Tunisia: La via dei pozzi

RoboGabr’Aoun in fuoristrada nell'Erg Orientale
Scritto da: RoboGabr''Aoun
tunisia: la via dei pozzi
Partenza il: 25/12/2009
Ritorno il: 09/01/2010
Viaggiatori: in gruppo
Spesa: 1000 €
ERG ORIENTALE , TUNISIA RoboGabr’Aoun

Indice dei contenuti

Scendo dai colli coperti di neve sull’autostrada per il mare in questo mattino di dicembre gelido. L’aria sembra solidificarsi nei polmoni ad ogni respiro, la galaverna rende alberi e cespugli simili a grotteschi personaggi fantasy, complici la luce incerta dell’alba e la bruma che sale dalle valli sottostanti ancora immerse nel buio. Appuntamento alla stazione di servizio, la stessa stazione di non so quanti anni di viaggi: è un luogo scaramantico, porta bene…I grossi fuoristrada arrivano alla spicciolata, uno ad uno. Una colazione breve, dopo un momento di brivido per una riparazione fortunosa dell’ultimo minuto, e si parte.

Genova, ancora più gelida dei colli; le solite navi allineate ai pontili, le solite insensate code con attesa di ore per il controllo dei passaporti, gli ancora più eterni incolonnamenti per l’imbarco…Carthage, stessa nave, stesso immenso “circo” multicolore, il brulicante popolo di fuoristradisti che si accalca verso il ponte abbassato sulla banchina; già respiro Africa, di nuovo.

Tunisi arriva e scivola via velocemente, la nuova bretella sospesa sul Lago di Tunisi snellisce il percorso ed in un attimo le ruote rotolano sull’autostrada. Cielo nero piombo, qualche goccia di pioggia e nuvole minacciose sul Jebel Zagouan ma puntiamo dritto su Kairouane, prima tappa di questa breve discesa in Sahara, altro “spuntino” d’Africa dopo un durissimo , fisicamente e forse ancor piu’ psicologicamente, mese intero di campo in Botswana, quest’estate. Ho bisogno di ritrovare questa mia Africa, sentirla, togliermi questo continuo senso di vuoto che inesorabile mi segue da un po’ di tempo e non guarisce…Kairouane la tocchiamo appena, giusto il tempo di cenare e dormire e l’alba successiva già ci vede in viaggio verso i Chott; scendiamo a sud, verso il deserto.

Douz, la sempre splendida sonnacchiosa Douz ci accoglie in un mezzogiorno tiepido, intorpidito da un cielo scolorito e privo di brezza. Hedj, il mio amico Hedj; più di 10 anni di conoscenza, discorsi, parole, progetti e mai una volta insieme tra le sabbie…Fino ad oggi; oggi finalmente partiamo insieme verso l’Erg, entrambi curiosi di scoprire come sarà il viaggiare insieme, entrambi assetati di apprendere l’uno dall’altro, di arricchirsi a vicenda; Lui un’istituzione di questo lembo di Sahara…Io un viaggiatore che la vita ha portato ad essere una guida in questo immenso Continente; due realtà simili e diverse. Sarà un’esperienza importante. Per entrambi.

I gavoni delle auto si colmano degli ultimi rifornimenti; si fa il pieno di acqua, gasolio, frutta, verdure, pane…E’ tardo pomeriggio quando finalmente partiamo, direzione El Faouar, asfalto. Deviamo per Nouil, la strada si fa sempre piu’ sottile mentre si addentra nell’immenso Jerid. Superiamo Jarzine, altra minuscola, rigogliosa oasi del Chott e, finalmente, le ruote mordono sabbia, svoltiamo nel lago salato. Corriamo quasi paralleli alla strada per Rjem Maatoug, qualche chilometro spostati a Nord, nel Jerid. Questa pista è attualmente l’unica tratta percorribile (legalmente) attraverso il Chott in fuoristrada.

Il sole tocca l’orizzonte quando facciamo campo al riparo di veri e propri faraglioni di arenaria che sbocciano come scogli dalla pianura di sale. Delicate discese di sabbia bianca fanno da cornice a questa sorta di fortezza naturale in mezzo al niente più assoluto.

Primo campo, prima gelida notte sahariana, primo mio nuovo respiro ad inalare a pieni polmoni aria che sappia di ocra e cumino, medicina per l’anima…

Mattino fresco, sole appannato da una nebbia sottile. Scendiamo a sud, usciamo dal Chott e raggiungiamo El Faouar per un rabbocco di nafta di cautela: 250 litri di gasolio a ciascuno; nessun rifornimento per i prossimi 9 giorni. Pista sabbiosa, direzione sud ovest. Piccole oasi e recinti di zeribe lungo il percorso.

