Dalle Marche alla Toscana, passando per la Basilicata

Nell'anno più assurdo mai vissuto, esorcizziamo le paure e facciamo un giro per il nostro Bel Paese. Ed essere sobriamente e non nazionalisticamente fiero di farne parte. Ogni tappa del viaggio, Marche, Abruzzo, Puglia, Basilicata, Lazio e Toscana sarebbe degno di una vacanza. Felici di aver lasciato ogni luogo con il rammarico del poco tempo...
Scritto da: us01234
dalle marche alla toscana, passando per la basilicata
Partenza il: 04/07/2020
Ritorno il: 19/07/2020
Viaggiatori: 2
Spesa: Fino a €250 €

Il 2020 è l’anno più assurdo che abbiamo vissuto. Abbiamo affrontato un nemico invisibile e non abbiamo vinto, perché è morta troppa gente, ma sembra che la guerra stia finendo. In Italia, almeno. E quindi bisogna provare a ricominciare e se poi non è finita … ci abbiamo provato. Quindi, cercando il ritorno alla normalità, facciamo quello che la fortuna ci permette di chiamarlo una cosa normale: un viaggio.

Io e Laura, bancario ed insegnante, siamo dei privilegiati: entrambi abbiamo continuato a lavorare mentre troppi perdevano il lavoro. È stata una primavera tragica per troppi, durissima per molti, ma per noi non è comunque stata una passeggiata. Quindi siamo di nuovo partiti, ci scusi chi soffre ed ha sofferto.

E di nuovo scrivo, perché leggere i diari degli altri mi è sempre servito e spero che il mio serva a qualcuno.

La pandemia per due mesi mi ha fiondato in una situazione che ho sempre desiderato: non dover uscire! Non potevo fare nulla per salvare qualcuno, ma potevo proteggere gli altri stando chiuso in casa. Per un professionista dell’ozio come me è sembrata una rivalsa, da reietto ad eroe. Eroe forse è troppo, ma sento di aver partecipato all’arginamento del virus.

Ma ora anche la fase 3 ha bisogno di noi: c’è l’economia da rilanciare! Quindi via ragnatele, muschio e sedimenti, ciao divano, si parte! L’economia da salvare è la nostra e quindi si sta in Italia.

Laura, moglie ipercinetica, vorrebbe andare a Matera: questo è diventato il pretesto, suo, per fare un mini giro d’Italia. Dal cuneese pensiamo di raggiungere, costeggiando l’Adriatico, la Basilicata e tornare risalendo lungo il Tirreno. Vedremo cosa riusciremo a fare.

Giorno 1 – Macerata (via Montefiore Conca)

Si parte salutando mamma e cana con soli 45’ minuti di ritardo sulla tabella di marcia. Becchiamo un discreto traffico e dopo 4h e ½ usciamo a Cattolica: ho visto, su un sito dei Borghi d’Italia, Montefiore Conca un paesino con una bella rocca che lo sovrasta. L’idea era: mangiamo un panino, facciamo un giretto e ripartiamo. Ci siamo fermati 2 ore. Pranzo con tagliatelle al ragù e tagliere di formaggi (e tanti saluti al panino), poi visita del borgo e della Rocca Malatestiana. Tutto moltissimo rilassante ed io sarei già soddisfatto, ma abbiamo prenotato a Macerata. E si riparte.

Il b&b Fonte Oblita è fuori Macerata, molto accogliente, così come Giuseppe il padrone di casa. Prima di cena, giretto per la città: io qui ho fatto un mese di militare, ma non ricordo nulla. Ma proprio nulla. Sono un po’ preoccupato. Ah, la caserma non c’è più, ma giuro che c’era. Ho anche delle foto. Mangiamo all’Osteria dei fiori ottime bruschette con prosciutti ed insaccati, Laura dei panzerotti, io coniglio in porchetta (mi fa un po’ ridere ‘sto piatto). Tutto delizioso. Ah come si mangia in Italia! Ora ci trasciniamo a letto. Primo giorno della vacanza dei sensi di colpa: positivo. Anzi no: bello. Ormai la parola positivo ha un’accezione negativa.

Giorno 2 – Recanati Loreto Montelupone

Sposi la prof. di lettere, vieni nelle Marche, puoi esimerti dal visitare la città del Giovane Favoloso? Tu l’hai già visitata, sì, ma basta come giustificazione? No. Quindi si va a Recanati. In questi giorni credo troveremo poca gente in giro, Recanati potrebbe essere l’esempio. Troviamo parcheggio, gratis (!!) e si comincia l’immersione nella poesia. In effetti le parole di Leopardi sono immense: “E mi sovvien l’eterno”, “E naufragar m’è dolce in questo mar”, la descrizione della vita recanatese del Sabato del villaggio.

