Montagna da amare

Dalla Val di Fiemme all'Altopiano di Asiago, con sosta a Levico Terme, per una breve ma intensa vacanza alla scoperta di bellezze montane e di gustose specialità gastronomiche
Scritto da: alvinktm
montagna da amare
Partenza il: 25/05/2018
Ritorno il: 28/05/2018
Viaggiatori: 3
Spesa: 500 €

Non vi è mai capitato di decidere di partire all’ultimo momento, pianificando il percorso poche ore prima di mettersi alla guida? A noi è accaduto proprio questo, e ne è nato un viaggio strepitoso a misura di famiglia dove nessuno dei partecipanti, un monello di due anni e due genitori stressati, è rimasto deluso. Il piccolo Leonardo ha potuto sfogare la sua vivacità in grandi e ben forniti parchi giochi, mentre noi grandi ci siamo deliziati con i piatti della tradizione veneta e trentina. Non abbiamo nutrito solo lo stomaco ma pure gli occhi, grazie ai meravigliosi paesaggi montani, e lo spirito, assaporando quella pace e quel relax che solo luoghi del genere riescono a offrire.

Qualche mese fa mi sono iscritta alla gara ciclistica Marcialonga Craft in programma per domenica 27 maggio a Predazzo in Val di Fiemme, purtroppo problemi di salute mi hanno impedito di allenarmi e quindi, a malincuore, ho dovuto abbandonare l’idea di prendere il via alla competizione. Nonostante tutto volevamo visitare la vallata trentina di cui avevamo tanto sentito parlare in maniera superlativa. Le condizioni meteorologiche estremamente incerte però non erano certo a nostro favore; per fortuna una finestre di bel tempo prevista per l’ultimo fine settimana del mese ci ha spinto a vivere questo breve viaggio.

Iniziamo per ordine. Il percorso dalla Valtellina, dove viviamo, alla Val di Fiemme della durata di circa quattro ore è piacevole e immerso nella natura tanto che, già dai primi chilometri, ci regala la spensierata sensazione di essere in vacanza ancor prima di giungere a destinazione.

L’atmosfera, i sapori, i profumi e il panorama de ‘Il Maso dello Speck‘ nel comune di Daiano in Val di Fiemme ci danno un benvenuto superlativo. Assaporare canederli, patate saltate con salsiccia alla griglia e abbondante tagliere di salumi, seduti sulle panche in legno del cortile con vista sui pascoli e le pinete, consente di raggiungere l’estasi dei sensi. I prodotti sono deliziosi e molti a chilometri zero, e di fianco al ristorante vi è pure la bottega dove poterli acquistare.

Dopo il pranzo molto abbondante è d’obbligo addentrarsi nel ‘bosco nascosto’ per una passeggiata digestiva animata da sculture in legno che rappresentano gli abitanti di questo ecosistema. Il percorso è adatto ai bambini, però impossibile da percorrere col passeggino, perciò se avete pargoli di pochi mesi munitevi di zainetto. I vari tratti di sentiero consentono di ammirare l’altopiano sul quale si adagia Daiano, cosparso di fitte pinete e verdissimi campi tinteggiati col bianco delle margheritone e il giallo del tarassaco e dei ranuncoli, e sorvegliato sull’altro lato della valle dall’Alpe Cermis.

Se viaggiate con i figli merita una visita anche il grande parco giochi di Daiano, ai piedi della chiesa e con bella vista sulla vallata e Cavalese. La differenza con gli spazi pubblici dedicati ai più piccoli presenti nel resto d’Italia appare stridente, e non mi resta altro da fare che scattare delle foto da proporre in comune, con la speranza siano usate come spunto di miglioramento.

Per raggiungere Ziano dove abbiamo scelto di alloggiare, passiamo con l’auto nel centro di Cavalese in cui spicca il Palazzo della Magnifica Comunità di Fiemme per la bellezza dei dipinti sulla facciata. L’attuale destinazione dell’edificio è quella di museo-pinacoteca, visitabile dal primo di luglio.

La cortese signora Patrizia ci accoglie nel suo B&B Casa Vanzetta del quale rimaniamo piacevolmente colpiti per le camere ampie, moderne e pulitissime, il giardino ben curato, per la vicinanza al centro, alla pista ciclabile e al fornitissimo parco giochi sulle rive del torrente Avisio. Ciliegina sulla torta: due biciclette con seggiolino sono gratuitamente a disposizione degli ospiti. Come non approfittarne? Dopo un momento di relax montiamo in sella per esplorare le vicinanze. Il tracciato ciclo-pedonale di cinque chilometri fino a Predazzo è davvero piacevole: pianeggiante, tra i prati popolati di mucche e cavalli, protetto dai fianchi dolci ricoperti di vegetazione della catena del Lagorai.

