Con il camper in turchia

CON IL CAMPER IN TURCHIA Di Antero e Mary Dal 16 settembre al 1 novembre 2007ITALIA/GRECIA CASTIGLION FIBOCCHI – ANCONA- (imbarco per IGOUMENITSA Grecia) – JOANNINA – KALAMBAKA - ASPROVALTA-AMPHIPOLI-FILIPPI- ALEXANDROUPOLIS - CONFINE GRECIA/TURCHIATURCHIA IPSALA-ISTANBUL-SAFRANBOLU-AMASRA- LA COSTA DEL MAR NERO –...
Scritto da: lampo
con il camper in turchia
Partenza il: 16/09/2007
Ritorno il: 01/11/2007
Viaggiatori: in coppia
CON IL CAMPER IN TURCHIA Di Antero e Mary Dal 16 settembre al 1 novembre 2007

ITALIA/GRECIA CASTIGLION FIBOCCHI – ANCONA- (imbarco per IGOUMENITSA Grecia) – JOANNINA – KALAMBAKA – ASPROVALTA-AMPHIPOLI-FILIPPI- ALEXANDROUPOLIS – CONFINE GRECIA/TURCHIA

TURCHIA IPSALA-ISTANBUL-SAFRANBOLU-AMASRA- LA COSTA DEL MAR NERO – HATTUSA – AMASYA – MAR NERO –TRABZON – L’EST VERSO IL LAGO DI VAN – IL SUD VERSO HARRAN – ANTIOCHIA – DIJARBAKJR -NEMRUT DAGI- LA COSTA DEL MEDITERRANEO – LA CAPPADOCIA -I GRANDI LAGHI -ANTALYA E LA COSTA DEL MAR EGEO –PAMUKKALE – EFESO – PERGAMO-TROIA- CANAKKALE – IPSALA- CONFINE TURCHIA/GRECIA.

Km percorsi in totale: 9.053 più 34 ore di nave per la traversata Italia-Grecia-Italia.

Anche questa volta facciamo il viaggio da soli con il nostro camper.

Il Paese La maggior parte della Turchia, a nostro parere , può essere considerata simile a un qualsiasi paese europeo: La gente, le strade, il panorama,il clima, il modo di vivere nelle proprie usanze e abitudini sono tutte simili alle nostre. Solamente all’est, vicino al confine con l’Iraq e al sud vicino al confine con l’Iran e la Siria (dove si trova il popolo Curdo che noi abbiamo trovato ospitale e caloroso) c’è molta povertà e ci sono altre usanze.

La popolazione Con l’eccezione di chi vive di turismo (cappadocia docet, poco calorosa e molto europea), in generale la popolazione è tutta tranquilla, cordiale e molto ospitale. Ovunque ci siamo sentiti sicuri e ben accetti, molto di più all’est e al sud , che non al centro .

Abbiamo notato una forte diseguaglianza sia economica sia politica . Il paese ci è sembrato diviso in due nette categorie sociali. Molti ricchi, moltissimi poveri. (noi siamo sulla stessa strada ?) Mentre al nord, all’ovest e al centro c’è benessere, nel sud del paese abbiamo notato tanta povertà ma sempre una grande dignità. All’est c’è benessere e povertà (ora hanno trovato anche il petrolio) ma esistono problemi politici che gravano sugli abitanti di questa parte della Turchia. Le città Le grandi città non sono solo grandi: sono enormi. Le colline intorno a Istanbul sono coperte letteralmente da centinaia di migliaia di palazzoni. Lo stesso fenomeno lo abbiamo osservato in tutte le città, anche più piccole, che abbiamo attraversato. Anche le coste hanno subito la stessa sorte. La costa del Mediterraneo è un susseguirsi di enormi casermoni, la maggior parte della costa sul mar egeo ha colline con vista su baie stupende completamente coperte da centinaia di villini, tutti uguali. Le strade Le strade di accesso alle città sono molto larghe e alberate. La Turchia sta facendo passi da gigante nella costruzione delle infrastrutture. Tutta la nazione è raggiungibile tramite una rete stradale capillare e ben tenuta; le strade sono in ristrutturazione e allargamento, ci sono cantieri ovunque. Scarsa la segnaletica in caso di bisogno bisogna tener conto che è difficile riuscire ad avere indicazioni dai Turchi sia per la loro modesta conoscenza di lingue straniere sia per la nostra ignoranza della lingua turca.

Acquisti I prezzi sono inferiori ai nostri del 30% ma tutto cambia nelle zone turistiche, dove i prezzi sono superiori a quelli praticati da noi. Andare in un ristorante significa sostenere un costo pari o superiore a quanto si sostiene in Italia, se decidiamo di mangiare all’europea (sedie,posate,vino,frutta dolce ecc). Se mangiamo i loro prodotti , si spende poco ma occorre rinunciare al vino(costa in media 7/10 euro a bottiglia). Turismo in camper I turchi erano nomadi, per loro l’ospitalità è sacra. I campeggi, in teoria molti, in realtà pochi, sono cari in rapporto al costo della vita e alla qualità dei servizi offerti, infatti solo alcuni hanno servizi igienici utilizzabili, la maggior parte poi sono semplici appezzamenti di terreno. La maggior parte dei campeggi si trovano al nord, nella costa del mar nero, in cappadocia e nella costa egea ma con il 15/9 finisce la stagione turistica, la maggior parte dei campeggi essendo stagionali chiude e solo alcuni campeggi annuali restano aperti e questi si contano sulle dita di una mano. Nessun problema per la sicurezza: la polizia (jandarma) è onnipresente, la gente è tranquilla e ospitale. Si può pernottare ovunque, in assenza o quasi di campeggi si possono utilizzare gli otopark (parcheggi per auto) che si trovano in tutti i villaggi, paesi e città. Lo scarico può essere fatto presso qualsiasi distributore (chiedendo), per il carico di acqua non esistono problemi, lungo le strade ci sono dappertutto cannelle con acqua potabile.

CASTIGLION FIBOCCHI 16 settembre 2007 Partiamo di buon’ora da casa, dopo aver salutato i figli e i nipoti. Ci dirigiamo verso Ancona, dove arriviamo alle tredici. Pranzo veloce e poi subito a fare il check-in, perché alle sedici in punto salpa la nave che ci porta in Grecia. Trascorriamo il pomeriggio ammirando dal ponte della nave la costa che si allontana e il mare che diventa sempre più blu. La sera facciamo cena in camper poi una bella passeggiata sotto le stelle e, fatta notte, andiamo a dormire nel nostro camper.

17/9 Lunedì Puntualmente l’indomani mattina alle sette sbarchiamo a Igoumenitsa. Una breve pausa per la colazione e poi ci dirigiamo verso Kalambaka per visitare “ Le Meteore” (i Monasteri).

Lasciamo il porto di Igoumenitsa utilizzando l’autostrada che però ancora è in fase di completamento. Così ci inerpichiamo per le montagne ammirando paesaggi bellissimi. Facciamo sosta a Metsovo, un piccolo paese in montagna, dove ancora la gente utilizza il costume caratteristico greco; purtroppo per arrivare nel centro del villaggio c’è un’unica strada, talmente stretta che due mezzi incrociandosi, devono fare manovra.

Noi, scesi con il camper, ci troviamo in difficoltà…Tant’è che, in mezzo al paese, non possiamo più andare avanti per la strada molto stretta. Perciò siamo costretti a fare retromarcia fino a quando, arrivati a uno spiazzo possiamo girare il camper e riprendere la strada per uscire dal paese.

Comunque quello che abbiamo visto passando ci è molto piaciuto, è molto caratteristico, sembra un paesino delle alpi. E’ pieno di piccoli negozi, dove artigiani del legno costruiscono e vendono i loro prodotti.

Riprendiamo il cammino, arriviamo a Kalambaka; che meraviglia!. Grossissime rocce si innalzano davanti a noi sono sparse qua e la e su ciascuna di esse è stato costruito dai monaci un Monastero. Difficile spiegare l’emozione che si prova stando con gli occhi rivolti in alto per vedere le sagome sinuose dei Monasteri.

Trascorriamo il pomeriggio per la visita di tutti i monasteri. Noi siamo fortunati, ora ci sono le strade che conducono in cima a ogni roccia, ma ripensiamo a quando, anticamente, l’unica via di accesso al monastero consisteva in una rete issata dagli eremiti con carrucole. Era l’unico mezzo disponibile per portare su uomini o merci! Facciamo sosta al campeggio di Kalambaka.

18/9 Martedì La mattina presto partiamo con destinazione Asprovalta. Superiamo Larissa, il Monte Olimpo (coperto da alte nuvole), Leptokaria, Katerini, quindi Salonicco fino ad arrivare alla nostra meta. La strada all’inizio è ancora di montagna e al ciglio della strada si possono vedere delle piccole cappellette a forma di chiesa. Troviamo tanti, tantissimi lavori in corso, sia per allargare le strade sia per terminare l’autostrada che presto prendiamo per arrivare a Salonicco. Attraversiamo la grande città, facciamo il lungomare fino ad arrivare al Campeggio internazionale di Asprovalta dove passiamo le ultime ore di sole e la notte.

19/9 Mercoledì Ci avviciniamo al confine con la Turchia. E’ tutta autostrada. Andiamo ad Amphipoli per vedere il grande Leone, poi a Filippi, celebre sito archeologico ove trascorriamo tutta la giornata e, solo verso sera raggiungiamo Alexandroupolis, dove sostiamo per la notte.

20/9 Giovedì Dopo solo 40 km raggiungiamo la frontiera, superiamo quella Greca e poi entriamo alla dogana di Ipsala in Turchia. Le formalità burocratiche sono abbastanza veloci, riprendiamo la strada che ora è piatta e monotona. E’ ancora giorno quando ci fermiamo in un campeggio a circa 60 km da Istanbul. E così abbiamo il primo vero impatto con la lingua Turca. Il gestore non conosce l’Italiano, parla a malapena qualche parola d’inglese, tuttavia riusciamo, con i gesti, a far capire al gestore che vogliamo acquistare una carta telefonica turca. Si rende subito disponibile ad accompagnarci in centro a un negozio di telefonia, acquistiamo la carta Turkcell che ci permette di telefonare ai nostri figli spendendo poco. Prima di cena chiediamo al gestore se ci può accompagnare (pagandolo) a Istanbul per i tre giorni che vogliamo trattenerci, ma ci dice che, essendoci troppo traffico non se la sente di portarci dentro Istanbul e poi ritornare a prenderci. Ci suggerisce di prendere il bus che porta in città e poi prendere la metro per arrivare al centro.

Pazienza! Andremo da noi con il camper.

La notte è stata un po’ agitata perché si è scatenato un grosso temporale con tuoni, fulmini e tanto, tanto vento.

21/9 Venerdì Presto ci alziamo e ripassiamo ben bene la cartina per memorizzare la strada che ci permette di entrare nel centro di Istanbul (per l’esattezza nella piazza davanti a AyaSofya) dove possiamo sostare anche per la notte perché non esistono più campeggi a Istanbul e perciò ci dobbiamo arrangiare se vogliamo vedere questa meravigliosa città. Prendiamo l’autostrada che ci porterà fino alle porte di Istanbul; man mano che ci avviciniamo al centro, il traffico diventa sempre più caotico e stressante (n.B. La città ,con la periferia, conta oltre venti milioni di abitanti!!!), ci sorpassano da destra e da sinistra, qualcuno anche ci attraversa la strada. Poi vediamo il cartello Topkapi e lo seguiamo…Errore, dovevamo prendere la strada che costeggia il mar di Marmara e arrivare così al ponte di Galata (vicinissimo ad AyaSofya).

Entriamo nel centro storico di Istanbul. Per un po’ seguiamo la macchina di due giovani che ci dicono di seguirli, poi in assenza di segnaletica siamo costretti a fermarsi per stradine strette e chiedere come arrivare alla piazza tanto agognata. Dopo innumerevoli manovre, fra auto in sosta e traffico caotico, riusciamo ad arrivare nella piazza antistante alla Moschea Blu.

Purtroppo è tutta occupata da una troupe televisiva che realizza una soap-opera vicino alla Moschea Blu; non c’è possibilità di parcheggiare nemmeno per cinque minuti.

Ci suggeriscono di provare al posteggio del Palazzo Topkapi distante meno di 300 metri. Facciamo manovra e, non facciamo in tempo ad arrivare, subito due posteggiatori ci fanno segno di fermare. Ci domandano per quanto tempo vogliamo trattenerci e poiché vogliamo fare sosta per tre giorni e due notti ci chiedono una profumata tariffa (costo per ventiquattro ore = 8 LireTurche pari a circa 5 euro..Noi abbiamo pagato 40 euro pari a settanta LireTurche) e ci fanno accomodare in una rientranza del muro di cinta del palazzo di Topkapi (un po’ in discesa).

Dormiamo nel centro del centro di Istanbul e ce la possiamo godere tutta, sia di giorno che di notte.

Decidiamo, visto il tempo nuvoloso, di accelerare la visita della città, così, dopo aver mangiato un bel panino, entriamo nel palazzo, ora museo.

Per oltre quattro secoli Topkapi è stata la residenza ufficiale dei sultani ottomani. Immenso, grandioso e bellissimo. Palazzi collegati da passaggi segreti con giardini pensili affacciati sul Bosforo. Ci fanno impressione le enormi cucine, capaci di preparare banchetti per oltre 10.000 invitati. L’Harem con le sue 400 stanze, il palazzo dell’imperatore e le camere degli eredi, il cortile delle concubine e…Il famoso tesoro di Topkapi con il dente di Maometto, il famosissimo diamante di ottantasei carati, il preziosissimo pugnale d’argento tempestato di smeraldi, costumi tempestati di pietre preziose,miniature dorate, manoscritti e la collezione di porcellane cinesi frutto di conquiste militari dell’impero ottomano e considerata la più importante del mondo. Finita la visita del Topkapi , usciamo e fatti due passi siamo davanti alla Moschea Blu e ad AyaSofya che decidiamo di visitare. Quando è stata costruita, circa 1500 anni fa era considerata una delle meraviglie del mondo conosciuto. Allora Istanbul si chiamava Bisanzio e qui l’imperatore Costantino(imperatore del sacro romano impero d’oriente) fece costruire questa meravigliosa basilica cristiana poi trasformata in moschea durante la dominazione ottomana e oggi museo.

Entriamo, lo spettacolo è unico.. Tutta la chiesa è ornata di splendidi mosaici , di archi, di volte a cupola cosi alte(55 metri) che impressionano il visitatore. Dalla cima della cupola, che possiamo raggiungere salendo larghe scalinate a chiocciola, si gode uno spettacolo meraviglioso.

Attraversiamo la piazza antistante AyaSofya e raggiungiamo la moschea blu (Sultanahmet) così chiamata per le 20.000 piastrelle blu che la decorano, è la moschea più grande della Turchia . Ci togliamo le scarpe e visitiamo l’interno; è immensa, ha sei minareti e grandi cupole dalle quali pendono grossi lampadari, il pavimento è completamente coperto da un unico tappeto rosso.

Prima che scenda la sera, facciamo un giro nel Gran Bazar , il più grande , al coperto, del mondo. Al suo interno oltre 4000 negozi, una moschea, una scuola, un posto di polizia, una banca. I negozi sono raggruppati per categorie di prodotti e qui si trova veramente di tutto. Mentre giriamo tra le strette viuzze del bazar, siamo avvolti da musica e aromi di spezie.

