza è in pieno sole, e ci spinge ad uscire quasi subito, per cercare l’ultima Moschea, quella di Solimano: una salita molto ripida inizia accanto all’ hotel, porta a fianco dell’università, poi ancora di parte del Bazar e infine alla Moschea, che però è chiusa per il tempo di preghiera (al venerdi’ gli orari sono più intensi). Scendiamo subito per un’ultimo saluto al cuore della città, raggiungiamo la locanda dei pesci fritti e ne usciamo di nuovo soddisfatti, li salutiamo e per completare andiamo da Haza Mustafa, due tea e dolcini. Questa sera prendiamo il T1 per tornare, scendiamo all’università e ripercorriamo il quartiere Kantiga, meno intenso di Sultanahmet, ma vissuto, con belle case e strade che ricordano SF per le salite e le discese, e la vista mare al fondo. All’albergo, restituiamo le transport card e saliamo sulla terrazza, dove le quattro moschee faranno cantare i loro minareti insieme, quasi un saluto in comune: è emozionante, continuiamo a guardare questo presepe di luci immersi nella nenia comune, con un ringraziamento alla città.

SABATO 24

Si parte per la Kapadokia. Lo shuttle arriva puntuale alle 5.15 e ai 170 orari, ci porta, insieme ad altri, all’aeroporto asiatico. Buon volo e arrivo a Kayseri alle 10. Un po’ di apprensione per un trolley scomparso e ricomparso sul nastro trasportatore dopo venti minuti, senza una ragione. Attendiamo con santa calma che vengano a prelevarci e portarci al Nirvana Cave Hotel, prenotato online. In un’ora circa arriviamo a Goreme: quello che pensavamo un hotel non è esattamente tale, ma pensandoci è ancora meglio. Una serie di stanze di diverso tipo, dalle piu’ spartane come la nostra ad altre decisamente più lussuose, camere scavate nei “camini”, tutte sistemate intorno ad una piscina, con possibilità di sedersi e godere del panorama, del fresco, dell’atmosfera piacevole: sarà la nostra sistemazione preferita. Le foto presenti sul sito di questo hotel rappresentano bene il tutto. Il gestore è molto disponibile, pronto in qualsiasi momento, sinceramente coinvolto, e per chi ama fare conoscenze e chiacchierare un po’, il fatto di potersi trovare all’aria aperta con un te, una sedia, un tavolo, sotto il cielo stellato, è l’ideale. Gironzoliamo per Goreme, che è davvero un villaggio molto grazioso composto interamente di case e costruzioni tipiche, scegliendo uno dei locali sulla strada principale, Silk Road, che sarà quello prescelto per i tre giorni. Lunga sosta, valutando anche il caldo, notevole: siamo un po’ perplessi sulle cose da fare. Il gestore viene subito in nostro aiuto e ci offre diverse possibilità fattibili. Per oggi, scegliamo, un “sunset tour”, cioè una guida ci porterà a camminare per le red and rose valleys, con lo scopo di arrivare ad una cima e ammirare il tramonto, il tutto per 15 lire ciascuno. Verso le 17.30 ci troviamo in un gruppo di turisti coreani e partiamo. Il panorama, per chi ci è stato, ricorda i parchi americani dello Utah, Bryce ad esempio, oppure le Meteore greche. Gustiamo uva selvatica buonissima e mele piccole tipiche del posto, entriamo nelle prime chiese incavo nelle rocce, guardiamo le prime abitazioni . Il sentiero è fattibilissimo, è una proposta da consigliare. Dopo il ritorno alle 19.30 all’otogar del paese, ritorniamo a mangiare nel locale del pranzo con falafel, meze di pomodoro piccante, dolci e tea. Davanti alla piscina, in un fresco niente male (notevole escursione termica alla sera/notte), pensiamo al tour che ci aspetta il giorno dopo , il Green Tour dell’intera giornata, per 120 lire compreso di tutto.