La parte della Val di Fiemme percorsa fin qui che si allunga a circa 1000 metri di altezza, se pure di indubbia bellezza naturalistica, non presenta ancora l’imponente e ammaliante splendore della roccia dolomia dalle sfumature che vanno dal bianco al grigio sino al rosato, e le forme appuntite come i pinnacoli di una cattedrale gotica. Quella la scopriremo il giorno seguente.

Per ora concludiamo la giornata con una cena veloce alla ‘Pizzerai Gelateria Al Molin‘ dall’ambiente semplice e famigliare, proprio nel centro di Ziano, e una passeggiata tra le tranquille viuzze lastricate: strette fra i muri delle case antiche e ravvivate dagli zampilli delle tante fontane. Qui l’acqua non manca e scorre senza sosta, fredda e limpida, raccolta ancora nei lavatoi dove un tempo le donne lavavano i panni e i bimbi d’estate si rinfrescavano i piedi.

Una colazione da leccarsi i baffi con vista sul giardino è il modo migliore per iniziare un nuovo giorno di vacanza. Carichi e contenti approdiamo alla prima meta della mattinata: Predazzo. Insieme a Cavalese è il principale centro della Val di Fiemme e sorge all’imbocco di due vallate che conducono rispettivamente a Moena, in Val di Fassa e a Primiero, nell’omonima valle. In piazza dei Santi Filippo e Giacomo al cospetto della Collegiata sono cominciati i preparativi per la Granfondo Marcialonga Craft. Gli stand che esibiscono capi di abbigliamento sportivo e biciclette da corsa pullulano di gente, così come il tendono dove i volontari distribuiscono pettorali e pacchi gara. Li ritiro pur sapendo di non poter prendere il via alla competizione, con la speranza l’anno prossimo di riuscire a partecipare.

Vedendo quella festa mi assale un po’ di malinconia, che svanisce pian piano percorrendo la strada verso il Passo Rolle. Lasciati i pascoli dove spuntano malghe qua e là, si viene fagocitati da migliaia di altissimi tronchi: sono quelli delle conifere che costituiscono il Parco Naturale Paneveggio. Queste foreste incantate hanno nutrito la fantasia dei nostri avi la cui immaginazione ha dato vita alle leggende sugli elfi, le fate, gli gnomi. Se si lascia vagare la vista tra l’intricata selva di alberi e il tappeto di morbido muschio è possibile vederne qualcuno… ma bisogna avere molta fortuna.

La carrozzabile prosegue costeggiando il lago artificiale del Forte di Buso e s’inerpica ancora per qualche tornante fino ai 1984 metri del Passo Rolle, ai piedi delle maestose Pale di San Martino. Le loro cime, alcune delle quali superano i 3000 metri, costituiscono la catena montuosa più grande delle Dolomiti, e non ci si stancherebbe mai di guardarne i profili appuntiti slanciati verso il cielo e i pinnacoli rocciosi divisi da vallete ancora spruzzate di neve. Basta arrampicarsi per qualche metro lungo il pendio prativo ancora ingiallito dal lungo e freddo inverno per godere appieno di tanta magnificenza, ed è impossibile non emozionarsi davanti a tale splendore. Qui la natura ha dato il meglio di sé e noi ci sentiamo grati di essere qui, tutti e tre insieme, a osservarle (Leonardo è più interessato alle genziane che spuntano qua e là, ma questa è un’altra storia…).

Dopo lo spettacolo delle Pale di San Martino lasciamo la Val di Fiemme ripercorrendola fino a Molina, per imboccare la Strada Provinciale 71 e poi la SP83 che, in circa due ore comprese un paio di soste per sgranchire le gambe, conducono a Levico Terme. Il percorso è piacevole, immerso nei boschi, e la monotonia del paesaggio è rotta dal lago delle Piazze e da quello di Serraia, appena dopo l’antico borgo di Bedollo sull’Altopiano di Pinè.

Man mano si scende di quota per arrivare ai 520 metri di Levico in Val Sugana, paese famoso per le sue acque termali, dislocato lungo i fianchi ripidi della montagna che degrada sino all’omonimo lago. Quest’ultimo è separato dal più grande bacino di Caldonazzo dal colle di Tenna, ma a mio parere è di gran lunga più caratteristico.

Noi lo scopriamo con le biciclette noleggiate nel negozio Cicli Cetto, facilissimo da trovare perché proprio sul Corso Centrale. Da lì in una manciata di minuti si raggiungono le rive del lago nella sua parte più ampia, animate da un grande parco con piante, giochi per bambini, spiaggette attrezzate, camping, hotel e ristoranti. Il chiasso e la gente non mancano ma basta poco per trovare un po’ di pace e tuffarsi in un paesaggio selvaggio che mi ricorda i fiordi scozzesi tanto apprezzati durante un viaggio nelle Highlands. Il sentiero sterrato immerso nel bosco sfiora l’acqua e i rami delle piante s’inarcano fino a sfiorarne la superficie. Man mano che si prosegue il bacino lacustre si restringe e le sponde strabordanti di vegetazione sembrano toccarsi, imitando un paesaggio nordico.