Ain Ech Chott, prima fonte di questo itinerario a seguire pozzi lontani, antichi. E’ un minuscolo lago racchiuso tra basse collinette di sabbia salina, orlato di tamerici nane e graminacee, un tappeto verde che brilla come uno smeraldo in questo oceano di giallo. L’acqua è limpida, è una sorgente pura. Raggiungiamo la Cava delle Rose in breve tempo ed i fuoristrada si sparpagliano per la valle, ognuno alla ricerca di qualche bel conglomerato di calcio. Tutta la vallata è un immenso deposito pluviale, il suolo pullula di piccole rose del deserto e per tutta la piana a pochi centimetri di profondità si trovano grandi conglomerati di precipitati di calcio dai petali sottili e trasparenti, splendidi gioielli della Natura…A 50 centimetri di profondità si scavano rose di grandi proporzioni ed a profondità maggiori è facile scoprire veri e propri colossi di anche un metro di diametro, magnifici.

Torniamo di qualche chilometro a nord, per tagliare verso le Bianche Dune del Chott Faouar. Sgonfiamo le ruote, inizia il balletto. Passaggi semplici, piacevolmente guidati e raggiungiamo intorno a mezzogiorno la nostra seconda sorgente, Ain H’Tbini. Anche qui, come già ieri, siamo soli tra le sabbie; dove saranno tutti i turisti scesi a Tunisi?…Meglio così. Alla sorgente una immane mandria di dromedari è all’abbeverata. Sostiamo a lato, per non disturbare, e raggiungiamo a piedi il lago…E’ il 29 dicembre, oggi…Il 31 dicembre del 2002 mi trovavo qui, su queste stesse sponde, a pochi giorni dalla mia partenza per il Sudan che avrebbe cambiato la mia vita. Emozioni, sogni, ricordi ed amarezze mi assalgono in un cocktail potente, inebriante… Ripartiamo. Dune, solo più dune. Basse, disordinate, impegnative dune del Chott, con il loro bianco abbacinante che ti fotte perché cancella le ombre e ti acceca come sulla neve.

Piroettiamo per ore, fin quasi al tramonto, per aprire il campo una decina di chilometri a Nord di Bir Ahmed. Impossibile lasciare le auto vicine, le dune sono troppo ravvicinate ed il campo si estende, ognuno a cercare il proprio angolo in piano…La sera è ghiacciata, montiamo il grande tendone Quechua , camerone di sei metri per quattro in cui si piazzano tavoli e sedie e mangiamo al caldo. Niente vento, siamo fortunati.

30 Dicembre. Cielo terso, il sole del mattino scalda le membra rattrappite mentre smontiamo il campo. La temperatura sale velocemente, sarà un giorno da maglietta, ne sono certo! E partiamo in dune nuovamente, a tutto Sud.

Tre pozzi in rapida successione: Bir Ahmed, Bir Hafayer e Bir Abdallah…Formano una direttrice, una linea retta con vertice sud est, che tange il margine occidentale del Parco di Jebil e punta quasi diritto in direzione di Bir Tembaine : è la via più impegnativa per raggiungere Tembaine, con 5 cordoni alti e una ventina di afrath di difficile soluzione. Ed è la nostra via. Poco a sud di Bir Abdallah troviamo il Campo Turistico di Jebil, proprio ai piedi del primo muro di sabbia. E’ un cordone di circa 60 metri di altezza con una ripida rampa di accesso a diversi scalini. La sabbia è molle, la salita tutta scavata dalle traiettorie di chi arriva qui su pista, dorme al campo e “gioca” sulle creste circostanti con il fuoristrada.

Per fortuna anche oggi siamo soli, non c’è nessuno… Nessuno? No, non proprio. Ci sono due persone sedute proprio sul secondo dente della salita, dove dovremo passare, sicuramente due turisti che hanno pernottato qui e si godono questa meravigliosa solitudine. Passati i nostri 6 elefanti a gasolio renderemo loro il silenzio, mi sento quasi sacrilego ma non ci sono altre vie. Hedj ( con l’ottimo autista anche lui di nome Hedj…) sale. Ha qualche incertezza al secondo dente, vedo la sabbia che vola alta scagliata dalle ruote anteriori. Scavano anche loro il dente nonostante siano leggeri come fuscelli rispetto ai nostri quasi 4000 chili… Fatica a salire. Deve fermarsi, fare una manovra e ritentare più a destra. Passa, ce la fa. Lo vedo scollinare sul primo afrath ( ce ne sono 4 sul primo cordone…Sarà duretta). Tocca a me.

Affronto il primo rampone; prima lunga e gas a fondo.Tocco con le ruote anteriori il primo gradino ma non salgo. Retro veloce e riprovo, più a destra, il più rasente possibile al muro di sabbia verticale che incombe da sud e impedisce di cercare vie alternative.