Ora si è fatta ora di cena, decidiamo di andare a vedere le mille e più bancarelle che preparano, al momento, succulenti e gustosi pasti. Cosa si può dire, tutto è colorato, profumato di carne alla brace, gli aromi delle spezie avvolgono tutto il centro, la musica è assordante c’è chi canta solitario in una piazza, chi invece canta in piccole trattorie e grandi ristoranti accompagnato da musicanti tutti vestiti nel caratteristico costume turco. Mangiamo con soddisfazione tant’è buona la nostra cena, facciamo molto tardi passeggiando nel centro, vediamo le riprese di uno spettacolo televisivo, l’anfiteatro romano è invaso da bambini che giocano chiassosamente nonostante l’ora tarda.(N.B. siamo nel periodo del Ramadan e fino alle diciotto tutto è proibito , ma subito dopo…Tutto è concesso!!!).Abbiamo fatto molto tardi, andiamo a riposare nel nostro camper, sotto le mura di Topkapi.

22/9 Sabato Alle quattro e alle sei il muezzin ci ha svegliati con la sua preghiera. Ci alziamo presto, il cielo è ancora coperto da nuvole. Dopo aver fatto colazione, andiamo a vedere le altre meraviglie della città e incominciamo con la visita della cisterna sotterranea che poteva contenere 80.000 litri di acqua . La visita è affascinante , la cisterna è ubicata sotto la basilica fatta costruire da Costantino e ampliata da Giustiniano. La volta della grotta è sorretta da 336 alte colonne , una diversa dall’altra e disposte in dodici file. Grazie all’illuminazione immersa nell’acqua, lo spettacolo è dei più affascinanti. Andiamo a Eminonou il porto di Istanbul per prendere un battello per una gita sul Bosforo.

Non ci soddisfa l’idea di prendere un servizio per i turisti, decidiamo per un battello privato che ci conduca a vedere, con calma, le principali attrattive che si affacciano su questa parte del mar di Marmara. Questa è stata un’impresa degna di nota. Con il 15/9 tutti i battelli privati si fermano per mancanza di turisti e operano solo le navi che fanno la traversata.

Siamo noi due soli con il capitano della barca che si sofferma davanti ai palazzi dandoci spiegazioni esaurienti; la gita dura oltre due ore permettendoci di godere con tutta calma il Ponte di Galata, la Torre, il Ponte sul Bosforo, la parte asiatica, il palazzo Dolmabahçe. Sulla via del ritorno Mary chiede e ottiene di guidare il battello, per dieci minuti siamo stati in apprensione ma…Tutto è filato liscio.

E’ ora di pranzo, lasciamo il nostro amico capitano e ci incamminiamo verso la più bella moschea di Istanbul, la moschea Suleymaniye Camii.

Si tratta della moschea fatta costruire dal più grande, più ricco e più potente dei sultani ottomani: dal sultano Solimano il Magnifico.

Si erge in uno dei sette coli di Istanbul (come Roma!!) e domina il Corno D’oro e tutto il Bosforo ci appare subito grandiosa: i minareti sono alti 74 metri, l’interno è ancora più sontuoso della moschea blu, è veramente un gioiello di architettura. Ai lati della moschea c’è un cimitero con le tombe dei familiari del sultano , tutte hanno una caratteristica a noi finora sconosciuta: quelle degli uomini hanno un turbante o fez, quelle delle donne una sciarpa, nei pressi, dentro una piccola cappella , tutta decorata in oro zechino , la tomba del più grande sultano: Solimano il Magnifico. All’ingresso di ogni moschea ci sono tante cannelle con acqua corrente. Qui gli uomini (le donne lo fanno nei bagni) si lavano il collo, le mani, si strusciano forte forte i gomiti, si lavano il viso ripetutamente, si soffiano il naso con le mani, si lavano i piedi , insomma vogliono lavarsi e purificarsi ben bene prima di entrare nella moschea.

Anche i bagni hanno una caratteristica: sono stretti, piccoli , senza tazza ma proprio… alla turca. Dentro ogni gabinetto c’è una scatola raccogli carta igienica usata (si! Non deve essere buttata nel buco perché si intaserebbe) e una ciotola che serve per raccogliere l’acqua da un rubinetto basso a destra, acqua che deve essere usata per la pulizia del buco. Ci dobbiamo adeguare! Lasciamo la moschea per dirigerci verso il mercato delle spezie (egiziano).E’ immenso, tanti, tantissimi negozi con una miriade di colori e profumi di spezie che sembra ancora di sentirli addosso, tutto è ordinato e brulicante di gente. Rientriamo verso il centro, si è fatta sera e decidiamo di restare fuori per la cena. Ci mettiamo seduti nei piccoli, bassi, bassi sgabelli (tipici turchi) a gambe larghe e ci mangiamo: Riso con uvetta, agnello, peperoni, melanzane e pomodori, condito con del buon peperoncino piccante, un buon sughino e schiacciata, il tutto innaffiato da una…Coca-cola turca. Per finire un dolce tipico con una bevanda tipica: palline di pasta di pane f ritte e inzuppate nel miele e un latte denso con una spruzzata di cannella e zucchero a velo. Sono le ventidue, prima di rientrare per dormire andiamo nuovamente dentro la moschea blu che rimane sempre aperta, anche la notte durante il Ramadan. C’è un via vai di persone , sembra di essere in pieno giorno in un giorno di festa.

E’ veramente tardi, rientriamo per dormire almeno due ore poiché alle quattro saremo svegliati dalla preghiera.

23/9 Domenica Dopo aver fatto una nuova passeggiata nel centro di Istanbul, lasciamo il nostro parcheggio per andare in Asia. Dobbiamo attraversare il secondo ponte sul Bosforo perché il transito sul Grande Ponte è riservato a chi ha la carta magnetica o il telepass. Non troviamo molto traffico, superiamo il ponte di Galata, dove vediamo moltissime persone intente a pescare con la canna poi, quando ci avviciniamo al Palazzo Dolmabahçe, perdiamo la segnaletica per andare al secondo ponte, proseguiamo per Ankara e…Ci troviamo nel Ponte sul Bosforo, si proprio quello che non dovevamo prendere. Lo percorriamo tutto fino all’altra sponda ma al termine ci sono le sbarre e non si alzano senza telepass. Siamo impacciati e innervositi, ci domandiamo come possiamo fare, non si può rimanere nel ponte né tantomeno fare inversione a U. Mentre, siamo in attesa di farci venire un’idea, ecco che un Turco ci chiede se abbiamo bisogno, capisce la nostra situazione , infila la sua carta di credito, si alzano le sbarre e così possiamo passare; gentili e accoglienti , troveremo per il resto del nostro viaggio , gli abitanti della Turchia. Percorriamo una bella e larga autostrada per circa 400 km,il panorama che vediamo non è diverso dal nostro, un’infinità di case, campi coltivati, frutteti, città…Insomma siamo in Asia ma sembra di essere a casa; c’è, però una differenza, abbiamo trovato sempre le strade ben pulite, continuamente spazzate . Arriviamo all’ora di pranzo a Safranbolu , piccola cittadina che vanta un bel gruppo di case ottomane ben conservate( sono case di legno di due o tre piani, rinforzate da mattoni cotti al sole e intonacate con paglia e fango) tanto da essere dichiarata dall’UNESCO patrimonio dell’umanità. Ci sistemiamo nel piazzale usato dai vigili del fuoco che ci ospitano felicissimi di incontrare degli Italiani, pranziamo e poi subito a visitare questa meraviglia. Le case sono tutte vicine le une con le altre, le vie sono strette e tutte acciottolate .

Ogni strada ha tanti , tantissimi artigiani che lavorano ed espongono i loro prodotti fuori della porta di casa; ogni strada ha mestieri e artigiani diversi. Così trascorriamo il pomeriggio e mentre facciamo acquisti per i figli, ci viene incontro il capo della locale polizia che pare meravigliato ( non ci sono turisti) della nostra presenza, poi ci fa da cicerone (in inglese)e ci spiega cosa andare a vedere; in particolare il caravanserraglio Cinci Han ora albergo/ristorante.

Ritorniamo in camper per cenare , ma subito dopo ritorniamo in paese per gustarci la famosa pasticceria e il tè, qui particolarmente rinomati. Siamo a 500 metri dal paese, non ci sono le luci, prendiamo una torcia e andiamo verso il centro. Sono le 21,30, è domenica ma non c’è più nessuno in giro per il paese. Siamo soli, decidiamo di andare dentro un piccolo bar con giardino all’aperto (delizioso, a lume di candela con musica sottofondo) ci gustiamo un buon tè poi decidiamo di rientrare per la notte. Domani andremo sulla costa del Mar Nero…Che emozione! 24/9 Lunedì Stanotte siamo stati svegliati alle quattro da un colpo di cannone e subito dopo dalla preghiera dell’imam. Da Safranbolu ad Amasya si percorrono circa 120 km di strada di montagna. Arriviamo al porto, dove parcheggiamo il camper. Facciamo un giro nel paese vecchio, è bello e accogliente, un posto raffinato per turisti esigenti, difficile da raggiungere. Pranziamo in un locale veramente carino proprio in riva al mare con questo menù : calamaro per Antero e triglie per Mary più insalatona per ciascuno, acqua e caffè turco..Ebbene mentre a Mary hanno portato un piatto stracolmo di triglie ad Antero hanno portato “ 4 anelli 4” di calamaro, carini da vedere e ben disposti nel piatto decorato da una salsina. E così abbiamo imparato che qui il calamaro è carissimo ed è venduto a peso d’oro. Di pomeriggio prendiamo il sole al molo e assistiamo alle riprese televisive di una soap opera, poi riprendiamo la visita del piccolo villaggio e andiamo ai bagni pubblici per farci una bella doccia calda.

Sono le 18,40, un nuovo colpo di cannone ci ricorda che è finito il ramadan e quindi tutti si siedono per mangiare. Andiamo in una piccola rosticceria in centro e gustiamo i loro prodotti tipici veramente buoni e saporiti. Qui siamo al mare sono le ventidue e c’è ancora un po’ di vita, passeggiamo per le stradine del paese e rientriamo al camper per passare la notte al porto.

25/9 Martedì 170 chilometri è la distanza che separa Amasra da Jnebolu . Oggi abbiamo capito perché Amasra è un angolo di paradiso; da Safranbolu ci sono 100 km di strada di montagna, dalla più vicina città sulla costa ci sono 170 chilometri di strada piena di buche, dissestata che pare in abbandono completo, poi curve, tornanti …Così brutta che per arrivare a Jnebolu abbiamo impiegato circa sei ore. In compenso abbiamo goduto un paesaggio bellissimo, selvaggio a strapiombo sul mare. Giunti a Jnebolu decidiamo di lasciare la costa e andare a Kasaba (80 km) per vedere una moschea tutta di legno. Il panorama cambia, gli alberi che prima dominavano il paesaggio, vanno man mano scomparendo, si attraversano altipiani che talvolta sono brulli. Finalmente arriviamo e fermiamo il camper in uno spiazzo ; poiché la moschea è incastrata tra le mura di un piccolissimo, sperduto e isolato villaggio rurale non abbiamo altro mezzo che andare a piedi. Percorriamo la strada (!) in mezzo a galline, pecore, mucche,mentre alcuni bambini ,mossi da curiosità, ci vengono incontro. Troviamo la moschea chiusa , chiediamo a una donna che pascola le pecore dove abita l’imam, a segni riusciamo a intenderci , ci accompagna alla casa , bussiamo più volte alla porta poi finalmente compare un signore con in collo una bambina…È l’imam. Capisce che desideriamo vedere la moschea e , con in collo la figlia, ci accompagna aprendoci la porta della moschea; l’interno è molto semplice, alte colonne di cedro sorreggono il soffitto di legno e una balconata. L’imam è davvero cordiale ci spiega la storia della moschea che , in parte deve essere ancora restaurata. Si sta facendo buio vogliamo ringraziare per la gentilezza e l’ospitalità ma l’Imam non vuole nulla per se ci dice che se vogliamo possiamo lasciare un contributo per il restauro della moschea e ci invita a rimanere qui per la notte, saremo suoi graditi ospiti per la cena ma… (siamo Italiani…Diffidenti) non ci restiamo…Ci pare di essere troppo isolati e lontani dal resto del mondo.

Proseguiamo verso l’interno per andare a Kastamonu a circa 10 km. La città è grande, grossi viali alberati ci permettono una guida tranquilla. Notiamo lungo i viali, una concessionaria Fiat, ci avviciniamo, chiediamo il permesso di dormire nel piazzale a lato della concessionaria. Tutto ok. Stasera dormiamo qui.

26/9 Mercoledì Poiché siamo nell’interno, decidiamo di andare a visitare Alacahoyuk, poi Yazilicaya e Hattusa e dopo riprendere il nostro viaggio al nord, lungo la costa del mar nero. Qui i terreni sono tutti coltivati e ciascuno trae il proprio sostentamento dall’allevamento di pecore,capre e mucche. Man mano che ci dirigiamo verso l’interno la terra si fa più arida, la gente vive delle poche cose di proprietà, ecco allora che scorgiamo piccoli villaggi con persone che conducono al pascolo l’unica mucca o capra ben legata a un guinzaglio per non farla scappare. Finalmente arriviamo al villaggio di Alacahoyuk dove, in uno spiazzo recintato, ci sono i resti della bellissima città ittita costruita nel tredicesimo secolo a.C. Entriamo nel sito archeologico attraverso la porta delle sfingi e ci meravigliamo di cosa e quanto ha fatto questo popolo. Terminiamo il nostro giro con la visita dell’interessante museo.

Sono le diciassette e dobbiamo pensare dove passare la notte, nel frattempo andiamo a prendere un buon tè in un piccolo bazar all’ingresso del museo.

Abbiamo attirato la curiosità della poca gente del posto, molti sono vicino al camper e lo guardano ben bene, altri, incuriositi, guardano noi. Il gestore del bazar è più curioso degli altri, parla un po’ d’inglese e ci domanda da dove veniamo e dove andiamo, invitandoci ad assaggiare la pide (tipo piadina)che sta preparando la moglie . Non vogliamo dare disturbo ma lui (Hassan) e la moglie (Arinna) insistono e cosi vediamo come si prepara una pide con prezzemolo e formaggio che poi mangiamo avidamente. Facciamo i complimenti alla cuoca, vogliamo pagare ma Hassan non vuole, poi accetta il nostro denaro a condizione che andiamo ospiti da lui in casa sua per la cena .

Allora è deciso rimaniamo a dormire in questa piazza e per la cena saremo ospiti della famiglia di Hassan che abita nella collina sopra il sito archeologico e…Il nostro camper.

Alle diciannove, terminato il ramadan, insieme ai nostri ospiti , a piedi, ci incamminiamo verso la loro casa. E’ buio, prendiamo la torcia elettrica per vedere dove mettiamo i piedi. La padrona di casa prepara un kebap squisito che è posto in mezzo alla tavola e ciascuno di noi prende, con le mani, quello che vuole. Noi, ci siamo abituati nel precedente viaggio in Marocco, dove più volte siamo stati ospiti di famiglie e non ci scandalizziamo per come si mangia, per cosa si mangia e cosa si beve, quindi siamo ospiti graditi poiché facciamo come fanno loro. Passiamo veramente una bella serata insieme, ci vengono a trovare i parenti di Hassan ( quasi tutto il villaggio), finche a mezzanotte decidiamo di andare a dormire. Il nostro camper è illuminato dai lampioni del museo ma la strada che scende dalla collina (500 metri) fino al piazzale è buia, ci accompagnano Arinna, Hassan e una bella luna piena che ci consente di scansare le cacche delle vacche.

27/9 Giovedì La mattina, dopo aver salutato i nostri ospiti e scambiati gli indirizzi, partiamo per Hattusa e Yazilicaya, distante non più di venti chilometri.

L’antica città di Hattusa, capitale del regno Ittita, e città reale, si estende per oltre 5 km in una collina. Poi a 3 km di distanza ancora un sito archeologico ( Yazilicaya) dove gli Ittiti hanno scavato nella roccia un santuario religioso. Quando arriviamo all’ingresso, dopo aver pagato il biglietto, chiediamo come possiamo fare la nostra visita. Ci suggeriscono di non andare con il camper perché in alcuni tratti non è possibile salire sulla collina quindi o andiamo a piedi oppure… Si presenta una guida che parla italiano che si offre di accompagnarci anche senza compenso!!!!, poi lo abbiamo pagato, ci mancherebbe.