Avendo noleggiato due bici da passeggio con tanto di seggiolino per il nostro bimbo percorriamo per intero solo il lato destro del lago di Levico, per intenderci quello sottostante alla Strada Provinciale 228, l’altro, dal fondo più sconnesso, si consiglia solo alle mountain bike e senza figli troppo piccoli al seguito.

L’altra attrazione di Levico, terme escluse e delle quali non posso parlarvi perché non visitate, è il Parco nato nel 1898, due anni dopo l’inaugurazione della linea ferroviaria Trento-Levico-Tezze. Si passeggia all’ombra di alberi secolari, tra aiuole fiorite e distese di prati tagliati all’inglese, scoprendo la colorata riproduzione di un mulino, Villa Paradiso un tempo abitazione del capo giardiniere e, in cima, il monumentale Grand Hotel Imperial.

Dopo tutto questo movimento viene fame e per cena posso consigliarvi il Ristorante Vecchia Fattoria, con tavoli all’esterno, tanto spazio per i bambini e dal buon rapporto quantità-qualità-prezzo.

Una piacevole passeggiata nel centro storico di Levico Terme è il modo migliore per concludere la serata, prima di passare la notte all’hotel Scaranò, in posizione panoramica poco sopra il paese. L’antico nucleo si allunga principalmente sulla pedonale, e pianeggiante, via Dante Alighieri, e sfoggia la scalinata che conduce alla Chiesa Santissimo Redentore. Un fiumiciattolo incassato tra il porfido della pavimentazione dona un tocco di originalità a questa strada animata da bar, negozi e ristoranti.

Nuovo giorno, altra meta da scoprire. L’Altopiano di Asiago sembra attendere solo noi, tuttavia prima di arrivarci bisogna percorrere una carrozzabile stretta, composta da un susseguirsi di curve. L’unica nota positiva è il panorama che si apre maestoso sul fondovalle mentre si sale di quota. La distanza non è molta, circa 40 chilometri, ma non si può di certo correre su una strada così, inoltre vogliamo esplorare l’Altopiano di Vezzena a 1500 metri di altitudine e situato all’apice del percorso.

Un’enorme distesa di prati circondati da pinete ne caratterizzano il paesaggio, e la presenza di malghe e bovini rendono meno solitario lo sconfinato pianoro. La misura della grandezza di quest’angolo trentino a ridosso del Veneto la si ha salendo fino al Forte Verle. Raggiungerlo è semplicissimo, basta lasciare l’auto nel parcheggio dell’hotel Vezzena e percorrere la pista che consente di superare la collina dietro di esso. Si tratta di circa 700 metri di salita leggera, al termine della quale la vista si apre sotto i nostro piedi e tutto intorno a noi, dandoci la possibilità di goderne appieno la bellezza.

I ruderi del Forte Verle giacciono solitari e spettrali, parzialmente ricoperti dal manto erboso e seminascosti nella pineta. Furono gli austriaci a costruirlo, insieme ad altre fortificazioni della zona, per respingere l’attacco italiano durante la Grande Guerre. Sopra le nostre teste, a 1908 metri di altezza, troneggia la Cima Vezzena con i resti del Forte Spitz Vezzena dal quale, ci dicono, si gode di un panorama splendido sulla Valsugana. Annotiamo nella mente quest’altra meta per tornarci quando nostro figlio sarà più grande e potrà così superare autonomamente l’intero dislivello (portarlo in spalla sarebbe impossibile).

Provenendo da Vezzena l’altopiano di Asiago ci appare dall’alto in tutta la sua interezza e subito rimaniamo colpiti dalla morfologia. Dolci colline erbose punteggiate di chiazze gialle e bianche, per via della piena fioritura, si alternano a ritagli verde scuro di conifere e qua e là spuntano piccoli agglomerati di case. In lontananza le pinete chiudono l’orizzonte collinare nel quale s’intravedono i centri principali della zona raccolti attorno ad alti campanili.

In tale scenario spicca il Sacrario Militare del Leiten, costruito in cima a un poggio a ridosso della cittadina di Asiago.

I versi del poeta inglese John Donne (1573-1631) introducono i visitatori alla sacralità del possente monumento e ricordano la drammaticità della Prima Guerra Mondiale, su questi colli tragicamente combattuta: ‘nessun uomo è un’isola, intero in se stesso. Ogni uomo è un pezzo del Continente, una parte della Terra… Ogni morte di uomo mi diminuisce, perché io partecipo dell’umanità. E così non mandare mai a chiedere per chi suona la campana: essa suona per te’.