Recanati è molto bella, le parole dell’Infinito scritte sulla via principale (sono delle luci, in realtà) e ovunque sulle case, insieme ad altre poesie. Visitiamo il chiostro su cui svetta la “torre antica” del Passero solitario, poi si arriva sulla piazza davanti alla casa di Leopardi che gli ha ispirato il Sabato del villaggio. A proposito: una mia amica andava in depressione sentendo la musica di 90° minuto perché significava la fine della domenica, il nostro Giacomo anticipavo questo sentimento già al sabato sera. Esagerato! Sulla stessa piazza la casa doveva viveva Teresa, la Silvia della poesia (Laura potrebbe spiegare perché Silvia e non Teresa, io l’ho scordato). E poi avanti fino al colle dell’Infinito. Abbiamo prenotato la visita della casa ed entriamo. Dico solo una cosa, dei più di 10.000 volumi della biblioteca del padre, Giacomo ne ha letti più di 8.400!!! Nel frattempo dormiva, mangiava, andava in bagno. Direi che non servono commenti.

Lasciamo Recanati (pranzo panino su panchina dell’orto dell’Infinito) e ci facciamo “curiosi dei misteri cristiani” ed andiamo a Loreto. La Basilica è molto imponente e contiene la casa della Madonna. Questa della casa trasportata dagli angeli da Nazareth ad un bosco delle Marche è una storia per cui ci vuole un container di fede, il mio guru è Piero Angela, fate voi.

Per nulla pervasi da questo mistero e chiedo scusa ai credenti, riprendiamo l’auto e ci dirigiamo a Montelupone. Splendido e poetico borgo con una piazza meravigliosa, questo posto ha messo a posto la giornata dopo la delusione lauretana.

Giorno 3 – Sirolo

Colazione dove incontriamo una coppia “diversamente giovane” come noi, ma comunque meno giovane: arrivano da Belluno e quando lui dice di essere un estimatore e di conoscere di persona Zaia, mi sono dedicato accanitamente ed esclusivamente sul mio croissant e cappuccino. Sono in vacanza, meglio evitare scontri. Ma anche questo fa parte di un viaggio, conoscere persone diverse da noi. Ma se sono troppo diverse…

Oggi: Mare! Puntiamo verso il Conero e andiamo a Sirolo.

E qui parliamo della mia passione: l’ansia. Io la produco e lei mi mangia, ottimo circolo vizioso. E per me ansia fa rima con parcheggio, che a Sirolo è più introvabile di Pizzaballa nelle figurine Panini. Ci sono solo parcheggi a pagamento, piccolissimi. Dopo aver vagato un po’ “creiamo” un parcheggio dal nulla. Pago una fortuna e inizio a pensare che mi faranno la multa o rimuoveranno l’auto, oppure automobilisti infuriati dal mio parcheggio creativo mi avranno scritto il loro ringraziamento con un chiodo sulla portiera. O tutte queste cose insieme. Con questi pensieri positivi scendo con Laura, molto molto meno preoccupata, alla spiaggia Urbani.

La spiaggia occupa due baie, la seconda ha una vista splendida sul Conero. Piantiamo l’ombrellone e ci spiaggiamo. C’è un po’ di vento ed il nostro è l’unico ombrellone che tenta la fuga. Lo ammetto, non li so piantare gli ombrelloni, aggiungiamo che il nostro non ha manco la punta… Oggi purtroppo l’acqua era un po’ torbida ma la spiaggia è veramente bella. La pineta scende fin quasi in acqua, i ciottolini non fanno neanche tanto male ai piedi. Proprio un bel posto: veniteci, magari in bus. Alla macchina ho pensato moltissimo, solo io: nessuno l’ha considerata. Era al suo posto (posto che prima non esisteva) senza multe e senza insulti incisi.

Torniamo a Sirolo per una birra (non ci eravamo portati nulla di fresco…) e troviamo un bel parcheggio dal quale parte la navetta per la spiaggia. Saperlo… Ma sarei comunque stato in ansia per il timore di perdere la navetta, per l’assembramento a bordo, ecc.. Quindi, va bene così. Un po’ di foto al Conero dall’alto e si torna.

A cena ho mangiato i vincisgrassi: la pasta al forno maceratese. Buona, non indimenticabile.

Giorno 4 – Borghi Frasassi

Oggi il tempo è così così e noi che abbiamo più applicazioni meteo che denti in bocca già lo sapevamo e abbiamo collocato in questa giornata il tour dei borghi del parco di Frasassi.

