Thailandia e Angkor in 26 giorni

Un viaggio in Thailandia molto completo, con un breve soggiorno balneare ad Ao Nang e Phi Phi islands (Krabi) e alcuni giorni dedicati ad una dettagliata visita di Angkor, in Cambogia
Scritto da: francogigante1953
thailandia e angkor in 26 giorni
Partenza il: 13/01/2016
Ritorno il: 08/02/2016
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €

Thailandia e Angkor in 26 giorni dal 13/01/2016 all’08/02/2016

Questo diario contiene il resoconto puntuale, del nostro viaggio; x conoscere i ristoranti e gli hotel provati e avere consigli su guide da ingaggiare ed altro ancora, leggete l’altro diario che ho pubblicato su Turisti per caso”, cioè “Thailandia e Cambogia – Consigli di viaggio, Hotel e Guesthouse, Ristoranti e Guide”.

Indice dei contenuti

13 Gennaio, mercoledì

Da Genova andiamo a Milano in treno, dal piazzale della stazione Centrale prendiamo il bus x l’aeroporto di Malpensa (8 € a testa) da dove abbiamo il volo x Bangkok a/r 933 € in due con Qatar Airways, ottima compagnia, con scalo a Doha in Qatar.

Alle 15,20 il nostro aereo decolla, 12 ore di volo in tutto, suddivise in due tratte da 6 ore ciascuna, escluso lo scalo che facciamo in Qatar di sole 2 ore.

14 Gennaio, giovedì

Arriviamo a Bangkok alle 12.10 ora locale, per noi sono ancora le 6 di mattina; passato il controllo passaporti (più di un’ora di coda!) ritiriamo i bagagli e ci avviamo all’uscita.

Prima di uscire lascio mia moglie con i bagagli e vado a cambiare gli euro portati dall’Italia, ho preferito questa soluzione perché prelevarli in Thailandia di volta in volta col bancomat costa sia x la commissione bancaria italiana sia per il fatto che in Thailandia i bancomat (detti ATM) trattengono un fisso di 180 baht (4,5 euro circa) a prelievo.

Appena arrivati troverete i cambiavalute nella sala ritiro bagagli, sono carissimi, il cambio più conveniente è ai Super Rich, a Bangkok ce ne sono diversi (su internet c’è il sito con indirizzi e orari), io ho cambiato in quello dell’aeroporto, si scende al piano interrato, dove c’è il treno x Bangkok, proprio accanto alla biglietteria dell’Airport Rail Link Express, la linea ferroviaria che collega l’aeroporto con la linea metropolitana.

Anche i cambiavalute per strada sono ottimi, i tassi cambiano di pochi centesimi e non prendono commissioni, inoltre tutti quanti pagano di più i tagli da 500 e 100 euro.

Poi ho acquistato il biglietto del treno (45 Thb a persona), dopo circa 30 min sono arrivato al capolinea di Phaya Thai, da lì ho preso un taxi per Ranbuttri Road (dove avevamo l’hotel) a 100 bath, ma volendo si potrebbe prendere anche lo Sky train che fa diverse fermate in centro e si pagano poche decine di bath (il prezzo varia a seconda della fermata).

Consiglio vivamente di prendere questo treno che porta quasi nel centro di Bangkok per 45 bath, col taxi dall’aeroporto ce ne sarebbero voluti 10 volte tanto, circa 450 bath!

Volendo invece utilizzare un taxi; si esce dall’aeroporto seguendo le indicazioni “taxi”, si trova una macchinetta che dà un foglio con il numero corrispondente a quello di una postazione, quando è il vostro turno gli dite dove andate e vi assegnano un taxi (i taxi sono in attesa appena dietro la postazione).

Per arrivare in città (per il centro ci vogliono da 40 min. a 1 h) attiverà il tassametro (se non lo fa pretendetelo e minacciate di scendere) e prenderà la tangenziale che va pagata a parte (costo qualche decina di bath).

Attenzione alle fregature dei taxisti, a volte dicono al cliente che il pedaggio costa alcune centinaia di bath!

SIM: in aeroporto ci sono i banchetti dei vari gestori; ritirati i bagagli, andate sullo stesso piano a cercare la compagnia telefonica che vende le SIM locali, con 600 baht vi daranno una SIM con 100 minuti di conversazione locale e 3 GB di internet, fondamentale x parlare gratis al telefono con l’Italia via whatsapp o skype e ricevere mail.

Poiché c’era parecchia coda io ho acquistato un’identica scheda in uno dei Seven Eleven nel centro di Bangkok.

Arrivati in albergo posiamo i bagagli in camera e usciamo anche perché volevo prenotare per tempo in un’agenzia di viaggi in loco un auto con autista per effettuare una gita di due giorni che avevo tagliato su misura per me e Roberta nella zona di Kanchanaburi, verso la metà della nostra vacanza.

Vicino al nostro hotel, il Rambuttri, nella via omonima, c’è una agenzia che si chiama Mister Thai, dopo una lunga contrattazione chiudiamo a 7.500 bath e concordiamo data ora e luogo dove ci verrà a prendere l’autista.

Evitate questa agenzia, più avanti nel mio diario vi dirò perché!!

Stanchi del viaggio ceniamo in un ristorantino all’aperto in Rambuttri road mangiando ottimo pesce spendendo pochissimo e poi andiamo a nanna presto.

15 Gennaio, venerdì

Alle 8 partiamo e anzitutto esploriamo la zona del centro col Lak Meuang e il Palazzo Reale (ingresso 500 bath 8-11 e 13-16): ci sono varie porte di accesso intorno alle mura, ma l’entrata è una sola, la riconoscerete perché c’è molta gente, le guardie a cavallo e parecchi bus turistici.

Attenzione, se qualcuno vi dirà che il palazzo è chiuso e cercherà di proporvi delle alternative, evitatelo.

Inoltre non indossate pantaloncini molto corti, bermuda o canottiere perché non vi fanno entrare, in ogni caso all’entrata c’è un guardaroba dove noleggiare pantaloni o camicie.

Il complesso del Palazzo Reale è enorme, praticamente una città nella città, parte della quale è chiusa al pubblico; nel tempio principale o Wat Phra Kaew è conservata la principale attrazione del Palazzo,il Buddha di Smeraldo (in realtà è di giadeite), il più venerato della Thailandia.

Rispetto agli enormi Buddha che troverete nel resto del paese questo è piccolo, solo 66 cm. ma è magnifico ed è ornato da vesti dorate cambiate tre volte all’anno dal re o da un suo sostituto in caso di indisposizione del re.

All’interno del Grand Palace vi sono molte altre cose interessanti, come il Padiglione delle Decorazioni e delle Monete Reali, con oggetti regali, decorazioni, medaglie e monete che risalgono all’inizio dell’XI secolo.

Visitare l’enorme complesso potrebbe anche richiedere un’intera giornata (da non perdere il bellissimo ciclo di dipinti murali del Ramakian), noi gli dedichiamo circa 3 ore, poi col taxi ci dirigiamo al parco del palazzo di Dusit la cui visita è compresa nell’ingresso al Palazzo Reale; anzitutto visitiamo il Vimanmek Teak Mansion (ultimo ingresso 15.15) che era la residenza del re Rama V all’inizio del XX secolo, interessantissimi gli oggetti esposti tra cui foto d’epoca che danno un’idea della vita di corte.

Poi passiamo alla sala del trono di Abhisek Dusit ma purtroppo era chiusa x restauri, allora visitiamo il Royal Thai Elephant Museum (interessantissimo museo sugli elefanti reali), la sala del trono di Ananta Samakhom, anch’essa interessantissima per gli oggetti esposti e il monumento a Rama V.

Infine usciamo dal complesso e, dopo una bella camminata a piedi, entriamo nel Wat Benchamabophit (8-18) o Tempio di marmo, costruito col marmo bianco di Carrara e riprodotto dietro le monete da 5 bath.

Poi, sempre a piedi, rientriamo in hotel e, giusto il tempo di una doccia, riusciamo per prendere un cocktail allo Sky Bar che si trova al 63.mo piano del Lebua State Tower, situato un paio di km dall’Asiatique verso nord: vestitevi bene (camicia e pantaloni lunghi) altrimenti non vi fanno entrare.

Lo Sky Bar è famoso perché vi è stata girata una scena del film “Una Notte da Leoni 2”, andarci ne vale la pena x la vista di Bangkok illuminata, ma evitate di bere lì (potete dare un’occhiata e uscire subito), noi abbiamo preso 2 cocktail, fatti male, spendendo la “modica” cifra di 1400 bath, cioè 36 €, a Bangkok è una cifra enorme!!

Il mio consiglio è quello di andarci per il panorama ma poi l’aperitivo prendetelo da un’altra parte.

16 Gennaio, sabato Chatuchak Weekend Market e Amphawa Floating Market (mercato galleggiante)

In realtà il programma iniziale prevedeva di andare al mercato del treno vicino ad Anphawa e a quello galleggiante di Damnoen Saduak che si trovano entrambi a sud-ovest di Bangkok, a circa 100 Km dalla capitale e con una distanza di circa 20 minuti l’uno dall’altro; purtroppo il mercato del treno in quel periodo era chiuso per lavori alla ferrovia: peccato perché doveva essere molto caratteristico, con le persone che stendono la merce sulle rotaie e tirano via tutto al passaggio del treno!

Il mercato galleggiante di Damnoen Saduak invece era aperto (orario 7-12) ma, considerando le difficoltà per arrivarci coi bus e, soprattutto, il fatto che ormai è diventato troppo turistico e caro (una barca x attraversare i canali, dove ci sono i negozi sull’acqua, costa 3000 thb), abbiamo optato per il floating market di Anphawa.

Pertanto alla mattina verso le 8 cerchiamo un taxi che ci possa portare anzitutto al Chatuchak Weekend Market ma non è facile perché alcuni si rifiutano di accendere il tassametro, finalmente ne troviamo uno che con 130 bath, mancia compresa per premiare la sua correttezza, ci porta all’entrata principale.