Salgo. Il dente del gradino è un’impennata vera e propria , buca a seguire e subito seconda rampa, ripida e molle. Camilla scoda e mi sposto a destra, cerco le radici dei cespuglietti per trovare un po’ di attrito in questo pantano di solchi. Sono ai piedi del secondo dente, passo a meno di due metri dai due turisti seduti a guardare. Mi salutano, non posso rispondere perché la salita mi impegna entrambe le mani. Impenno il muso sul dente e letteralmente cado dall’altra parte. Smuso e sento rumore di plastica che cede. Non mollo e attacco il terzo rampone evitando la manovra. C’è una buca prima della salita e nonostante la velocità ci affondo. Prima piantata per Camilla. Scendo e saluto i turisti mentre armeggio con la pala per liberare il ventre del toyota…Il mio orgoglio è imbestialito: con tutto il Sahara a disposizione dovevo proprio piantarmi qui, a fianco di questi unici due personaggi incontrati negli ultimi 250 chilometri!!!! Ci rido su mentre spalo. Salgo, dopo una manovra ed un salto, e raggiungo Hedj, oltre il valico. Le restanti auto ci metteranno un’ora a vincere questo primo muro. Gli altri tre afrath non sono uno scherzo ma il primo cordone è superato. Gli altri quattro cordoni impegneranno il resto del pomeriggio, e raggiungiamo il pozzo di Tembaine verso le 16.30, con il sole ormai basso sul ribat di dune che circonda la piana di Dejareth. L’ultima volta che passai da questo pozzo era il 2003… Accanto alle due colonnine di pietra originarie ora c’è una struttura di muratura imbiancata a calce,con pannelli solari e motopompa, con serbatoio di raccolta…Tutto cambia anche qui, in Sahara. Mentre rabbocchiamo i serbatoi d’acqua giungono alcuni Toyota di un’agenzia di Douz, con un gruppo di turisti: sono il primo gruppo che incontriamo. Presumo che domani, 31 dicembre, qui a Tembaine ci sarà il mondo! Saliamo sul colle tra la cima nord e la cima sud del monte e dall’altro versante tutte le dune alla base della collina sono zeppe di fuoristrada, moto, quad, camion…Saranno una quarantina di mezzi, contiamo qualcosa come dieci accampamenti tutto intorno alla montagna…Ci allontaniamo verso sud est, verso la sebka che si apre in fondo alla piana.

Anche qui gruppi di auto e campi. Scendiamo ancora piu’ ad est, scolliniamo oltre due piccoli cordoni e finalmente ci accampiamo a qualche chilometro dalla folla che assedia Tembaine. Tra le dune si apre un’area lacustre antica. Selci lavorate costellano la superficie salina miste a frammenti di macine e pestelli neolitici. Piu’ ad est, sulle sponde, un deposito di ossa fossili di grandi ruminanti e raschiatoi, sicuramente portati qui dalla corrente di un antico fiume ora inghiottito dalle sabbie… La notte ci regala una stellata da grido, mentre l’aria ci porta, per fortuna ovattato dalla distanza, lo snervante “tum tum tum” di musica house sparata a tutto volume dai campi vicini, a violentare il silenzio magico di questo luogo… Mattina splendida con il sole che indora questo paesaggio selvaggio. Ritorniamo a nord per raggiungere lo scoglio piu’ orientale di Tembaine, accanto a Zemlet El Frass, la “duna della Cavalla”. Lasciamo la zona affollata e ci tuffiamo nell’erg tra cordoni molto tecnici in direzione di El Mida. Scavalchiamo 11 cordoni, dei quali 6 decisamente difficili. Ci fermiamo alla base di un immenso muro di sabbia : costeggiandolo in direzione sud si raggiunge l’altura di El Mida; se lo scavalchiamo raggiungiamo la piana che ospita il Campement Grand Erg Oriental di Hedj…Lui sa benissimo, conoscendomi da tanto tempo, che io non amo gli assembramenti di persone e che, in deserto, cerco la solitudine.

Sa perfettamente che non ho piacere di fermarmi al suo campo, meno che mai stasera, il 31 dicembre, che sicuramente ci sarà un sacco di gente (c’è una pista semplice semplice che dalla Pipe Line porta direttamente al Campement…). D’altro canto io da parte mia so benissimo, conoscendo Hedj altrettanto bene e facendo io stesso in pratica il suo stesso lavoro con i turisti in Africa, quanto sia importante per lui essere presente, proprio in questa serata importante, nella sua struttura per controllare che il servizio sia condotto al meglio per i SUOI turisti…Nessuno di noi due dice nulla in proposito ma entrambi sappiamo. Entrambi pensiamo ed entrambi cerchiamo di trovare una soluzione che all’altro possa andare bene senza togliere nulla a nessuno. Il tutto solo meditando, senza parlare, senza esternare. Vaffanculo, è un amico! Se anche per una volta non passerò il Capodanno perso da solo tra le dune non morirò! E così comunico a tutti che si attraverserà il cordone e si andrà a dare un’occhiata al Campo del mio amico Hedj; faremo campo lì vicino. Hedj ne è talmente felice che promette per l’occasione di offrire cena nel suo ristorante a tutti quanti. Giriamo il muso delle auto verso il cordone e saliamo. Se pensavamo fosse una passeggiata ci sbagliavamo: fatichiamo un’ora intera a scavalcare il primo muraglione di sabbia, superare un valloncello ed arrampicarci su un secondo cordone anch’esso niente male, con passaggi così stretti e denti così affilati che spesso, per passare, occorre sfondare la cresta impennando l’auto così tanto che chi assiste ai passaggi stando di fronte può vedere la pancia dei fuoristrada fino al ponte posteriore, muso sparato in verticale al cielo e ruote anteriori per aria a 4 metri da terra! In cima, dopo un corridoio in cresta mozzafiato, si offre agli occhi la pianura di cespugli e basse dunette dove , sotto una grande gurdha piramidale, si alzano le tende bianche del Campement. Scendiamo; tutto intorno decine di 4×4 vanno su e giu’ per le prime pendici del cordone da cui proveniamo che da questo versante è tutto una traccia…Motori che sgasano, marmitte che sfiatano nubi nere di gasolio incombusto nei tentativi di salita più assurdi che si possano immaginare, gente che affronta passaggi controvento assolutamente inutili semplicemente per …Giocare. Tutta la piana è un rombo di motori.