Io, invece, non avevo valutato che il parco è a 70 km da Macerata, ma ormai è deciso. Abbiamo un itinerario, ma abbiamo anche me come pilota: dopo un viaggio lentissimo, già logorato, entro in galleria, perdo il segnale GPS, esco dalla galleria e vedo scorrere dietro di me l’uscita per Genga. Laura dice che nei seguenti 20 minuti (avessi azzeccato l’uscita saremmo arrivati subito) la macchina era alimentata ad insulti ed improperi che neanche i camalli più esperti. Comunque in un barlume di lucidità penso di invertire l’itinerario e partiamo dal fondo.

Serra San Quirico: classico borgo stradine e case in pietra e nessuno in giro. Entriamo nella chiesa di S.Lucia ed incontriamo una guida volontaria, un simpatico signore inglese che ci spiega tutto. Un bell’incontro.

Da qui andiamo verso Arcevia e ci fermiamo in uno dei 9 castelli che la circondano, Avecelli. In realtà sono dei borghi costruiti su castelli. Non c’è nessuno, mangiamo un panino e giriamo tra le viuzze.

Ora andiamo a Castiglioni, lì vicino. Altro borgo su castello, più grande di Avecelli, altrettanto deserto. Faccio le foto anche ai cartelli per ricordarli perché, per dirla alla Alex Drastico: “Belli i borghi, belli .. ma dopo un po’ rompono i ….ni!”.

Ora ci spostiamo in un posto veramente originale. All’inizio della gola di Frasassi c’è il Tempietto di Valadier. Questo architetto, Valadier, su incarico di Papa Leone XII, di queste parti, costruisce in una grotta un tempio ottagonale. La vista è straordinaria: la grotta altissima con incastonato un tempio. Bisogna andarci perché spiegato non rende. Ora tornerei, ma a pochi km c’è l’abbazia di San Vittore delle Chiuse: un gioiello medioevale. Adesso si torna veramente: sbaglio di nuovo strada, ma ormai sono stanco anche per gli improperi e mi abbandono alla fantasia di Google Maps e arriviamo a casa.

Ultimo giorno marchigiano, siamo stati benissimo e da domani iniziano i paragoni: riusciranno abruzzesi, pugliesi, lucani ed altri ad essere migliori?

Cena sempre a Macerata da La volpe e l’uva, molto buona, uno sguardo al risultato della Juve (ne ha presi solo 4) e letargo. Guardare gli highlights della partita? Anche no, va.

Giorno 5 – L’Aquila / Vasto

Partiamo dal fondo: è sera e sono stanco morto e sto cercando il motivo: l’età, la guida prolungata, la giornata impegnativa? Tutto insieme?

Stamattina salutiamo Giuseppe, il gentilissimo e solertissimo gestore del B&B Fonte Oblita. Sono certo non verrà eguagliato, ve lo consiglio assolutamente. Due volte lo salutiamo: poco dopo la partenza mi telefona perché mi sono portato via il badge che apre la camera. Torniamo indietro e lui ne approfitta per dirci che avevamo pure sbagliato strada. Fenomeni.

Puntiamo all’Abruzzo, più specificatamente L’Aquila. Abbiamo letto che è tornata a vivere dopo il sisma del 2009. Il viaggio è lungo, tra mille code per i cantieri ed il mio umore comincia a scurirsi. Presa l’autostrada per l’Aquila ammiriamo l’imponenza del Gran Sasso. Arriviamo a destinazione un’ora dopo il previsto. Dovremo accorciare la visita. Ma guardandomi attorno mi rendo conto che la visita non dovevamo proprio farla. L’Aquila è un animale ferito, gravemente, che fatica ma lotta per rialzarsi. La città è tutta un cantiere: ci sono più muratori che turisti ed io mi sento fuori luogo. Un intruso, quasi un ficcanaso. Il nostro non è turismo della tragedia e infatti ho il magone perché sembra proprio quello che stiamo facendo. Sono confuso. Il Duomo è chiuso, è quasi tutto chiuso, ma la Basilica di San Bernardino no e fa bella mostra di sé sopra una bella e larga scalinata. Ora cerchiamo un monumento famoso di L’Aquila, la fontana delle 99 cannelle. Sotto un sole feroce facciamo una lunga scarpinata, anche perché molte delle vie che scendono sono chiuse dai cantieri e facciamo spesso marcia indietro. Ma la troviamo (andateci in macchina dal centro), bellissima: una piazzetta con, disseminate su tre lati, 93 (non 99) cannelle che buttano acqua fresca. Ora torniamo su in mezzo a mille impalcature. Vogliamo vedere la Basilica di Collemaggio, ma ci andiamo in macchina. È stupenda con una facciata tutta a quadri bianchi e rosa. Bellissima veramente, con davanti un lungo prato che dà un’atmosfera molto intima. Ma io comunque ho sempre il dubbio di aver sbagliato a venire.

