Un concentrato di Thailandia

Un assaggio di ciò che può offrire questo paese
Scritto da: Fruzio
un concentrato di thailandia
Partenza il: 07/12/2010
Ritorno il: 23/12/2010
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Dopo aver monitorato per un certo periodo le varie compagnie aeree ed aver constatato che sarebbe stato praticamente impossibile trovare una tariffa migliore per il mese di dicembre, prenotiamo il volo Milano-Bangkok con la Emirates a 520 euro. La scelta si rivela ottima: il personale di volo gentilissimo, l’economy class spaziosa (soprattutto sul Airbus 380 con cui facciamo la tratta Dubai-Bangkok), la proposta di film varia e in tutte le lingue (anche in italiano) e lo scalo di 3 ore a Dubai spezza le 12 ore di volo, rendendole più sopportabili.

Arrivati al Suvarnabhumi Airport, dopo aver fatto 1 ora di fila alla dogana, ritiriamo i bagagli e, seguendo i consigli di alcuni viaggiatori, usciamo dal piano delle “partenze” invece che da quello degli “arrivi” (si evitano code al banco prenotazioni, tutti i tassisti utilizzano taximeter, e si risparmiano 50thb a testa… ben1,20 euro!). Caricate le valigie (una nel bagagliaio, l’altra in braccio per mancanza di spazio…) inizia la nostra avventura a Bangkok con un tassista che non conoscendo una parole di inglese, non capisce il nome e l’indirizzo dell’Hotel che gli abbiamo mostrato, e quindi non ha la minima idea di dove debba portarci. Solo dopo aver girato mezza città e aver chiesto informazioni a destra e a manca (ogni volta risalendo in macchina e tranquillizzandoci con un ok, ok…), grazie ad un call center che ci fa da interprete, raggiungiamo il nostro hotel (costo del trasporto 500 thb contro una normale tariffa di 250/300 thb). Si tratta del Prince Palace Hotel, un 4 stelle situato vicino alla città vecchia, che offre un buon rapporto qualità prezzo (43 euro doppia con colazione con tanto di upgrade alla suite room), ma un po’ distante da ristoranti e fermate del metro (bisogna sempre ricorrere a tuk-tuk o taxi per raggiungerli).

Per prendere un po’ di confidenza con la città che ci ospiterà per quattro giorni, ci incamminiamo a piedi per orientarci un po’, senza una meta precisa. Attraversiamo il vastissimo mercato che si trova proprio sotto al nostro albergo, curiosando tra le stracolme bancarelle che vendono di tutto dalle magliette ai chicken satay (profumati spiedini di pollo), e proseguendo, ci ritroviamo nella zona dei centri commerciali che, vista l’ampia scelta di ristoranti, diventerà nostro punto di riferimento per le cene. Tra babbi natale che si arrampicano sui palazzi, renne, pupazzi di neve e illuminatissimi alberi di Natale, per un attimo, ci dimentichiamo di essere in un paese tropicale e per di più buddista. Rientriamo in hotel ripercorrendo la strada dell’andata, che, a causa delle enormi buche sui marciapiedi e dei tiranti delle tende dei negozi ad altezza uomo, invisibili al buio, si è trasformata in un percorso a rischio. Questo ci induce, le sere seguenti, ad affidarci ai tuk-tuk… Ma visto come guidano, forse, non è un’alternativa molto più sicura! Dopo queste prime ore in giro per la città dobbiamo ammettere che Bangkok non ci entusiasma molto, troppo trafficata, disordinata, con brutti edifici e gente insistente (a partire dai guidatori di tuk-tuk); impressione che sarà confermata anche al termine del soggiorno.

Più vicina ai nostri gusti si rivela, invece, la città vecchia, oltre al fiume Chao Phraya, dove ci dirigiamo, principalmente, per vedere Palazzo Reale… Ma l’impresa sembra impossibile! Eravamo a conoscenza del fatto che i guidatori di tuk-tuk hanno l’abitudine di dire che un determinato luogo è chiuso per proporre, a soli 20thb, un tour della città (con fermate in negozi in cui loro ricevono una provvigione), ma quando anche altre persone, apparentemente senza secondi fini, tra cui un tizio molto elegante presso un’entrata secondaria del complesso reale, ci confermano che quella mattina il Palazzo è chiuso per una cerimonia, noi ci crediamo e cambiamo programma. Iniziamo a seguire il percorso a piedi suggerito dalla nostra guida. Ma, passeggiando tra venditori di amuleti e di dentiere (da non crederci!), poco dopo ci ritroviamo davanti all’entrata principale di Palazzo Reale, che fino a quel momento ci era sfuggita, e, con nostra grande sorpresa, scopriamo che la residenza è aperta e già affollata di turisti!