Non dico nulla ma la mia faccia credo che parli in mia vece: Hedj mi guarda e ride, mi da una pacca sulla spalla. Dai scendiamo Robo: grazie di essere qui. Cerco un posto a cinquecento metri dall’accampamento per aprire il mio campo, abbastanza distante dal circo degli stupratori di dune ed allo stesso tempo sufficientemente vicino da raggiungere a piedi il ristorante la sera…Una piccola radura tra le dune fa al caso nostro e stiamo piazzando le auto, chi a piedi chi ancora in manovra, quando due 4×4 con targa italiana irrompono nel campo a tutto gas. Momenti di tensione.

Volano epiteti. Qualcuno dei nuovi venuti scende dall’auto, presumo per discutere…Non scendo nemmeno dall’auto, perché sento un coro di voci dei miei compagni che è sufficiente a rintuzzare il poco accorto pilota dal piede pesante e dalla poca sensibilità nei confronti del prossimo. Coro sicuramente aiutato dalla mole del mio cane, che non pare apprezzare la presenza del tizio che, aiutato dal sorriso canino non troppo amichevole, con grande buon senso risale sul suo bell’80 e va a giocare altrove. Per fortuna nostra e del quieto vivere di tutti nessun altro gioca a rincorrersi a tutto gas attraverso il mio campo e nonostante il caos circostante ci rilassiamo in questo angolo di paradiso. Assistiamo a scene esilaranti : auto piantate in mezzo ai cespugli, 4×4 insabbiati sotto cresta che si fanno trainare in salita con verricelli, tentativi multipli brucia-frizione su denti impossibili, rincorrersi di consigli urlati in tutti i dialetti d’Italia lungo tutta l’estensione del cordone…Intanto Hedj corre come un forsennato: ha 100 persone a cena stasera e nelle cucine è una corsa contro il tempo in un tripudio di carni che cuociono, cataste di pomodori e carote, enormi marmitte di chorba e cous cous che lentamente bollono sulle braci. Ma è contento. E lo sono anche io.

Cena con musica e danze tunisine, c’è persino un complessino giunto apposta da Douz, in costume tradizionale . Cena ottima, la tenda ristorante è accogliente e ricolma. Peccato che praticamente tutti, in un ennesimo esempio di poco rispetto del prossimo, fumino all’interno del tendone, che in breve diventa una camera a gas. Poco male, ceniamo velocemente e ci attardiamo un poco intorno al fuoco al centro del campo…Alle dieci siamo già di ritorno al nostro minuscolo accampamento tra le dune, sotto un cielo magnifico tappezzato di miliardi di stelle…Salutiamo il nuovo anno con due ore di anticipo con un paio di silenziosi botti scintillanti e tutti a dormire che domani sarà dura… Primo giorno del nuovo anno. Sole splendido, ottima temperatura. Ci tocca riaffrontare a ritroso i due cordoni a ovest del campo per fare rotta su El Mida. E così, subito alle 8 del mattino, piede nella pancia in prima lunga e via, ad affrontare pendii da cardiopalma purtroppo abbondantemente scavati dai fuoristradisti a corto raggio della sera precedente.

Nessun intoppo e a metà mattina facciamo sosta ai piedi del primo “scoglio” di El Mida. Scoglio, sì, in quanto ai suoi piedi c’è un giacimento di coralli fossili immenso, con pezzi anche importanti. Tra i tubuli dei coralli centinaia di conchiglie tortili ed ammoniti microscopiche. Un vero e proprio balcone su un mare di centinaia e centinaia di migliaia di anni fa…Scendiamo tra i torrioni di El Mida fino al pozzo omonimo, nella pianura. Troviamo dei nomadi Rebaja algerini, due donne con dei bambini che stanno riempiendo le ghirbe al pozzo. Uno splendido levriero delle sabbie è con loro, splendido cane utilizzato da secoli per la caccia alle gazzelle dai nomadi di tutto il Sahara. Ha una profonda ferita al fianco; lo curiamo mentre, in pieno deserto, si fa una bella scorpacciata di crocchette super pregiate alla faccia del mio cagnone che guarda tutto offeso dal finestrino…L’area del pozzo di Mida è un altro giacimento di notevole importanza: tutte le zone libere dalle dune offrono al ricercatore attento migliaia e migliaia di fossili di conchiglie di tutte le forme e dimensioni, nella quasi totalità grandi bivalvi e rare ammoniti. Per centinaia di metri quadrati si cammina letteralmente sui fossili, al confronto la Valle dei Fossili presso Merzouga in Marocco è una pulce.