DOMENICA 25

Dopo una gradita colazione sulla terrazza, ampia e varia, alle 9.30 partiamo con un dolmus tra malesiani, americani, inglesi e messicani. Le tappe sono: punto panoramico su Goreme, valle di Uhlara, pranzo, monastero di Selime e citta’ sotteranea di Derinkuyu, tramonto sulla Pigeon Valley e visita a un negozio di oggetti in onice con ritorno alle 18.30. Tutto valido, con una guida simpatica e competente; la passeggiata nella valle di Uhlara può risultare strana, per noi torinesi, paragonabile a qualsiasi altro tratto montano, ma uno immagina che gli altri turisti la trovino particolare. Il pranzo, sul fiume, è molto buono e consistente. E’ al monastero pero’ che abbiamo provato stupore, dopo una notevole arrampicata, nell’entrare in cunicoli e piccole entrate per scoprire atri e stanze dipinte, un labirinto immerso in una luce da deserto, calda, rassicurante. La guida ci fa notare in lontananza numerosi “camini” scuri: erano stati scelti da Lucas per il primo “Star wars”, ma la situazione politica del tempo non aveva permesso alla troupe di lavorare, per cui il tutto poi era stato ricreato tale e quale in Tunisia. E, ancora, la citta’ di Derinkuyu ci ha stupito in egual modo, siamo scesi 5 piani sotto, ed io che talvolta soffro di claustrofobia, non ho avuto il minimo problema perché viene assicurata una buona areazione: stanze nascoste, pozzi, cunicoli, comignoli e porte, passaggi segreti e difensivi e la possibilità di vedere la luce del sole dal fondo. E’ un tour che consigliamo volentieri, non ha pause né furberie, è istruttivo e divertente. Al Nirvana, ci godiamo un minimo di pausa, con tuffo in piscina, decisamente pulita e indubbiamente fresca, doccia, una chiacchiera con il gestore e cena al solito posto: soup di lenticchie, vegetable pottery in terracotta fumante, ayran, chicken rolled kabab e poi, non ancora stremati del tutto, ci incamminiamo in salita per vedere Goreme di notte, fino ad un punto estremamente panoramico, al Sunset Cafe’. E’ un presepe quello che ci troviamo davanti, ma il sonno ci richiama all’ordine e rotoliamo fino al Nirvana, nel fresco della nostra stanza.

LUNEDì 26

Alle 4.40 un gruppo di turisti si appresta a partire per salire sulle mongolfiere e alle 4.50 partono anche gli appelli alla preghiera. Dopo la colazione, decidiamo di affittare uno scooter. Il gestore del Nirvana agisce rapidamente come sempre e ci troviamo il mezzo davanti alla stanza dopo 10 minuti circa, 60 lire al giorno, con uso dalle 9.30 alle 19.30 circa. Inizia così la nostra avventura che sarebbe stata infuocata sotto il sole e ridotta, se affrontata con il bus o a piedi, avendo solo poche ore a disposizione. Due caschetti blu e via. Prima tappa: Cavusin, ma scappiamo subito, non cogliendo le cose da vedere. Seconda tappa: i Camini delle Fate. La visione suggestiva di questi enormi massi lunari chiari, che di nuovo ricordano i parchi americani, e questi “funghi” radunati insieme è bella e supera la nostra prevenzione, avendo visto così tante immagini preconfezionate. Vaghiamo liberamente, entrando e curiosando dove possibile, raggiungiamo la cima, e, ora di partire, incontriamo un signore che vuole chiacchierare con noi, in italiano, ricordando vecchie esperienze di lavoro, parlando dell’attuale sistemazione in Francia, dicendo di essere originario di Avatanos, paese vicino, e ci consiglia, con tanto di cartina disegnata, di recarci li’ per visitare la scuola di tappeti, che solo oggi e per un’ora e mezza sarebbe stata aperta. Per farla breve, ci affrettiamo a visitarla, e acquistiamo un piccolo tappeto, con tanto di certificazione. Tornati al Nirvana, ci dicono di conoscere questo signore, fa’ questo di mestiere… comunque nel simpatico inganno, non ci sentiamo fregati e ci godiamo l’acquisto, insieme alla quiete del Nirvana e ai dolcini comprati durante il tragitto, che hanno il nome di cezerve acik, gelatine di albicocca con cannella, peperoncino e pistacchi, squisiti. Assaggiamo il primo succo di melograno e ridiamo della nostra scorta di pul biber. Alle 15 ripartiamo con questo tragitto: – Museo aperto di Goreme: 15 lire. Lo percorriamo in 15 minuti, ancora sazi della visita del giorno precedente. Se siete a digiuno di chiese, risulta unico e molto bello, se invece già avete fatto un percorso simile, può risultare un po’ noioso. – Urgup: questa città viene paragonata a Goreme, ma in realtà è meno definita, cerchiamo il villaggio antico, che è piccolissimo e composto dalle solite case scavate nel tufo con tanto di giochini per bimbi a fianco. Numerosi cani randagi cercano cibo, e la fame permette alle api di pungerli , non appena mettono il naso dentro ai cestini della spazzatura. Non fanno più paura, solo molta pena. – Castello di Uchisar: vogliamo vedere il tramonto dalla cima, consapevole che avverrà non sulle valli Rose and Red, ma all’opposto. Biglietto: 5 euro. La visione è a 360 gradi è il premio per i mille scalini. – Punto panoramico di Goreme, dopo il lungo tragitto del ritorno: le luci si accendono lentamente, una ad una, ne vale la pena. Consegnamo lo scooter alla Silk Road, con tanto di foto finale e paghiamo 10 lire di benzina. Per l’ultima sera in Kapadokia non cambiamo locale per la cena, sempre buona. Saldiamo il conto al Nirvana, e ci rassicuriamo che il gestore abbia prenotato lo shuttle. Ovviamente, è stato fatto da tempo. Ci permette di effettuare il check in con calma e ci salutiamo. Cosa rimane di questi tre giorni in Kapadokia? Sicuramente un senso del bello e del profondo e lo stimolo di fare molte cose, in una sfida con se stessi e con il tempo, unito alla gentilezza ed estrema disponibilità degli abitanti.