Le nostre peripezie sono però compensate dalla straordinaria bellezza di questo complesso residenziale, che ospita numerosi templi ed edifici in un contesto fiabesco(ricordate che per entrare bisogna avere spalle e gambe coperte, in caso contrario, vi affitteranno degli indumenti consoni). Un giro nella pittoresca via degli erboristi (peccato che le etichette in lingua ci impediscano di comprendere le proprietà della moltitudine di prodotti in vendita) con sosta per uno snack nella deliziosa shophouse Rub Aroon (300 thb in due), e una passeggiata nel trafficatissimo quartiere di Chinatown, regno delle imitazioni, concludono la nostra giornata.

Altrettanto meritevole è l’escursione ad Ayutthaya in treno. La partenza è dalla stazione di Hualamphong dove, il giorno prima, avevamo ricevuto tutte le informazioni riguardo agli orari (che spesso e volentieri variano), alle varie classi e ai relativi prezzi (210 thb, a corsa, per la seconda classe contro i 20 thb della terza). Visto che non è particolarmente caldo optiamo per la terza classe, spartana, con tutti i finestrini aperti ma pulita (la sostanziale differenza tra le due classi è che nella seconda c’è l’aria condizionata, nella terza dei semplici ventilatori a soffitto), e ci godiamo questo piacevole viaggio che, attraversando la campagna, in poco più di un’ora ci conduce all’antica capitale della Thailandia. Il modo migliore per assaporare il fascino di Ayuthaya, con i suoi straordinari templi circondati dalla natura e le numerose statue di Buddha (straordinaria la testa di Buddha incastonata in un albero secolare) è quello di spostarsi da un sito all’altro in bicicletta o, come abbiamo fatto noi, a piedi. I locali e ristoranti sono invece concentrati nella parte più a nord della città vicino al fiume; noi ci siamo trovati bene da Tony’ Place (350 thb in due), il ristorante della omonima guesthouse che propone specialità thai, panini e piatti vegetariani.

Dopo un ultimo giorno trascorso al Pratunam market e nei lussuosi centri commerciali, lasciamo Bangkok per dirigerci a Kanchanaburi, 130 km a ovest della capitale. Abbandonata l’ idea di arrivarci in treno o in autobus (troppo articolato raggiungere le due stazioni dalla nostra zona e per di più con i bagagli) ci affidiamo ad un meno economico ma più comodo taxi, che per 2000 thb (contro i 4000 thb chiesti dai tassisti interni al Prince Palace Hotel) ci porta direttamente davanti al resort, il Felix River Kwai. Dopo l’iniziale entusiasmo nel vedere questi bei bungalow immersi nella vegetazione con vista sul fiume, ci accorgiamo che l’hotel mostra qualche segno di trascuratezza e che è un po’ fuori mano (come scorciatoia si può attraversare il ponte, ma, di notte, è possibile incappare in cani randagi e personaggi stravaganti), ma, nel complesso, è una buona struttura.

Kanchanaburi e i suoi dintorni, offrono molto sia dal punto di vista naturalistico che storico, e i due giorni a nostra disposizione (ormai ridotti a 1 giorno mezzo) risultano subito insufficienti per vedere tutto. Per sfruttare al massimo la mezza giornata che ci rimane, dopo un breve spuntino al I-Baa-Bar (il gentile proprietario permette di accedere gratuitamente alla rete WiFi del bar) uno dei tanti locali della via principale, affittiamo un motorino (200 thb al giorno e casco obbligatorio) per spostarci più velocemente tra le varie attrazioni della città, e avere così un po’ di tempo per spingerci anche nella campagna circostante. Visitiamo il toccante cimitero di guerra, il famoso ponte sul fiume Kwai, che ogni giorno attira frotte di turisti (e, di conseguenza, altrettanti venditori ambulanti), e, attraversando piccoli villaggi, ci ritroviamo ad ammirare il paesaggio costituito da bellissimi campi coltivati, circondati dalle montagne.

