Pensieri e parole d’oriente

Vagabondando in Thailandia
Scritto da: Mari_b
Partenza il: 27/12/2013
Ritorno il: 09/01/2014
Viaggiatori: 11
Spesa: 3000 €
Racconto questo viaggio in Thailandia diversamente da come sono abituata a fare di solito, non voglio che sia una cronaca di viaggio. Credo che il modo migliore per tramettere il senso di questo mio viaggio è quello di riassumere i giorni in frammenti di sensazioni ed emozioni che mi ha regalato, come fossero pezzi di un puzzle da riunire, o come un insieme di post it attaccati alla rinfusa su una lavagna, senza un ordine preciso che rispetta una sequenza cronologica. Provo a imprimere l’essenza dei ricordi con poche parole, prima che si dissolvano lentamente, lasciandosi dietro la nebbia.

La Thailandia è stata un viaggio nato per caso, o che qualcosa che chiamiamo destino, tanto caro alle filosofie orientali appunto, ha messo improvvisamente; non è stata una meta ragionata, doveva essere un mezzo per sfuggire al freddo esterno e interiore di un mese di dicembre sempre difficile da affrontare. Ma è diventato subito voglia di conoscere e di immergersi in una cultura e in un continente a me praticamente sconosciuto fino ad allora, solo immaginato attraverso le pagine di Terzani, o più indietro nel tempo, tra le avventure di Salgari. E ora che il viaggio è concluso è già diventato una immensa, sconfinata nostalgia, con la voglia di ripartire quanto prima.

IL CIELO SOPRA BANGKOk

Bangkok è stata la porta di ingresso e di uscita dalla Thailandia, la città in cui il viaggio è iniziato e si è concluso. Arrivando alle prime luci dell’alba ci accoglie un’aria grigia, pesante di smog, scarichi di auto, clacson che si fanno strada in mezzo a un traffico congestionato. Taglio il grigio della città dentro l’aria artificiale di un taxi. Entro dentro Bangkok così, quasi in punta di piedi, diffidente e in apnea ma con la voglia di respirare a pieni polmoni. Ne respiro gli odori e il traffico, lanciata in folli corse dentro a un tuk tuk, come palline in un flipper.

Mi rattristo per lo sviluppo incontrollato che rende insopportabilmente lunghi e difficili gli spostamenti.

Ma poco dopo mi lascio sorprendere dalla religiosità di un tempio induista collocato in mezzo al traffico, dove sembra che il caos presente subito al di là della recinzione non possa entrare; dai movimenti aggraziati delle ballerine che accompagnano le preghiere; dal profumo di incenso.

Mi lascio scaldare e illuminare dal sole che penetra l’aria mentre attraversiamo il Chao Phraya, in battello; dal bagliore accecante della luce che si riflette sugli tetti dorati dei templi del Wat Pho. Mi arrampico in cima al Wat Arun e guardo la città adagiata pacificamente dall’altra parte del fiume, da quassù mi è chiaro il perché la chiamino Città degli angeli.

I GESTI CHE NON DIMENTICO

Il saluto Thai, così pieno di grazia e di parole non dette, le mani congiunte accompagnate da un inchino e da un sorriso: quale modo migliore di comunicare a chi ti sta di fronte la tua predisposizione al prossimo?

Togliersi le scarpe ed entrare a piedi nudi non solo nei luoghi di culto, ma anche in alcuni negozi e locali pubblici, in segno di rispetto e di uguaglianza. Sentire Il contatto del pavimento sotto ai piedi riporta a qualcosa di ancestrale.

I movimenti sapienti dei massaggiatori che percorrono i corpi di migliaia di turisti, distendendo muscoli, sollevando lo spirito e donando frammenti di quel senso di benessere che troppo spesso dimentichiamo, travolti dalla necessità di sostenere il ritmo.

Il mio braccio sfiorato da una donna thailandese, che invita a sedere me, turista per caso in piedi in un treno di terza classe, straniera a casa sua, intimando al marito di stringersi un po’ per farmi posto.

Il ventaglio sventolato con vigore da un negoziante di Chinatown, per far riprendere un’amica in difficoltà, il balsamo applicato dalla moglie con delicatezza su quel volto straniero, quasi timorosa di invadere … la stessa mano invece ferma e risoluta nel bloccare il tentativo di estrarre un portafoglio per pagare quanto è stato fatto… il tutto avviene senza bisogno di parole… solo la magia dei gesti.

La lentezza d’Oriente… tutto avviene a velocità ridotta, come un video mandato al rallentatore. Hai bisogno di qualche giorno per smettere di sentirti infastidito da questa lentezza, e quando ci entri dentro, la fai tua, smetti di preoccuparti, di affannarti e di pretendere che siano loro ad adattarsi ai tuoi tempi… lasci che siano i loro tempi a scandire le tue giornate.

GLI ODORI

Tutti parlano degli odori della Thailandia quando te la raccontano. E quando li senti capisci perché… ti entrano dentro, all’inizio sconosciuti, poi pian piano, impari a riconoscerli. Le spezie, il coriandolo, la citronella, l’incenso che brucia, gli olii dei massaggi, il cibo di strada…l’odore della strada, della giungla, dell’umidità…

PENSIERI ED EMOZIONI CHE MI PORTO DENTRO

Il Budda sdraiato di Wat Pho, immenso e così “umano” mentre sembra che ti osservi sorridendo dall’alto dei suoi 45 mt di lunghezza!