Partiamo per Vasto, dove abbiamo il prossimo B&B (Colle Selvotta). Quasi 3 ore di macchina stamattina, L’Aquila e altre quasi 2 ore di viaggio adesso. Impegnativo questo trasferimento. Il B&B è su una collina, molto appartato. Il gestore, Fabio, ci consiglia per cena di andare a “Vasto su” (la chiama così per distinguerla da Vasto Marina. Andiamo alla Transumanza dove mangiamo benissimo ed io ovviamente ho mangiato gli arrosticini, una delizia. E ora sono qui: stanco morto. Il motivo? L’età, il viaggio, la giornata, sì. Ma forse è l’effetto che L’Aquila mi ha fatto. Non sono stanco, sono triste. Però ho visto una città ferita che sta rinascendo, ma la strada per la guarigione è ancora molto lunga. Forza L’Aquila!

Giorno 6 – Vasto / Vieste

Salutiamo Fabio e per poco anche stavolta mi porto via le chiavi. Oggi mare e viaggio: abbiamo visto che a pochi km a nord di Vasto c’è una riserva naturale, Punta Aderici, con delle belle spiagge.

Prendiamo, su indicazioni di Fabio, l’uscita Porto e poi si deve lasciare la macchina sopra il promontorio di Punta Penna e si fa una piccola camminata per raggiungere la spiaggia di Punta Penna, appunto, la prima spiaggia della riserva. È una baia abbastanza grande, poco frequentata, di sabbia. A destra, lato porto, ci sono tre trabocchi, caratteristiche costruzioni in legno usate per la pesca (googlate la parola e vi fate un’idea). Camminiamo un po’ e ci spiaggiamo. Volevamo anche fare il bagno, abbiamo fatto una passeggiata. Qui si tocca sempre! Quando abbiamo sentito parlare in albanese, siamo tornati indietro. Un posto molto tranquillo, non ci sono strutture (bar, stabilimenti, ecc.): portatevi da mangiare e bere. Magari in un frigo. Ovviamente noi non l’abbiamo, ma comunque la birra calda ha un suo perché: “perché non ci siamo portati una borsa frigo?”.

Alle 16, in piena pennica, ci dobbiamo muovere per raggiungere la prossima tappa: Vieste.

Arriviamo tarduccio, la strada nel Gargano è tortuosa, ma anche grazie ad una serie di camper da competizione: per fare i 30 km/h serve impegno e poi io sono convinto che gli specchietti retrovisori dei camper sono truccati per rincuorare gli Hamilton che li guidano: proiettano strade vuote, senza code di automobilisti maledicenti.

Pernottiamo in un agriturismo in mezzo agli ulivi (Azienda agricola La Macchiaria). A cena andiamo su a Vieste: mangiamo ottime orecchiette ed un bel tonno alla Osteria degli Archi. Molto buono. Vieste è tutta vicoletti e c’è abbastanza gente, abbiamo dovuto ricorrere alla mascherina.

Ora: nanna.

Giorno 7 – Baia San Felice Vieste

Oggi giornata di relax: chiediamo a Sante ed Antonella, i gestori del B&B, dove sia meglio andare a spiaggia. Qui a Vieste ci sono tantissime stabilimenti ma noi preferiamo stare più appartati. Optiamo per Baia San Felice che è qui vicino. L’accesso è da un ex-camping, ora parcheggio: noi abbiamo parcheggiato, come altri, lungo la strada. Scendiamo in questa piccola baia, metà attrezzata, metà libera. Ci piazziamo e proviamo a fare il bagno e anche stavolta camminiamo: l’acqua è così bassa che bisogna camminare oltre le prime boe per avere l’acqua sotto il mento. C’è pochissima gente, si sta da Dio. Inoltre, nel pomeriggio, i pini coprono d’ombra parte della spiaggia che diventa il paradiso della pennica.

Veniamo via ed un foglio sul parabrezza fa tornare alla mente una frase di Sante, del B&B, che era rimasta sommersa tra le altre, tante, parole: “Andate nel parcheggio che fuori fanno le multe”. Ascoltare è una dote che va coltivata meglio. Ben ci sta.

Poche centinaia di metri più su c’è una torretta da cui si possono fare bellissime foto all’arco naturale che delimitata la baia.

Ora si torna. Cena in un locale turistico dove mangio qualcosa che pensavo fosse un piatto tipico: orecchiette cozze e fagioli. Tornato al B&B lo dico a Sante che mi ha smontato: è un piatto che non esiste. I cavatelli si usano per cozze e fagioli, non le orecchiette. Vabbè, erano buonissime.

Domani ci si sposta ancora, si va a Trani.

Giorno 11 – Spiaggia di Vignanotica / Trani

Salutiamo i simpatici Sante e Antonella e continuiamo a scendere a Sud.