Si riparte verso sud ovest alla volta delle alture di Dekamis Kabir che già svettano sull’orizzonte oltre ad un infinito susseguirsi di dune rosa. Costeggiamo Ghur El Kleb, altra montagna di riferimento, e raggiungiamo Dekamis nel primo pomeriggio, dopo un paio di cordoni alti ed impegnativi e una serie praticamente infinita di basse dune perfide ed intricate che ci obbligano ad una attenzione costante e ad una guida di fino. Raggiungiamo il cono di arenaria di Dekamis Seghir al tramonto, dove apriamo il campo in una minuscola radura tra le dune attorniata da ginestre in fiore.

Mattino del 2 gennnaio. Davanti a noi 9 importanti cordoni per raggiungere la prossima sorgente: il lago di Ain Huidhat Er Rechad, comunemente conosciuto come Ain Ouadette.

9 cordoni, 13 chilometri in linea d’aria, 3 ore abbondanti di fatica in macchina per superarli: siamo controvento rispetto all’andamento dei cordoni ed i valichi sono profondamente scavati dal passaggio di qualche grosso camion il che aumenta la difficoltà. In un paio di occasioni siamo costretti ad inventarci una via alternativa per scollinare perché impossibile utilizzare il passaggio originario a causa della cedevolezza della sabbia. Il sole non ci aiuta, scaldando di primo mattino già a 25 gradi. Una delle auto ha problemi di trazione, i mozzi anteriori automatici si sganciano nei momenti meno opportuni ma il buon Alessio, ottimo pilota, se la cava attingendo alla sua esperienza ed all’aiuto di qualche spinta alla faccia della sola trazione posteriore.

Mezzogiorno e mezzo: dalla cresta del nono cordone appare ai nostri piedi il lago, una vera perla incastonata tra grandi massicci color pesca. Incredibile: non c’è nessuno! Scendiamo alla fonte…Accanto al tubo rugginoso che sputa ogni giorno tonnellate di acqua solforosa a creare nel cuore dell’erg questo lago verdeggiante di tamerici e papiri c’è una piccola tenda bianca, un “Cafè” impiantato da intraprendenti tunisini di Douz… Bagno nella calde acque della fonte ( 37 gradi) e relax. Ci cerchiamo con comodo una zona dove accamparci; apriamo le tende a ovest, sulla riva del lago all’ombra delle tamerici. Tutto intorno i canneti dei papiri frusciano nella sottile brezza del pomeriggio e centinaia di passeracei riempiono il cielo di richiami. E’ un luogo impagabile. Nel tardo pomeriggio giungono 3 auto di svizzeri: nessun altro. E’ un lusso: i baristi ci dicono che il 30 dicembre qui c’erano 6 accampamenti !!! La sera è fredda e la vicinanza all’acqua ovviamente acuisce la sensazione di gelo. La tenda ristorante ci viene in aiuto, la riscaldiamo pure con il webasto e ci attardiamo in chiacchiere fino a sera tarda… 3 gennaio mattina: ultimo tuffo nelle acque termali di Huidhat e si fa rotta ad oriente.

In parte lungo un altro tracciato, ripercorriamo i 9 cordoni fino a Dekamis Seghir ; la via è piu’ semplice perché in questa direzione siamo ora a favore di vento, quindi affrontiamo le dune dal loro versante meno ripido a differenza di ieri. Si viaggia spediti tra le dune basse fino a Dekamis il Grande e facciamo rotta verso l’altura di Ghur El Kleb, un vero gioiello perso nell’Erg. La montagna, un tronco di cono che svetta su un mare di dune, richiama alla memoria Tembaine. Dalla vetta del monte la vista abbraccia tutta questa area dell’Erg Orientale e si possono individuare tutti i rilievi: a nord svettano le due cime di Tembaine, a Est le tozze cime dei due Dekamis, a sud est lo scoglio isolato di Ghur El Hab, a tutto sud le alture tabulari di Bir Aouine e le creste piu’ alte di Zemlet Bhorma; a ovest svettano i “campanili” di El Mida…Siamo su un balcone panoramico, lo sguardo si perde nella contemplazione. Stiamo ore in silenzio a godere di questa meraviglia, noi gocce in questo mare immenso, stretti a questo cuore di sabbia… 4 gennaio: partenza verso El Mida. Si parte a cuor leggero, tutti sottovalutiamo il basso cordone a sud del monte. E’ un insabbiamento a catena. Praticamente tutti, distanziati di 500 metri, ci piantiamo. Io sono in testa, sono appeso ad una cresta affrontata a velocità insufficiente a scollinare con i miei 5 metri di Land Cruiser…Per radio sento che dietro ci sono altri in difficoltà. Mi disincaglio in breve e torno indietro. Trovo Mauro stranamente piantato in un facile avvallamento di sabbia molle( strano per le sue indubbie capacità)…Tutto chiaro: l’anteriore sinistra ha stallonato, la ruota gira sul cerchione.