La silenziosa meraviglia di Koh Nangyuan, perla e parentesi perfetta tra l’irruenta Bangkok e la modaiola Ko Pha-Ngan. Mi incanta fin dallo sbarco sul piccolo molo da cui si diramano delle passerelle di legno che sfiorano le rocce e che portano agli alloggi; salendo in alto sul suo promontorio ti regala una vista che toglie il fiato.

L’emozione di una gita in elefante in mezzo alla giungla del parco di Khao Sok, con l’impressione di essere in un film, e di tornare bambini, toccare e accarezzare questo meraviglioso animale, troppo spesso sfruttato e maltrattato, ma che qui sembra sorridermi da sotto la proboscide mentre prende la frutta dalle mie mani.

Il susseguirsi di 1000 emozioni di una giornata meravigliosa al lago Chiaw, cominciata a bordo di un pick up cantando canzoni a squarciagola e terminata nel silenzio di un’imbarcazione di bambù, che scivola sulle acque piatte del lago per condurci ad una caverna; e in mezzo a tutto questo, un’altra barca che taglia paesaggi da cartolina, l’allegria di un’uscita in kajak, il sole che ci riempie lo spirito mentre ci godiamo attimi infiniti su un pontile di legno…

I viaggi in scooter, tra le spiagge di Koh Pha-Ngan, alla ricerca della “spiaggia perfetta”.

La religiosa bellezza dei tramonti sul mare, uno su tutti Salad Beach dove arriviamo in tempo per assistere al rito del sole che scompare all’orizzonte cambiando i colori della baia.

La giungla e la sua meravigliosa vegetazione, le notti trascorse in casette sull’albero, immobile cercando di ascoltare i rumori di quello che accade fuori, la paura e l’emozione per quello che si sente ma non si vede.

Le 1000 sfumature del mare nell’arcipelago di Ko Samui, con il sole e con le nuvole

I VOLTI DI UNA MERAVIGLIOSA AVVENTURA

Nohn, amico di koh nang yuan, che ci ha donato tanti momenti di allegria e di ilarità. Uno dei pochi thailandesi in grado di parlare italiano, ci ha regalato perle di saggezza indimenticabili. Salutandoci ci ha detto “Voi non dimentica”, non è chiaro se fosse una richiesta per noi a non dimenticarlo (e come mai potremmo?) o se si rivolgesse a se stesso. Magari lo dirà a tutti quelli che sono di passaggio sulla sua meravigliosa isola, ma Nohn non si dimentica.

Gli occhioni e il sorriso di una bimba, che viaggia seduta davanti a me, in un treno verso Ayutthaya. Ancora solo gesti e sorrisi: è troppo piccola per capire perché non parlo la sua lingua ma questo non la ferma dal giocare e condividere con me il suoi sacchetto delle meraviglie.

Il dolce viso della proprietaria del “Joy Lucky Club“ di Bangkok, un posto magico, che trasuda bellezza, attenzione e amore, le stesse sensazioni che trasmette lei. Ci ha accolto con un sorriso pieno di dolcezza, carico di benvenuto; ha fatto ben di più che servirci degli ottimi piatti della sua cucina, ci ha offerto delle pillole di sè, ci è rimasta dentro con la sua piccola armoniosa attività nella caotica città degli angeli.

I monaci, nelle loro vesti arancioni, sempre presenti a ricordare il contrasto tra tradizione e modernità.

Il volto del Budda imprigionato tra le radici di un albero di Ayutthaya, nel Wat Maha That.

Il volto di uno sconosciuto americano, che diventa compagno di viaggio e amico per un giorno, con il quale condividere esperienze, una birra e l’allegria di una gita in bicicletta per le strade di Ayutthaya. La magia degli incontri di viaggio nati per caso, la meravigliosa possibilità di conoscere uomini e persone diverse che ti regala il viaggio… Viaggiare è conoscere.

I volti dei miei compagni di viaggio, nuovi, appassionati, così diversi e pure così uniti dalla voglia di conoscere. Siamo un piccolissimo frammento di umanità, ritrovati chissà per quale caso tutti insieme nello stesso momento a scegliere di condividere la stessa meta, con dei perfetti sconosciuti. La sorpresa di non sentirsi mai soli perché in realtà non siamo affatto sconosciuti… Il gusto di reimparare a condividere.

Tutto questo e molto altro è stato questo viaggio, un sogno lungo 14 giorni, da cui fatico ancora oggi a risvegliarmi. Un collage di emozioni, di momenti felici, di momenti difficili, di immagini, di sorrisi, di nuovi amici, di mezzi di trasporto improbabili, di odori e di sapori che indelebili ti rimangono addosso, sulla pelle, come un tatuaggio.

“E non dimenticare straniero che il sole sorge dalla nostra parte, che l’Est è l’Est, l’Ovest è l’Ovest e che questo non lo si può cambiare. Voi occidentali lavorate molto con la vostra testa , ma spesso dimenticate il cuore…[…] Straniero, guarda il sole e capirai…In Norvegia per sei mesi all’anno non si riesce a vedere il sole una sola volta. Noi ce l’abbiamo dodici ore al giorno . Noi abbiamo delle splendide viste del sole: il sole che sorge, il sole che tramonta.[—] Il sole non sorgerà mai in Occidente. Mai. Allora ,straniero, ricordatelo: il futuro è qua.” Tratto da “Un indovino mi disse” T. Terzani



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