MARTEDì 27

Alle 5.15 la sveglia suona e ci ricordiamo delle mongolfiere. Di corsa, saliamo sulla terrazza del Nirvana, alziamo lo sguardo e .. delusione: non c’era nulla in cielo. Con attenzione, pero’, scorgiamo una fiammata nel buio e la sagoma di un baloon. Eccole! Abbiamo aspettato l’alba e una dietro l’altra hanno iniziato a gonfiarsi e prendere il volo. Ne abbiamo contate una quarantina, uno spettacolo indimenticabile, di nuovo la Turchia ci salutava a suo modo. Lo shuttle si è fatto attendere non poco, creando ansia, e non con tanta fretta ci ha portato a Kayseri, dove ci aspettava una folla grandiosa di persone in coda per i controlli. Siamo comunque riusciti a partire in orario e arrivare ad Izmir. Qui inizia la terza parte del nostro viaggio, sicuramente quella meno coinvolgente, e non solo perché è la coda del tutto. Il nostro scopo è quello di visitare Efeso e godere di un po’ di mare. Dall’aeroporto della città ci dirigiamo alla stazione metro (si esce dall’aeroporto e si supera il ponte per poi girare a sinistra e seguire le indicazioni per la metro station: non è un tragitto corto). Il biglietto fino a Selcuk costa 4.5 lire, noi abbiamo preso il treno delle 11.45. Viaggio comodo, aria condizionata, fermate chiare, controllore. Arrivati a destinazione, da soli ci rechiamo alla Homeros Pension, per una strada in salita. L’Homeros Pension è pubblicizzata e consigliata ovunque, con recensioni molto buone. La nostra opinione rimane positiva, ma si differenzia nei vari aspetti. Il costo, la posizione, la cucina e la disponibiiltà della signora che gestisce parte della pensione e che ha il nostro pieno ringraziamento e riconoscimento, meritano una valutazione alta, diciamo A. L’atmosfera creata dal gestore, credo il fratello della signora, l’istrionismo celebrato, e diciamo la poca reale attenzione dedicata a parte degli ospiti (quindi una scelta personale settaria), con un PC in turco (e non modificabile) e nessuna indicazione sui luoghi circostanti, merita un C. Arrivati accaldati e stanchi, siamo accolti dalla signora e da un pranzo improvvisato, perché richiesto sull’istante, rapidamente preparato e servito nella terrazza coperta e ventilata, caratterizzata da un bell’arredamento tipicamente turco . Perfetto. Verso le 16 ci rechiamo all’autogar, e prendiamo un minibus per Epheso. La visita alla città antica (biglietto: 25 lire ciascuno) e’ interessante e riflessiva, soprattutto a quest’ora , ancora calda ma senza tanta gente: ci è stato consigliato il tardo pomeriggio ed è davvero meglio. Tutto sembra ancora vivo: Efeso ci fa percepire cosa era un tempo quella zona; un’intera città è scomparsa, come se Roma fosse stata infossata dai fanghi del Tevere. Dopo due ore di tranquilla camminata, torniamo all’ Homeros a piedi, per il viale alberato che unisce Epheso al centro di Selcuk. Ci aspetta un aperitivo offerto in terrazza, all’aperto, per aspettare insieme il tramonto, bellissimo. La cena viene servita sulla terrazza coperta e qui scopriamo la validità della cucina della signora, la più buona e salutare di tutta la vacanza: varie verdure , crema di yogurt, semplice riso buonissimo, polpette, olive e altro, con grande varietà e ottima qualità. Riceviamo dal padrone di casa pochissime notizie riguardanti il boat tour che vorremmo fare nei tre giorni, per cui decidiamo di pensarci poi da soli.