All’insegna della natura è anche il secondo giorno che trascorriamo al Parco Nazionale di Erawan, un luogo spettacolare dove un sentiero, non troppo impegnativo (l’importante è avere scarpe adatte per non scivolare), sale progressivamente toccando i sette livelli di una cascata dall’acqua color turchese; le piscine naturali che s’incontrano sono un invito a fare il bagno e un sistema per farsi massaggiare “gratuitamente” i piedi dai pesciolini. Il Parco si raggiunge facilmente con i lentissimi pullman (1 ora e mezza per fare 65 Km!), strapieni di turisti, che circa ogni ora partono dal centro di Kanchanaburi, per la modica cifra di 50thb a corsa, e fermano davanti all’entrata del Parco.

Prossima tappa del nostro itinerario è Chiangmai, che, tra un mezzo di trasporto e l’altro, richiede una giornata di trasferimento. Partiamo, al mattino, con un taxi che ci accompagna al terminal di Kanchanaburi per prendere l’autobus (50 thb per la prima classe, comoda, pulita, dotata di aria condizionata e bagno) diretto a Bangkok ; dopo 2 ore e 30′ di viaggio siamo a Bangkok, alla stazione di Thonburi, sulla riva occidentale del Chao Praya. Qui, con una corsa in taxi di circa 40 minuti (400 thb) arriviamo al Suvarnabhumi Airport, dove scopriamo che il nostro volo con Airasia (costo 50 euro) ha un ritardo di mezz’ora. Atterriamo a Chiang Mai al tramonto, prenotiamo il taxi (120 thb) e finalmente raggiungiamo il Vieng Lanna Mantra, hotel dall’atmosfera simpatica e famigliare in posizione eccezionale (consigliatissimo!). Ci rimane giusto il tempo per fare una passeggiata fino alla zona del night market, dove facciamo ottimi acquisti (ovviamente dopo estenuanti trattative) e ci concediamo una cena a base di pesce fresco (a prezzo economico) in un affollato ristorante all’aperto.

Chiang Mai è una città straordinaria, viva ed accogliente, molto più tranquilla della capitale (anche gli autisti di tuk-tuk non sono così insistenti come a Bangkok…), che ci ha conquistato al punto da volerci ritornare, magari, per un futuro viaggio in Thailandia incentrato sul nord del paese. La città vecchia, delimitata dalle quattro mura, si può tranquillamente, girare a piedi o in bicicletta, facendo delle soste per visitare i numerosi templi, per ammirare gli interessanti negozi che vendono prodotti locali (come Herb Basics specializzato in saponi, shampoo, olii a base di erbe), oppure per prendere un po’ di fresco nel parco pubblico. Molto varia, qui come nella zona moderna, la scelta di bar, ristoranti, e deliziosi localini che propongono frullati di frutta fresca o invitanti fette di torta. Infine, se non intimorisce il fatto che siano delle detenute a praticarlo, è un’esperienza da provare il massaggio al prison shop accanto al carcere femminile; l’ambiente è molto simile agli altri centri massaggio, le ragazze sono gentili, e il ricavato (un’ora di foot-massagge costa 180 thb) verrà destinato al loro reinserimento nella società una volta scontata la pena.

Per esplorare i dintorni e, in particolare, il Parco Nazionale del Doi Suthep, a 16 Km da Chiang Mai, ci serviamo di un motorino (200 thb al giorno). La strada, tutta in salita, offre alcuni punti panoramici (peccato che ci sia un po’ di foschia) e diverse attrattive turistiche, preannunciate da nugoli di venditori ambulanti, che noi tralasciamo per proseguire verso la cima del monte. Dopo una sosta in un’oasi di quiete, nei pressi di un campeggio, per riprenderci dalle conseguenze di un motorino scomodo, continuiamo il percorso attraversando un incantevole paesaggio in cui alberi di “stella di natale” spiccano tra distese di piantagioni di caffè. Raggiungiamo così un tipico villaggio Hmong dove ci fermiamo per sorseggiare un buon caffè in un “bar” molto casalingo e acquistare alcuni gadget in un coloratissimo negozio, se così può definire, di tessuti. Sulla via del ritorno, rinunciamo alla visita della residenza reale, per mancanza di indumenti idonei, ma saliamo i circa 300 scalini per raggiungere il Wat Suthep, considerato uno dei templi più sacri della Thailandia, che noi apprezziamo soprattutto per la magnifica vista che offre.