Perdiamo un’ora, con i verricelli. La ruota stallonata è accartocciata ma sembra a posto. Puliamo, rigonfiamo a 3 bar per tallonare e riportiamo a 1 bar: tutto a posto, nessun danno, tiene. Si riparte, questa volta piu’ attenti. Dune impegnative, basse ma balorde, con passaggi così stretti e ripidi in curva che anche a bassa velocità è impossibile non toccare con il muso dell’auto a terra. Parecchi paraurti lasciano in questo tracciato spigoli e vernice. Ritroviamo il pozzo di El Mida verso mezzogiorno. Nuova sosta di perlustrazione al sito dei fossili e poi rotta ad Est. Quattro cordoni importanti ci sbarrano la via verso la Pipe Line. La raggiungiamo con la giusta fatica (L’ultimo cordone è veramente ostico, tecnico al massimo) nel primo pomeriggio. Usciamo dalla sabbia all’altezza del piu’ meridionale dei Tourist Camp dell’area di Ksar Ghilane; lontano, a nord, si vedono le torri radio dell’oasi principale. Rigonfiamo dopo 8 giorni le ruote e, su pista, raggiungiamo l’oasi di Ghilane. C’è mezzo mondo anche qui. L’oasi è un immenso parcheggio ora che l’asfalto arriva sino qui dalla strada di Matmata.

Ci rilassiamo al Caffè della pozza di Ghilane, in un via vai di turisti , moto, quad, fuoristrada e camion…Salutiamo Daniela, che con Marco e Sara, parte immediatamente per Matmata, via asfalto, perché il giorno 6 deve imbarcarsi su un volo per l’Europa da Jerba; Marco e Sara li ritroveremo la sera dello stesso giorno sulla costa… Sfuggiamo alla ressa e andiamo a cercare un posto per il campo verso il forte della Legione. Lo raggiungiamo al tramonto, ormai deserto, non prima di aver tratto dai guai un Pajero di Italiani malamente insabbiato lungo la pista che dall’oasi porta al fortino. Apriamo il campo dietro la fortezza, tra le dune. Il pozzo di Ghilane, quello vero, è qui, a cento metri dal nostro campo, in un boschetto di tamerici. Splendido tramonto di porpora e ultimo campo nelle sabbie dell’Erg Orientale.

5 gennaio. Si parte verso Douz lungo la vecchia diretta. Sgonfiamo appena un po’ le gomme, a due bar circa, e saliamo verso Bab El Bibane. La “porta” di sabbia, un bel passaggio in sabbia profonda, non esiste piu’, Bibane è stata letteralmente spianata dal passaggio di infiniti raid turistici ed edizioni del Rally di Tunisia. Ora è un mucchietto di sabbia anonimo, come infiniti altri intorno. Due piccoli Cafè, uno a Sud ed uno a Nord di Bibane, si dividono i clienti. Molto accogliente quello a sud. Saliamo veloci a nord est, scavalcando un paio di cordoni di media difficoltà a raggiungere Bir El Boum, il “pozzo del tedesco”, un vecchio pozzo che un signore tedesco abitò in inverno per svariati anni. Il pozzo, coperto dalla classica cupola intonacata a calce, è ricoperto di scritte, ahimè. Dentro si trovano ancora la stufa usata dal tedesco per scaldarsi e la pesante lastra di ferro che egli pose a coprire l’imboccatura del pozzo, secco.

Da Bir El Boum tagliamo a nord est, ad attraversare le belle dune dell’erg Zmilet, ultimo regalo di questo Erg Orientale…A mezzogiorno usciamo dalle dune al pozzo di Bhraim, a poche centinaia di metri dal bivio per Jebil. Sostiamo per un veloce pranzo al Cafè du Desert, un luogo di passaggio tra i piu’ frequentati dai turisti delle sabbie. Ritrovo le mie firme di molti viaggi del passato. Lasciamo le nostre a memoria di questa nuova esperienza e una maglietta, persa tra le tante appese all’interno di questo bar che ha soppiantato l’antico mito del bar di Tarzan, quando la pipe line era ancora la pista piu’ seguita per raggiungere l’allora remota oasi di Ghilane, venti anni or sono.

Raggiungiamo Douz nel primo pomeriggio, dopo aver percorso l’ultimo tratto di pista reso irriconoscibile dai forti venti di dicembre e novembre. Attraversiamo l’oasi e, dopo 9 giorni, ci prendiamo una stanza allo splendido, minuscolo Hotel 20 Mars, a due passi (meno di 50 metri) dalla piazza del mercato. E’ un luogo davvero meraviglioso, raccolto, le stanze che si aprono su un giardino interno piccolo ma lussureggiante. Silenzioso, bianco di calce, pulito. E davvero a buon mercato (15 euro a coppia, colazione compresa !!). Una doccia infinita, a lavarsi via dieci giorni di sabbia e poi un rilassante tè all’ombra dei giganteschi eucalipti della piazza… La cena serale al ristorante La Rose è un MUST: non si può passare da Douz senza andare a mangiare al La Rose! Finiamo la serata e salutiamo Hedj davanti ad una chicha aromatica al bar contiguo al ristorante, rilassante finale di un viaggio in deserto davvero appagante.