Scelta migliore non la potevamo fare. La guida, con la sua auto ci ha portato nei posti più lontani e non raggiungibili,ammiriamo le scritture cuneiformi, le tante sculture, le tombe dei re, la galleria sotterranea di 70 metri costruita solo di massi messi a sesto acuto (non conoscevano l’arco), i tanti palazzi reali e i templi. La nostra guida ci ha illustrato molto bene la storia dei re Ittiti e dei soldati, unici abitanti di Hattusa,città fortificata costruita per proteggere il Re. Il popolo stava nelle campagne vicine o in altre città (vedi Alacahoyuk ), mentre i religiosi stavano nel grande tempio di Yazilicaya.

Il nostro giro, compresa la visita di Yazilicaya è durato oltre quattro ore e ci ha completamente soddisfatto, sia il sito che la competenza della guida che, prima di lasciarci ci suggerisce di andare a vedere un piccolo laboratorio di tappeti.

Qui in questo paese Bogazkale (Hattusa) vivono intere famiglie dedicandosi alla tessitura dei famosi Kilim turchi. Non abbiamo intenzione di comprare nulla, anche perché abbiamo già acquistato in Marocco tanti tappeti. Ma ci pregano di aiutare le donne curde, insistono tanto che alla fine acquistiamo un bel tappeto che porteremo a casa come ricordo di questo bellissimo viaggio. Decidiamo di proseguire il nostro viaggio e di non fermarsi nel campeggio (uno dei pochi esistenti e aperti),risaliamo verso nord fino ad arrivare ad Amasya, un luogo incantato. Sostiamo davanti alla Jandarma vicinissimi al centro e, dopo cena andiamo a vedere la città di notte. Nella montagna che sovrasta la città, ci sono antiche tombe rupestri che, insieme alle case guardano lo scorrere lento di un fiume , le tombe sono tutte illuminate. La gente è ben vestita e festosa, riempie le strade e i negozi fino a tarda notte. Anche noi facciamo come loro e solo dopo la mezzanotte rientriamo nel camper per dormire (dormire?) .

28/9 Venerdì Alle due è passato un treno , alle quattro l’imam ha sparato un colpo di cannone, alle 6,40 ha cantato la preghiera del mattino. Insomma abbiamo dormito poco e siamo partiti presto. Prossima tappa Unye sul mar nero.

Sterminati campi di stoppie color, oro ci accompagnano fino al mare, poi vediamo milioni di sacchi lungo la strada, ci fermiamo per chiedere e vedere cosa contengono..Si tratta di cipolle. Superiamo Sinop, Samsun e arriviamo a Unye, dove sappiamo esserci un campeggio…È chiuso!. Stiamo facendo manovra per andare via quando ecco che arriva un signore che ci fa capire, aprendo anche il cancello, che non c’è alcun problema se vogliamo sostare lì per la notte..Anche senza pagare, anzi si scusa se non è in funzione ma, se vogliamo, possiamo fare la doccia e usufruire dei bagni. Che gentilezza ! Poi è venuto più tardi per assicurarsi che stavamo bene e per farci sapere che era contento se restavamo nel suo campeggio.

Dopo la doccia siamo stati tutto il pomeriggio in riva al mare , nella bellissima spiaggia prospiciente il campeggio a prendere tanto sole. Verso sera quando il sole sta calando, due giovanotti entrano nel campeggio. Ci dicono che vanno a pescare e sono i proprietari di uno chalet che aprono e che ci fanno vedere invitandoci a utilizzarlo per la cena, per la doccia (calda) e anche per dormire. Sono veramente molto ospitali. Naturalmente non approfittiamo dell’occasione e restiamo nella spiaggia a vedere quando, con la barca, vanno al largo per pescare.

29/9 Sabato Partiamo direzione Trabzon o Trebisonda. A tratti il panorama è stupendo, si attraversano piccole città brulicanti di uomini e donne indaffarati poi, prima ancora di entrare a Trebisonda ci fermiamo a visitare il complesso di Santa Sofia (AyaSofya) che si trova in cima a una collina in un piccolo paese raggiungibile superando strade strette e tortuose; ci andiamo con il camper… Errore..C’è un caos indescrivibile, il camper ingombra tutta la sede stradale e non passa più nessuno, riusciamo comunque ad arrivare a un piccolo spiazzo nelle vicinanze della basilica e riusciamo a posteggiare ricevendo tanti applausi dagli astanti che ci sorridono e salutano. Entriamo nel museo, poi visitiamo la basilica che è veramente stupenda in stile Georgiano e pavimentazione Bizantina. Riprendiamo la strada e attraversiamo Trabzon una città caotica e moderna e noi che credevamo che più a nord si fosse arrivati e più si sarebbe trovata arretratezza nei costumi…Niente di più sbagliato! Uomini, donne, ragazzi tutti vestiti all’ultima moda e poi negozi all’avanguardia. Niente da invidiare alla più moderna e frequentata città Italiana. Lasciamo Trabzon per raggiungere dopo cinquanta chilometri Sumela, una delle meraviglie del mondo. Quando arriviamo al piazzale da dove partono i sentieri pedonali e dove sostano le auto, chiediamo ai poliziotti di servizio se possiamo salire su con il camper perché davanti a noi la strada sembra buona e percorribile.

Ci tranquillizzano, si può arrivare alla vetta (1850 Mt) tranquillamente sono solo 12 km. Allora andiamo. Dopo poco la strada però si restringe fino a diventare poco più grande di un sentiero, è asfaltata ma ci passa solo una macchina. Il panorama è maestoso, facciamo tornanti , superiamo un torrente impetuoso , incontriamo un’auto che scende dalla montagna,la quale per farci passare fa retromarcia, si incastra in un angolo della strada ; noi siamo sul ciglio del burrone non possiamo andare indietro, poi finalmente ce la facciamo a passare. Che esperienza…Da non riprovare!( ma dobbiamo ripassare da qui , dopo la visita). Finalmente arriviamo nel piccolo piazzale antistante il monastero bizantino da qui vediamo gli edifici conventuali abbarbicati sul fianco di un ripido dirupo tanto da apparire sospesi fra cielo e terra. Saliamo una ripida scalinata, si varca la soglia di una porta e……..Meraviglia: chiese scavate nella roccia, completamente affrescate sia dentro che fuori con mirabili dipinti che ricordano scene della vita di Gesù, scene della Genesi e del Giudizio Universale. Fotografiamo, estasiati da questa meraviglia, in un raccolto silenzio. E’ tanta la meraviglia che quasi dimentichiamo che dobbiamo ripercorrere la strada di prima e dobbiamo trovare un posto per la notte. Scendiamo giù per i ripidi tornanti, siamo fortunati, non sale nessuno ( a quell’ora chi sarebbe potuto venire quassù?) veloci raggiungiamo il primo posteggio, dove consumiamo un buon tè e poi andiamo alla ricerca di un posto per sostare. Troviamo lungo la strada che costeggia il torrente alcuni campeggi; uno è aperto oltre che campeggio fa ristorante e albergo e la sua specialità sono le trote. Il proprietario ci fa vedere le vasche con le trote ci fa scegliere la pezzatura, le cattura e subito le cucina . Ci gustiamo una minestra locale due trote cucinate al burro innaffiate da un generoso vino bianco. Rientriamo nel camper, possiamo dormire tranquilli, qui siamo lontani dalle città, non ci sono moschee e nemmeno cannoni che sparano.

30/9 Domenica Lasciamo queste bellissime montagne, i boschi verdi ,le valli incantate (le alpi?) . Siamo nell’altopiano dell’Anatolia orientale, il paesaggio cambia completamente, ora l’altezza media è sopra i 1500 metri, ma raggiungiamo e superiamo vette di oltre 2600 metri. Le valli incastonate nelle montagne, per ora sgombre di neve, sono brulle, immense estensioni di terra non coltivata ci appaiono davanti a noi. Molte mucche, moltissime pecore e capre pascolano indisturbate. Qui la maggior parte delle pecore sono di colore marrone, i pastori semi-nomadi vivono accanto ai loro greggi in tende bianche..Pare di essere in Mongolia. In realtà da qui in poi vivono i Curdi ( infatti questo territorio una volta si chiamava Kurdistan), un popolo che, con la nascita della Nazione Turca è stato sottomesso e inglobato.

Stiamo andando verso la parte orientale della Turchia e precisamente a Erzurum, distante 100 km, che ci accoglie con il suo clima rigido ( siamo a 1850 metri di altezza) e il paesaggio spoglio. Troviamo una città vivace con l’università e abitata da oltre 400.000 abitanti. Si dice, ma non risulta ufficialmente, sia sede degli intellettuali del PKK. (Il partito rivoluzionario dei lavoratori curdi). Entrando in città troviamo ampi viali alberati, rotonde spartitraffico con semaforo; tutto fa contrasto con l’arida steppa che circonda immediatamente la periferia della città. Non riusciamo a trovare un posto per fermare il camper poi , passando per una piccola piazza piena di venditori di frutta e verdura, notiamo un uomo che si sbraccia, invitandoci ad andare verso di lui. Ha un piccolo banco di verdura e vicino c’è un posto (stretto, molto stretto) per la sosta di un’auto. Ci fa capire che possiamo sostare lì e sposta un’auto. Ci sistemiamo proprio nel centro, vicino al castello e siamo in mezzo alla gente che vende,che compra e che passeggia. Per contraccambiare compriamo un po’ di frutta e verdura rendendo felice l’ambulante. Visitiamo l’antico castello che fu costruito dall’imperatore Teodosio nel V secolo, la scuola teologica mongola del 1300, la Cifte Medrese che ospita la tomba della fondatrice della scuola teologica islamica della Turchia (1242) insomma siamo meravigliati nel vedere , tanto lontano da casa nostra e in questi luoghi sperduti, tanti importanti monumenti. Lasciamo la parte vecchia della città e ci immergiamo nel centro, dove troviamo tantissima gente a passeggio, che si gode il sole nei giardini e che fa acquisti in grandi negozi, siamo stupiti di quanto vediamo e ci domandiamo dov’è l’Asia.. Quella che abbiamo nella nostra mente?.

La giornata volge al termine e ancora non abbiamo pensato né tantomeno trovato dove dormire. Non è il caso di sostare a Erzurum, nel posto dove abbiamo lasciato il camper. Partiamo e ci dirigiamo verso Bingol sperando di trovare un buon posto per la notte. E ripensiamo a quanto ci siamo detti a Erzurum circa l’Asia… eccola ; e così…Attraversiamo altipiani e montagne senza vedere anima viva ma solo pecore al pascolo e tende dei pastori. Dopo 70 km raggiungiamo çad, un minuscolo villaggio sperduto tra queste montagne. Antero va subito alla Polis(polizia locale) e chiede il permesso per sostare e dormire. Gli consigliano di mettere il camper davanti alla caserma con la porta bene in vista e così facciamo. Siamo a 100 km dal confine iracheno ,ed è zona presidiata dalla Jandarma (esercito Turco che qua controlla sia i Curdi che gli iracheni) In questo villaggio ci sono 500 pastori , 1000 soldati e cinque milioni di pecore.

La gente del villaggio viene a vedere il nostro camper, tutti sono incuriositi di vedere degli stranieri che per la prima volta si fermano nel loro villaggio. Tanti bambini ci vengono incontro, ci salutano in inglese, ci chiedono i nostri nomi. Passiamo insieme a loro un’ora in allegria, loro ballano e cantano per noi in mezzo alla strada, la Polis interviene più volte perché non vuole che ci disturbino; i bambini si allontanano poi ritornano, si fanno riprendere con il telefonino; non si spiccicano più siamo costretti a rientrare nel camper per non essere più assediati da questo nugolo di gente.

Sono le diciotto i bambini sono rientrati nelle loro case per la cena, possiamo andare a vedere il villaggio. Ci sono solo due strade che terminano nella piazzetta . Percorriamo la strada che dal camper, dove c’è la polis, porta alla piazzetta e…Scopriamo che qui…In mezzo al niente…C’è una banca.

Domani andremo a cambiare la moneta. Facciamo cena e ci gustiamo uno dei film che ci ha dato Bruno quando, saranno le ventuno, sentiamo bussare alla porta del camper; apriamo e, davanti a noi, due poliziotti con mitra in braccio e pistole in fondina ci offrono un vassoio con due bicchieri con il tè…Gentilissimi e ospitali. Non vogliono, o non possono, entrare nel camper, gustiamo il tè e loro aspettano, li ringraziamo ma prima di ritornare in caserma ci invitano per la colazione domani mattina.

1/10 Lunedì Bruno è rientrato dal suo viaggio in Egitto, è scocciato perché ha lasciato quei posti meravigliosi e ora deve andare a lavorare. Noi andiamo a scusarci con la Polis perché non abbiamo fatto colazione da loro, poi ci accompagnano alla banca per cambiare gli euro in LireTurche. Sono le dieci, la Banca è piena zeppa di pastori che versano, vuol dire che c’è ricchezza se esiste una banca in questo posto. Ma …Allora… non sono arretrati! Vivono in un mondo diverso .. Come noi eravamo 70/100 anni fa ma poi cosa cambia? Il tenore di vita? Oggi utilizzano le stesse cose che utilizziamo noi(auto, telefono,tv,internet ecc ecc.). Lasciamo questo villaggio per inoltrarci ancora di più nell’Anatolia orientale con l’intenzione di arrivare al Monte Ararat e cioè al confine con l’Iraq.

Mentre percorriamo la strada in mezzo a questa steppa circondati soltanto da pecore e capre , ecco che improvvisamente in cima ad un passo troviamo un posto di blocco della Jandarma.

In mezzo alla strada un carro armato seguito da tanti militari in completo assetto di guerra con mitra in mano ed elmetto di metallo. Ai bordi della strada ci sono tende, garitte coperte da sacchi di sabbia, posti di vedetta, tutto completamente mimetizzato. Abbiamo paura! Ci vengono incontro tre militari che, con il mitra spianato, ci chiedono i documenti personali e, quelli del camper, ci domandano da dove veniamo e dove vogliamo andare: Antero chiede se è possibile proseguire per arrivare al Monte Ararat, ci rassicurano, dicono che non ci sono problemi e ci lasciano partire.

Non facciamo più di 10 Km che siamo fermati da un altro posto di blocco, siamo in mezzo alle montagne e questa è l’unica strada e finora non abbiamo trovato nessuno. Stessa situazione di prima, non abbiamo più paura loro sono lì per controllare i Curdi che non sconfinino in Iraq e per tenere sotto controllo le frontiere vicine. Riprendiamo la nostra strada…Per altre quattro volte siamo fermati , è vero, non ci sono problemi, però decidiamo di lasciare la strada per il Monte Ararat ,deviamo per andare più a sud verso il lago di Van.Arriviamo che è l’ora di trovare un posto per dormire il lago non offre un granché, l’unico campeggio esistente è chiuso da qualche tempo, non ci rimane che trovare da dormire in qualche posto tranquillo..Ma dove? Antero si dirige verso la capitaneria del porto di Tatvan per chiedere autorizzazione a dormire nel piazzale. Lunga è stata l’attesa di Mary sul camper, perché Antero ha dovuto parlare e scrivere nel computer ( che trasformava dall’inglese al turco) con tanti, tantissimi impiegati prima di arrivare al comandante che finalmente ha deciso di farci sostare nel piazzale antistante l’entrata del porto.

E’ notte, ci prepariamo una buona cena e riposiamo tranquilli.