Qui si trova di tutto, vintage, arredamento di design, abbigliamento, cibo, animali domestici ed esotici.

Al ritorno proviamo l’esperienza dell’autobus (una corsa a 12 bath) visto che al mercato c’è un chiosco dove due signore forniscono diverse informazioni sui mezzi che si possono utilizzare per tornare in centro.

Poiché si poteva ritornare verso il centro anche col treno, col senno di poi sarebbe stato meglio quest’ultimo, visto il traffico infernale che regna a Bangkok, comunque è stata un’esperienza interessante anche quella del bus.

Per arrivare ad Anphawa scendiamo col bus alla fermata della piazza col Victory Monument, (un’obelisco in memoria della guerra contro i Francesi) nei cui pressi, sotto un cavalcavia, c’è una stazione di minivan per diverse tratte, tra cui quella per l’Anphawa floating market (orario 12-20 al sabato e domenica).

Individuare lo stazionamento dei minivan per Anphawa non è facile, visto che buona parte della piazza è piena di minivan verso tutte le destinazioni; chiedere è fondamentale, nel nostro caso dalla piazza occorre prendere una strada dove campeggia la scritta di una concessionaria Suzuki, appena passata si prende un vicolo sulla sinistra che conduce ad un capannone con il capolinea dei minivan e le biglietterie per le varie tratte.

Individuata quella dove si comprano i biglietti del minivan per l’Anphawa market (il biglietto di andata costa 80 bath, quello di ritorno va fatto ad Amphawa), vi viene dato anche un numero perché non è detto che il primo minivan per Anphawa sia il vostro, quando arriva quello giusto (sincerarsene con l’autista), conviene entrare nel minivan per primi per prendersi i posti migliori, davanti.

In 1h e mezza si arriva al capolinea dell’Anphawa Market, il chiosco x comprare il biglietto di ritorno si trova dalla fermata (ci sono anche gli orari del ritorno), però il biglietto si può fare solo al momento di rientrare, non prima.

Il mercato galleggiante di Amphawa, visitabile anche a piedi, non è grande quanto il Damnoen ma è più autentico, il canale è pieno di barche che vendono di tutto, anche alimenti come il pesce alla griglia, gamberi, calamari, aragoste, il tutto preparato e servito dalle barche sino a dei piccoli tavolini a bordo fiume.

Sui lati del canale si trovano vie pedonali con botteghe di souvenir, magliette, dolci, cibo locale e altro ancora.

Noi abbiamo anche fatto un giro del canale (circa 1 h.) su una barca che parte quando è piena (costo 50 bath a persona) però non lo consiglio più di tanto perché consiste in alcune tappe (4) lungo il fiume per vedere dei luoghi di culto buddisti abbastanza anonimi, inoltre vi ruba tempo per vedere il mercato, che invece è molto caratteristico.

Stanchi morti, verso le 17.30 compriamo il biglietto di ritorno (che stranamente costa di più, 100 bath a persona) e prendiamo posto sul minivan che ci riporta al Victory Monument intorno alle 20.30, a causa del traffico caotico del rientro: da qui, non senza qualche difficoltà per il solito rifiuto dei taxisti di azionare il tassametro, prendiamo un taxi che ci porta a Rambuttri road dove ci facciamo la solita cenetta a base di pesce alla griglia e poi ce ne andiamo a dormire visto che il mattino seguente ci aspetta una levataccia per prendere l’aereo per Chiang Mai.

17 Gennaio, domenica

Di buonora, alle 5.30 (l’aereo parte alle 7.50), ci facciamo portare col taxi all’aeroporto Suvarnabhumi International e con volo Thai Airways raggiungiamo Chiang Mai, nel nord della Thailandia.

All’arrivo c’è ad aspettarci il nostro autista, Mister A, con un bel fuoristrada spazioso tutto per noi.

Con lui c’era già stato un fitto scambio di E-mail (avevamo già concordato il prezzo del tour e il percorso di massima), comunque, caricati i bagagli, per prima cosa rivediamo i dettagli del nostro percorso e gli chiedo di apportare alcune variazioni, inserendo nel programma del primo giorno la visita al Wat Phra That Doi Suthep situato su una collina che domina Chiang Mai.

Inoltre io vorrei visitare, anziché il Mae Taeng Elephant Park che ci aveva proposto lui, il Mae Sa Elephant Camp che si trova vicino a Mae Rim (circa 12 Km a nord di Chiang Mai) e le cui tariffe sono: 200 baht per l’entrata (incluso lo show degli elefanti) e 800 o 1200 bath rispettivamente per il giro in elefante di 30 min. o 1 h.

Per quel che riguarda la prima variazione Mister A mi dice che lo faremo l’ultimo giorno, al nostro rientro, visto che la prima giornata ci aspettano già diverse cose da fare e che il tragitto per arrivare a Tha Ton è molto lungo.

Per la seconda variazione mi dice che dove vorrei andare io lo show con gli elefanti ci sarebbe stato solo alle 13.40 e quindi sarebbe stato troppo tardi per poter poi rispettare il resto del programma giornaliero.

Provo a controbattere dicendogli che, più che lo show, mi interessa il giro in elefante, mi risponde che però dove mi vorrebbe portare lui ci sono anche le donne giraffa, allora gli chiedo se i costi sono uguali (dove volevo andare io, anche escludendo lo show, avremmo speso, in due, circa 1.200 bath) e mi risponde che, più o meno, lo sono.

Allora, visto che nel frattempo si sta facendo tardi, acconsento anche se poi scopriremo che, in realtà, dove ci porterà lui a vedere gli elefanti, spenderemo più del doppio, cioè 1500 bath a testa, incluso lo show.

Questa è stata l’unica nota negativa del nostro tour, evidentemente la sua insistenza dipendeva dal fatto che sui biglietti, molto probabilmente, aveva una percentuale, comunque devo dire che è stato molto bello vedere anche lo show con gli elefanti e che, per tutto il resto, il nostro autista ci ha sempre accontentato.

In definitiva, quindi, il nostro programma dei tre giorni sarebbe stato:

Primo giorno: Mae Taeng Elephant Park e Chiang Dao cave.

Secondo giorno: visita del tempio di Tha Ton, della città cinese di Mae Salong (con sosta in una piantagione di the), del giardino botanico di Doi Tung a Mae Fah Luang, Monkey Temple a Mae Sai, Golden Triangle (cioè zona di Sop Ruak), escursione in barca sul Mekong per visitare un mercato in Laos, visita al museo dell’oppio e, infine, pernottamento a Chiang Rai.

Terzo Giorno: visita della Black House, del White Temple ( Wat Rong Khun ), delle Mae Kajarn Hot Spring e, rientrati a Chiang Mai, visita del Wat Phra That Doi Suthep e di qualche altro tempio.

Per prima cosa andiamo quindi al Mae Taeng Elephant Park, appena dopo Mae Taeng c’è un bivio a sinistra che dopo circa 6 Km porta a questo parco; più che un parco è una specie di circo, con varie opzioni: show e/o giro su elefante, giro su zattere di bambù, visita al villaggio delle donne giraffa, ecc.

Optiamo per lo show + il giro con l’elefante “guidato” dal suo mahout + la visita al villaggio delle donne giraffa, il tutto a 1.500 bath a testa (all’epoca circa 38 €, che in Thailandia sono un bel pò di soldi, ci si fanno 2 belle cene).

Lo show però è bello, in particolare abbiamo visto gli elefanti dipingere e devo dire che il risultato è sorprendente, poi si monta in groppa all’elefante e si fa un giro di circa 10 min. in mezzo al fiume, dopodichè si scende e, a piedi, visitiamo il villaggio di capanne di bambù delle donne giraffa che vivono come attrazione turistica con anelli di ottone attorno a collo, caviglie e braccia vendendo souvenir abbastanza belli e poco costosi, sciarpe in particolare.

C’è da dire che vedere queste donne, ma anche alcune bambine, con questi colli allungati, costituisce uno spettacolo abbastanza penoso anche perché il forte sospetto è che ormai non siano in gioco antiche tradizioni ma esigenze dovute a scopi esclusivamente turistici.

D’altra parte queste persone, che per lo stato thailandese neppure esistono (non hanno nè cittadinanza nè documenti), non hanno alcun mezzo di sostentamento e vivono di quanto riescono a vendere ai turisti.

A voi la scelta se andare a vederle o no, il dilemma è: si aiutano di più comprando ciò che vendono o non andandoci più sperando che venga meno l’interesse turistico e quindi si riduca questa pratica di allungamento del collo?

Terminata questa visita, proseguiamo per visitare la Chiang Dao cave che come grotta non è granchè, la sua particolarità è che è diventata luogo di culto come tempio buddista, infine arriviamo a Tha Ton.

Dovremmo visitare il tempio buddista (il Wat Tha Ton) ma è quasi sera, allora lo rimandiamo alla mattina dopo.

18 Gennaio, lunedì Da Tha Ton a Chiang Rai (92 km escluse deviazioni).

Dopo aver visitato il tempio (è abbastanza interessante e si trova su una collina, in posizione panoramica), da Tha Ton saliamo a Mae Salong la cui particolarità sta nel fatto che ci abita una comunità cinese originata da un reggimento di soldati cinesi, fedeli a Chiang Kai-Shek, fuoriusciti dalla Cina nel 1949, a causa delle mutate condizioni politiche.

Nella cittadina troviamo un mercato molto pittoresco perché rappresenta un pezzo di Cina in terra thailandese.

Subito dopo ci fermiamo a visitare una piantagione di te dove ne compriamo un pò e facciamo belle foto.

Venti km più a nord c’è Ban Toet Thai, che era la base del più grande trafficante d’oppio (Khun Sa) però è una deviazione che non abbiamo il tempo di fare, pertanto andiamo a visitare il bellissimo giardino botanico Doi Tung a Mae Fah Luang (si trova lungo la strada per Mae Sai).