20 km sotto Vieste c’è una baia, Vignanotica. Per raggiungerla si può scegliere: lasciare la macchina prima del parcheggio, rischiare 30€ di multa, un’insolazione per scendere, molto, verso la spiaggia ed un molto probabile coccolone a risalire oppure entrare nel parcheggio, pagare 10 € (non pochi, comunque) e accomodarsi su una navetta che ti porta a spiaggia. Fatti i nostri calcoli e tenendo ad un futuro ancora lungo, sganciamo i 10€.

La baia è abbastanza lunga ed ha una parete calcarea stupenda. La spiaggia è di ciottoli che rende le andature simili a quelle dei funamboli. Un gran bel posto. Subito bagnetto, cui ne sono seguiti molti altri, ravvicinati, per evitare lo squagliamento.

Poco dopo pranzo (c’è un baretto per mangiare) si torna agli asciugamani, ma il sole sta per nascondersi dietro le falesie. Tanto io avrei comunque cercato l’ombra per lo svenimento pomeridiano. Dopo un po’ Laura non può proprio più lucertolare, a meno di prendere il sole in acqua, quindi si sbaracca.

Come già scritto, andiamo a Trani. Ci eravamo stati ben 18 anni fa e vogliamo rivederla. Alloggiamo in pieno centro, al B&B Borgogiovanni. Cena con ottimo pesce a “La banchina”. Abbiamo già visto che la Cattedrale è in restauro, e noi no!

Giorno 12 – Trani / Basilicata

Trani, mi spiace dirlo, ha una bellissima cattedrale, il Castello Svevo, un ottimo ristorante (e magari altri), ma come mare e spiagge non ci siamo per niente.

Stamattina la prima cosa che facciamo è un po’ patetica, in effetti: nel 2002 eravamo stati qui e da allora a casa nostra c’è una foto di me e Laura davanti al castello. Abbiamo fermato delle ragazze e ci siamo fatti fotografare nello stesso posto, stessa posa. Poi guarderemo le differenze. Visita alla Cattedrale, molto austera, come piacciono a me. Pareti bianche abbastanza spoglie, possenti colonne. Poi la posizione di questa chiesa è unica. Su una enorme piazza, sul mare.

Finita la visita, chiediamo a Emilia, la gestrice (si dice così?) del nostro B&B, dove possiamo fare qualche ora a spiaggia. Lei che non è di sicuro una promotrice del turismo tranese, ci dice che il posto più vicino e poco frequentato è una spiaggia davanti ad un parcheggio, con un freezer buttato lì, uno squallore indegno. Ci piazziamo, ma io, che tendo ad essere capriccioso, non faccio neanche il bagno. Resisto un’oretta e poi, d’accordo con Laura, leviamo le tende. Ci sarà pure un posto decente qui per fare un bagno: no, non c’è.

Tramite Internet scopriamo che esiste un lungomare e spiagge più a sud. Ci andiamo e scopriamo che a Trani il termine assembramento non fa paura. Sembra di essere ad un concerto di Vasco! Troviamo un francobollo di spiaggia e ci piazziamo: voglio fare il bagno! Ma l’acqua fa veramente schifo: non è che non ti vedi i piedi, perdi proprio l’idea delle tue gambe una volta immerse. Sembra di entrare in un minestrone di verdure. Basta, andiamo via. Ho l’umore di un Babbo Natale di un centro commerciale la sera di S. Stefano.

Ci dirigiamo in Basilicata: due orette e siamo a Montalbano Jonico, un paesino nell’entroterra di Scansano. Il B&B (Soprattutto) ha aperto per noi dopo il Covid, Lia e suo marito sembravano emozionati, il B&B è incantevole con una vista pazzesca sui calanchi della valle d’Agri, il Pollino, il mare. Bellissimo. Sto già meglio. Mangiamo in un ristorante di qui (il 292) con un vento che porta via.

Grazie a queste cose la brutta esperienza di Trani è già archiviata.

Giorno 13 – Bosco Pantano / Craco

Iniziamo con colazione al bar: siamo i primi ospiti, l’ho detto, ed il B&B per ora fornisce la prima B, per la seconda devono ancora attrezzare locali e quel che serve per fornire la colazione a buffet.

Puntiamo ad una mattinata in spiaggia, ne spendiamo buona parte alla ricerca di un market per comprarci il pranzo ed io ho già menzionato i santi di mezzo calendario. L’oasi WWF di Bosco Pantano è vicina a Policoro, io ho seguito il navigatore ancora un po’ provato dallo sgranamento di santi e non so dirvi bene la strada. Si parcheggia e si prende un sentiero per sbucare su una spiaggia di sabbia e ciottoli di almeno 1 km.

Avete presente la storia del soldato giapponese che sta nascosto anni nella foresta senza sapere che la guerra fosse finita? Ecco, quest’oasi penso non sappia che la Fase 1 dell’emergenza Covid è finita: sembra chiusa al pubblico. 1 km di spiaggia praticamente deserta: una situazione diametralmente opposta a quella di ieri.