2/10 Martedì Lasciamo questo posto che non ci sembra poi tanto bello, anche se emozionante per la presenza costante e continua della Jandarma. Andiamo verso Sud, vicini alla frontiera Iraniana e poi a quella Siriana. Stiamo andando nel territorio che una volta era sotto il controllo degli Assiri.

La prima città che incontriamo scendendo a sud è Bitlis; città medioevale con un bel ponte. L’attraversamento della città è reso difficile perche le strade sono sterrate, la gente sembra vivere sulla strada, l’unica che consenta di andare dal sud-est all’ovest. Facciamo piano , la strada è sconnessa e in più punti interrotta sia dai carri armati che dalle camionette della Jandarma.

Poi andiamo a Batman, una volta era un piccolo villaggio, ora, con la scoperta del petrolio è diventata una città grigia e bruttina. Velocemente la lasciamo alle spalle e costeggiamo il fiume Tigri per andare a vedere il villaggio di Hasankeyf, un incantevole gruppo di case color miele abbarbicate sulle rocce di una gola che domina il Fiume Tigri. Attraversiamo il ponte sul fiume , sulla nostra destra notiamo un castello, le grotte e una moschea, tutte costruzioni che scendono verso il fiume. Noi proseguiamo con il camper nella stradina di sinistra e ci infiliamo in una stretta gola rocciosa le cui pareti sono costellate di grotte, alcune ancora abitate. Facciamo una lunga sosta per girare a piedi questi angoli fantastici e misteriosi. Ripartiamo dobbiamo raggiungere la nostra meta finale : Mardin. Percorriamo pochi chilometri ed ecco che ci appare all’orizzonte una piccola città : Mydyat qui andiamo a visitare in centro, dietro una moschea, una piazza circondata da tante case color del miele con strani forni fuori delle porte e tanti, tanti bambini che scorrazzano per le viuzze. Parliamo con alcuni abitanti, sono gentili e meravigliati di vederci, il camper fa effetto, ci sono sempre tante persone che lo guardano, nessuna, però è maleducata, tutti hanno una grande dignità. Ripartiamo, vogliamo visitare un famosissimo monastero a pochi chilometri di distanza. Arriviamo al monastero di Morgabriel che si leva come un miraggio in mezzo al deserto che lo circonda. Ha più di 1700 anni e qui è stato sepolto il santo Gabriele. Abbiamo la fortuna di poterlo visitare, la guida ci spiega cosa rappresenta qui un monastero Greco – Siriaco(cristiano) che conta solo ottanta fedeli e le difficoltà che questi incontrano in una nazione che per la maggior parte è islamica. Siamo ospiti dell’Arcivescovo di Tur Abdin (montagna dei servi di Dio) così si chiama, ci offre il te, ci accompagna nella visita di alcune stanze generalmente chiuse( noi siamo cristiani, quindi accolti benevolmente). Il sole sta calando e dobbiamo arrivare a Mardin per trovare un posto dove dormire. Salutiamo e, mentre ci allontaniamo dal Monastero, notiamo che in fondo alla strada c’è una pattuglia di militari in assetto di guerra che hanno steso sulla strada i cavalli di frisia ( reticolato spinato). Ci fanno passare dopo averci chiesto dove volevamo andare: IL CONFINE CON L’IRAN E’ A 30 CHILOMETRI, QUELLO CON LA SIRIA E’ A 10 CHILOMETRI.

Arriviamo a Mardin, cittadina di struggente bellezza posta in cima a una montagna a 1350 metri, sovrastata da un castello, Mardin domina le vaste pianure assolate della Mesopotamia che si estendono fino alla Siria.Tentiamo di entrare in centro perché c’è un otopark. Le strade sono strette e affollate, è difficile districarsi in mezzo al traffico di auto e di persone, decidiamo di sistemarci subito fuori del centro storico nel piazzale di un distributore di gas , il cui titolare ci accoglie gentilmente.

Facciamo una breve passeggiata e ci gustiamo il panorama: davanti a noi, laggiù all’orizzonte, c’è la Siria che non dista più di quindici chilometri, poi cala la sera , è tempo di cena e di telefonare ai figli a casa.

3/10 Mercoledì Stanotte siamo stati svegliati ancora dal colpo di cannone. Questa regione fu una delle più gravemente colpite dai disordini che ebbero luogo tra il 1980-1990 ed è appena da qualche anno che sono ritornati i turisti, sia turchi che stranieri. Per prima cosa prendiamo il camper e ci spostiamo a sette chilometri per andare a vedere il Monastero Mar Hanania o dello Zafferano sede in passato del Patriarcato Sirio-Ortodosso ora trasferito a Damasco. Visitiamo,con la guida, il santuario originario; una sala sotterranea con il soffitto realizzato con massicce pietre incastrate tra loro senza malta, poi le tombe dei patriarchi e metropoliti che hanno prestato servizio qui. Vediamo in una grande cappella due troni, la guida ci spiega che uno è per il patriarca l’altra è per il metropolita. Terminiamo il nostro giro salendo una rampa di scale che conducono alle camere per gli ospiti: anche qui come per esempio a Camaldoli (in Italia), vengono i turisti per passare una settimana in meditazione e nel silenzio più assoluto. Non poteva mancare il tè, infatti, prima di uscire la nostra guida insiste per offrircelo. Ritorniamo in città a vedere la Ksimiye Medresesi che è in restauro, possiamo comunque entrare nel cortile circondato da un portico colonnato del 1400. Però vogliamo vedere il centro della città e ritentiamo. Nel parcheggio del museo di Mardin riusciamo a trovare un posto, siamo nel centro della città. Per prima cosa visitiamo il museo, poi andiamo dentro le viuzze, dove gli artigiani espongono la loro mercanzia, infine visitiamo una bellissima casa museo. Stiamo cercando disperatamente una cassetta per spedire le cartoline ma non la troviamo.

Ci fermiamo in un giardino pensile di un bar per rinfrescarci (fa oltre quaranta gradi) e davanti a noi notiamo un bellissimo palazzo. Chiediamo cosa è e ci dicono che si tratta della sede delle poste di Mardin. Che meraviglia! Questo è il più bell’ufficio postale di tutta la Turchia; in effetti, gli uffici sono dentro le stanze di un caravanserraglio bellissimo con fregi scolpiti intorno a tutte le finestre e alle porte. E così abbiamo superato anche questa difficoltà: in questa parte della Turchia – in Anatolia – chi vuole spedire una lettera o delle cartoline deve andare alle poste perché è solo l’ufficio postale che controlla l’esattezza del bollo che timbra la posta che spedisce. In tutti i posti che siamo stati, non abbiamo mai trovato una cassetta per imbucare le cartoline.

Anche oggi abbiamo fatto tardi, meno male che per arrivare a Diyarbakir ci sono meno di cento chilometri che li superiamo velocemente perché la strada è buona. Oggi la città si è talmente allargata che raggiunge il milione di abitanti, lunghi viali alberati portano verso la cittadella. Il traffico è caotico, più di una volta ci fermiamo per chiedere ospitalità ma sempre fuori delle mura antiche, quindi troppo distanti per andare a visitare la cittadella. Decidiamo di andare verso il centro e, tra mille difficoltà legate al traffico, riusciamo a vedere in una stradina laterale ma vicinissima alla porta di accesso delle mura di Diyarbakir, un otopark con lavaggio. Chiediamo al gestore se possiamo rimanere per la notte, ne fa una questione di soldi vuole quindici LireTurche per una notte, discutiamo un po’ e poi ci accordiamo per 20 lire turche per due notti. Mettiamo nel posteggio il camper; alle diciannove siamo pronti per preparare la cena, quando sentiamo battere alla porta. Apriamo, ci sono due giovanotti del posteggio che ci invitano a seguirli. Ci andiamo incuriositi: hanno apparecchiato la tavola anche per noi, dobbiamo rimanere loro ospiti per mangiare. Come si fa a rifiutare un invito spontaneo e senza alcuna contropartita? Accettiamo e rimaniamo lì gustandoci quello che avevano preparato. Ci raccontano a gesti e un po’ in inglese, che non sopportano i Turchi (e sputano per terra), che sono molto convinti di volere una nazione indipendente, poi, per smorzare la conversazione chiediamo il tè allora ci portano uva e tè per celebrare l’amicizia del popolo italiano con il popolo curdo. Sono le ventidue, fa ancora molto caldo, mentre continuano a entrare e uscire dal posteggio grosse macchine decidiamo di fare una piccola passeggiata. Rientriamo dopo poco, siamo stanchi, rimandiamo il tutto alla giornata seguente.

4/10 Giovedì Diyarbakir: Centro del movimento di resistenza Curdo dal 1980 al 1990 . Ecco perché i viaggiatori esteri e turchi hanno volutamente escludere questa città dalle mete turistiche. Ci dicono che oggi qualcosa è cambiato, non si avverte più il clima opprimente di pochi anni fa. Qui la vita ancora è difficile, ci sono persone che per sfuggire agli scontri tra l’esercito Turco e il PKK abbandonano le campagne e si trasferiscono in città dove sono anonimi ma purtroppo anche senza lavoro.

La mattina, dopo aver salutato i nostri amici posteggiatori, siamo entrati nella cittadella circondata da possenti mura lunghe oltre sette chilometri. Andiamo a vedere alcune chiese ma sono in restauro (da molto tempo!). Attraversiamo un dedalo di vicoli angusti che è impossibile orientarsi all’interno di questo labirinto; le moschee, stavolta in stile arabo in pietra bianca e nera, arricchiscono l’atmosfera esotica della città. Le donne circolano avvolte in chador, gli uomini portano barbe lunghe e indossano i salvar ampi calzoni stretti alle caviglie. E’ qui che abbiamo avuto la sensazione di aver raggiunto l’oriente. Comunque non abbiamo paura poiché la polis è ovunque e la Jandarma (esercito Turco) ha grossissime caserme subito fuori le mura. Lasciamo i vicoli e rientriamo nelle strade dove c’è più gente. Visitiamo alcune case museo tutte rigorosamente in pietra nera e bianca, poi attraverso un arco scorgiamo una bellissima piazza , si tratta dell’interno della più interessante moschea di Diyarbakir la Ulu Cami costruita in stile arabo nel 1091. Entriamo per vedere l’interno dell’edificio, ci dobbiamo togliere le scarpe ( come sempre) ma Mary deve anche coprire la testa e il viso con un grande fazzoletto. Tutto il porticato del grande cortile è istoriato da immagini scolpite nella pietra. Uscendo dal grande cortile ci troviamo nella piazza principale , vediamo un grande negozio di tappeti, milioni di tappeti attaccati alle pareti, ammassati per terra; però non compriamo niente.

Attraversata la piazza troviamo un bel caravanserraglio ora adibito in hotel. Dopo la sosta per il pranzo andiamo verso la cittadella militare , quella che sta in cima alla collina fortificata. Attraversiamo un tunnel e subito tanti bambini ci vengono incontro, ognuno ha in mano un fucile, che a prima vista sembra vero, poi quando loro si avvicinano puntandoceli contro scorgiamo che sono finti…Di legno, ma ben fatti. Sarà perché siamo in questi luoghi, sarà per quello che abbiamo sentito dire ma la vista di quei bambini ci fa , per un attimo, effetto. Non cerchiamo alcun contatto e velocemente superiamo gli stretti vicoli che ci conducono alle vecchie caserme militari. Si tratta di una grandissima fortezza, ora smilitarizzata, ma che conteneva, oltre i locali dei militari, anche i tribunali e le prigioni. Nel passato questo luogo doveva incutere paura, chi finiva qui sicuramente non faceva una bella fine. Usciamo da una porta della cittadella e, costeggiando le colossali mura vediamo alcune donne, sedute per terra e coperte completamente da un barracano nero, intente a pregare su di una tomba color verde. Chiediamo chi pregano: uno sceicco morto nel 950 d.C. Che ha fatto tanto del bene a questo popolo: ancora oggi è venerato.

Camminando non abbiamo la cognizione del tempo ma ci accorgiamo subito che si avvicina l’ora della fine del ramadan. Infatti qui, come altrove, tutto è fermo,( non si può mangiare, bere, fumare ecc.Ecc.) ma alle 17,30 tutte le attività sono sospese (escluso i servizi pubblici e la polis) per preparare la cena. Ogni piccolo negozio, ambulante, artigiano ha un braciere per cuocersi la carne e le verdure. Tutte le strade si riempiono di piccoli ambulanti che accendono il fuoco per cuocere spiedini di peperoni, di pezzi di pollo, di kebab, poi alle 18,40 terminato il ramadan, si ferma tutto e tutti, anche i passanti si mettono a sedere nei banchetti con in mano una ciotola dove hanno messo quello che si sono cotti o quello che hanno comprato e mangiano, mangiano, mangiano. Noi siamo in mezzo a questa confusione, molti ci invitano ad assaggiare le loro specialità , uno insiste e ci mettiamo seduti e mangiamo con loro.

Trascorriamo le prime ore della sera a passeggio in centro…Poi, sono le ventuno, andiamo al posteggio per riposare. Che illusione! I nostri amici posteggiatori ci invitano a stare con loro e ci offrono un supplemento di cena , della frutta ed anche un dolce fatto da loro e, ovviamente…Il tè.

5/10 Venerdì Partiamo presto, dopo aver salutato i nostri amici posteggiatori vogliamo andare a Harran , abitata da oltre 7.000 anni. Harran è anche la città natale di Abramo ed è ricordata nel libro della genesi.

Arriviamo presto a Sanliurfa, la città dei profeti, , le case antiche sono costruite una a ridosso dell’altra per proteggere i passanti dal sole cocente. Anche qui come a Dyiarbakir si respira aria mediorientale, ci avviciniamo sempre di più alla Siria. La parte moderna è veramente caotica, il traffico è rumoroso ci sono tanti alti palazzi, decisamente brutti e, come nel resto della Turchia, è tutto un cantiere. Passiamo, non senza difficoltà dal quartiere di Golbasi dove si trova la grotta che ha ospitato Giobbe perché tentato da satana. Qui con pazienza, Giobbe attese sette lunghi anni prima di ricevere l’aiuto di Dio, il luogo è meta di pellegrinaggi perché l’acqua di una sorgente, dice, dona la pazienza e la salute.

Usciamo dal traffico caotico della città e ci incamminiamo verso il confine con la Siria. La strada , prima costeggia campi coltivati a cotone, poi cambia il panorama e tutto quello che ci circonda. Le case sono di fango , recintate e con i tetti a cono ( come da noi i Trulli), gli uomini si spostano a cavallo di piccoli ciuchi, molti hanno il capo avvolto dal fazzoletto nero e bianco tipico degli arabi, la terra,la strada, tutto è color miele. Il sole è cocente, sembra di vivere in un mondo che solo nella nostra fantasia o alla televisione abbiamo visto e che ci pareva lontanissimo dalle nostre usanze. Appena arrivati a Harran un nugolo di ragazzi, piccoli e grandi, si fanno d’intorno per volerci fare da guida. E’ difficile dire di no a tanta insistenza, però arriva un ragazzo che con piglio deciso scaccia tutti gli altri e si propone lui come guida dicendoci che è un militare che ha finito il servizio di leva da poco.

Monta nella sua macchina, gli andiamo dietro, aggira tutto il paese antico, poi entra in una strada stretta e sterrata ( pista) e ci fa arrivare fino alla Harran Evi, una casa ad alveare abitata e aperta al pubblico.

Lasciamo il camper in questo deserto, si avvicina una bambina che ha costruito un piccolo pendaglio con i ceci secchi e chiede di comprarlo, cosa che facciamo. A piedi raggiungiamo i siti archeologici, la nostra guida ci illustra la storia di questa città in un buon inglese, è loquace, bravo e gentile , chiama un suo amico, custode delle chiavi del cancello utilizzato per entrare nel sito archeologico (altrimenti chiuso al pubblico) e ci permette di visitarlo con comodo.