Il giardino botanico (si paga 90 Bath, cioè poco più di 2 €) è molto bello e ben tenuto, con una grande varietà di piante e di fiori, pertanto resistere alla tentazione di scattare molte foto diventa un’impresa ardua.

Terminata la visita ritorniamo sulla strada principale e puntiamo a nord verso Mae Sai, dopo un pò svoltiamo a sinistra per la Fish Cave, luogo conosciuto anche come Monkey Temple (alcuni Km. prima di Mae Sai).

Al ritorno saliamo ancora un pò verso nord sino quasi a toccare Mae Sai dove c’è la frontiera con la Birmania e poi deviamo verso sud-est per arrivare al Triangolo d’oro dove, alla confluenza tra i fiumi Mekong e Nam Ruak, si incontrano tre nazioni (Birmania, Thailandia e Laos).

A Sop Ruak prendiamo una barca x il giro sul Mekong con breve sosta all’isola laotiana di Don Sao (1000 bath in 2); a Sop Ruak dovevamo visitare anche il museo dell’oppio (ce ne sono addirittura due, l’Hall of Opium e l’House of Opium) ma è tardi e ce ne dimentichiamo.

Sulla strada del ritorno passiamo da Chiang Saen, sulle rive del Mekong e poi vicino alla Black house o Baan Dum ma a quell’ora ormai è chiusa e ne rimandiamo la visita al giorno dopo.

Arrivati a Chiang Rai, la capitale della regione dell’estremo nord, a quasi 600 m.s.l. e a 785 Km da Bangkok, ci facciamo una doccia e poi usciamo per mangiare e per visitare il bel mercato notturno.

19 Gennaio, martedì

Anzitutto visitiamo, 13 Km. a nord di Chiang Rai, la Black house o Baan Dum, peccato che arriviamo alle 8 e che apra alle 9, la nostra guida non ce l’aveva detto, così aspettiamo un’ora!

Ad ogni modo merita la visita perché è qualcosa di unico al mondo: si tratta di un insieme di edifici costruiti in stile thailandese da un artista locale.

Visitarli vuol dire calarsi in un’ atmosfera particolare, infatti, a parte il colore nero che predomina, la particolarità principale è costituita dall’arredamento, ad esempio le sedie della sala da pranzo, dove campeggia un lungo tavolo di legno su cui è distesa un’enorme pelle di coccodrillo, sono fatte con corna di cervo.

Dappertutto poi compaiono teschi di animali (cervi, daini, mufloni), zanne di elefante, enormi conchiglie, pelli di boa e di coccodrillo, tamburi e oggetti fallici, il tutto per “arredare” bagni e camere tinteggiate quasi sempre in nero.

La visita dura poco più di un’ora, poi ripassiamo da Chiang Rai (questa città è rinomata per il caffè, si può acquistare da Doi Chaang, Wawee Coffee, Pangkhon Coffee) e poco oltre, verso sud, sostiamo per visitare l’altra famosa attrazione, il White Temple o Wat Rong Khun, un’affascinante costruzione dell’Anton Gaudi thailandese, Chalermchai Kositpipat, che si trova 13 Km a sud, verso Chiang Mai.

I lavori, iniziati nel 1997, sono ancora in corso, come per la Sagrada Familia e dovrebbero concludersi nel 2070.

Il tempio è molto particolare, è realizzato in gesso bianco e incorpora piccoli frammenti di specchi che, riflettendo il sole, creano dei bellissimi giochi di luce.

Questo tempio, buddista e induista al tempo stesso, non piace molto alla popolazione locale per il suo colore bianco che non segue la tradizione locale con colori vivaci ed intensi, cmq ne consiglio la visita e lo metto al primo posto delle attrazioni di Chiang Rai, è quindi assolutamente da non perdere.

Verso le 11.30 ci rimettiamo in marcia, ci aspetta una strada abbastanza lunga e spesso tortuosa per rientrare a Chiang Mai; un pò prima, lungo la strada, sostiamo alle Mae Kajarn Hot Spring, un posto dove c’è una sorgente di acqua calda, ne approfittiamo per mangiare delle piccole uova, forse di quaglia, che i locali mettono in piccoli contenitori che fanno bollire nell’acqua caldissima della sorgente (Chiang Rai – Chiang Mai 187 Km 3 ore).

Arrivati a Chiang Mai il nostro bravo autista (e anche buona guida) ci porta a vedere il Wat Phra That Doi Suthep (vi è custodita una reliquia del Buddha), che si trova sulla sommità di una collina a 15 km da Chiang Mai.

Con l’auto si arriva sino ad un piazzale con ai lati parecchie bancarelle, poi si sale, a piedi, percorrendo una scalinata di 309 scalini (un serpente piumato dall’alto scende alla base), il tempio merita (ingresso 30 bath) ma ancor più merita la vista magnifica sulla pianura che si gode dalla terrazza del tempio.

Terminata la visita, scendiamo a Chiang Mai per vedere alcuni altri templi; iniziamo col Wat Phra Singh, in uno dei suoi edifici è custodito un Buddha con la testa di leone (Phra Singh).

Poi andiamo al Wat Chedi Luang, il chedi originario risale al 1441 ed era uno degli edifici più alti dell’antica Chiang Mai; in una costruzione a lato del complesso è racchiusa una colonna (lak meuang) che era ritenuta la dimora del nume tutelare della città.

Ci sarebbero da vedere altre cose interessanti come il Sunday Walking Street, la città vecchia con le sue mura e il mercato Talat Warorot, ma purtroppo sono quasi le 17 ed è giunta l’ora di farci accompagnare all’aeroporto (abbiamo il volo di rientro a Bangkok alle 19.20); qui salutiamo il nostro autista e guida, Mister A, ringraziandolo per l’ottima organizzazione del nostro tour e per la sua disponibilità.

Purtroppo apprendiamo che il nostro volo partirà con un’ora di ritardo (ad averlo saputo prima potevamo stare ancora un pò in città), pertanto quando atterriamo a Bangkok dobbiamo fare tutto di corsa perché dobbiamo prendere la navetta che dal Suvarbanami ci porterà (gratuitamente) all’altro aeroporto di Bangkok, il Dom Meang da dove, il giorno dopo, abbiamo il volo x Siem Reap.

Arrivati in questo aeroporto, cerchiamo un taxi per farci portare alla guesthouse che avevamo prenotato vicino a questo aeroporto, in realtà non si trova affatto nei dintorni dell’aeroporto.

Nessuno dei tassisti conosceva il posto, fortunatamente avevo il numero di telefono di questa guesthouse e, dopo un ora di rifiuti dei vari tassisti, finalmente ne troviamo uno che chiama la guesthose e si fa spiegare dov’è, saliamo sul taxi ma il tassista è costretto a chiamare la guesthose almeno altre due volte, perdendosi in un laabirinto di stradine, arriviamo a destinazione soltanto dopo più di un’ora, mai più una cosa del genere, se avessimo prenotato in centro, a quell’ora ci avremo messo al massimo 30 minuti”

Comunque la guesthouse si chiama Phurahong Homestay, evitatela!

20 Gennaio, mercoledì, primo giorno del tour cambogiano

Alle 10 partiamo da Bangkok, aeroporto Don Mueang, e arriviamo a Siem Reap un’ora dopo; finalmente riusciremo a visitare Angkor, la splendida capitale del regno Khmer dal IX al XIV secolo, vicina al lago Tonlé Sap e avviluppata all’intricata vegetazione della foresta, distesa su una superficie di oltre 400 Km. quadrati.

Fu riscoperta dai Francesi nella seconda metà dell’800, oggi è Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO.

La zona archeologica apre alle 5.30 del mattino e chiude alle 17.30: l’accesso ad alcuni templi è consentito solo se si è vestiti in modo adeguato (ginocchia e spalle devono essere coperte) e nelle zone più isolate è bene non allontanarsi dai sentieri perché ci sono ancora mine antiuomo inesplose.

All’aeroporto ci viene a prendere la nostra guida, si chiama Ratha Sim, è un ragazzo di 31 anni ed è una guida ufficiale; dopo aver caricato i bagagli nella spaziosa berlina che ci porterà in giro nei giorni successivi (il nostro autista è ancora più giovane ma ha guidato sempre molto bene e con prudenza); andiamo subito a comprare il pass che, nei prossimi 4 giorni, ci consentirà di vedere tutti i monumenti della zona di Angkor, poi veniamo lasciati al nostro hotel per rilassarci un paio d’ore.

Alle 14 partiamo per visitare il gruppo di Rolus, 13 Km. ad est di Siem Reap, nel sito che nel IX secolo d.C. ospitò Hariharalaya, la prima capitale vera e propria dell’impero Khmer, dove ci sono i monumenti più antichi.

Iniziamo la visita dal Preah Ko, il più vecchio di Angkor (879 d.C.), costruito da Indravarman I; le 3 torri anteriori sono dedicate agli antenati maschili del re, le 3 posteriori alle loro 3 mogli.

Preah Ko significa toro sacro, infatti vicino al basamento anteriore ci sono tre statue di Nandi, il toro bianco cavalcato da Shiva.

Poi visitiamo il Bakong, il primo tempio-montagna di Angkor, costruito nell’881 e la cui parte alta è stata aggiunta nel 1200, nello stile del tempio Angkor Wat.

Infine visitiamo il Lolei (del 900), che è costituito da 4 torri ed è il più piccolo dei tre.

E’ anche il più recente del complesso essendo stato costruito nell’893 dal re Khmer Yasovarman I.

Terminata la visita, Ratha ci accompagna in hotel, dopo una bella doccia rinfrescante usciamo e ci dirigiamo in centro dove ceniamo in un localino tranquillo fuori dal caos della via principale, poi rientriamo in hotel.

21 Gennaio, giovedì, secondo giorno del tour cambogiano

Alle 8 Ratha e l’autista ci vengono a prendere con l’auto e partiamo x il trekking a Kbal Spean, 50 Km. a nord-est di Siem Reap; lungo la strada sostiamo x visitare il Prasat Kravan, un antico tempio induista risalente al 921 con bei bassorilievi.