MERCOLEDì 28

Alle 5.10 il minareto della moschea a fianco ci sveglia. La colazione è ampia e variegata, freschissima. Partiamo per il mare, dall’otogar, con il bus per Pamucak Beach, con biglietto di 3 lire. La spiaggia è molto ampia, affittiamo ombrellone e due sdraio per 10 lire, poca gente, per ora acqua pulita, sebbene bassa e paludosa. Fino alle 16, completo relax, e poi raggiungiamo in bus Kusadasi, per capire qualcosa sui boat trips. Questa cittadina è proprio cio’ che noi non vorremmo trovare e vivere, vendita continua, traffico sostenuto, palazzi alti e moderni, e la rivelazione che questi viaggi in boat siano più un’esperienza consumistica e commerciale che un modo di vedere un mare diverso, più naturale. Torniamo direttamente all’otogar per 5 lire e arriviamo per doccia e vino in terrazza condiviso con gli altri ospiti e chiacchierata in inglese del più e del meno con magnifico tramonto e susseguente cena, sempre ottima. Il costo della cena è 18 lire, ma la qualità potrebbe triplicarne il prezzo. Saliamo al buio della terrazza superiore e ci accorgiamo che il prossimo sarà l’ultimo giorno di vacanza.

GIOVEDì 29

Dopo la buona colazione e aver saldato il conto, ritorniamo a Pamucak Beach. Ultima mattinata di relax, osservando i locali che si buttano in acqua, intere allegre famiglie spesso di tre generazioni si radunano e trascorrono il tempo, donne ovviamente vestite da capo a piedi giocano con i figli e si insabbiano le vesti bagnate, per poi rituffarsi senza problemi. Nel primo pomeriggio il solito dolmus ci riporta alla pensione: decidiamo di provare l’hammam. Si trova accanto alla stazione di Selcuk, non è proprio tipico e turistico, perché è il bagno degli abitanti del paese. Costo: 35 lire ciascuno con massaggio. Esperienza piacevole, anche perché finora non provata. Alla pensione, al ritorno, cerchiamo inutilmente di effettuare il check in per il giorno dopo chiedendo di usare il PC della pensione, invano. Il computer ha le scritte in turco, non c’è modo di tramutarle in inglese, il padrone non capisce, la stampante non funziona.. insomma, niente da fare. Partiremo senza. Dopo la cena, squisita, passeggiamo per il paese, e visitiamo persino la piccola moschea in cui ci vengono mostrati cimeli e catechismi .

VENERDì 30

Questo è il giorno dei viaggi, del ritorno e c’è poco da dire. Abbiamo chiesto alla signora di anticipare la colazione di 15 minuti e siamo stati subito accontentati. Dobbiamo prendere il treno per Izmir alle nove e l’aereo alle 11. 15. Il tutto è un po’ rischioso, perché è pur vero che il servizio del treno/metro è eccellente, ma il padrone non ci ha avvisato che ad ogni fermata la sosta è sempre più prolungata per il numero crescente di persone che salgono, cariche di ogni cosa e che i rallentamenti sono dovuti anche a numerosi lavori in corso… per cui, con il cuore in gola, arriviamo all’aeroporto letteralmente correndo per affrontare i numerosi controlli (3 – a Istanbul 5), per effettuare frettolosamente il check in, fallito all’ Homeros. Da qui in poi, con le solite lunghe attese tipiche di ogni aeroporto, tutto concorrerà in positivo per il nostro arrivo a Torino. Che dire? Grazie, e questa parola è ancora più sincera qui in Italia, a casa nostra. Non piu’ soffi di aria fresca e nemmeno nessuna nenia prolungata nel silenzio, la poesia ora non è più a portata di mano, bisogna scovarla nella quotidianità della vita occidentale. Davanti agli occhi ancora le maioliche di Istanbul, la pace di Goreme, il coraggio dei sentieri e dei meandri nascosti, la luce calda di tutto il viaggio. Vedremo di far durare questa ricchezza.

Consigli pratici:

– Noi abbiamo camminato molto ed è il mezzo che più consigliamo, dove possibile, per entrare davvero nella vita del posto.

– In Kapadokia, tuttavia, lo scooter è stato providenziale.

– Le folle di turisti possono essere un reale problema e rovinare in parte il viaggio: occorre prevenire il problema, che è essenzialmente di Istanbul, anticipandole di molto.

– Non abbiamo mai avuto la sensazione di essere derubati o altro. Le persone che abbiamo incontrato ci hanno sempre aiutato e anche di più, al punto che notando la nostra normale diffidenza, dicevano: “I am not dangerous! “

– Fermarsi e osservare e respirare l’aria che tira, e godersi il momento è un reale espediente per vivere la Turchia.

– Si parla un inglese cordiale e fluente ovunque.

– Museum e transport cards, come sempre, sono convenienti.



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