Ci accompagna al castello , dentro il villaggio dove ancora abita la gente. Siamo a cinque chilometri dal confine con la Siria ma non c’è tensione, qui sono in accordo con i siriani. Il nostro viaggio prosegue , vicino a Bozova vediamo la grande diga Ataturk che sbarra il fiume Eufrate formando un immenso lago utilizzato per l’irrigazione di questi territori.

Il tempo cambia rapidamente, minaccia pioggia e siccome si sta facendo buio cerchiamo di trovare un posto dove fermarci per la notte. Entriamo in un piccolo villaggio ma non troviamo un posto per la sosta notturna e siamo costretti a proseguire. Proprio quando incomincia a piovere, vicino ad Adiyaman, ecco che troviamo lungo la strada un piccolo chiosco con accanto un pergolato e uno spiazzo grande. Ci fermiamo per chiedere se possiamo rimanere lì a dormire; il proprietario non capisce ( d’altronde sono ancora le 17,30, come fa a capire che vogliamo fermarci qui per dormire… ma non ora !!!), parla solo un dialetto curdo e nemmeno con il vocabolario riusciamo a intenderci, comunque ci fa capire che va bene. E ci fermiamo qui. Ci manca il pane, proviamo a chiederlo al proprietario del chiosco e non capisce ma rimedia in altro modo. Telefona a un suo amico che parla inglese il quale arriva subito e ci fa grande feste; ci accompagna a un altro chiosco non molto lontano, ci compra il pane e non vuole i soldi. E’ contento di vedere due italiani e, intanto ci racconta la sua vita: è sposato con una inglese che lavora a Londra( ecco perché conosce bene l’inglese) e ogni tre mesi va a trovarla): Ci dice che lui non si allontanerà mai dalla sua terra, anche se vive solo grazie alla raccolta delle patate e del tabacco. Mentre siamo intenti a dialogare ecco che arrivano gli abitanti delle quattro case vicine. Tutti ci salutano, sono contenti di vederci, sono cordiali ed anche molto ospitali infatti ognuno ci invita ad andare nella loro casa . Una donna con quattro figli piccoli ci dice che ha il marito a Parigi dove fa il macellaio, altri ci dicono di avere parenti che lavorano in ogni parte del mondo, ma tutti sono concordi nel dire che non lasceranno mai questo posto. Intanto piove a dirotto, vorremmo andare dentro il camper ma Alì , quello che parla bene l’inglese, insiste per portarci a casa sua , farci vedere i suoi genitori e la sua casa. Va bene, prendiamo un ombrello e assieme a lui percorriamo 300 metri di strada sterrata, tutta buche, melmosa e buia, bagnandoci come pulcini mentre si scatena un temporale.

Mary per tutta la strada brontola e dice : chi ce lo fa fare, chissà dove ci porta, sta piovendo a dirotto perché abbiamo detto di sì e dove andiamo?. Poi, giunti davanti alla porta di casa, ora illuminata da una lampadina, ci togliamo le scarpe ed entriamo nella casa accolti con grande cordialità dai genitori, dalla sorella e dal fratello di Alì. Ci chiedono di restare a mangiare con loro, diciamo di no, loro insistono, insistiamo anche noi dicendo che noi mangiamo alle ventuno, allora ci offrono il latte acido (Rayan) e il tè. Antero fa conversazione con Ali e chiede, vedendo nella stanza molti fucili e pallottole, se sono cacciatori. Ali ci mostra le foto dell’album di famiglia, c’è suo padre, grande cacciatore di pernici e conigli selvatici ma ci sono anche fotografie di persone ammanettate e bastonate in mezzo a dei militari. Mary si impressiona, loro dicono che sono loro parenti, persone molto brave, prigionieri politici dei turchi. Bè è l’ora di rientrare in camper, salutiamo tutta la famiglia, Alì ci accompagna al camper , questa volta con la sua auto, sono le venti e ci prepariamo la cena. La sera la trascorriamo ricordandoci la giornata e l’ultima esperienza.

6/10 Sabato Abbiamo dormito veramente bene, senza chiasso, senza la preghiera dell’imam. Ci vengono a salutare Alì e il proprietario del chiosco. Ringraziamo e ci dirigiamo verso Kahta da dove partiremo per visitare il Nemrut-Dagi. Alle9,30 siamo a Kahta,fermi a un distributore dove facciamo il pieno; in quel mentre si avvicina un signore che, parlando un buon italiano ci invita nella sua agenzia per un tour nella montagna di Nemrut. Quel signore è il proprietario dell’agenzia che organizza i tour per gli ospiti dell’albergo Kommagene e del campeggio annesso, ancora aperto dove c’è acqua calda ed è possibile fare una bella doccia.( Si tratta in realtà di uno spiazzo accanto all’albergo). Concordiamo il prezzo per il giro completo e per il pernottamento e andiamo subito via con un fuoristrada e la guida. Siamo solo noi due quindi l’autista fa volentieri da guida, parla un po’ di italiano e inglese.

PARCO NAZIONALE DEL MONTE NEMRUT E’ sicuramente la principale attrattiva della Turchia orientale. Le statue che campeggiano sulla cima del monte, lo straordinario paesaggio che si domina dalla vetta alta più di 2150 metri , i reperti storici, fanno di questo parco un luogo imperdibile. Nel 64 a.C. Regnò in questa terra Antioco primo Epifane, fu lui che commissionò la costruzione di due terrazze artificiali sulla vetta del monte e qui vi fece costruire diverse statue monumentali che lo raffiguravano, assieme alla sua famiglia e agli dei. Nel mezzo delle due terrazze fece portare un tumulo di sassi alto più di 50 metri, oggi si ipotizza che lì sotto ci sono le tombe reali. A causa dei frequenti terremoti le statue risultano decapitate e molti di quei busti colossali siedono davanti alle loro teste alte 2 o 3 metri! Lungo la strada scorgiamo pompe per l’estrazione del petrolio ma subito dopo a nemmeno 9 km si trova il grande Karakus tumulus una montagna di pietre utilizzata come tumulo funerario , proseguiamo e arriviamo al ponte romano fatto costruire da Settimio Severo sul fiume Cendere, la strada ora si inerpica in una piccola montagna, siamo arrivati a Yeni Kale dove visitiamo i resti di un castello dei Mamelucchi del 1200, ridiscendiamo verso valle e superiamo un piccolo, grazioso ponte selgiuchide. Fatti ancora pochi chilometri arriviamo a Eski kale, l’antica Arsameia fondata da Mitridate. Vediamo una grande stele raffigurante Mitra, dio del sole, poi continuando un sentiero in cui ci siamo arrampicati troviamo un bellissimo bassorilievo che raffigura Mitridate che stringe la mano a Eracle. Ora proseguiamo diretti a Nemrut. La strada diventa sterrata e poco praticabile con un camper, si attraversano piccoli villaggi fino a Narince.La strada è scoscesa e accidentata per lo più pavimentata con lastre di basalto e molto ripida, il nostro accompagnatore utilizza la prima per arrivare al piazzale in cima al monte. Dopo aver parcheggiato ci attrezziamo per fare a piedi gli ultimi 600 metri di dislivello. Veramente una faticaccia, il tempo si è rasserenato, il panorama è da mozzafiato, siamo a oltre 2000 metri, facciamo fatica a respirare mentre ci inerpichiamo come capre…Però…Però è uno spettacolo indescrivibile. Statue gigantesche ci sovrastano, ai nostri piedi le teste delle statue, bellissime, grandissime di un bel color miele e finemente scolpite. La montagna di sassi incombe sopra le statue e sopra di noi. Foto, film di tutto per avere un ricordo indelebile di questo luogo…E abbiamo visto solo il primo piazzale. Giriamo intorno all’enorme cumulo di sassi e troviamo ancora enormi statue, volti di divinità, di animali..Bellissimo.

Ci attardiamo, non vorremmo lasciare questo posto mistico ma il nostro autista ci aspetta, il sole sta tramontando volevamo fermarci qui per la notte e vedere le statue con il sorgere del sole ma….Sarà per un’altra volta, dobbiamo ritornare al nostro camper a Kahta.

Arriviamo pronti per la cena e per dormire ma con dentro gli occhi quella meraviglia che è il Nemrut-Dagi.

7/10 Domenica Ci alziamo con calma, facciamo una bella doccia e poi partiamo, oggi è una giornata di trasferimento, vogliamo arrivare ad Antiochia tralasciando la visita di città come Gaziantep e Osmaniye che purtroppo hanno perso quel fascino mediorientale e sono, come abbiamo potuto vedere, città moderne con tanti tantissimi palazzoni.

Arriviamo la sera vicino ad Antiochia ultima città della Turchia, inserita nel mezzo della Siria e vicinissima ad Aleppo; troviamo un distributore che resta aperto tutta la notte, chiediamo se ci fanno sostare , ci dicono di sì e..Dopo che ci hanno offerto un buon tè ceniamo e dormiamo.

8/10 Lunedì Chi è andato ad Antiochia?..In pochi rispondono. Ancora oggi pochissimi turisti percorrono queste strade, quasi nessun italiano, talvolta solo qualche prete..Perché? Perché è molto distante, si deve attraversare tutta la Turchia, si deve arrivare fino al confine con la Siria. Ad Antiochia è nato S. Luca evangelista ricco medico del posto che , si racconta, regalò una grotta a S. Pietro e S. Paolo che qui predicarono, nel 39 d.C. La religione cristiana fondando la prima cattedrale del mondo e la prima comunità cristiana( Paolo VI). Ancora oggi la città è la sede nominale di cinque patriarcati cristiani (tre cattolici, uno greco-ortodosso, uno Siro – Giacobita).

Poiché è zona sismica, Antiochia ha poche tracce del proprio passato . Più volte è stata distrutta da violenti terremoti e sempre ricostruita, coprendo le tracce del passato. Entriamo in città e la troviamo completamente moderna e nemmeno tanto bella, vogliamo vedere il museo ritenuto tra i migliori della Turchia ma lo troviamo chiuso! Andiamo alla ricerca della prima cattedrale del mondo. Dobbiamo salire per una strada scoscesa verso la parte vecchia della città, quella a ridosso del monte Silpius innevato. Arriviamo in un piccolo parcheggio, cerchiamo l’ingresso della chiesa, non riusciamo a trovarlo, poi un poliziotto che incuriosito ci aveva seguito, ci indica l’ingresso. Ancora una meraviglia. La grotta è immensa , bellissima, è di epoca romana il grandissimo rosone e portale che permette di entrare nella grotta. (Chi arriva qua , dice un lettera di Paolo VI, ottiene l’indulgenza plenaria). Quando usciamo troviamo cinque poliziotti intorno al camper. Il primo poliziotto aveva chiamato gli altri per vedere il camper. Non avevano mai visto un camper, gli diciamo se vogliono entrare, sono contentissimi, sembrano bambini, entrano, guardano, dicono che è bellissimo e si scusano perché, essendoci il ramadan, non possono offrirci nemmeno un tè. Partiamo dobbiamo fare tutta autostrada per avvicinarci alla nostra futura meta: la Cappadocia. Arriviamo di sera tardi ad Adana, città confusionaria che attraversiamo velocemente fermandoci in una piazzola di sosta per camionisti, mangiando con loro e dormendo tranquillamente nel nostro camper.

9/10 Martedì Di buon ora lasciamo il posteggio e proseguiamo in autostrada fino ad arrivare a Nidge; lì vicino c’è Esky Gumusler un monastero scavato nella roccia e abitato dai monaci per oltre 500 anni. Bellissimi e integri gli affreschi interni,un affresco rappresenta la madonna che sorride, il suo sorriso è simile a quello della Gioconda. Andiamo nei sotterranei, dove erano custodite le derrate alimentari. Grosse cisterne, essendo scavate nella roccia, permettevano la raccolta e la conservazione dell’acqua. La mattina la trascorriamo a visitare questa meraviglia; riprendiamo il nostro viaggio alla scoperta di luoghi fuori delle rotte del turismo di massa e quindi scarsamente frequentati. Andiamo nelle valli gemelle di Soganli dove troviamo grotte troglodite, ancora oggi adibite ad abitazione e poi monasteri bizantini pieni di affreschi e necropoli romane; il tutto scavato nella roccia. E’ luogo tutelato dal Ministero Turco e, per vedere le valli, occorre pagare un biglietto. Lasciamo il camper nel piazzale, vicino alla sbarra che chiude il passaggio e andiamo a piedi. La visita di questi monasteri è difficoltosa, ci dobbiamo arrampicare come le capre, salendo ripidi scalini ma la fatica è premiata dalla vista di questi meravigliosi affreschi. Durante la visita di uno di questi monasteri ci imbattiamo in una signora inglese la quale, come noi, si meraviglia di vedere altre persone in questo luogo sperduto. Facciamo le presentazioni, la signora, che parla correttamente anche il francese, è abbastanza in là con l’età , cammina e si regge con il bastone , ci dice che è una studiosa di queste forme d’arte rupestre e quindi è molto interessata agli affreschi bizantini e sopporta volentieri la fatica di salire e scendere. Poi, saputo che siamo di Arezzo, ci racconta come è rimasta estasiata davanti agli affreschi di Piero della Francesca e di tanti altri pittori toscani essendo stata varie volte a Firenze,Siena e Arezzo. Ci accompagna, con la sua auto,( è stata autorizzata a entrare ) fino in fondo alla valle (3 chilometri), vicino a un piccolo ruscello attraversato il quale, sempre a piedi , risaliamo la collina e andiamo nella seconda valle. Troviamo ancora Monasteri tutti affrescati , con gli interni scalpellinati a mano. Arriviamo a un villaggio abitato da cinquanta persone alcune delle quali vivono dentro le grotte scavate nelle rocce che si innalzano verso il cielo. Qui troviamo tre donne, nei vestiti tipici, che stanno costruendo delle bamboline di pezza. Ci facciamo costruire tante bamboline da portare ai figli e amici. Le donne sono talmente contente di aver venduto che ci regalano sei uova fresche e una piccola bambolina. Siamo di nuovo al camper si sta facendo buio, c’è un via vai di gente (almeno quindici persone) che viene a vedere “ gli stranieri”, hanno tutti grande dignità, non disturbano, salutano e sorridono. Un giovanotto che poi scopriamo essere il proprietario di un piccolo campeggio posto nelle vicinanze dell’entrata ci chiede se desideriamo mangiare nel suo ristorante. Ma è chiuso! Ci sembra che ci voglia prendere in giro. Comunque ci assicura che alle 19,30 verrà apposta per noi per prepararci una buona cena e che possiamo rimanere lì’, davanti al suo campeggio per dormire. Mah! Ci guardiamo e scuotiamo la testa.

Alle 19,30 in punto, nel buio più profondo della sera,( non ci sono lampade, siamo in aperta campagna e il paese dista almeno 500 metri), ecco che arriva Ibrahim ( cosi si chiama) che ci accoglie nel suo ristorante preparandoci la cena.: Zuppa di patate e ceci, piccoli pezzi di bue con peperoni, pomodori e riso cotti al coccio caldissimi e contorno di insalata mista con… Pane appena cotto dalla moglie nel forno a legna. Per dessert uno yoghurt casalingo con miele, caffè turco e mele colte da noi dall’albero del giardino..Il tutto per la modica spesa di 10 lire!!! Trascorriamo ancora un po’ di tempo con il nostro avventore che ci spiega di aver fatto la scuola di ristorazione e per un po’ a lavorato a Istanbul e ora, anche se vengono pochi turisti stranieri resta qui, nel suo paese natale ( così sono tutti i curdi). Trascorriamo la notte nel silenzio più assoluto.