In prossimità di Kbal Spean lasciamo l’auto in un parcheggio e ci inoltriamo nella giungla, percorrendo a piedi un sentiero in salita di 1,5 Km. che ci porta all’alveo di un fiume, conosciuto come “Fiume dei Mille Linga”, così chiamato perchè nel suo letto sono stati scolpiti moltissimi linga (simbolo legato alla fertilità) oltre a bassorilievi di divinità indù; non è facile scorgerli nell’acqua, sono ben visibili soltanto nella stagione secca, cioè nel periodo in cui siamo andati noi.

Attenzione, restate sul sentiero perché anche qui, al di fuori dei sentieri, possono esserci mine antiuomo.

Soddisfatti da questa escursione nella natura, sulla strada del ritorno ci fermiamo al Banteay Srey, un “piccolo” tempio induista dedicato al dio indù Shiva consacrato nel 967, 25 km. a nord di Angkor; (il suo nome significa “cittadella delle donne” o “della bellezza”), è fra i monumenti che ci sono piaciuti di più per gli splendidi bassorilievi, tra i più belli al mondo, scolpiti nell’arenaria rossa, sulle colonne e sulle pareti.

Prevalgono le figure femminili (da qui il nome) in atteggiamenti sensuali, sono meravigliose quelle delle Apsara: André Malraux, uno scrittore e giornalista francese, ne rubò quattro nel 1923, fra cui quella da lui soprannominata Monna Lisa d’Asia, ma fu subito arrestato e le statue furono recuperate.

Gli edifici stessi sono miniature in scala, molto particolari, di alcuni standard delle costruzioni khmer.

Questo tempio si trova in una zona remota e fu scoperto nel 1914, diventando visitabile 10 anni più tardi.

Fu ricostruito nel 1930, col metodo dell’anastilosi, dal conservatore francese Henri Marchal.

Sarebbe interessante visitare anche il sancta sanctorum del Banteay Srei ma è necessario chiedere un permesso speciale alla Conservatoria di Siem Reap.

Ritornati ad Angkor visitiamo il Banteay Samre, un tempio induista dello stesso periodo di Angkor Wat con interessanti bassorilievi che raffigurano scene mitologiche.

Poi chiedo alla nostra guida di visitare il Phnom Bok, un tempio che non aveva messo in programma perché si trova in cima ad una collina di 212 metri e ci si arriva con una salita impervia.

Ratha mi spiega che da quando fa la guida nessun turista gli aveva mai chiesto di andarci, lui stesso c’era stato solo una volta con sua moglie, cmq è molto disponibile e mi ci accompagna: lasciamo l’auto e assieme all’autista (anche lui non c’era mai stato) percorriamo la ripida scalinata che porta al tempio costruito tra il IX e il X sec.; si tratta di un tempio montagna dedicato alla Trimurti ormai ridotto a poco più di un rudere, la cosa più interessante è costituita da un linga gigantesco situato nelle vicinanze, peccato che durante l’ultimo conflitto i soldati vietnamiti lo abbiano preso a cannonate per puro divertimento!

Anche la vista non è granchè perché la folta vegetazione impedisce in gran parte la vista sulla pianura circostante, rientriamo quindi all’auto dove ci aspetta mia moglie che non è venuta con noi, evitandosi una bella sfacchinata.

Concludiamo l’intensa giornata con la visita del Pre Rup, un tempio-montagna edificato nel 961 su 3 piani; il suo nome significa “girare il corpo” e riflette la credenza che nel tempio venissero svolte cerimonie funebri di cremazione, durante le quali il defunto (o la sua sagoma disegnata tra le ceneri) veniva girato a turno verso i punti cardinali.

Dalle sue terrazze ci godiamo la vista sulla giungla con i colori infuocati del tramonto.

Diverse, ma altrettanto affascinanti, sono le rovine del Mebon Orientale, su un’isoletta artificiale al centro del Baray Orientale, il più grande dei bacini di Angkor, della seconda metà dell’11° secolo.

Tornati in albergo, giusto il tempo di fare una doccia e riusciamo per cenare nello stesso posto del giorno prima, concedendoci anche questa volta un buon margarita.

22 Gennaio, venerdì, terzo giorno del tour cambogiano

Alle 7 partiamo e iniziamo con la visita del Banteay Kdei, un monastero buddista della seconda metà del XII secolo (non ancora restaurato), nei cui pressi si trova il bacino d’acqua Sra Srang.

Dopodichè eccoci finalmente al Ta Prohm (del 1186), qui sono state girate alcune scene del film Tomb Raider (2001), vicino ad alcuni alberi monumentali che avvolgono le strutture del tempio.

Il contrasto tra la natura ed il tempio, “soffocato” dalle radici e dai rami di questi alberi giganteschi, è stupefacente, purtroppo c’è una folla immensa di turisti che rende quasi impossibile fare delle belle foto e godersi questo spettacolo.

Da questo punto di vista è meglio il Ta Nei, una versione in miniatura del Ta Prohm: ci sono pochi turisti perché si deve raggiungere a piedi, pertanto abbiamo potuto fare foto più suggestive.

Poi visitiamo il Ta Keo (del 1002), il Chau Say Tevoda e il Thommanon; questi ultimi due sono piccoli templi induisti (fine 11.mo sec.), uno di fronte all’altro.

Il Thommanon, in particolare, è famoso per i bei bassorilievi che rappresentano figure femminili divinizzate chiamate Devatas.

Terminata quest’ultima visita sostiamo nei dintorni per pranzare con la nostra guida e l’autista.

Il pomeriggio lo dedichiamo alla visita di Angkor Wat, un grandioso monumento (è il più grosso edificio religioso del mondo) che da solo merita il viaggio in Cambogia.

Non ci sono parole per descriverlo, man mano che ci avviciniamo (ma è bello anche da distante, con le sue torri che si rispecchiano nello specchio acqueo) ci rendiamo conto delle gigantesche dimensioni di questo tempio-montagna consacrato a Vishnu, un capolavoro dell’arte khmer, costruito fra il 1112 e il 1152.

Il corpo centrale è articolato su 3 livelli, la torre centrale rappresenta il Monte Meru, considerato il centro dell’universo per l’induismo e il buddismo.

Con una ripida scala saliamo al terzo piano, da lì si gode di una bella vista su tutto il complesso e sulla pianura circostante.

Ma il complesso non è solo imponente, è anche finemente decorato; come se non bastassero le oltre 3000 incantevoli apsara (ninfe celesti) scolpite nella pietra, nella galleria al primo piano esiste una lunghissima serie di bassorilievi che raffigurano scene di guerra, temi epici indù e la famosa scena della trasformazione in burro dell’oceano di latte.

Stanchi ma soddisfatti, come al solito, veniamo accompagnati in hotel, dopo una doccia veloce riusciamo per cenare e per visitare il mercato notturno dove acquistiamo dei vivaci dipinti su tela che raffigurano i templi.

23 Gennaio, sabato, quarto giorno del tour cambogiano

Sveglia alle 5 per vedere l’alba ad Angkor Wat, poi saliamo a piedi sulla collina dove è situato il Phnom Bakheng (del 907): dalla cui cima ammiriamo in lontananza il sito di Angkor Wat in tutta la sua imponenza, circondato dalla foresta; scendendo dalla collina abbiamo modo di vedere il Baksei Chamkrong (10.mo sec.).

Risaliti in auto, entriamo nella città di Angkor Thom dalla maestosa porta sud, sormontata da quattro colossali volti del Bodhisattva Avalokiteshvara preceduti, lungo la strada rialzata di accesso, da due file di demoni e divinità impegnati nell’epico tiro alla fune che rappresenta l’origine dell’Oceano di Latte.

Angkor Thom, “la grande capitale”, era una delle più estese città khmer, fu fondata da Jayavarman VII che regnò dal 1181 al 1219 e restò la capitale probabilmente fino al 17° secolo.

Al centro della cinta muraria, percorso circa 1 Km., si trovano i monumenti più importanti, tra i quali il Bayon (fine 12.mo sec.), il tempio famoso per i 216 volti del bodhisattva Avalokiteshvara, che somigliano al re Jayavarman VII.

L’intero perimetro (1200 m) di questo enorme tempio buddista è decorato, al primo livello, con bassorilievi che raccontano non solo le battaglie, le sconfitte e le vittorie dei Khmer contro i Cham del Vietnam ma anche interessanti scene di vita quotidiana della Cambogia del XII secolo (c’è persino l’arrivo del circo in città).

Tutti comunque sono molto belli e costituiscono una documentazione molto realistica.

A piedi raggiungiamo poi il Baphuon, dedicato al dio indu Shiva nel 1060; si tratta di una struttura piramidale a cinque livelli e di pianta rettangolare, a differenza dei precedenti templi-montagna, tutti a pianta quadrata: le scale sono ripide ma ne vale la pena, dalla cima si ha un bel colpo d’occhio!

Scendendo (dalla parte opposta rispetto all’ingresso) ci si trova di fronte ad un’enorme Buddha sdraiato e scolpito nella pietra di cui solo il volto è ben visibile.

Sempre a piedi passiamo davanti al Phimeanakas, un tempio hindu della seconda metà del 10.mo sec. che si trova al centro di una zona fortificata che un tempo proteggeva il palazzo reale; di questo oggi restano soltanto 2 vasche in arenaria che erano usate per le abluzioni reali.

Il tempio, non in perfetto stato di conservazione, è, ancora una volta, una rappresentazione piramidale del monte Meru, articolata su tre livelli; dall’alto si può ammirare il vicino Baphuon, ma la salita non è agevole.

Passando dal Preah Palilay che risale alla prima metà del XII sec. e che presenta elementi hindu e buddisti, arriviamo alle terrazze.

La prima è quella del Re Lebbroso forse usata come crematorio per la famiglia reale, con alcuni pregevoli bassorilievi, fortunatamente intatti perché sono rimasti interrati per secoli.