C’è vento e sono preoccupato della mia imperizia nel piantare gli ombrelloni: ieri nel formicaio di Trani l’unico ombrellone a librarsi nell’aria era il mio. Faccio una buca enorme e lo pianto. Non si muoverà e qui poteva anche andare dove voleva senza finire in testa a nessuno, come invece è successo ieri. Acqua limpida, clima gradevole, ci spiace dover venire via verso le 15.

Vogliamo andare a vedere Craco. Questo è un paese fantasma, sgombrato dopo che, per cedimento della collina su cui è costruito, aveva iniziato a franare. Sul cocuzzolo di questo colle, fa la sua spettrale figura. Purtroppo non si può visitare in toto, anzi quasi nulla, per dei lavori di consolidamento. La visita è pressoché inutile: si fa il “corso” parallelo alla strada e si torna indietro, senza vedere nulla di più di quanto si veda da fuori. Abbiamo in pratica fatto una donazione alla cooperativa che gestisce le guide. Craco, per la sua immobilità nel tempo, è stato usato per set cinematografici di diversi film storici: King David e The Passion di Mel Gibson, nonché uno 007. Cristo si è fermato ad Eboli è stato girato qui.

Torniamo un po’ delusi, ma Craco va visitata, magari con un po’ più di onestà da parte di chi si fa pagare il biglietto. Mangiamo in un pub di Montalbano, pagando pochissimo e ci ritiriamo.

Giorno 14 – Mare / Matera

Mattina con visita bis al Bosco Pantano, ci piazziamo nello stesso posto di ieri, ma oggi c’è più ressa, mi sembra di aver visto qualcuno là in fondo.

Verso le 15 lasciamo l’ozio, doccia (domani scriverò di Felice, l’uomo del chiosco) e puntiamo su Matera: questa è stata la ragione (anzi una delle due) di questo lungo viaggio. Laura è un anno che ci vuole venire e qui siamo venuti.

Seguiamo le dritte di amici che già ci sono stati e contattiamo Giusy (vi posso lasciare il suo numero, chiedete) una guida archeologa che ci dà appuntamento alle 18, ma già per telefono ci dà delle indicazioni su come impegnare il tempo prima della visita guidata. Cominciamo a girare per il centro e saliamo alla Cattedrale, costruzione più in alto di Matera. Chiesa antichissima di pietra bianca. Semplice all’esterno, meno l’interno.

Vogliamo seguire il consiglio di Giusy, visitare una cisterna, ma io, ovviamente, mi perdo. Ma perdendomi ho portato Laura ad assaggiare i Sassi e realizziamo che senza guida capiremmo poco o nulla.

Arrivano le 18 e la minaccia di un temporale. Questo ci porta ad acquistare un ombrello: ovviamente non pioverà.

Giusy inizia a raccontare la storia di Matera: è la terza più antica città del mondo dopo Gerico e Aleppo: è provata la presenza dell’uomo nel neolitico, 8.000 a.C.

Tutte le case non sono costruite, sono scavate nella roccia. I Sassi sono stati sgomberati negli anni ’50 perché considerati inabitabili. I materani vivevano, anche in dieci, in pochi mq. in compagnia di asini, galline, maiali. Senz’acqua e servizi. Fino agli anni ’30 c’era la fogna a cielo aperto e tutti scaricavano per la strada. Uno schifo assoluto.

Abbiamo visitato una casa grotta, una chiesa e Giusi è stata prodiga di info. Ripeto, senza guida avremmo capito poco. Certo, la guida ti porta dove ci sono ninnoli da comprare o altre “seccature turistiche”, ma il gioco vale la candela. Lasciamo Giusi e vagabondiamo ancora un po’. Poi aperitivo in Piazza V. Veneto, abbiamo speso la cifra di ieri a cena, ma abbiamo preso due aperitivi e quattro snack. Vabbè, i soldi risparmiati ieri sono finiti a Matera. Ceniamo da La Cola Cola, consigliato da amici. Tantissima gente, confusione, ma il personale è gentilissimo. Io ho preso un antipasto della casa e mi hanno consigliato di non ordinare altro. Era enorme, ma l’ho domato.

Sempre su consiglio di Giusi andiamo a Murgia Timone a vedere da un belvedere Matera illuminata. Bello spettacolo.

Ora si torna, sono stanchissimo.

Giorno 15 – Mare / Tursi

Ultima discesa a Bosco Pantano dove ci godiamo l’ultima giornata di mare. Ce ne veniamo via alle 16 smerigliati da un venticello che se avessi avuto i capelli ora sarei come sono: pelato.