10/10 Mercoledì Stiamo lentamente entrando nella zona della Cappadocia più turistica, prima andiamo a Mustafa Pasa la vera perla della Cappadocia dove si possono vedere alcune belle chiese bizantine arroccate sulla cima di un dirupo, poi proseguendo per la valle dei monasteri troviamo la Ayios Stephanos , molto interessante. Proseguiamo per la strada che ci conduce a Goreme la località più famosa e più turistica di tutta la cappadocia. Cominciamo a vedere i famosi coni di roccia che si innalzano dal suolo a gruppi più o meno fitti, più o meno bucherellati.

Pinnacoli e chiese rupestri e ancora pinnacoli e arriviamo ad Avanos dove ci fermiamo al Caravanserraglio giallo “ il Sarihan “ il meglio conservato e ora utilizzato come centro culturale con rinomate esibizioni dei Dervisci rotanti. Chiediamo autorizzazione per passare la notte nel piazzale davanti all’ingresso e ci sistemiamo.

Alle 21,30 sentiamo un grande frastuono, arrivano dieci pullman, una ventina di dolmus scaricano la gente nel piazzale. Tutti sono venuti per vedere lo spettacolo dei dervisci rotanti, la confusione finisce verso l’una di notte e possiamo riposare in pace…Ma solo fino alle quattro perché l’imam ci sveglia con la preghiera.

11/10 Giovedì Andiamo nella valle dei monaci, poi alla chiesa rupestre di Zelve, poi nella valle dei camini delle fate. infine arriviamo a Goreme e ci sistemiamo nel campeggio. Una bella doccia, un bel bucato e poi a fissare per una gita in mongolfiera ma non è possibile poiché non c’è posto fino a lunedì, tutto completo e…Costa Eu. 150 a persona per mezz’ora di mongolfiera ( siamo in Europa? , qui tutto è carissimo). Dobbiamo rinunciare, ci accontentiamo di vedere le mongolfiere sopra le nostre teste. Facciamo un giro in centro, non compriamo niente, non ci sono prodotti artigianali originali ma stampati , di bassa qualità a un prezzo altissimo..Esoso proprio per il turismo di massa. Rientriamo in campeggio e ci riposiamo per il resto della giornata.

12/10 Venerdì Andiamo a vedere il famoso museo all’aperto di Goreme ma scopriamo, nostro malgrado, che essendo venerdì (festa per i musulmani) l’apertura sarà alle ore 12. Trascorriamo le ore che mancano all’apertura facendo un giro per le strade del paese, completamente deserto, poi saliamo in cima alla collina che domina la valle e ci gustiamo il panorama splendido. Alle dodici in punto sostiamo con il camper nel grande piazzale davanti all’ingresso ed entriamo nel museo all’aria aperta. In realtà si tratta di un luogo incredibile modellato dalla natura e dall’opera dell’uomo. E’ un villaggio nel villaggio e racchiude abitazioni, magazzini, chiese, cappelle e monasteri con affreschi bizantini splendidamente conservati, il tutto scavato nella roccia. Tanta è la gente che visita questo spettacolo della natura che talvolta per entrare dobbiamo fare la fila. E’ splendido ma è il concentrato di tutto quello che abbiamo visto prima di venire qua senza tanta confusione.

Sono le 15,30 lasciamo Goreme e subito una foresta di pinnacoli che il sole colora di giallo e di rosa si staglia sullo sfondo di un cielo azzurro, superiamo Uchisar, delizioso paese addossato a una grossa roccia vulcanica e poi Nevsheir e la vecchia città morta. Ci dirigiamo verso la città sotterranea di Derinkuyu e da qui proseguire per la valle Ilhara.

Quando arriviamo a Derinkuyu siamo assaliti da frotte di venditori petulanti, ci incamminiamo verso l’ingresso della città sotterranea che scende per dieci piani sottoterra. Attraversiamo cunicoli strettissimi e scendiamo in profondità fino a raggiungere la base a 55 metri sotto terra. Una esperienza sconsigliabile a chi soffre di claustrofobia anche se non manca l’aria portata dalla superficie attraverso grandi pozzi verticali. Per proteggersi dalle fiere e dai nemici gli abitanti hanno scavato locali, magazzini per gli alimenti, cisterne per l’acqua, cappelle dove pregare , tutto in assenza di luce e completamente isolati dal resto del mondo. L’ingresso alla città sotterranea era mimetizzato da un’enorme masso che aveva la funzione di chiudere l’accesso al sottosuolo. E pensare che gli abitanti di questo posto ci abbiano vissuto per tanto tempo mentre noi , quando raggiungiamo il decimo piano sotto terra, avvertiamo un senso di soffocamento. Usciamo da quaggiù, il tempo di mangiare una pide al formaggio molto piccante e proseguiamo in direzione Aksaray. Si lasciano i campi di cotone e si incominciano a salire i tornanti di una strada secondaria in mezzo a monti brulli e deserti per arrivare fino a 1700 metri per poi scendere verso la valle Ilhara. Troviamo un campeggio, è chiuso ma non restiamo nemmeno vicino all’ingresso ci sono quattro grossi cani liberi che ci vengono incontro e decidiamo di lasciar perdere e andare più avanti. Facciamo ancora quaranta chilometri, intanto è calata la sera, ci fermiamo lungo la strada dove ci sono alcuni ristoranti. Antero chiede di poter rimanere a dormire nel piazzale del ristorante gli dicono subito di sì, poi poco dopo viene un giovanotto che incomincia a fare mille domande ( in dialetto turco e non ci comprendiamo)ci stiamo scocciando, decidiamo di andare via, il giovanotto ci dice di aspettare e ritorna accompagnato da tre donne: sono sua moglie sua sorella e sua mamma. La sorella parla inglese..Ci capiamo! Vogliono che si mangi con loro, in famiglia per senso di ospitalità. Si mangia all’aperto, vassoi di prezzemolo e limone adornano la tavola, poi enormi insalate di peperoni piccanti e pomodori, pide, vassoi di pesce cotto alla brace, vassoi di ali di pollo alla brace e salsicce piccanti, il tutto innaffiato con la loro bevanda tipica (anice allungato con acqua). Trascorriamo una bella serata in compagnia e facciamo molto tardi. n.B. Oggi è l’ultimo giorno di Ramadan.

13/10 Sabato Antero vuole vedere la Valle Ilhara, ha letto che è meravigliosa e decidiamo di ritornare indietro e trovare l’accesso per visitarla. E’ una stretta gola scavata dalle limpide acque di un torrente. In questo luogo ci hanno abitato eremiti che per ripararsi e per pregare scavarono cavità e chiese nella roccia arricchendole con bellissimi dipinti. In questa natura incontaminata vediamo il monastero di Selime e ci vuole una arrampicata tra camini di fata per andarlo a vedere; quando siamo in cima il panorama che vediamo ci fa tornare in mente l’immagine del presepe.

Lasciamo questa valle incantata per raggiungere dopo settanta chilometri il caravanserraglio du Sultanhami. Decidiamo di non ritornare verso il mare ma di proseguire nell’interno e andare verso i grandi laghi. Superiamo velocemente Konya e raggiungiamo Beysehir un piccolo grazioso paese in riva al lago. Chiediamo alla polis dove possiamo sostare e ci indica un grande piazzale in prossimità della Moschea Esrefoglu Camii. Sistemiamo il camper siamo a due passi dalla caserma della polis, davanti al lago in un bel parco illuminato.

14/10 Domenica Fatta colazione andiamo a vedere la moschea che ci affascina con le sue quarantadue svettanti colonne di legno intarsiato. E’ completamente coperta da tappeti color acqua marina, abbiamo la fortuna di sentire pregare l’imam il quale, dopo, ci chiede un contributo per il mantenimento della moschea. Ci dirigiamo verso Egirdir sulle sponde del lago omonimo sulla strada che anticamente collegava Efeso con Babilonia. Il paese è veramente grazioso si protende con una piccola penisola dentro il lago ed è luogo frequentato anche da alpinisti che vogliono esplorare il Monte Sivri (2700 metri). Facciamo un giro in centro poi mentre cerchiamo un campeggio notiamo che sul fianco della montagna che sovrasta il paese c’è una scritta colossale, ci informiamo, ci dicono che in questo paese c’è la più grande e importante scuola di guerra di tutta la Turchia, qui sono formate le truppe speciali. Lo scritto sulla montagna dice: “Siamo un commando, Siamo forti , coraggiosi e sempre pronti “Siamo tranquilli con tutti questi militari cosa vuoi che ci succeda!. Troviamo il campeggio ( uno spiazzo con luce) proprio in riva al lago,passiamo qui il resto della giornata e la notte siamo un po’ agitati perché tira vento e a tratti piove forte.

15/10 Lunedì Ha smesso di piovere, lasciamo Egirdir. Superiamo Isparta, famosa per la preparazione di essenze e profumi dalle rose, poi lasciamo la strada principale e prendiamo una strada che sale in montagna fino a 1600 metri. Panorami bellissimi, foreste di pini e cedri, moltissimi abeti e ciliegi ci accompagnano. Arrivati in cima alla vetta ecco che davanti a noi si vedono le rovine di Sagalassos del 1200 a.C. E antica capitale del regno di Pisidia. Ci sono molte rovine e solo alcuni monumenti , peraltro fantastici, sono integri. Da qui l’uomo non ha potuto portare via niente perché i blocchi di marmo sono pesantissimi, grandi e ingombranti , difficili da spostare. La città è rimasta tale quale come dopo il disastroso terremoto del VII secolo che la distrusse completamente. Solo dal 1990 è stata riscoperta e ora una missione archeologica belga la sta restaurando. Probabilmente un giorno, quando sarà completato il restauro potrà rivaleggiare in splendore con Efeso.

Questo posto ci ha entusiasmato è rustico, difficile da raggiungere e sconosciuto ai più, forse proprio per questo è splendido e veramente eccezionale. Scendiamo a valle e ci dirigiamo verso il mare ad Antalya dove sostiamo accanto ad un distributore della esso. Qui passiamo la notte.

16/10 Martedì Partiamo presto e dopo soli trenta chilometri siamo nel parco nazionale dei Monti Gulluk dove si trova il sito di Termessos. Superato l’ingresso del parco dobbiamo percorrere dodici chilometri di strada ripida di montagna, attraversiamo boschi immensi e raggiungiamo il piazzale dove lasciare il camper. L’aria della mattina è fresca, è presto , non c’è anima viva, solo un grosso cinghiale si avvicina, poi se ne va. Solo allora usciamo e ci prepariamo per la scalata. Si! È proprio una scalata, per andare in cima alla montagna dobbiamo percorrere un ripido sentiero e solo dopo quarantacinque minuti riusciamo a vedere la grande cinta muraria e la porta della città. Siamo proprio dentro un bosco, le rovine sono dappertutto, per terra, in mezzo ai cespugli, ci sono grandissimi sarcofagi sparsi dappertutto, camminiamo sopra i resti archeologici, ne siamo contornati, sono dappertutto. Termessos fu una città fortificata che, grazie alla sua posizione, (in cima a una montagna, tra le montagne e il mare) non fu assoggettata dai Romani. Solo e soltanto i tremendi terremoti distrussero la città che allora contava 20.000 abitanti. Ecco perché questa montagna è “coperta” dai resti della città , era, ed è impossibile portare via i massi, le statue, gli enormi sarcofagi. Finalmente usciamo dalla foresta, siamo in cima alla montagna a 1850 metri e qui godiamo di uno spettacolo unico. Un enorme teatro, per la maggior parte intatto ci affascina . Alle spalle del teatro le rocce nude della montagna e di fianco ,sullo sfondo il mare. Proseguiamo la visita trovando i resti molto ben conservati dell’agora, del Bouleuterion e della necropoli. Ancora più in alto in un punto dove si domina tutto il panorama, scavata nella roccia, c’è la tomba di Alcetas. Poi ridiscendiamo dalla parte opposta della montagna per vedere la necropoli meridionale: un susseguirsi di grandissimi sarcofagi, taluni aperti, altri rovesciati, tutti scolpiti finemente e poi, vicino al tempio di Artemide scavate nella roccia delle piccole tombe che ospitarono i dignitari del re. Sono le sedici ci rinfreschiamo nel camper e poi ridiscendiamo fino ad arrivare al museo del parco dove, al bar ci gustiamo un tè. La sera volge al termine ritorniamo verso Antalya, sul mare alla ricerca di un campeggio per la sosta.

La città, come tutte quelle viste è moderna e confusionaria ( siamo in Europa?) il suo lungomare è un susseguirsi di alberghi,ristoranti ( siamo a Rimini o a Viareggio?). Passiamo veloci , non troviamo alcun campeggio ,percorriamo ancora qualche chilometro ma per oltre trenta chilometri solo case, alberghi, ristoranti. Poi finalmente la lunga fila di costruzioni cessa il panorama si allarga siamo usciti dalla confusione, facciamo spesa in un negozio di carne, compriamo anche il pane e ci infiliamo in una larga strada interna davanti ad una moschea ( c’è un grande parcheggio illuminato)e finalmente possiamo fermarci, preparare la cena (costolette di agnello in gratella) e dormire.

17/10 Mercoledì Ora la strada non costeggia più il mare e sale verso le colline, lasciamo la strada principale per prendere una piccola strada stretta e in forte pendenza che conduce alla spiaggia di Adrasan, alle rovine della antica Olympos e al sito della chimera. Arrivati all’ingresso del parco, facciamo a piedi una lunga camminata per andare a vedere Yanartas la roccia ardente ovvero Chimera. Per oltre mezz’ora ci arrampichiamo per una mulattiera fino ad arrivare in cima alla montagna dove..Meraviglia..Vediamo una eruzione di fiamme spontanee che fuoriescono dalle pendici rocciose del monte Olympos. Intorno a questa montagna fiorirono miti e leggende proprio per queste straordinarie fiammelle che furono attribuite a un mostro mitico con la testa di leone, il corpo di capra e la coda di drago.(Chimera). Per ordine del re di Licia , Bellerofonte, in groppa al cavallo alato Pegaso, versò piombo fuso nelle fauci della chimera e la uccise.

Nella mitologia Chimera è figlio del mostruoso Tifone,a sua volta figlio di Gaia, la dea della terra. Tifone aveva sembianze così spaventose che Zeus gli diede fuoco e lo seppellì vivo sotto il monte Etna creando così il vulcano. Queste due leggende , tramandate nei secoli ,hanno influenzato anche gli antichi abitanti della Toscana , poiché in Arezzo è stata rinvenuta una statua di bronzo raffigurante questo mostro.

Proviamo a estinguere alcune fiammelle, ma subito si riaccendono in altre fessure della montagna; ci raggiungono altri turisti , sono turchi , tirano fuori una padella e, sopra le fiamme, cuociono polpette.

Ridiscendiamo dalla montagna e, con il camper ci avviciniamo alla spiaggia di Cirali.

E’ grandissima con grandi pini, un posto da favola, notiamo un camper di tedeschi in sosta, allora pensiamo di fermarci anche noi, a debita distanza, a prendere il sole. Facciamo il bagno ,l’acqua è calda e il sole ci riscalda con i suoi 28 gradi. Trascorriamo qui la notte.

18/10 Giovedì Prima ancora del sorgere del sole ci alziamo per vederlo spuntare dal mare, fa freddo ma riusciamo a immortalare questi momenti, poi dopo colazione andiamo a fare una lunghissima passeggiata lungomare, tra agrumeti e piante di melograno.

Dietro la spiaggia corre una piccola strada interna sulla quale si affacciano decine e decine di piccole pensioni, ristorantini e negozi; tutti rigorosamente chiusi per mancanza di turisti ma tutti veramente inseriti in un paesaggio da favola. Ci godiamo il sole per tutto il resto della giornata facendo raccolta di piccoli sassi colorati da portare a casa. E così , tra la lettura di un libro, la settimana enigmistica e belle passeggiate, arriviamo alla sera, restiamo qui a dormire.