A fianco c’è la Terrazza degli Elefanti (fine 12.mo sec.), così chiamata per le sculture e i bassorilievi che li raffigurano: la tribuna centrale era utilizzata dal re x assistere alle cerimonie pubbliche e presenziare alle udienze.

Al Pomeriggio visitiamo i templi che fanno parte del Grande Circuito; il primo è il Preah Khan o “Tempio della Sacra Spada”, costruito nel 1191, famoso per i bassorilievi che raffigurano le apsara, le dee danzatrici dai corpi sinuosi i cui costumi e copricapi sono uguali a quelli usati nelle danze tradizionali rappresentate ai nostri giorni.

Ma c’è un’altra particolarità, la presenza di un piccolo edificio con colonne rotonde, unico caso nell’architettura khmer, che lo rendono simile ad un tempio greco.

Poi ci dirigiamo al Preah Neak Pean, un piccolo tempio-isola di fine 12.mo sec. al centro di una vasca ormai quasi asciutta; per raggiungerlo si percorre una passerella sospesa su un acquitrino che una volta era un bacino idrico di 3 Km. x 900 mt.

Il terzo stop lo facciamo al Ta Som, un piccolo tempio buddista della fine del XII sec. tipico dell’architettura cambogiana, con un maestoso fico strangolatore che avvolge il gopura (portale d’ingresso) orientale, un’icona tra le più fotografate di Angkor.

Infine raggiungiamo il Mebon Orientale, un tempio hindu costruito nel 953 che un tempo era al centro dell’enorme bacino idrico del Baray orientale, ormai in gran parte prosciugato.

24 Gennaio, domenica, quinto giorno del tour cambogiano Siem Reap – Sraem (vicino a Preah Vihear)

Oggi partiamo per un tour di due giorni nel nord della Cambogia, in serata arriveremo vicino a Preah Vihear, al confine con la Thailandia, facendo alcune tappe intermedie lungo il percorso.

Di buon’ora ci mettiamo in viaggio, la prima sosta la facciamo al villaggio di pescatori di Kampong Kleang, sulle rive del lago Ton Sap.

Arrivati al villaggio, costruito interamente su palafitte perché il livello del lago varia tra i 2 e i 16 metri alla fine della stagione delle piogge, prendiamo una barca e con la nostra guida, percorrendo canali sulle cui rive ferve l’attività di pesca, con i pescatori che preparano le trappole per i pesci con un complesso sistema di reti, arriviamo sino ad un villaggio galleggiante vero e proprio dove le case di legno sono costruite su zattere di bambù; nel villaggio c’è quasi tutto, dal negozio alla scuola, al distributore di benzina, venduta in bidoni.

Poi ci dirigiamo a nord x visitare un altro gioiello nella giungla: il tempio di Beng Mealea, dedicato a Vishnu ma anche con elementi buddisti: la natura si è impadronita del luogo, degli edifici costruiti sotto il regno di Suryavarman II all’inizio del XII secolo (un’intera città sorgeva intorno al tempio) non restano che architetture inghiottite da grandi piante di afzelya xilocarpa e palissandri; il sito è suggestivo e i bassorilievi sono molto belli, il tempio è infatti ricco di decorazioni, la visita dura circa un’ora e mezza.

Non appena terminata ci dirigiamo a nord-est verso Koh Ker (125 km: 3 ore circa da Angkor), la sua storia risale al breve periodo in cui Koh Ker fu capitale dell’impero Khmer, tra il 928 e il 944 d.C.

Il sito si estende per più di 25 Kmq, ne visitiamo i monumenti più importanti, il Prasat Krahom, la piramide a 7 piani del Prasat Thom, gli enormi Linga del Prasat Balang e del Prasat Thneng ed altri edifici minori.

Ma l’attrattiva che ci ha colpito di più è stata quella che abbiamo visto durante la sosta al Prasat Pram, una delle sue torri è completamente avviluppata dalle radici e dal tronco di un enorme albero e questo crea un effetto molto suggestivo, come quello che si può vedere ad Angkor nel tempio Ta Prom, con la differenza che qui non c’è nessuno e quindi possiamo fare delle foto molto migliori.

La visita dura circa un paio d’ore (sufficienti per vedere i monumenti principali) ma, decidendo di vedere anche buona parte dei templi minori. ci si potrebbe rimanere anche un’intera giornata.

Intorno alle 17 proseguiamo per la provincia di Preah Vihear e pernottiamo a Sraem, un distretto vicino al tempio di Preah Vihear.

25 Gennaio, lunedì, sesto giorno del tour cambogiano

Oggi andiamo a visitare il tempio di Preah Vihear, la perla settentrionale della Cambogia, registrato come patrimonio dell’umanità da parte dell’UNESCO nel 2008.

Ci fermiamo a comprare qualcosa da mangiare al caratteristico mercato di Sraem dove facciamo anche qualche bella foto e poi, dopo circa mezz’ora d’auto, arriviamo alla biglietteria del tempio dove Ratha acquista i biglietti, nel frattempo noi ci mettiamo una felpa perché qui a nord, di prima mattina, fa un freddo cane, saremo stati a 10 gradi.

Poco dopo ci fanno salire su un fuoristrada (l’ultimo pezzo del percorso per arrivare al tempio è una sterrata piena di buche e in salita, un’auto normale rischierebbe di danneggiarsi), dopo 6-7 Km siamo in cima, al confine con la Thailandia, da qui si vedono le guardie appostate sulla linea di confine.

Il tempio è molto bello, anche se non ha la magnificenza di alcuni dei templi di Angkor, magnifica è la scalinata monumentale che sul lato nord permetteva ai thailandesi di salire al tempio, negli anni scorsi però ci sono stati scontri armati tra i cambogiani ed i thailandesi a causa delle rivendicazioni sul tempio da parte di questi ultimi e quindi adesso l’accesso ai thailandesi è bloccato.

Il tempio in realtà è un complesso costituito da più edifici che si dipanano dal punto più basso della scalinata monumentale, dove troneggiano due grandi teste di naga, e che, via via, si incontrano salendo sino ad arrivare in cima dove c’è il santuario vero e proprio; da qui, a 625 metri, la vista è magnifica, si vede tutta la piana cambogiana in basso e la catena dei monti Dangkrek a cui appartiene anche questa cima.

Dalle rocce spuntano pure alcune scimmie, non lasciate niente di incustodito perché ve lo prenderebbero.

Terminata la visita, interessante non solo per il tempio ma anche per la posizione del tempio stesso, riprendiamo l’auto al parcheggio e rientriamo a Siem Reap passando però dalla città di Anlong Veng che era l’ultimo territorio in cui resistettero i Khmer rossi.

Qui visitiamo la casa abbandonata di Ta Mok, un sotto capo di Pol-Pot; colpisce il fatto che alla biglietteria c’è uno dei suoi luogotenenti, in effetti molti ex khmer rossi conducono ora una vita tranquilla, d’altra parte i processi durarono molti anni e alla fine ci furono ben poche condanne.

Sulla strada del ritorno la nostra guida Ratha ci fa alcuni regali, un bel libro di Angkor e due belle sciarpe che costituiranno per me e Roberta anche un piacevole ricordo di questo viaggio.

E’ ancora presto (il volo di rientro a Bangkok c’è alle 21.45) e Ratha mi chiede se ci sono ancora siti che voglio visitare: in realtà abbiamo visto praticamente tutto, però vorrei fare ancora alcune foto al bacino dello Sra Srang (Vasca delle Abluzioni), che si trova a sud del Baray orientale e ad est del Banteay Kdei e che avevamo visto di sfuggita nei giorni scorsi.

Sono subito accontentato, così riesco a fare alcune belle foto includendo in alcune di esse anche Ratha così da serbare un ricordo visivo di questa guida gentile e preparata che consiglio a tutti.

Ma è ormai giunto il tempo degli addii, arrivati all’aeroporto di Siem Reap salutiamo Ratha e il nostro bravo autista e prendiamo il volo di rientro per Bangkok dove atterriamo al Don Meuang alle 22.50, soddisfattissimi di questi 6 giorni in cui ci siamo immersi negli splendori dei templi e dei palazzi Khmer.

Stanchi della lunga giornata prendiamo un taxi e ci facciamo portare nella guesthouse già prenotata.

26 Gennaio, martedì Continuazione della visita di Bangkok

Oggi col taxi visitiamo alcuni altri templi di Bangkok.

Iniziamo col Wat Pho (200 thb a testa acqua inclusa, 8.00-18.30), conosciuto anche come il Tempio del Budda sdraiato (46 mt di lunghezza e 15 di altezza); questo Buddha laminato d’oro è all’interno del tempio più grande, ha gli occhi e le piante dei piedi intarsiati (illustrano 108 caratteristiche ideali del vero Buddha) in madreperla ed evoca l’ingresso di Buddha nel Nirvana.

Il Tempio Pho è anche il primo centro di istruzione pubblica del Regno e un centro importante per l’insegnamento e la pratica dei massaggi tradizionali thailandesi, mia moglie infatti ne approfitta per farsi fare un massaggio.

Poi è la volta del Wat Arun (entrata 50 thb ore 8.30-18), chiamato anche tempio dell’alba: si raggiunge dal molo Tha Thien da dove parte il battello per attraversare il Chao Phraya (3 bath x tratta).

Risale al periodo di Ayutthaya e ha una pagoda centrale alta 79 mt. rivestita di frammenti di porcellana che splendono al sole: il momento migliore per fotografarlo è il tardo pomeriggio quando il tramonto tinge di rosso il cielo dietro al tempio, peccato che quando siamo andati noi fosse in ristrutturazione con tanto di impalcature!

Per arrivare in cima (dalla torre alta 82 mt. si gode una bella vista panoramica sul fiume e su parte di Bangkok) ci sono alcuni ripidi gradini però non possiamo salire perchè ci sono dei restauri in corso.

Terminata la visita restiamo da questa parte del fiume e arriviamo al quartiere portoghese il cui centro è la chiesa di Santa Cruz, poi attraversiamo il primo ponte e andiamo al tempio sikh Gurdwara Siri Guru Singh Sabha, infine percorriamo Sampeng Lane (ormai siamo nel quartiere cinese) arrivando al mercato Talat Mai.