Vorrei parlare di Felice, l’uomo del chioschetto del parcheggio, ma credo meriti una storia a sé, vi dico solo che fa, parole sue, la seconda migliore granita del mondo (!!!), venite a conoscerlo.

Torniamo in B&B per una rinfrescata ed andiamo a Tursi. Se andate in qualunque posto, partite imparati, eviterete fatiche inutili.

Ignoranti come capre, parcheggiamo appena entrati a Tursi e cominciamo a salire. L’unica cosa che sappiamo è che il quartiere Rabatana è l’attrazione del paese. Non sapevamo quanto in alto fosse… Rantolanti, sulle ginocchia, arriviamo. Il quartiere, di origine araba, poggia sulle pareti di una gravina, è impressionante. Le pareti di roccia a strapiombo vanno giù per oltre 100 mt. Un bel vedere, connettessimo ancora. Se ci fossimo informati un minimo, avremmo scoperto che al quartiere, al suo punto più alto, si arriva in macchina e così, forse, saremmo ancora vivi.

Scendendo incontriamo un simpatico signore del posto con cui ci intratteniamo un po’. O gli siamo simpatici o non vede mai nessuno, fatto sta che ci invita persino a cena. Io penso gli stiamo simpatici, comunque. Ma noi siamo piemontesi e i piemontesi alle offerte rispondono sempre di no (per non disturbare). Il signore era cordiale e simpatico, ma in mezz’ora ha ripetuto due volte alcune cose, una cena sarebbe stato, forse, troppo… Ma, ripeto, un incontro molto molto piacevole.

Tornati a Montalbano mangiamo, benissimo, al ristorante 292 e poi a nanna.

Giorno 16 – Frascati

Salutata la simpaticissima e cordialissima Lia, partiamo per il “nord”.

Alle 15.30 siamo a Frascati, nei Castelli Romani, dove vorremmo raggiungere il nostro prossimo B&B e dove ci aspetta Fernando, il gestore. Ma inizia un diluvio universale, decidiamo di evitare l’infradiciamento e aspettiamo in macchina che spiova: un’ora di pioggia torrenziale, lungo la strada si è formato un torrente.

Finalmente usciamo e troviamo Fernando, discretamente annoiato, a riceverci al B&B Relaxing: anche se romanista, mentre io sono a strisce bianconere, che si sa, non si abbinano a nessun altro colore, Fernando è simpatico ma l’amore non potrà sbocciare, al limite si arriverà un educato rispetto. Fernando ci dà un po’ di dritte su Frascati e dintorni e su dove andare a mangiare.

Giriamo un po’ per Frascati, foto alla Cattedrale di San Pietro (sono un po’ sboroni, qui) e poi a cena al Tettuccio, su suggerimento di Fernando. Una serie di fritti buonissimi, super gricia e abbacchio. Tutto buonissimo, compreso il calamaro alla griglia di Laura. Per digerire, due passi al belvedere su Roma illuminata. Io fingo così bene a me stesso di aver individuato il Cupolone che torno in camera discretamente soddisfatto e fiero.

Sono stanco, come ieri, no, più di ieri. Ma meno di domani.

Giorno 17 – Castelli Romani

Colazione servita dal simpatico Fernando che devo ringraziare per averci mandato a mangiare bene ieri sera e, oggi, per due frasi. Io, ignorante della zona, pensavo che i paesi fossero lontani tra loro e pensavo di andare direttamente a Rocca di Papa: lui entrato un po’ in confidenza mi ha detto: “Ma che ce vai a fa a Rocca de Papa?” (1a frase) e mi ha fatto capire che i paesi sono uno attaccato all’altro, quindi mi ha elencato: Grottaferrata, Marino, Castel Gandolfo, Ariccia e Nemi. Io Nemi non la conoscevo e lui (2a frase): “Nun t’azzardà a nun annà a Nemi!”.

Quindi, via al tour: prima giretto diurno a Frascati, secondo tentativo di avvistamento Cupolone. Riuscito! L’abbiamo visto. Bello il palazzo vescovile ed il vicino campanile.

Macchina e via, Grottaferrata, dove visitiamo l’abbazia di San Nilo. Da fuori la chiesa ricorda molto Santa Maria in Trastevere.

Ripartiamo e andiamo a Marino: non ci è piaciuta, niente di rilevante.

Un po’ così ci spostiamo a Castel Gandolfo, ex buen retiro papale, ora non ci viene più il Papa ed il palazzo si può visitare, ma solo sabato e domenica. Visitiamo la chiesa progettata dal Bernini ed andiamo a pranzo. Scegliamo il locale con più (ma comunque poca) gente: Hostaria La fraschetta. Una volta seduti scopriamo che ha vinto una puntata dei 4 ristoranti di Alessandro Borghese. Un antipasto misto ed un piatto di porchetta di Ariccia. Tutto molto buono. Ancora un’occhiata all’imponente palazzo pontificio ed andiamo a vedere il lago, bellissimo qui dall’alto. C’è anche un Canadair che fa le prove di carico scarico acqua. Scendiamo in riva dove non c’è praticamente nessuno nei vari stabilimenti. La paura del Covid ha colpito fortissimo.