19/10 Venerdì Vorremmo restare ancora un giorno ma pensando di non avere tempo a sufficienza , partiamo con destinazione Myra.(Demre) .E così andiamo a vedere le famosissime tombe rupestri Licie. Sono veramente spettacolari, sulla montagna scolpita le tombe appaiono nella loro magnificenza. Visitiamo il sito archeologico, il teatro e le tombe e notiamo che in questo antico regno, la musica e le arti erano importanti, infatti le enormi colonne, i frontoni e gli archi sono completamente ricoperti da sculture raffiguranti muse.

Ritorniamo al posteggio e facciamo per pagare ma non vogliono i soldi semmai desiderano farci bere la loro bevanda: succo di melograno con succo di arancia. Ci facciamo fare questa spremuta, la beviamo ( è aspra per noi) la paghiamo e possiamo partire. Demre è una graziosa città che ha dato i natali a S.Nicola ( sì! Proprio quello : babbo natale, il santo di Bari, il patrono della Santa Russia):Qui nel 200 d.C. Hanno edificato una grande e bellissima chiesa dove, una volta, erano le spoglie del santo (ora sono a Bari portate dai crociati nel 1087). Un monumento con l’effige del santo nei panni di Babbo Natale ci ricorda che qui, in Turchia questo santo è considerato il vero Babbo Natale, quello che dona ai poveri. Andiamo al mercato per comprare un po’ di verdura e finiamo per mangiare in una bancarella: in una gratella viene sciolto il grasso di vacca per insaporirla, il carbone acceso sotto la gratella permette al pane di abbrustolirsi e profumarsi di quel grasso.

Poi il pane viene riempito di piccoli pezzi di bue arrostiti, insalata,pomodori,cipolla,prezzemolo il tutto coperto da uno strato di peperoncino a pezzetti piccantissimo. Mangiamo con gusto, abbiamo la bocca arsa e ci viene offerta in una brocca di plastica l’acqua della cannella che si trova per la strada.

Partiamo per andare a vedere Simena e Kekova la città sommersa. La distanza che dobbiamo percorrere non è molta ma la strada, diciassette chilometri, è stretta e tutta curve, è sul fianco della montagna e non permette il transito a due auto. Siamo fortunati, non troviamo nessuno e quando, superata l’ultima collina vediamo il piccolo porto di Ugagiz siamo entusiasti della scelta fatta. Gli ultimi 500 metri prima di arrivare al porto sono a dir poco emozionanti, ai lati della strada, ci sono tombe Licie, alcune chiuse, altre senza coperchio ma tutte grandissime, scolpite finemente. Arriviamo al porto dove posteggiamo e subito il padrone del bazar ci viene incontro. E’ padrone anche di una grande barca con la quale porta i turisti a vedere le mura della città sommersa. Si offre per una gita in barca, ci chiede una cifra che non accettiamo, lui vuole guadagnare qualcosa, ora non ci sono tanti turisti quindi si accontenta della nostra offerta.: per due ore di gita in barca gli daremo 100 lire, ci farà attaccare la luce nel suo bazar, potremo caricare e scaricare e dormire vicino a casa sua.

Partiamo, siamo solo noi due in una grande barca, durante il tragitto notiamo alcuni caicchi alla fonda proprio davanti a Simena e turisti australiani e giapponesi che fanno il bagno davanti a questo splendido piccolo antico villaggio. Noi ci dirigiamo all’isola di Kekova dove, nei suoi fondali ci sono i resti della antichissima città ora sprofondata e sommersa a causa di tremendi terremoti. Il mare è limpidissimo sul pavimento della barca ci sono delle finestre che ci permettono di vedere sott’acqua i resti della antichissima città. Intorno a noi, lungo la costa e anche sul mare ci sono, semisommerse, alcune tombe Licie e innumerevoli resti romani. Durante la sosta a Simena la moglie del nostro capitano ci raggiunge con una piccola barca, sale da noi, ci saluta e subito ci prepara il tè e resta in conversazione con noi per il resto del viaggio. Quanta ospitalità ! Rientriamo, si fa sera e andiamo a passeggio nella parte vecchia del porto quella dei pescatori . In fondo, dietro una insenatura, notiamo attraccati a dei pontili alcuni velieri e, lungo mare alcuni ristoranti caratteristici, ma hanno prezzi “ all’europea” ci informiamo, ci dicono che qui i benestanti Turchi vengono con il loro caicco (veliero) per trascorrere le vacanze.

E’ notte, nel porto ora c’è la calma più assoluta riposiamo in silenzio.

20/10 Sabato La carta telefonica che Antero aveva acquistato appena giunto in Turchia è stata bloccata dalle autorità Turche dopo venti giorni poiché qua è consentito vendere schede solo a chi acquista o possiede già un cellulare Turco ( che così è registrato). Nella carta ci sono rimasti 20 euro e dispiace non poterla sfruttare. Antero, giacché il capitano della barca parla inglese prova a chiedergli il suo cellulare; vuole mettere dentro la nostra scheda e telefonare a casa. Il capitano è molto gentile, toglie la sua scheda dal telefonino e ci permette di telefonare a casa. Parliamo con tutti: fratelli, sorelle, figli e nipoti e dopo oltre trenta minuti di telefonata ci rimangono ancora 15 euro da utilizzare.

Sono le undici salutiamo i nostri ospiti e partiamo alla volta della gola del Saklikent distanti non più di settanta chilometri. Lasciamo il mare e il sole caldissimo, andiamo verso l’interno e subito il paesaggio cambia e il cielo diventa nuvoloso. Arriviamo al parcheggio della gola, davanti a noi un fiume impetuoso esce da una stretta gola; dall’altra parte del fiume, attraversabile grazie ad un ponticello di legno, ci sono ristoranti, camping e piccole case sugli alberi dove alloggiano i turisti per la notte ( tutto in estate). Il cielo promette pioggia noi ci attrezziamo come se stesse piovendo con pantaloni e giacca da pioggia e andiamo all’ingresso dove paghiamo il ticket.

Il fiume ha scavato questa gola nel monte Akdaglar, la gola è lunga 18 chilometri ed è così ripida e stretta che il sole non riesce a penetrarvi e l’acqua è sempre freddissima.

Per entrare nella gola occorre attraversare il fiume impetuoso con l’acqua che arriva fino alle cosce, non è per niente facile, anzi è pericoloso. Alcuni turisti turchi giunti qui per vedere questa meraviglia ci provano, affittano delle scarpe in gomma e attraversano il fiume. Noi siamo incerti, è tutto scivoloso e la corrente del fiume è forte. Mary rinuncia, Antero prende le scarpe di gomma, confida nei pantaloni che ha addosso si mette le scarpe e…Nonostante la forza del fiume , l’acqua fredda che ferma la circolazione fin sulle cosce, riesce a entrare nella gola. Inizia l’escursione dentro il cuore della montagna, fa freddo, l’acqua ora scorre sotto terra, c’è però melma, e sassi scivolosi. Nonostante siano le 14 c’è buio, poi i pochi coraggiosi che avevano tentato l’avventura sono lontani e non si sente nulla se non il rumore dell’acqua sotto i piedi. In questa solitudine, in mezzo a queste ripide pareti sembra di essere in un altro pianeta , solo nel silenzio più assoluto, sale la tristezza ..È meglio ritornare indietro dopo aver percorso circa 5 dei 18 chilometri della gola ma , sono sufficienti! Riattraversare il fiume impetuoso con l’acqua gelida congela i piedi ma, poiché i pantaloni hanno retto, le gambe e le cosce sono asciutte.

Il tempo di cambiarsi e lasciamo la gola perché, anche se non ha piovuto, il sole riscalda per poche ore qui e la notte fa molto freddo ( siamo a 1200 metri !) Ripercorriamo la strada a ritroso, avevamo visto, all’andata, delle piccole pensioni con parcheggio e in una di queste ci fermiamo per chiedere autorizzazione a dormire. Sono disponibilissimi, e poi, quando gli diciamo che vogliamo mangiare (era quello che speravano) sono tutti eccitati. In attesa della cena che noi vogliamo fare alle 19,30 il proprietario Batmaz Nevzat ci invita a prendere il tè, la moglie accompagna Mary a vedere la mucca e il vitellino, poi la sorella Fatma ci accompagna nell’orto per prendere i fichi,e l’insalata. Sono le 19,30 ci accomodiamo sotto il pergolato ( non è freddo) con le gambe incrociate davanti ad un tavolino imbandito per la cena a base di trote alla griglia, insalata, yogurt, uva, noci,miele il tutto innaffiato da una ottima birra. Dopo cena arrivano tutti i parenti che ci chiedono di vedere dentro il camper è un via vai di persone, poi ci invitano nella loro casa a prendere il te.

Uno dei figli di Batmaz, poliziotto, parla inglese e quindi facciamo conversazione trascorrendo alcune ore in buona compagnia.

E’ notte fonda usciamo dalla porta di casa dei nostri ospiti ed entriamo nel camper ( si ci hanno permesso di mettere il camper proprio davanti alla loro casa!) con l’impegno che domani mattina faremo colazione da loro.

21/10 Domenica Sono le 8,30 noi vogliamo partire, in casa dormono tutti tranne Fatma che ci chiama per prepararci la colazione: Olive, formaggio, burro, marmellata, ciliegie sciroppate, pomodori e pane freschissimo. Non siamo abituati ma stavolta facciamo onore alla padrona di casa e mangiamo tutto. Quando ci saluta, ci regala un barattolo di ciliegie sciroppate e poi baci e via.

Ora sta piovendo, andiamo verso Denizli. Saliamo ripide montagne ( è sempre così, se non siamo lungo mare qua è tutto un altipiano e montagne), lungo il percorso troviamo in mezzo alla strada un camion ribaltato, e la polis che regola lo scarsissimo traffico. Giunti a Serinhisar, il tempo ora è ritornato bello, e facciamo una deviazione di 50 chilometri per andare a vedere il sito archeologico di Afrodisia. Lasciamo il camper in un grande parcheggio proprio davanti alla casera della Jandarma ed entriamo. Una intera necropoli con tombe Licie , tutte ottimamente conservate, colonne, statue e sculture sono allineate lungo l’ingresso.

Subito, seguendo il percorso suggerito troviamo quella meraviglia che è il Tetrapylon porta monumentale, poi il Tempio di Afrodite, l’agorà, lo stadio lungo 270 metri (molto più grande di quello che è a Roma) poteva ospitare 30.000 spettatori ed era considerato nell’antichità il più grande e il più bello del mondo. In cima a una collinetta vediamo il meraviglioso e grande teatro romano , tutto di marmo bianco. Vicino ci sono le Terme di Adriano. Mentre stiamo apprezzando questa meraviglia di teatro sentiamo parlare toscano, ci avviciniamo e ….. Ecco che Mary vede una sua ex collega di lavoro che, insieme a questa comitiva di Italiani è in giro per la Turchia. Baci e abbracci, qui, lontani da casa siamo tutti amici. Lasciamo questo meraviglioso sito e visitiamo il museo. Veramente bello, da non perdere assolutamente. Alle 18 il sito chiude, noi ritorniamo al camper. Chiediamo al comandante della Jandarma se possiamo sostare qui per la notte, ci indicano il posto e …Stasera dormiremo qui.

22/10 Lunedì Ci avviciniamo a Pamukkale che dista meno di 70 chilometri. Il tempo è nuvoloso, decidiamo di andare prima a Laodicea, antichissima città, e sede di una delle sette chiese dell’apocalisse. La città era rinomata per la lavorazione della lana nera, per le banche e per la medicina. Qui Cicerone ha vissuto per lunghi anni. Mentre visitiamo il sito archeologico, si alza un forte vento che riesce a spazzare le nuvole e far venire il sereno. Andiamo all’ingresso alto di Pamukkale, dove è anche il sito archeologico di Hierapolis. Bianche e splendenti formazioni calcaree piene di acqua, simili a vasche, che hanno avuto origine in seguito all’azione delle acque mineralizzate calde che, scendendo lungo la parete rocciosa si raffreddano e depositano il calcio, creando sporgenze, stalattiti. Sopra questa montagna bianca i romani costruirono una grande stazione termale : Hierapolis. E’ possibile, in alcuni punti , andare a piedi nudi in queste vasche, però, l’acqua scorre lentamente lungo le pareti della montagna a seguito del drenaggio delle stesse da parte degli alberghi costruiti nel villaggio sottostante. Lo spettacolo è entusiasmante, di quelli che rendono il ricordo indelebile nella nostra mente. Andiamo alle antiche terme, dove è possibile fare il bagno in una grande vasca colma di antichità, colonne e statue. L’acqua è calda -38 gradi- e Mary subito si diletta a fare un lungo bagno nell’enorme vasca, fermandosi sopra capitelli e colonne romane. Riprendiamo la visita di Hierapolis, l’agorà, la basilica, il teatro cittadino, la grande necropoli con tombe circolari e immense, le strade della più importante città termale dell’antichità e infine il grande teatro sopra le terme, un vero capolavoro un gioiello di architettura. Abbiamo fatto molto tardi rientriamo al camper che è buio. Mentre già pensiamo di rimanere qui per la notte un poliziotto in motocicletta si avvicina a noi e, con fare cordiale ma deciso, ci dice che non è possibile sostare qui la notte e che dobbiamo andare via.

Scendiamo giù al paese per cercare un campeggio che sappiamo esserci, è chiuso, non sappiamo dove andare; a ogni angolo di strada,piazza e slargo ci sono alberghi e ristoranti , non possiamo sostare qui.

Usciamo dalla città e subito troviamo un distributore che rimane aperto tutta la notte. Chiediamo di poter rimanere ci dicono di sì, ci chiedono se abbiamo vino, gli diamo una bottiglia piccola, loro contraccambiano con del pane fresco. Ceniamo e dormiamo qui.

23/10 Martedì Oggi è giornata di trasferimento vogliamo andare a Efeso. Lasciamo Pamukkale, lungo la strada incontriamo continuamente pozze di acqua calda che manda alto il vapore (sembra Larderello). Arrivati a Nazilli andiamo in un supermercato a comprare il pane e la carne e vediamo, passando, un barbiere. Antero ha i capelli lunghi, decide di andare dal barbiere per farseli tagliare.

E’ lungo la strada principale che attraversa tutta la città, non sappiamo dove lasciare il camper ma il barbiere ci assicura che lì, davanti alla loro bottega, può sostare e manda un ragazzo a controllare e dirigere il traffico. E così inizia l’avventura: Nel negozio ci sono otto giovanotti, ciascuno ha un compito, chi taglia, chi fa la barba, chi asciuga i capelli, chi spazza ecc ecc. Mary chiede di tingersi i capelli mentre il barbiere taglia quelli di Antero ma la risposta è : No! Ciascuno ha il proprio compito e a questo ( tingere), ci pensa il capo barbiere quello che sta lavorando sulla testa di Antero. E’ giovane, ha 21 anni ma dimostra grande capacità e conoscenza del lavoro. Dopo aver terminato il taglio dei capelli in modo perfetto, rifinisce il lavoro in questo modo: Prende uno stoppino ( sul tipo dei cotton fioc) lo accende e lo sbatte dentro le orecchie, nelle narici del naso, sul collo, nelle basette…Per bruciacchiare tutti i pelucchi rimasti dopo il taglio. Ora tocca a Mary. Le sono tutti intorno e ridono, sono contenti e meravigliati; per loro è sicuramente la prima volta che una donna straniera e ricciola, gli chiede di colorare i capelli. Dopo aver messo la tintura nei capelli, giacché dobbiamo aspettare oltre venti minuti, invitano Antero a fare una partita al biliardo nel bar dietro l’angolo. Viene anche Mary, con il cotone sopra le orecchie, la testa tutta impiastricciata di tinta e con un bel fazzoletto intorno al collo per non sporcare il vestito.

Ma per andare al bar deve attraversare la strada, girare l’angolo, passare davanti a decine di uomini seduti ai tavolini del bar.