Sempre a piedi, proseguiamo sino al tempio Wat Traimit, famoso per l’enorme Buddha d’oro ma sono ormai le 17 e il tempio sta chiudendo, lo visiteremo pertanto quando ritorneremo a Bangkok a fine vacanza.

Siamo parecchio stanchi, così prendiamo un taxi e ci facciamo portare nella zona del Palazzo reale, dove ci sono diversi ristoranti, indicati anche sulla nostra guida.

Uno non riusciamo a trovarlo (in realtà c’è un ristorante ma non è quello che descrive la guida, probabilmente ha cambiato nome), un altro non ci ispira, allora ceniamo al KhunKung (è il ristorante della Royal Navy Association), con i tavoli affacciati sul fiume Chao Phraya, mangiamo pesce e poi, un pò stanchi ma soddisfatti, prendiamo un altro taxi e rientriamo in hotel pronti il giorno dopo a rimetterci in viaggio x visitare Ayutthaya, l’antica capitale.

27 Gennaio, mercoledì Partenza per Ayutthaya

Oggi partiamo per Ayutthaya, l’antica capitale: ci facciamo portare in taxi al Victory Monument da dove partono i Minivan, a 60 bath/persona, se avete delle valigie dovete pagare anche un posto per le valigie.

Dopo circa 1 h (76 km) arriviamo e ci facciamo portare alla Promotong Mansion dove lasciamo i bagagli.

La signora alla reception (la titolare) ci fornisce una mappa e molte altre info, dopodichè, zaini in spalla, usciamo.

Ayutthaya si sviluppa su un’isola alla confluenza di tre fiumi, Chao Phraya, Pasak e Lopburi ed è molto semplice muoversi al suo interno x raggiungere i templi, anche a piedi.

La prima tappa è il Tourist Information Center, poi andiamo a vedere il Wat Phra Ram, le rovine del Wat Lokaya Sutharamil con la statua in pietra di un Buddha sdraiato lungo ben 42 metri, il Wihaan Phra Mongkhon Bophit e il Wat Phra Si Samphet con i resti del Palazzo Reale.

Poi è la volta del Wat Thammikarat (singolari le offerte costituite da statue di galli di tutte le dimensioni), del Wat Ratburana e del Wat Phraa Mahathat; quest’ultimo è famoso per una testa del Buddha incorporata nel tronco di un grande albero che non si sa come sia finita lì dentro.

Per il primo giorno questo tour de force in mezzo ai templi è più che sufficiente visto che si tratta di un giro di non meno di 4/5 Km, tutti a piedi.

Una cosa importante, alcuni templi non sono stati facili da trovare, a me è stato utilissimo il navigatore con le mappe già caricate; inoltre devo dire che la parte del sito che abbiamo visitato oggi, anche se è stato dichiarato patrimonio dell’umanità da parte dell’Unesco, non mi ha entusiasmato molto perché alcuni templi sono stati rifatti e degli altri restano solo rovine, grazie ai birmani che hanno raso al suolo l’intera città nel 1765.

Tornati in hotel ci facciamo una doccia e andiamo a cena ma prima chiediamo alla signora della Mansion se ci sono agenzie che organizzano escursioni a Lopburi.

Gentilmente ci dice che non ce n’è bisogno (Lopburi è una piccola cittadina e la guida Lonely in mio possesso è più che sufficiente) e ci suggerisce di andarci col treno, visto che impiega di meno e costa molto poco.

28 Gennaio, giovedì Visita di Lopburi

Detto fatto, seguiamo i consigli che ci ha fornito ieri la signora della Mansion e con un tuc tuc (costo 60 bath) ci facciamo portare alla stazione ferroviaria dove facciamo il biglietto x Lopburi spendendo 40 bath in due.

A Lopburi visitiamo il Wat Phra Si Ratana Mahathat, il Phra Narai Ratchaniwet cioè il Palazzo Reale ora in parte adibito a Museo, il Wat Sao Thong Thong (si tratta di un tempio ricostruito che non merita), il Ban Wichayen (dov’erano ospitate le ambasciate straniere e una chiesa cattolica), il Prang Kaek, costituito da tre torrette di mattoni, forse il più antico della città ma ridotto ad un rudere e il Prang Sam Yot più noto come il tempio delle scimmie.

Si tratta di tre torri in stile Khmer la cui particolarità è data dal fatto che sono collegate tra loro con due gallerie.

Ma la cosa più curiosa sono le centinaia di piccole scimmie che lo abitano, bisogna stare attenti che non prendano nulla tipo cappelli, occhiali da sole, ecc.

Poi andiamo a vedere il Son Phra Kan e il Wat Nakhon Kosa, anch’essi ridotti a dei cumuli di mattoni e infine riprendiamo il treno che, assieme al tempio delle scimmie, è stata l’esperienza più interessante del viaggio, con le sue vecchie carrozze e i personaggi caratteristici che vi salivano e scendevano.

Arriviamo ad Ayutthaya verso le 16 ed essendo ancora presto, prendiamo un tuc tuc e ci facciamo portare al mercato galleggiante, bello ma ormai solo ad uso e costume dei turisti e con prezzi abbastanza cari.

Nelle vicinanze ci sono ancora due complessi di templi che visitiamo brevemente dopodichè ci facciamo riportare in albergo con un altro tuc tuc, naturalmente la trattativa sul prezzo della corsa è sempre d’obbligo.

Rientrati nella guesthouse prendiamo accordi con la proprietaria per il noleggio di un auto con autista per il giorno dopo (paghiamo 2.000 bath, che non è proprio poco), visto che vogliamo visitare alcuni posti fuori mano.

29 Gennaio, venerdì Dintorni di Ayutthaya e Bang Pa In

Alle 8 l’auto (una specie di fuoristrada nuova e molto spaziosa) e l’autista ci aspettano davanti alla guesthose: ci porteranno in giro sino alle 16, ora in cui, ritirate le valigie lasciate nella guesthouse, ci accompagneranno a prendere il minivan che ci riporterà a Bangkok.

Visitiamo anzitutto il Wat Yai Chai Mongkhon, un tempio molto bello con, all’aperto, un enorme Buddha sdraiato scolpito in un blocco di pietra; si dice che chi riesce ad infilare una moneta tra le dita dei suoi piedi avrà fortuna per sempre, poi visitiamo il Wat Phanam Choeng, altro tempio ben conservato e con la particolarità di avere al suo interno un Buddha seduto alto 19 metri e ricoperto d’oro.

Sulla strada ci fermiamo anche a Baan Hollandia, l’antico centro commerciale olandese, diventato un’esposizione permanente grazie ai fondi della regina Beatrice d’Olanda.

Pagando 100 bath in due visitiamo una bella esposizione al 2.do piano che fornisce la storia della compagnia delle Indie olandesi in Asia, con particolare riferimento alla città di Ayutthaya.

Al moderno bar del centro ci beviamo anche un buon caffè, quasi come quello italiano.

Poi, ad una ventina di Km. da Ayutthaya, è la volta del palazzo di Bang Pa In un complesso di edifici in un bellissimo parco che furono la dimora estiva del re Rama V; ancora adesso, a volte, il bel edificio centrale è frequentato dagli attuali sovrani.

La sua visita è molto interessante anche perché ci si può fare un’idea dei gusti del re Rama V che apprezzava anche gli stili architettonici e le usanze europee che qui vi sono riflesse assieme a quelle cinesi.

Sulla strada del rientro passiamo dal quartiere portoghese di cui restano solo le fondamenta e i resti di alcune tombe con gli scheletri ancora in vista, riparati da una tettoia, in quello che era un antico cimitero.

Infine andiamo al Wat Chai Wattanaram che è uno dei templi che mi sono piaciuti di più, col suo complesso di chedi e il prang centrale alto 35 metri illuminati dal sole.

A questo punto, dopo una breve sosta alla mansion per ritirare i bagagli, la nostra autista ci accompagna a prendere il minivan, dopo poco più di un’ora siamo al Victory Monument da dove prendiamo un taxi per rientrare in hotel.

Questa volta però dobbiamo sudare 7 camice per trovare un taxista che faccia funzionare il tassametro, lo troviamo dopo non meno di 5 tentativi, inoltre questa volta dobbiamo proprio fare i conti col traffico visto che per fare i circa 5 Km. che ci separano dal nostro albergo impieghiamo un’ora buona!

Ci consoliamo con una bella cena a base di pesce alla brace nella solita Rambuttri road.

30 Gennaio, sabato Escursione a Kanchanaburi (ponte sul fiume Kwai)

L’autista e relativa auto che avevamo prenotato con l’agenzia “Mister Thai” il giorno del nostro arrivo in Thailandia non arriva, dopo quasi un’ora di attesa andiamo in agenzia a chiedere spiegazioni, telefonano all’autista che, ci dicono, si era dimenticato dell’impegno che aveva preso.

A questo punto protesto con l’agenzia, rimarcando la loro mancanza di serietà (ma episodi del genere purtroppo in Thailandia sono comuni), ci facciamo rimborsare l’anticipo e con un taxi ci facciamo portare al Victory Monument per prendere un minivan per Kanchanaburi dove però arriviamo con 3 ore di ritardo, visto che dovevamo essere lì per le 10 e invece arriviamo alle 13!

Appena arrivati, con un taxi tipo pickup ci facciamo portare in albergo dove, messi velocemente I bagagli in camera, prenotiamo un’auto per il giorno dopo, dopodichè prendiamo un taxi (qui aspettiamo un bel pò perchè i taxi non sono numerosi come a Bangkok) e ci facciamo lasciare al ponte sul fiume Kwai reso famoso dal film omonimo; poi visitiamo il vicino museo della seconda guerra mondiale che vale la pena visitare solo perchè dalle sue terrazze si vede molto bene il ponte, per il resto ci sono oggetti di ogni tipo malamente esposti, principalmente a testimonianza delle vicende belliche che hanno interessato la zona.