Si riparte per Ariccia dove, superato un ponte, si fronteggiano Palazzo Chigi ed un complesso fontane e chiesa, tutto del Bernini. La chiesa, rotonda, richiama il Pantheon, il palazzo è veramente possente, forse più grande del Palazzo Chigi romano.

Ora “annamo a Nemi sennò Ferndando se ‘ncazza”. Nemi sta su un altro lago (di Nemi, appunto) vulcanico come quell’altro (Albano) ma più piccolo. La vista è stupenda. Il paese è noto per le fragoline selvatiche. Ne prendiamo un cestino: buonissime, e a me le fragole nun me fanno ‘mpazzì. Comunque ottimo consiglio di Fernando. Ma ora sento l’orgoglio sabaudo: a Rocca di Papa ci vado lo stesso! Voglio ignorare la prima frase di stamattina. Ma aveva ragione, a Rocca di Papa non c’è granché, direi nulla: “Ma che ce so venuto a ffà?”.

Tornato in camera accendo la tele e rimango di stucco: non l’avevo mai accesa in queste vacanze, vado sul canale 8 e cosa c’è? La puntata sulle fraschette di 4 ristoranti! Una coincidenza pazzesca.

Mangiamo la pinsa da Noah, buona, e poi andiamo a fotografare, nel pieno della movida frascatese, un’altra delle fraschette della trasmissione: Cantina Simonetti.

Ora si va a dormire, domani si sale ancora un po’ a nord.

Giorno 18 – Bagno Vignoni

Salutiamo il romanista Fernando e ci dirigiamo su.

Il posto che stiamo per visitare è la seconda ragione di questo lungo viaggio che abbiamo fatto. Siamo stati a Siena due anni fa e Laura ha scoperto che nelle colline senesi c’è un borgo molto particolare: Bagno Vignoni.

All’una arriviamo a San Quirico d’Orcia, dove abbiamo prenotato il B&B (Casa Armonia). Purtroppo la stanza non è ancora pronta: ne approfittiamo per un pranzo frugale di soli due taglieri (salumi / formaggi) e verdure grigliate in un locale molto particolare: un’osteria letteraria, vendono cibi e libri (Vald’o). Satolli prendiamo possesso della camera e partiamo per Bagno Vignoni.

Questo borgo è un centro termale antichissimo che si è sviluppato intorno ad una vasca di acqua sorgiva che praticamente è diventata la piazza del paese. Incantevole. Laura è senza parole e per me questo è già sufficiente. Sia perché parla molto, ma soprattutto perché temevo che l’aspettativa altissima che aveva per questo posto potesse andare delusa. Ma è veramente un luogo unico al mondo. Dalla “piazza” parte un ruscelletto, all’inizio interrato, nel quale si può passeggiare o mettere i piedi a mollo nell’acqua calda, poi il ruscello cade dalla rupe poco più avanti. L’acqua ha creato un paesaggio molto particolare, modellando le pietre. Si può scendere (non è scivoloso) fino ad una vasca dove ci si può (forse no, ma lo fanno tutti) mettere a mollo ed impiastricciarsi nella melma che forse farà bene, a me fa molto tanto schifo, non amo terme e fanghi. Quindi piedi a mollo per un po’ e poi si torna: gli anni pesano, ragazzi, ed io ho un sonno “familiare”: cioè quello mio, quello di Laura e anche dei figli che non sono venuti.

Faccio un riposino durante il quale Laura m’ha detto che ho prodotto suoni che neanche una segheria e poi bello fresco sono pronto per l’ultima cena romantica. Torniamo a Bagno Vignoni all’osteria Porcellum (non romanticissimo come nome, lo so…) dove mangiamo bruschette, pici, chianina, fagioli all’uccelletto, cantuccini. Ho passato l’inverno a perdere peso, l’ho ritrovato!

Ultimo giro del borgo e si torna. Domani viaggio verso casa.

Giorno 19 – Ritorno

Io non sono di quelli che: “Il viaggio è parte della vacanza”, sono più per: “Il viaggio è una discreta rottura di …”, però devo ammettere che andando si vedono cose.

Quello che “tengo” del viaggio di ritorno sono: il capo, ossia le colline senesi con i campi di grano puntellati da cipressi e casali, e la coda, vale a dire le Langhe, le nostre colline disegnate dai vigneti e con i castelli sui cocuzzoli. Due luoghi incantevoli.

Ora sto scrivendo da casa, il diario finisce qui.



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