6 gennaio. Lunga risalita a nord lungo l’asfalto. Gafsa, Kairouan ed infine la costa, a Sousse, dove abbiamo appuntamento con il buon Marco per la sera. Cerchiamo nel traffico caotico della città l’Hotel prenotato dall’Italia dalla sempre precisa Ivana Dotti, un cinque stelle lussuoso a mezza via tra Port El Kantaoui e Sousse centro. Grandiosa cena in albergo con ricchissimo buffet…Ma quanto già mi mancano i miei campi nella sabbia…

7 gennaio. Visitiamo la medina di Sousse, la moschea, le mura splendide. Il gruppo si divide in due: una parte si ferma ancora nelle vie del souk, io e l’auto di Mauro saliamo verso Nabeul, dove ci diamo appuntamento per la sera, al “solito” camping Les Jasmines. Sosta presso un ristorantino sulla strada per Tunisi, con pranzo ottimo a base di carni grigliate e verdura. A Nabeul facciamo in tempo a fare un bel giro nella città vecchia, che camminare fa piacere dopo tanti giorni chiusi in auto. La sera ci troviamo con il resto del gruppo e decidiamo sul da farsi. Praticamente da SEMPRE, ovvero dal 96, al ritorno di ogni viaggio da quest’area del Nord Africa, i miei gruppi sono sempre andati a cena ad Hammamet al ristorante Chez Achour, quasi un rito di fine viaggio. Negli ultimi anni la cucina non era piu’ stata all’altezza della fama e dei nostri stessi ricordi, quindi discutiamo sull’eventualità di cercare qualche altro posto alla cieca. Ne parlo con l’italiano proprietario del Jasmine… Perché non mangi qui al nostro ristorante? Bè, volevamo un buon ristorante specializzato in pesce, sai, non una pizza e via…Se ti fidi ci penso io, mi dice. Mi fido? Ok mi fido, allora ceniamo qui. E, credetemi, una cena strabiliante. Un dentice enorme, diviso tra tutti, accompagnato da portate di ricercatissimi antipasti di crostacei che ancora me li sogno…Carni grigliate superbe, vino ottimo di Zagouan, primi piatti di riso e pesce strabilianti, insomma un tripudio di sapori prelibati…Mi aspetto una mazzata, visti i camerieri in livrea, il metro, l’addetto ai vini, le mille forchette e bicchieri ad ogni coperto (accidenti, ma io ricordavo questo ristorante davvero come una pizzeria dove si mangiavano wurstell e crauti!!!!). Invece niente mazzata, tutto questo ben di Dio a neanche 18 euro a testa. Assolutamente da ritornarci, da ricordare e, come sto facendo, da segnalare! Ristorante Slovenia, camping Les Jasmines, Nabeul.

8 gennaio: il ritorno. Saliamo a Tunisi dopo un ultimo giro tra le bancarelle di ceramiche a Nabeul. Ultimo rabbocco di nafta in autostrada e siamo al porto di La Goulette. Ritiro la documentazione di viaggio all’ufficio della Cotunav fuori del porto ( già tutto pronto, biglietti e tutto il resto, in una busta: attesa 2 secondi.) e giù pentole e fornelli sulla spiaggia per l’ultimo pranzo in terra d’Africa. Poi l’imbarco, il solito incubo di code e controlli ma tutto è regolare, in un paio di ore siamo a bordo. Il cielo e cupo e le previsioni non sono per niente buone: si ballerà? La Carthage salpa con appena mezz’ora di ritardo e appena fuori del porto inizia il ballo: mare agitato e vento forte di prua. Poi un temporale di quelli da ricordare, con tutto il cielo colorato dai fulmini. Ma la traversata prosegue senza intoppi e nonostante il mare agitato attracchiamo a Genova in perfetto orario, alle 13. A Genova diluvia e le cime dei monti sono bianche di neve, il freddo è pungente. Ci salutiamo all’imbocco dell’autostrada, le solite lacrime agli occhi ,che 15 giorni condivisi 24 ore su 24 creano legami forti al di là del relativamente breve periodo di tempo…E si torna a casa, tra colli ricoperti da un metro di neve, sotto una fitta nevicata. Fortunati, perché in seguito abbiamo saputo che le navi del giorno successivo sono arrivate con 12 ore di ritardo a causa della burrasca e delle mareggiate… Rientro di neve,rientro di preoccupazioni per questo nostro imperfetto guscio di carne e ossa che talvolta prende a mal funzionare…E rientro dalle sabbie. Sabbie che, come quest’estate, non hanno lenito questo senso pesante di mancanza che da un po’ mi accompagna…E già la mia anima è proiettata in avanti, verso l’estate, verso altra Africa…Nuovi percorsi per me quest’estate, tracciati selvaggi in una Namibia ancora integra, lontano dagli itinerari comuni, campi nel nulla…Inch Allah, vedremo… Ho le suole ancora piene di sabbia dell’Erg Orientale, e già l’Africa torna a chiamarmi con altre voci, altre piste, altre dune. E ad attendermi, lei sola , come da sempre fa…

RoboGabr’Aoun

IL VIAGGIO

L’ITINERARIO

700 chilometri in dune, una trentina i cordoni davvero ostici, il resto del percorso in dune basse ma altamente tecniche, richiedono una guida attenta e decisioni rapide.