A piedi facciamo circa 2 Km e entriamo nel museo Thailand-Burma Railway Centre Museum che merita sicuramente di più, visto che documenta molto bene (con foto, piantine, oggetti e documenti vari) il dramma dei prigionieri impiegati dai giapponesi per costruire quella ferrovia, con turni disumani.

Molti di essi (soldati inglesi, australiani e olandesi) sono sepolti nell’Allied War Cemetery, proprio di fronte al museo: vedere quelle tombe bianche, tutte disposte in file ordinate, e leggere l’età di quegli uomini, molto spesso poco più che ragazzi, è stata un’esperienza molto toccante.

Infine percorriamo l’Heritage Walking Street e incontriamo il Lak Meuang, cioè il pilastro della fondazione della città, che si dice fornisca riparo agli spiriti locali.

31 Gennaio, domenica: Erawan cascade, Hellfire Pass e grotte Tham Lawa (Sai Yok Park)

La prima tappa è alle Erawan cascade che si trovano nell’Erawan National Park (orario 8-15.30).

Le cascate meritano davvero, ce ne sono 7, si incontrano tutte facendo circa 1 ora di cammino in salita, il percorso è punteggiato da tanti bei laghetti con un sacco di pesci.

Due consigli, il primo è quello di andarci presto, cercate di essere all’entrata per le 8/8.30 al massimo perché così avrete le cascate quasi tutte per voi e potrete fare delle belle foto, poi il parco si riempie di gente; il secondo consiglio, specie se non avete tutta la giornata a disposizione, è quello di risparmiarvi quasi un km di strada dall’ingresso del parco all’inizio delle cascate utilizzando un servizio di mezzi elettrici tipo quelli dei campi da golf che vi ci porta con 30 bath.

Le prima cascata si raggiunge dopo 200 metri, per arrivare all’ultima occorre fare circa 1.750 metri, inoltre tra la penultima e l’ultima cascata non c’è un vero e proprio sentiero e arrivarci è un pò difficoltoso, c’è un punto in cui occorre arrampicarsi, comunque se ce la fate ne vale la pena.

La seconda tappa è l’Hellfire Pass (chiude alle 16.30), in questo caso non si tratta di un’attrazione naturale, ma quasi di un pellegrinaggio visto che si visita un tratto di ferrovia la cui costruzione tra il 1942 e il 1943 ha richiesto un alto sacrificio di vite umane tra i prigionieri di guerra e la manodopera civile.

Nel periodo finale della costruzione si lavorava sino a 16-18 ore al giorno in condizioni disumane, vi morirono di stenti e di malattie più di 9.000 prigionieri e più di 90.000 asiatici, c’è un piccolo museo che ne illustra la loro storia e quella della ferrovia, di cui se ne può vedere un tratto, in particolare quello scavato nella roccia, l’Hellfire Pass.

Sulla strada del ritorno andiamo a vedere le grotte Tham Lawa (si trovano nel Sai Yok Park, 18 Km a sud della cascata di Sai Yok, però su una strada secondaria, tra andata e ritorno ci si impiega circa 50 min).

Sono però state una delusione perché, a parte il prezzo che bisogna pagare (essendo dentro al parco occorre pagare comunque l’ingresso al parco stesso che costa 300 bath a persona), non sono niente di particolare, sono abbastanza piccole e le stalattiti e le stalagmiti sono tutte impolverate e annerite.

Col senno di poi era meglio se ci fermavamo a vedere la cascata (Sai Yok Noi) che, oltre a tutto, si trova proprio sulla strada principale.

Il nostro mezzo (affittato tutto il giorno per soli 1.500 bath) ci porta infine alla stazione dei minivan di Kanchanaburi da dove prendiamo quello che va a Bangkok al Victory Monument.

Purtroppo, a causa del contrattempo che abbiamo avuto il giorno prima, che ci ha fatto perdere tutta la mattinata, non siamo riusciti a vedere il Prasat Meuang Singh historic park (sino alle 17), che è un parco archeologico situato 40 Km a ovest di Kanchanaburi.

1 Febbraio, lunedì: Partenza da Bangkok x Krabi e inizio soggiorno balneare

Una volta atterrati, in aeroporto prendiamo il bus che ci porta a Ao Nang (si trova appena fuori, ha la scritta Airport – Ao Nang e costa 150 bath) e diciamo all’autista che scendiamo al 3 Bees resort; il bus si ferma proprio lì davanti, prendiamo possesso della camera, ci cambiamo e andiamo subito alla spiaggia di Ao Nang dove prendiamo una barca per Railay West (fanno la spola in continuazione, la tariffa è di 200 bath A/R a persona).

Il posto è bellissimo, con uno sfondo di pareti a picco e di faraglioni (i famosi pinnacoli carsici di Railay), verso le 17 rientriamo e poi ceniamo al Leela Restaurant (pesce alla griglia, tra i 700 e i 900 bath in due).

2 Febbraio, martedì: Escursione in barca all’isola di James Bond

Il giorno prima al resort avevamo prenotato l’escursione all’isola di James Bond (1200 bath a testa compreso pranzo, soft drinks e assaggio di frutta esotica in un giardino tropicale.

Alle 8.30 ci vengono a prendere al resort, io però pensavo che, dopo il giro degli hotel di Ao Nang per recuperare i turisti, la partenza avvenisse dal porto di Ao Nang, invece ci aspetta un lungo viaggio di 110 Km perché le barche sono al molo di Sam Chong (Phang-Nga) che è, appunto, 110 Km. più a nord ovest di Krabi.

In effetti così era scritto sulla Lonely Planet, però poichè nel depliant non era specificato il porto di partenza, pensavo che fosse cambiato qualcosa e che le barche adesso partissero anche direttamente da Ao Nang.

Comunque dopo il giro di tutti gli alberghi, ci mettiamo in strada facendo una sosta al Suwannakuha Temple (monkey cave), poi, alle 11 passate, ci imbarchiamo.

A parte questo inconveniente la gita è bellissima perché si svolge in uno scenario stupendo, nel golfo di Phang Nga: faraglioni e isole si ergono sul mare con pareti scoscese e costellate di stalattiti che denunciano la loro origine carsica, visto che in origine erano grotte le cui pareti sono in parte crollate, però l’acqua non è limpida, diversi fiumi si immettono nel mare poco profondo (max 8 metri) e quindi, considerando anche i circa 3 metri di marea, l’acqua è per forza torbida.

La prima sosta la facciamo a Ko Khao Phing Kan, conosciuta come l’isola di James Bond, resa celebre dal film “007 l’uomo dalla pistola d’oro”.

Il posto effettivamente è molto scenografico ma purtroppo tutto è rovinato dalla marea di turisti che invade il sito, la confusione è massima tra barche che vanno e vengono con centinaia di turisti e decine di bancarelle che hanno occupato buona parte degli spazi utili dell’isola.

Dopo mezz’ora di sosta riprendiamo il mare e facciamo tappa ad un insieme di case galleggianti che però non hanno niente di autentico, sono state costruite ad uso e consumo dei turisti, lì ci fermiamo a mangiare, dopo circa un’ora ritorniamo indietro, fermandoci sotto costa per fare un’esperienza di canoa abbastanza divertente.

Con la canoa, guidata da un barcaiolo, entriamo in alcune grotte a cielo aperto che offrono spunti per belle foto.

Tornati a riva visitiamo il Lung Khai Fruits Garden, un bel giardino dove ci offrono un assaggio di frutta esotica, e poi, risaliti sul bus, veniamo riportati ai nostri hotels.

Anche stasera ritorniamo a cenare nello stesso posto di ieri e poi andiamo a nanna presto perché il giorno dopo ci aspetta un’altra escursione in barca, gestita da Luca, il proprietario del 3 Bees resort, dove alloggiamo.

3 Febbraio: Escursione alle Hong Islands, che fanno parte del Parco Nazionale Marino

Si trovano nel mezzo della baia di Phang Nga, da Ao Nang ci si arriva in meno di un’ora di longtail, il percorso è tutto sotto costa; il mare non è particolarmente trasparente ma gli scenari sono magnifici, con grandi scogliere calcaree e piccole spiagge incantevoli bagnate da acqua verdissima.

Approdiamo, nell’ordine, a Lao La Ding, poi a Lao Riam (con un’incantevole lingua di spiaggia che appare e scompare con la marea) e a Lao Ka dove mangiamo pasta italiana (si, perché ci accompagna Luca, il proprietario del 3 Bees, sempre molto disponibile e gentilissimo, che ha preparato questo piatto per noi).

Dopo pranzo ci spostiamo sull’isola principale, Koh Hong, da una stretta fenditura nella roccia a picco sul mare entriamo in una suggestiva laguna nascosta, accessibile solo da questo passaggio.

L’acqua all’interno è poco profonda, poco più di un metro, lo scenario è magnifico, tutto intorno ci sono alte pareti che si tuffano in questa laguna piena di pesci.

Per finire in bellezza ci spostiamo ad Hong Beach, con una sabbia bianchissima, facciamo il bagno in uno scenario meraviglioso, circondati dai pesci.

Appena a ridosso della spiaggia un paio di varani se ne vanno a spasso e ne approfittiamo per fargli qualche foto, quando ci ricapiterà mai!

Purtroppo è l’ora del ritorno, dopo una doccia al resort, riusciamo per andare a cena, a base di pesce e con un ottimo Margarita iniziale.

4 Febbraio: Escursione di due giorni alle Phi Phi Islands

Il giorno prima abbiamo comprato il biglietto (450 bath compreso il pick up dall’albergo) in una delle tante agenzie.

Il traghetto, che in realtà è un grosso battello con tre ponti, parte da Ao Nang alle 9.30 e arriva a Phi Phi intorno alle 11.30, la navigazione in sé non dura così tanto, però il battello si ferma anche a Railay dove salgono un mucchio di persone e quindi stiamo fermi lì più di mezz’ora.