La mattina del trasferimento da Chiang Mai a Phuket (volo Air Asia 50 euro), una pioggerellina fine ci annuncia che il bel tempo che ci ha accompagnato per tutta la vacanza, sta per lasciarci definitivamente. La pioggia, che ci accoglie al nostro arrivo a Phuket, nei giorni successivi sarà sempre più sporadica (ad eccezione di qualche breve ed intenso temporale), ma il cielo sarà, purtroppo, costantemente grigio, facendoci apparire l’isola sotto una luce diversa, ben lontana dalle immagini da cartolina che siamo abituati a vedere. Sebbene questo stravolga un po’ i nostri piani, non ci perdiamo d’animo, ci godiamo il nostro splendido resort a Kata Beach, l’Avista Phuket Resort & spa (non “economicissimo” per gli standard thailandesi, ma la qualità è decisamente ottima, il personale gentilissimo ed è a 5 minuti dal mare), e, ancora una volta, a bordo di un motorino (700 thb per 4 giorni), perlustriamo l’isola in lungo e in largo.

Viste le condizioni del tempo non proprio ottimali per andare al mare, incominciamo la nostra esplorazione con un giro a Phuket Town; la pioggia, i tassisti che insistono per portarci in luoghi diversi da dove vogliamo andare noi (mai farsi vedere indecisi con una cartina in mano…sarebbe la fine!), sgradevoli odori che aleggiano in uno strano mercato, in cui capitiamo per caso, sono tutti fattori che determinano il nostro giudizio negativo sulla capitale. Il nostro tour prosegue, giorno dopo giorno, alla ricerca di spiagge meno battute rispetto a quella di Kata, che è molto bella ma è un susseguirsi di lettini e ombrelloni (tutti occupati), gli uni attaccati agli altri, e un via vai di moto d’acqua che passano anche molto vicino alla riva. Molto più tranquilla Nai Harn Beach, a sud, una lunga spiaggia costellata di ristorantini che si può ammirare in tutta la sua bellezza dall’alto del Promthep Cape. Ma, a nostro parere, le spiagge più belle si trovano al nord, a partire da Bang Tao beach fino ad arrivare alla splendida, e non facilmente raggiungibile Nai Yang beach; l’inconveniente ma anche il motivo per cui sono meno frequentate , è che sono distanti dalla zona più turistica (da Kata distano circa 50 Km).

Tra una spiaggia e l’altra, ovviamente, non può mancare un puntata nella rinomata Patong, un caotico dedalo di strade in cui perdersi tra ristoranti, negozi, bar, centri massaggi (almeno apparentemente), e abbandonarsi al divertimento più sfrenato. Per cena, noi siamo sempre rimasti a Kata, che è meno vivace di Patong, ma ha un buon numero di ristoranti dove è possibile cenare con 700/1000 thb in due (a Phuket in generale i prezzi sono più alti rispetto al resto della Thailandia), mangiando pesce fresco, che ognuno si sceglie direttamente dal bancone.

In attesa di una giornata di bel tempo per fare qualche escursione in barca, che non arriverà mai, la nostra vacanza volge al termine, quindi non ci rimane che fare i bagagli e a bordo di un minivan collettivo (200 thb), che carica più persone di quante ne possa portare, ci dirigiamo all’aeroporto di Phuket dove un aereo ci porterà nuovamente per qualche ora a Bangkok, prima di ritornare in Italia. In quest’occasione, proviamo lo skytrain che parte direttamente dall’aereoporto e impiega 20 minuti ad arrivare nel centro città; è un mezzo veloce ed economico ma non è molto pratico se si hanno dei bagagli perchè è molto affollato.

Visto che prima di partire avevo letto pareri contrastanti sulla sicurezza in Thailandia, vorrei concludere dicendo che noi, personalmente, non abbiamo riscontrato alcun pericolo e che ci siamo sentiti sicuri in tutte le zone del paese che abbiamo visitato, anche nelle ore serali.



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