Il Sacrario appare imponente nel mezzo dell’altopiano, eretto tra il 1932 al 1936 e inaugurato il 17 luglio del 1938, a ricordo dei caduti della Grande Guerra. La base quadrata alta 7 metri custodisce la cripta sopra la quale si erge l’arco di ben 47 metri. Lungo i corridoio dal soffitto a volto, freddi e lucidi, si leggono i nomi di migliaia di morti incisi su lastre di marmo, dietro alle quali si celano i rispettivi loculi. Se ci si ferma a pensare che si è attorniati da migliaia di ossa appartenenti perlopiù a ragazzi, la cui fine è stata atroce, si viene attraversati da un brivido di disgusto e tristezza. Sono 54289 i caduti raccolti qui dentro, fra italiani e austroungarici, noti e ignoti. 54289 vite spezzate per colpa di una guerra, e viste le crudeltà del nostro tempo ci accorgiamo con rammarico che dalla storia l’umanità non ha imparato nulla.

Lasciamo il silenzio e la malinconia del Sacrario per tuffarci nelle musiche e nell’allegria di Asiago da Fiaba. Per due fine settimana il centro storico si trasforma magicamente nel set di una favole e noi ci siamo capitati in mezzo senza saperlo. Bolle di sapone riempono le vie decorate con caramelle giganti; laboratori, spettacoli, saltarelli e giocattoli richiamano flotte di bambini entusiasti, mentre personaggi delle fiabe come Pinocchio e Mastro Geppetto se ne vanno in giro a zonzo dispensando lecca lecca. Non mancano neppure l’intramontabile giostra coi cavalli e il trenino che compie il giro della cittadina. Un simpatico scoiattolone poi, sponsorizza i prodotti a marchio Rigoni regalando la merenda a base di crema nocciolata, di loro produzione, e fette biscottate e nello stand alcuni ragazzi preparano assaggi dello stesso prodotto insieme a stuzzichini con diversi tipi di marmellate. In questo bazar colorato e chiassoso trascorriamo un pomeriggio intero, riuscendo persino a notare l’architettura semplice delle abitazioni antiche e l’eleganza del palazzo del Municipio con la torre campanaria, la loggia e le facciate in marmo bianco e rosso.

Per la cena e la notte abbandoniamo il centro di Asiago per salire in pochi minuti d’auto alla Locanda alla Stella, ristorante pizzeria e bed and breakfast nel piccolo abitato di Roana, meno costosa rispetto agli hotel cittadini. Le camere caratteristiche con arredi in legno, pulite, la colazione abbondante (con formaggio asiago) e la cena gustosa, m’inducono a consigliarla. L’unica nota negativa è il servizio un po’ lento, ma quando si è in vacanza non si ha fretta…

La mattina seguente decidiamo di trascorrere le ultime ore sull’Altopiano scoprendo la ‘Strada del vecchio trenino’. Si tratta di un percorso per la maggioranza su fondo sterrato e dalle pendenze lievi, che si snoda tra i prati e le fitte pinete, con partenza dallo stadio del ghiaccio di Asiago e arrivo al borgo di Campiello, per una lunghezza di circa 12 chilometri. Anche per quest’avventura noleggiamo due biciclette munite di seggiolino per Leonardo, al Distributore Eni sulla rotonda a due passi dallo stadio del ghiaccio, e pedaliamo sulle dolci colline per poi inoltrarci fra i tronchi alti e snelli delle conifere, dove il bosco è talmente rigoglioso e verde da ricordare le sconfinate foreste finlandesi.

Tra i bei centri abitati attraversati, in quello di Canove si può vedere la ‘Vaca Mora’, ovvero la locomotiva del treno a cremagliera che fino al 1955 sbuffava lungo i binari posati lungo tale tragitto; mentre più a vanti, a Cesuna, s’incontro la prima galleria. Essendo di 350 metri non illuminati decidiamo di non proseguire oltre, anche perché il tempo a nostra disposizione sta per scadere e dobbiamo riconsegnare le bici.

Ultime foto per noi e ultimo giro in parco giochi per Leonardo, poi salutiamo Asiago per tornare nella nostra Valtellina, ma un’idea già ci frulla in testa: dovremo tornare d’inverno e scoprire le decine di chilometri di piste di fondo che ogni anno nascono con la prima neve sull’Altopiano… speriamo che l’intenzione si possa tramutare in realtà…

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Pale di San Martino dal Passo Rolle

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lago di Levico Terme

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Val di Fiemme vista da Daiano



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