Itinerario interessante, a seguire una linea di congiunzione tra pozzi un tempo estremamente importanti dal punto di vista delle transumanze ed a toccare tutti i principali rilievi di riferimento dell’area dell’Erg Orientale Tunisino tra Douz e le porte di Bir Aouine. Dal punto di vista tecnico è un itinerario impegnativo adatto a piloti con buona esperienza in dune e sabbia profonda. Se affrontato con superficialità può essere pericoloso ed altamente distruttivo per i mezzi di trasporto. Occorre buona conoscenza dei luoghi. Ricordo che la guida locale è obbligatoria anche in quest’area di deserto.

Tempo utile : 9 giorni in dune, 8 campi in deserto, anello con partenza ed arrivo a Douz.

A Douz, in ritorno, pernottamento all’Hotel 20 Mars, centro città.

ALTERNATIVE: la diretta Tembaine-Ain Huidath Er Rechad via Tin Sowane ( 33 cordoni controvento da nord a sud) richiede due giorni interi di traversata, ed un giorno ulteriore occorre per raggiungere dalla via normale Douz da Tembaine. Occorre prestare estrema attenzione in questa variante a non oltrepassare la immaginaria linea di demarcazione che corre precisamente a 30 chilometri dal confine con l’Algeria: se ci si avvicina ai confini oltre questi margini la Gendarmeria (sempre vigile nella zona con mezzi a terra ed elicotteri) interviene obbligando ad un immediato dietro-front ed impedendo il proseguimento dell’itinerario.

Transfer: un giorno in andata con tappa intermedia a Kairouan (pernottamento all’Amina Hotel). – Due giorni in ritorno con tappe intermedie a Sousse ( pernottamento all’Hotel Orient Palace) e Nabeul ( pernottamento al Camping –Hotel Les Jasmines . ) AGENZIA DI RIFERIMENTO: Fuori Rotta Atlante , di Ivana Dotti Insostituibile punto di riferimento per il supporto logistico e tecnico in qualsiasi viaggio in Nord Africa e non solo, di estrema affidabilità e serietà.

GLI EQUIPAGGI: Mauro ed Edi, Toyota Hi Lux 3000 D4D, 230 litri di gasolio imbarcato, tenda Columbus, riscaldamento webasto. Molle kingspring e ammortizzatori Koni.

Ernesto, Lorena e Simone( 14 anni, ottimo navigatore), Toyota Kzj 95 3000 Td, 240 litri gasolio imbarcato, tenda igloo, molle ed ammortizzatori OME Marco, Sara( 11 anni ) e Daniela, Toyota HDJ 80 4.2 Td, 300 litri gasolio imbarcato, tenda igloo, molle ed ammortizzatori Bosa Sospensioni Torino Alessio, Samanta e Giorgia ( L’Opossum, 6 anni ), Mitsubishi L200 2.5 Td 115cv, 230 litri gasolio imbarcato, tenda Maggiolina, riscaldamento webasto. Molle kingspring, ammortizzatori Koni.

Dario Dromedario, Land Rover Defender 90 No Limits, tenda automontate Quechua , 300 litri gasolio imbarcato, molle ed ammortizzatori Bosa Sospensioni Torino.

Robo, Antonella e Froggy( il mio cane) , Toyota Kzj 95 “Camilla” 3000 Td., 260 litri gasolio imbarcato, tenda Overland , riscaldamento webasto. Molle OffQuattro ed ammortizzatori Raw Heavy Duty.

Ci hanno accompagnato Hedj Bel Hadj Brhaim ed il suo pilota Hedj, con un pick up Toyota Hi Lux 2.8 aspirato.

PUNTI SALIENTI DELL’ITINERARIO Pozzi e sorgenti raggiunte: Ain Ech Chott, Ain H’tbini, Bir Ahmed, Bir El Hafayer, Bir Abdallah, Bir Tembaine, Bir El Mida, Ain Huidhat Er Rechad, Bir Ksar Ghilane, Bir El Boum, Bir Bel Hadj Brhaim Alture di riferimento carovaniero raggiunte: Gara Tembaine, Ghur El Mida, Dekamis El Kabir, Dekamis El Saghir, Ghur El Kleb, Ghur El Hab.

Itinerario e traccia GPS rilevati sulla totalità del percorso con Garmin GPS.

Rotte e punti a disposizione su richiesta.



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