Il problema è che il battello non arriva a terra (c’è l’acqua bassa e non ci sono pontili) e quindi dalla spiaggia arrivano le long tail boat che trasbordano sul battello turisti e valigie con tempi abbastanza lunghi.

Comunque, più di 2 ore dopo, arriviamo al porticciolo (più che altro un pontile) nella grande baia di Tonsai.

Ancora prima di attraccare si vede l’hotel che abbiamo scelto; alcuni dei migliori hotel stanno sulla costa orientale, che è quella più riparata, però sono raggiungibili solo in barca, considerando che noi stiamo solo una notte optiamo allora per un hotel a due passi dal porto, cioè il Phi Phi hotel, con un buon rapporto qualità/prezzo, inoltre dal pontile ci si arriva in 1 minuto a piedi, ve lo consiglio, oltre a tutto si trova in una posizione leggermente più elevata, per questo è stato uno dei pochi che è scampato allo tsunami.

Fatto il chek-in prendiamo possesso della nostra camera, con una bella vista sulla baia, e poco dopo usciamo in strada per la nostra prima escursione a Bamboo Island (Ko Mai Phai) e Mosquito.

Abbiamo appuntamento col barcaiolo (ce lo aveva prenotato Luca il giorno prima) per le 13.15, gli telefono per dirgli che stiamo arrivando ma il tizio mi dice che è a Krabi e che ritornerà solo alla sera, quantomeno avrebbe potuto avvisarci al telefono!

Incassato il secondo bidone del viaggio ci dirigiamo all’imbarcadero nell’altra baia dove dopo un pò di contrattazione (da 2.200 a 1.500 bath) finalmente saliamo sulla barca per andare a Bamboo Island, situata al largo della punta nord-orientale di Phi Phi Don, di fronte alla spiaggia di Laem Thong, ci si arriva in meno di 30 minuti.

Come a Maya Bay anche per sbarcare a Bamboo Island si deve pagare il biglietto (ben 400 bath a persona) per il parco nazionale, comunque l’isola è molto bella, con le spiagge di sabbia corallina e l’interno coperto di vegetazione rigogliosa.

In una piccola parte della spiaggia tutto è stato lasciato com’era dopo lo tsunami, a memoria della devastazione che aveva prodotto.

Tornati a Phi Phi, Roberta va a fare un pò di shopping nella cittadina mentre io mi reco nella parte più alta dell’isola per godere del panorama impreziosito da un tramonto infuocato.

Poi ci rivediamo e andiamo a cenare in un bel ristorante dove cucinano a vista il pesce esposto su grandi banconi da cui si può scegliere quello che si vuole mangiare.

5 Febbraio: Escursione alla spiaggia di Maya Bay sulla vicina e disabitata isola di Phi Phi Leh

La spiaggia è famosa per essere stata la location del film “The beach” con Di Caprio.

E’ l’escursione più bella da fare a Phi Phi Island, però occorre andarci presto, perché alle 9 e mezza iniziano ad arrivare le barche con i turisti giornalieri, occorre poco più di mezz’ora per raggiungere l’isola di Phi Phi Leh.

Maya Bay è una baia maestosa, con una spiaggia di sabbia bianca attorniata da spettacolari montagne coperte di vegetazione fittissima che si gettano ripide in mare, senza costruzioni, solo un piccolo bar sulla spiaggia e alcune tende dei militari all’interno.

Dopo un bagnetto esploriamo un pò l’interno arrivando sino a Losama Bay, poi ritorniamo nuovamente in spiaggia per un altro bagno e infine riprendiamo la barca che ci porta, attraverso uno stretto passaggio, nell’insenatura nascosta di Pileh.

All’interno la baia si allarga, ripide pareti coperte di vegetazione precipitano nell’acqua color smeraldo, per fare il bagno ci si tuffa dalla barca, il tutto è molto bello.

Usciti dalla baia, costeggiamo la famosa viking cave, con disegni sulle pareti raffiguranti navi vichinghe, in realtà sono opera di pescatori cinesi e risalgono a circa 400 anni fa.

Tornati a Phi Phi Don stiamo ancora un paio d’ore sulla spiaggia di Ao Lo Dalam, poi andiamo a prendere i bagagli in hotel dove gentilmente ci avevano ancora lasciato a disposizione la camera per una doccia e poi ci incamminiamo al molo dove ci imbarchiamo sul traghetto che ci riporterà ad Ao Nang.

Ritornati al resort ci cambiamo per la sera e ritorniamo per la cena, a base di pesce, nel nostro bel locale.

6 Febbraio: Mattina a Railay West e poi partenza per Bangkok

Ritorniamo ancora a Railay West, una spiaggia che ci è piaciuta molto soprattutto per il contesto naturale in cui si trova, per goderci un ultimo bagno in spiaggia; in realtà questo è quanto fa mia moglie, io invece, incuriosito dal fatto che tra le due baie (East and West) c’è una laguna interna e un bel viewpoint, decido di andarli a vedere.

Pertanto mi incammino all’interno ma, pur seguendo la direzione indicata da una freccia, non riesco a vedere il bivio che porta alla laguna, allora chiedo ad un passante che mi fa tornare indietro dicendomi che il sentiero è indicato da una piccola freccia.

In effetti la freccia la trovo ma non indica alcun sentiero (per questo non lo vedevo quando ci sono passato davanti!), semplicemente indica una ripida scarpata attrezzata con corde fisse; non è una vera e propria parete ma il primo pezzo va fatto tenendosi alla corda e salendo a forza di braccia puntando i piedi, in alcuni punti non c’è bisogno di corda ma poiché il terreno è un pò fangoso, consiglio di utilizzarla sempre.

Finalmente arrivo al view point da dove si gode un panorama magnifico delle due baie di Railay.

Ma l’avventura non è ancora finita perché per arrivare alla laguna occorre scendere dall’altra parte della collina, sempre con le corde, insomma si tratta di un’avventura adatta a chi arrampica o comunque è abituato a fare una vita molto sportiva, per gli altri è molto meglio stare in spiaggia a godersela.

Tornato indietro raggiungo mia moglie e dopo un breve riposino in spiaggia riprendiamo la barca per AO Nang, facciamo una doccia nel resort (Luca ci aveva tenuto la camera) salutiamo Luca e saliamo sul bus per l’aeroporto di Krabi per prendere verso le 17 l’aereo per Bangkok.

Peccato che questo soggiorno sia già finito, ci sarebbe stato ancora molto da vedere, ad esempio facendo l’escursione alle Four Islands, un gruppo di quattro isolotti a meno di mezz’ora da Railay.

Delle 4 isole Poda è la più grande e scenografica, se c’è bassa marea molto bello è l’istmo di sabbia che collega Dam Khwan (anche chiamata Chicken Island per alcune rocce che somigliano alla testa di un pollo) a Koh Thap.

Poi c’è l’isola disabitata di Ko Yao e Ko Roi, una piccola isola a nord di Ko Yao, e, sulla terraferma, le Emerald Pool, le sorgenti calde e il Shell Fossil Cemetery…..sarà per un’altra volta!

A Bangkok posiamo i bagagli in hotel e poi ci tuffiamo nella baraonda serale di Rambuttri road e di Khao San road.

7 Febbraio, domenica: Ultimo giorno di visita a Bangkok

Usciamo di buon’ora e col taxi ci facciamo portare al Wat Traimit (ore 8-17) con un Buddha d’oro.

Ingresso: 40 baht x il solo Buddha d’oro; 140 bath x vedere anche i 2 musei, al primo e al secondo piano, sulla storia dei cinesi in Thailandia e sulla storia della statua del Buddha: per vedere il Buddha ci si levano le scarpe.

Poi con un altro taxi ci facciamo portare in Siam Square, nella parte moderna di Bangkok, dove facciamo una capatina all’Hard Rock Cafè, poi andiamo all’MBK, un grosso centro commerciale che si affaccia su Siam Square che è un nodo nevralgico per la circolazione, con linee ferroviarie sopraelevate che si intersecano tra loro.

Da qui, a piedi, visto che è a meno di un Km., andiamo a visitare la casa di Jim Thompson, un ex ufficiale dello spionaggio militare USA che prima lavorò per l’Office of Strategic Services, l’agenzia di intelligence da cui è nata la CIA, e poi si dedicò allo sviluppo dell’industria della seta thailandese e, grazie al suo contributo, la seta thai è oggi famosa in tutto il mondo x qualità, colori e trame: scomparve nel 1967 durante una trasferta in Malesia e, nonostante le ricerche effettuate, non fu trovato alcun indizio che ne potesse confermare la morte.

Dal 1976 la casa ed il suo lussureggiante giardino tropicale sono aperti al pubblico come museo, interessante anche il negozio in cui si possono comprare splendidi capi in seta a prezzi abbastanza bassi.

Sempre a piedi (però si tratta di quasi 3 Km.) si può andare a vedere il tempio Wat Saket, (ore 7.30-17.30, ingresso 20 thb), che si trova sulla Golden Mountain, così chiamata per la cupola dorata del tempio, ricoperta di piccoli tasselli quadrati d’oro che riflettono la luce: questo tempio è famoso perché racchiude alcune reliquie di Buddha.

Ne consiglio la visita perché dalla cima della collina, a cui si arriva con 318 gradini, c’è una vista magnifica, a 360 gradi, su Bangkok.

Ritorniamo quindi in hotel passando dal vicino Monumento della Democrazia, un pò più a sud di Khao San Road, che commemora la Rivoluzione del 1932 che ha portato alla prima democrazia e alla prima costituzione della Thailandia: è formato da 4 ali di 24 metri di altezza ciascuna e simboleggia il 24 giugno, giorno in cui è iniziata la rivoluzione.

Usciamo per una rapida cena e rientriamo subito in albergo perchè domani ci aspetta il lungo viaggio di rientro.

8 Febbraio, lunedì

Partenza da Bangkok alle 8.30 e rientro in Italia la sera stessa alle 19.15

Per chi avesse bisogno di ulteriori info questa è la mia E-mail francogigante1953@gmail.com



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