E poi..Tutti dentro a vedere giocare l’Italiano contro il Turco e giù a ridere a crepapelle e a bere tè che il proprietario del bar, continuamente ci porta . Sono tutti felici di vedere e stare con noi. Naturalmente facciamo alcune foto ricordo ,mentre il negozio si è riempito di curiosi attirati dalla nostra presenza; è arrivato il momento di lavare e asciugare i capelli a Mary , la quale vuole asciugare da se i capelli …E restano tutti meravigliati dal fatto che subito dopo la fonatura i capelli si gonfiano e diventano tutti riccioli.

Lasciamo Nazilli, dopo aver fatto una foto ricordo con tutti i ragazzi,e ci avviciniamo a Efeso. Facciamo sosta a Selguk (3 Km da Efeso) dove esiste un campeggio il cui proprietario (turco) lavora in Italia a Senigallia dove svolge attività di operatore turistico. Il campeggio è subito dietro la bellissima moschea, è immerso nel verde con tante piante di mandarino. Il tempo di sistemare il camper e andiamo a fare una breve passeggiata nel centro per vedere le vetrine e per far mettere una vite negli occhiali di Mary. Discorriamo con il negoziante che parla inglese chiediamo di pagare ma, non solo non vuole niente, ci ringrazia per la visita in Turchia e ci offre un bel bicchiere di tè. Rientriamo al campeggio, abbiamo fatto scorta di mandarini colti e mangiati immediatamente.

24/10 Mercoledì Stanotte ha piovuto, visitiamo la moschea e poi, con il camper, andiamo a vedere Efeso. Arriviamo in un grandissimo piazzale stracolmo di corriere e tantissimi turisti. Ci viene incontro un tassista che ci spiega come visitare Efeso. Poiché la città di Efeso è in collina e digrada nella valle per circa due chilometri, ci suggerisce di entrare dalla parte superiore e poi scendere (si fa meno fatica in discesa) e ritornare qui dove abbiamo messo il camper. Naturalmente per fare in questo modo lui si rende disponibile ad accompagnarci con la sua auto. Qual è l’alternativa: il tempo non è bellissimo, forse piove, se andiamo dal basso, dobbiamo salire per due chilometri e ridiscenderli, se partiamo dall’alto, è in modo inverso ma sempre quattro chilometri. Scegliamo di farci portare su in tassi e visitare con comodo la città di Efeso.

All’ingresso ci sono migliaia di turisti e, per vedere i resti archeologici, dobbiamo fare la fila tanta è la gente. Il sito è veramente bello ma c’è parecchia confusione non riusciamo a godere in pieno delle bellezze dei monumenti. Il tempo si mantiene buono e non piove. La città di Efeso, allora sul mare, divenne la capitale dell’Asia Minore e aveva 250.000 abitanti, a Selguk ha abitato anche la Madonna e S. Giovanni (Meryemana -casa di Maria). Grande il gymnasium, lo stadio, le case dipinte, i grandi archi, il teatro e la vera meraviglia la Biblioteca di Celso. Dopo l’interramento del porto, Efeso perse d’importanza e fu defraudata di tesori e furono portati via i marmi, le sculture, tutto quello che poteva servire per costruzione ecco perché oggi, a nostro parere, questo non è più bello dei siti archeologici di Afrodisia, di Termessos e Sagalassos. Comunque la biblioteca è imponente, poteva contenere 12.000 rotoli in nicchie sulle pareti. Per farla sembrare ancora più imponente i costruttori fecero ricorso a un espediente architettonico: la base della facciata è convessa, in modo che gli elementi centrali sembrassero più alti mentre le colonne e i capitelli della parte mediana sono più alti di quelli ai lati… È vero! Attraversiamo la via sacra, vediamo il teatro, la necropoli e poi ci incamminiamo verso l’uscita.

Sono le 14 salutiamo il nostro autista, ci apprestiamo a mangiare, quando improvvisamente un fortissimo temporale si abbatte su Efeso, è tutto un fuggi fuggi di turisti e chi è dentro, si bagna come un pulcino.

Da Efeso seguiamo la strada costiera per alcuni chilometri di paesaggio selvaggio, poi ci addentriamo all’interno e prendiamo l’autostrada convinti di trovare un posto dove dormire. Ma l’autostrada a Izmir finisce (Izmir è la terza più grande città della Turchia) e ci troviamo dentro un traffico spaventoso. Il traffico è quello di una qualsiasi metropoli occidentale e mentre attraversiamo la periferia settentrionale della città, vediamo un caleidoscopio di case non finite, grattacieli compresi. Usciti dalla città, corriamo in mezzo ai vigneti dell’uva di Smirne, quella con gli acini piccoli e senza semi che noi mettiamo nel panettone chiamandola uva sultanina. Sono le 20 è buio, dobbiamo trovare dove fermarci. Lungo la strada ci sono distributori proviamo a fermarci in uno che ha un grande piazzale, chiediamo il permesso, ci viene accordato. Passeremo la notte qui in mezzo al traffico.

25/10 giovedì Nonostante il chiasso del traffico riusciamo a dormire tutta la notte. Andiamo a Foça sul mar egeo. La cittadina è bella, il mare pulito e non è invaso dalle costruzioni. Troviamo un angolino a picco sul mare, dove trascorriamo tutta la giornata sotto un sole cocente. La sera, prima dell’imbrunire partiamo per avvicinarci a Bergama a una settantina di chilometri. Fino a che costeggiamo il mare, il panorama è bello, scogliere ovunque e mare limpido, poi lasciata la litoranea e ripresa la statale di nuovo un grande traffico, numerose industrie, depositi di rottami, cementerie e fabbriche di mattoni ci accompagnano fino alle porte di Bergama presso un distributore passiamo la notte.

26/10 Venerdì Entriamo a Bergama e andiamo a vedere la Basilica Rossa un’altra delle sette chiese menzionate nel libro dell’apocalisse. Entriamo nel sito archeologico che non merita una visita, quello che si vede da fuori è più di quello che c’è dentro.

Ci spostiamo e andiamo nella collina, dove si trovano i resti dell’antica Asceplion. In questo luogo Esculapio ha fondato lo studio delle malattie e Galeno, che qui ha vissuto e lavorato come medico dei gladiatori ha conferito un’unità sistematica alla teoria medica così da costituire la base di tutta la medicina occidentale fino al XVI secolo. Quindi nel mondo antico Pergamo o Bergama era un centro terapeutico famoso in tutto il mondo. Oggi i resti che si trovano nel sito archeologico ci permettono di ritornare indietro nella nostra memoria e ricordarci che questo luogo è stato la culla della medicina, e dove venne scoperta e utilizzata la pergamena. Percorriamo la via sacra, troviamo il tempio e un teatro, sorseggiamo acqua fresca al pozzo sacro e ritorniamo verso il camper rinunciando ad andare a vedere l’Acropoli che, a quanto si è letto, è simile ad altre e non ha nulla di particolare se non il costo del biglietto. Perché qui, come a Efeso e in tutti i siti maggiormente turistici, i prezzi sono altissimi. Non bevete una bibita, vi spenneranno.

Partiamo e ritorniamo verso il mare a Pamukka mangiamo in una lokanta: patate e Kofe (polpette) involtate con melanzane, peperoni e tanto sugo di pomodoro; agnello alla brace con pomodori, peperoncino salsina moooolto piccante yogurt e riso. Proseguiamo per andare in un paese Oren, dove sappiamo esserci un campeggio aperto tutto l’anno immerso tra i fiori e in un bosco di eucalipti. Lo troviamo con difficoltà data la scarsa segnaletica…Ma è chiuso, il tanto reclamizzato camping Altin di Oren su una spiaggia di sabbia dorata lunga 5 km è chiuso!. Un operaio, che sistema le aiuole e al quale chiediamo se possiamo rimanere almeno nell’ingresso, ci manda via con tono deciso e così ci ricordiamo che: più i luoghi sono turistici e più i prezzi sono elevati; più ci sono turisti e più c’è certezza che la gente che vi lavora è meno cordiale e poco ospitale e, allora …Andiamo nei luoghi meno frequentati, spenderemo meno e saremo sempre ben accolti. Superiamo Edremit con il solito traffico! Poi stanchi ci fermiamo in un grande posteggio di un supermercato di articoli di giardinaggio (come Obi da noi). Non ci mandano via e passiamo la notte qui. Dopo cena ci rammentiamo il nostro viaggio e subito ci viene in mente come la parte occidentale della Turchia da Antalya in su sia molto più simile alle zone degradate delle nostre città europee e la popolazione molto meno accogliente che non all’est.

27/10 Sabato Ancora pochi chilometri e ci troviamo ad Assos e davanti a noi, si erge l’isola greca di Lesbo. Il panorama è bello, belle insenature e simpatici villaggi affacciati sul mare, la strada lascia il mare e si inerpica per le montagne. Vediamo donne vestite con abiti molto colorati, ma non vogliono farsi fotografare.

I paesi che attraversiamo sono poveri e notiamo che in questa parte della Turchia sono molto più arretrati del sud o dell’est della Turchia e siamo a meno di 300 chilometri da Istanbul. Ci fermiamo a Odunluk davanti all’imbarco per l’isola di Bozcaada. Restiamo qui a goderci un po’ di aria di mare. Pernottiamo nel posteggio, dove sostano le auto in attesa di imbarcarsi per l’isola.

28/10 Domenica Stamane ci svegliamo puntualmente alle 6,40 con il canto dell’imam, però questa sarà l’ultima volta che potremo usarlo come sveglia poiché stasera contiamo di dormire in Grecia.

La vacanza volge al termine, lentamente percorriamo la strada che ci porta a Canakkale da dove prendiamo il traghetto per attraversare lo stretto dei Dardanelli e ricordiamo quello che abbiamo studiato a scuola. La prima guerra mondiale e la caduta dell’impero ottomano. Poi, quando sbarchiamo dall’altra parte dello stretto, nella penisola di Gallipoli, siamo in Europa .

Tutta la penisola è un enorme cimitero a memoria delle battaglie qui combattute. Ancora 140 chilometri e già siamo vicini alla frontiera, ci fermiamo nei grandi negozi duty free perché dobbiamo telefonare a casa: oggi Claudia e Giovanni festeggiano assieme a tutti i parenti (escluso noi che siamo fuori) il loro 50esimo anniversario di matrimonio.

Abbiamo ancora la scheda turca con 15 euro e questa è l’unica e l’ultima occasione per poterla utilizzare. Andiamo all’ufficio del turismo Turco, dove troviamo una signorina molto gentile che però non parla inglese , si arrende alle nostre sollecitazioni mimiche e ci consegna il suo telefonino. Evviva possiamo telefonare a casa utilizzando la nostra scheda telefonica. Riusciamo a parlare con Claudia e Giovanni entrambi emozionatissimi perché non sapevano di questa festa organizzata dai figli . Salutiamo i figli e i nipoti, poi i parenti e tutti gli amici che sono alla festa e…Abbiamo finito la scheda. Ringraziamo la signorina che è stata molto gentile, ha capito la nostra insistenza ed è contenta di averci aiutato.

Alla frontiera Turca, a parte la forma burocratica (timbri, timbri, timbri) ci fanno passare subito, come usciamo dal posto di blocco, vediamo una fila lunghissima di camion (2 chilometri) che arriva fino alla frontiera Greca.

Un attimo di indecisione, poi Antero sorpassa i camion e velocemente raggiunge lo slargo che divide l’ingresso delle auto da quelle dei camion (cosi doveva essere fatto, altrimenti ancora saremo lì ad aspettare). Prima di entrare in Grecia, ci fanno passare per un tunnel e fermare. Dal soffitto da sotto terra, dai lati, davanti e da dietro ci innaffiano tutti, ma che fanno ? tolgono i germi che potremmo portare dalla Turchia? Ora che il camper è stato completamente disinfettato ci domandano se portiamo animali proibiti, reperti archeologici…Naturalmente diciamo di no ma le guardie ci aprono la porta entrano dentro il camper frugano sotto il letto, aprono gli sportelli e poi ci dicono che possiamo andare. E partiamo, superiamo il ponte sul fiume che divide fisicamente le due Nazioni e velocemente prendiamo l’autostrada che ci conduce ad Alexandroupolis dove arriviamo a tarda sera.

29/10 Lunedì Stamane, con calma andiamo a fare una passeggiata lungomare verso il centro di Alexandroupolis. Arriviamo nel centro del porto e ci fermiamo in un bellissimo bar fronte mare a prendere un caffè espresso. Due caffè e due pasticcini (no paste!) 6 euro. Ritorniamo al campeggio ci prepariamo con calma un buon pranzo, ci crogioliamo al sole e facciamo una bellissima doccia calda. E’ sera,dormiamo qui.

30/10 Martedì Partiamo, per arrivare a Igoumenitsa ci sono 750 chilometri e abbiamo il traghetto il 31/10 alle 22,30. Quindi possiamo andare con calma verso la nostra meta. E’ tutta autostrada, almeno fino a Larissa, quindi camminiamo senza problemi ma in modo noioso e monotono. Arrivati a Larissa decidiamo di fermarsi in un grande parcheggio di un iper Trony. E’ completamente illuminato e rimane aperto fino alle 23. Nessuno ci vieta la sosta e rimaniamo qui a dormire.

31/10 Mercoledì Oggi il cielo è nuvoloso, anzi piove e tira vento. L’autostrada è finita e mancano ancora 300 chilometri per arrivare a Igoumenitsa. La strada, come all’andata è tutta di montagna, questa volta però il panorama non è bello come all’andata c’è una fitta nebbia che non permette di andare oltre i 30 chilometri orari. Proprio non si vede niente e più volte siamo costretti a fermarci. La vacanza è proprio finita, l’ultimo giorno si deve proprio soffrire per arrivare!. Arriviamo alle 18 , facciamo il check-in, compriamo le bandierine greche a Marco e Francesco e ci mettiamo in fila per l’imbarco. Siamo al molo 11 ci raggiungono due camper italiani che sono stati nelle isole greche ma si dichiarano insoddisfatti perché hanno costruito da tutte le parti e i prezzi sono elevati nonostante la bassa stagione. Mentre aspettiamo l’arrivo della nave assistiamo a una baruffa. Alcuni albanesi (e ce ne erano tanti) per entrare clandestinamente in Italia si sono incastrati sotto un camion ma sono stati scoperti. I camionisti, a forza, hanno estratto i due malcapitati e giù botte da orbi, poi è arrivata la polizia con due camionette ed ha preso in custodia i due ragazzi.

Una camionetta resta a piantonare lo spiazzo perché ci sono ancora una decina di albanesi che potrebbero, all’ultimo momento incastrarsi sotto un camion .Siamo un po’ agitati, noi dormiremo con il camper dentro la nave, saremo tranquilli come all’andata?.

Alle 22 la nave attracca e ci fanno entrare, ci sistemiamo per la notte e partiamo puntuali alle 22,30. Il mare è molto agitato, si è alzato anche un forte vento, riusciremo a dormire?.

Dentro il camper fa molto caldo, dormiamo (dormiamo?) senza pigiama. Per tutta la notte c’è stato mare mosso , la nave ondeggia continuamente e i tuoni ci accompagnano per tutto il tragitto.

01/11 Giovedì Alle nove decidiamo di uscire dal camper, saliamo al bar della nave, lo stomaco ci va su e giù, ritorniamo nel camper. Mangiamo i grissini, non beviamo niente. In prossimità del porto di Ancona il mare ritorna quasi calmo, ci permette di sbarcare senza problemi sono le 13 e ci fermiamo per mangiare. Ripartiamo velocemente, prendiamo la superstrada che ci porta fino alla E45, che percorriamo fino a S. Sepolcro, poi Anghiari, la Chiassa e finalmente a casa accolti dai figli e nipoti e…Da Lampo, il nostro cane lupo. E’ finita la nostra gita in Turchia.



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche