Gli innumerevoli volti della Thailandia

Tour della Thailandia. Visita alla caotica e affascinante Bangkok per poi assaporare la natura e le colline selvagge del nord fino al confine col Laos. Trasferimento a sud per godere del sole e del mare...e le sorprese continuano.
Scritto da: Tach
gli innumerevoli volti della thailandia
Partenza il: 11/02/2010
Ritorno il: 01/03/2010
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €
11 febbraio – 1 marzo 2010 IL NOSTRO DIARIO di Gabri e Laura Per info: turistiamo@alice.it 11-12 febbraio: Forlì – Milano – Bangkok Dopo sole 3 ore di sonno (l’emozione è a mille, non aspettiamo altro che trovare un posto caldo e lasciare in Italia l’ondata di gelo che è stata preannunciata), ci alziamo alle 04:00 del mattino e per noi l’avventura ha inizio. Ore 05:00 partenza dalla stazione di Forlì con treno Intercity direzione Milano Centrale (25.50 € a testa), trasferimento in aeroporto Milano Malpensa (7.50 € a testa) e alle 13:05 partenza con volo Thai diretto: Milano – Bangkok. Trascorse 10 ore e mezza circa, volo tranquillo, servizio eccellente, raggiungiamo la meta. Effettuiamo il cambio dei soldi all’aeroporto, o meglio dire una piccola città viste le dimensioni, usciamo e il primo impatto è quello con un clima estremamente afoso. Prendiamo un taxi colorato (450 bath) che ci conduce in 50 minuti circa al nostro hotel: il “Prince Palace Hotel”, un albergo a quattro stelle prenotato su booking.com, che consigliamo vivamente per la qualità del servizio, l’ottimo rapporto qualità prezzo e la posizione strategica (6500 bath per tre notti, colazione inclusa). Depositati i bagagli ci avventuriamo verso la prima meta, il Gran Palazzo e il Wat Phra Kaeo, prendendo il mitico tuk-tuk (80 bath), trattasi di un mezzo a motore su tre ruote, tipo Ape Car, che grazie alle sue dimensioni ridotte riesce a sfrecciare nel traffico. Bangkok è una metropoli incredibilmente caotica, l’inquinamento è a livelli elevatissimi e a volte gli odori sono nauseanti, questo, sommato al fatto che in aereo non abbiamo chiuso occhio, fa sì che assomigliamo a dei cenci che camminano. Arrivati a destinazione ci troviamo un’orda di persone che vogliono entrare, il biglietto (350 bath a testa) comprende l’entrata al Wat Phra Kaeo, al Gran Palazzo e al Park Dusit. Il Wat Phra Kaeo è magnificamente superbo per la sua bellezza, le sue dimensioni, la sua lucentezza, ma i turisti sono a migliaia. Questo vasto complesso fu costruito per ospitare il Buddha di Smeraldo, è il tempio più venerato della Thailandia e da non perdere è anche la Galleria Ramakien che circonda il complesso, sulla quale è dipinta la storia del Ramakien. È la volta del Gran Palazzo, entriamo negli stabili dove è possibile accedere, questa fu la residenza ufficiale del re fino al 1946, attualmente la famiglia reale vive nel palazzo di Chitrlada. Una volta usciti, ci dirigiamo a piedi verso il Wat Pho, attraversando uno degli innumerevoli mercatini thailandesi e per accedervi facciamo il biglietto (50 bath a testa). È la sede del Buddha sdraiato della lunghezza di 46 metri, questo Wat è meno turistico del precedente, più raccolto, leggermente decadente e dove si respira un’aria più dedita alla religione. Terminata la visita, come due zombie, decidiamo di raggiungere l’agenzia turistica indicata dalla Lonely Planet, Vieng Travel, prendendo un tuk-tuk (120 bath) e con immensa delusione scopriamo che ha chiuso i battenti. Ci spostiamo con un taxi (40 bath) presso una seconda agenzia che si trova all’interno dell’hotel New Siam Riverside e prenotiamo la visita di Ayutthaya e Bang Pa-in per il 14 febbraio (1500 bath a testa) e il trasferimento notturno in pullman per Chiang Mai per il 15 febbraio (650 bath a testa) (in treno le cuccette di prima classe, composte da 2 letti, erano tutte occupate, c’era posto soltanto nelle cuccette di seconda classe con 4 letti). Contenti di aver prenotato e speranzosi di non essere stati truffati, decidiamo di andare con un taxi (103 bath), all’MBK Centre costituito da un grande magazzino, vari negozi e bancarelle. Laura per incanto si riprende e in parte anche io, visto che la calura esterna è mitigata dall’impianto di condizionamento. Raggiunto il posto ci accorgiamo che è immenso, colmo di articoli di ogni tipo, spesso taroccati in malo modo, risulta poco interessante e quindi non facciamo nessun acquisto esclusa la cena giapponese (costo 563 bath) che non è comunque di nostro gradimento. Stremati ritorniamo in albergo con un tuk-tuk (80 bath) e finalmente ci riposiamo.

13 febbraio: Bangkok Sveglia ore 08:00, dopo un’abbondante colazione decidiamo di prendere un tuk-tuk per rifugiarci nella quiete del Dusit Park (80 bath). Sfoderiamo i biglietti acquistati il giorno precedente ed entriamo uno dopo l’altro nei vari musei. Il parco è molto bello e decisamente grande, vi trova posto un’esposizione sulla seta, una sugli orologi antichi, sulle foto scattate da re Bhumibol, un’esposizione sulle carrozze e varie residenze. Il pezzo forte è comunque residenza Vimanmek, un’edificio in teak, il più grande del mondo, in stile più vittoriano che thai, dove è possibile fare una visita guidata. Siamo passati poi al museo della fondazione SUPPORT, situato nella sala del trono Abhisek Dusit, che ospita oggetti d’artigianato tradizionale, ed infine alla sala del trono Ananta Samakorn, in stile italiano, dove abbiamo trovato con nostra sorpresa l’esposizione dell’arte del regno, ovvero preziosissimi oggetti realizzati dalla scuola SUPPORT per celebrare le ricorrenze della famiglia reale, assolutamente da non perdere. Alle donne è imposto di indossare abiti consoni, ovvero gonna lunga o pareo, acquistabili in loco con pochi spiccioli (40 bath), perché i pantaloni, benché lunghi, non sono ammessi. Terminata la visita del Dusit Park, ci siamo recati nell’adiacente zoo di Dusit (50 bath a testa). Abbiamo optato per la visita panoramica a bordo del trenino che effettua il giro completo del perimetro dello zoo, con varie fermate in cui è possibile scendere (25 bath a testa). Il parco, uno dei migliori zoo asiatici, ospita grandi mammiferi come elefanti, tigri, orsi, ippopotami, giraffe e le immancabili bancarelle che vendono ogni sorta di cibo, soprattutto frutta. Usciti ci siamo fatti accompagnare da un tuk-tuk alla fermata dello skytrain (150 bath) e da lì prendendo lo skytrain, il cui prezzo del biglietto varia in base alla zona da raggiungere, ci siamo diretti a Patpong (25 bath a testa). Incuriositi dalla nomea del quartiere, abbiamo girovagato tra le vie pricipali, dove è presente un ricco mercato e numerosi procacciatori di clienti, che mostrando le foto di giovani ragazze thai, stimolano il turismo sessuale. I locali che propongono show a luci rosse sono centinaia. Saturi di questo spettacolo indegno ci dirigiamo con l’immancabile tuk-tuk, fermo davanti ad ogni sito turistico, in attesa di clienti, verso l’Hard Rock Cafè (150 bath), per l’acquisto della consueta maglietta e per consumare i leggendari hamburger (costo cena 1577 bath), sinceramente troppo costosi e non all’altezza del nome che portano. Un giro per Siam Square, dove è possibile trascorrere la serata e poi tramite un tuk-tuk ritorniamo in albergo (150 bath).

14 febbraio: Bangkok – Ayutthaya – Bang Pa-in – Bangkok Ore 06:30, partenza per Ayutthaya, veniamo prelevati dal nostro albergo con il minibus che ci condurrà poi al pullman, dove troviamo la nostra guida in lingua inglese. Raggiunta la meta, il primo Wat che visitiamo è Yai Chai Mongkhon, uno dei più grandi del posto. Ciò che ci colpisce maggiormente è la folla di turisti che si mescola ai fedeli intenti nella preghiera. Vi si trova un Buddha sdraiato, ma è l’intero complesso che merita di essere visitato anche se si presenta per certi aspetti abbandonato a se stesso. Ritornati al pullman, si riparte per il Wat Phra Si Sanphet, di cui rimangono integri solo i tre chedi, tutto il resto, purtroppo, sono rovine che conservano il loro fascino. Abbandoniamo Ayutthaya e raggiungiamo Bang Pa-in per visitare il palazzo omonimo, i cui edifici realmente contrastano con quelli della vicina città. La residenza estiva colpisce per i suoi giardini molto curati e per l’eleganza dei palazzi. È molto piacevole passeggiare in quest’area dall’atmosfera vittoriana, degno di nota è l’edificio che ricalca lo stile cinese e la torre dell’osservatorio attigua. A questo punto si riparte e dopo circa 30 minuti di pullman, raggiungiamo il battello che, attraverso il Chao Phraya, ci ricondurrà a Bangkok in circa 2 ore di navigazione, durante le quali, oltre ad ammirare il panorama delle rive, abbiamo consumato il pranzo. Raggiunta la città decidiamo di non farci riaccompagnare al nostro albergo ma all’hotel New Siam Riverside, per prenotare un’escursione per il giorno successivo, al mercato galleggiante di Damnoen Saduak (350 bath a testa). Faremo logicamente solo il mercato, senza ulteriori combinazioni, vista la partenza per Chiang Mai della sera. La voglia di abbandonare il caos, il traffico, il rumore e l’inquinamento di Bangkok è comunque tanta. Anche se provati dalla levataccia mattutina, ci trasferiamo tramite un tourist boat al quartiere di Chinatown (25 bath a testa). Oggi ricorre il Capodanno Cinese e siamo curiosi di vedere i festeggiamenti, prima però decidiamo di fare una passeggiata, come consigliato dalla guida Lonely Planet. Arrivati però a Yowarat, una delle arterie più importanti del quartiere, i nostri piani si stravolgono, la strada è chiusa al traffico, una folla di persone si mescola alle forze di polizia anch’esse presenti in maniera massiccia, rendendo impraticabile addirittura la circolazione pedonale. La corsia centrale della strada viene tenuta perennemente libera e noi pensiamo che sia per l’arrivo imminente di un corteo, le restanti corsie, sono colme di gente in piedi o seduta che aspetta. Sui marciapiedi, bancarelle che vendono cibo di tutti i tipi, con odori a volte gradevoli, a volte fastidiosi, tavolini improvvisati ovunque, negozi aperti e tutta la via in festa. Incuriositi chiediamo chi si sta aspettando e ci dicono che l’attesa è riservata all’arrivo della principessa. Pazientiamo inesorabilmente per circa 2 ore, chiunque, forze dell’ordine comprese, ignora l’orario di arrivo della principessa, per cui stremati ci arrendiamo e raggiungiamo una strada aperta al traffico passando per una via laterale, dove bancarelle e ristorantini ambulanti si susseguono. Il caos è infernale, mai visto niente del genere, il traffico è congestionato, le immagini dei nostri esodi in agosto al confronto fanno sorridere. Vogliamo tornare in albergo, due tuk-tuk si rifiutano addirittura di trattare, chiediamo ad un taxi, guidato da una giovane donna thai molto sorridente, che attiva il taxi-meter e in pochi minuti, come per magia riesce a lasciarsi alle spalle il traffico e a raggiungere il nostro hotel (65 bath). Incredibile, meritava un applauso. È San Valentino e dobbiamo ancora cenare. Il nostro programma era di trascorrere la serata in qualche ristorantino di Chinatown, ma visto che l’impresa è risultata impossibile, decidiamo di approfittare del ristorante dell’albergo con una cenetta thai squisita (600 bath), forse cara per i prezzi locali, ma per un albergo di lusso ci è sembrato ragionevole.

15 febbraio: Bangkok – Damnoen Saduak – Bangkok – Trasferimento a Chiang Mai Ore 06:30 partenza per il mercato galleggiante di Damnoen Saduak, veniamo prelevati dal nostro albergo con il minibus, come il giorno precedente. Arrivati a destinazione saliamo su un’imbarcazione (150 bath a testa) che ci conduce alla scoperta del mercato. Immaginate un lungo canale sul quale si trovano piccole imbarcazioni che vendono prodotti alimentari, anche cucinati sul momento e oggettistica varia, il tutto si ripete anche sui “moli”. Il rematore è ben attento a fermarsi non appena nota che un passeggero dimostra interesse verso un oggetto esposto. I prezzi sono da concordare, in linea di massima, quelli reali sono circa la metà di quelli iniziali, questo tour di navigazione ci impegna per circa 45 minuti. Ritornati al punto di incontro veniamo condotti su un’altra imbarcazione, questa volta a motore, inclusa nel prezzo dell’escursione, che ci conduce alla visita del “villaggio” galleggiante di Damnoen Saduak, dove i turisti sono inesistenti e le case a palafitta si susseguono mostrandoci in minima parte quella che può essere la vita sull’acqua della gente locale. Il mercato è decisamente bello ma esclusivamente turistico, per chi come noi non aveva mai visto niente di simile, merita sicuramente la visita. Terminato il tutto sulle 11:15, mentre la maggior parte dei nostri compagni di viaggio si allontana per raggiungere un’altra meta e concludere la giornata, noi e pochi altri facciamo ritorno a Bangkok, decidiamo poi di andare a visitare il Wat Arun raggiungendolo via fiume. Al molo facciamo il biglietto per il tourist boat (25 bath a testa). Saliamo logicamente sul primo battello in arrivo, poco importa che non sia un battello turistico ma di linea, e scendiamo sulla riva opposta al tempio, un traghetto (3 bath a testa) ci fa attraversare ed eccoci all’ingresso del Wat (50 bath a testa). Risulta essere molto bello, meno turistico, più contenuto e sicuramente particolare per le sue porcellane decorative. L’immagine del Wat visto dal fiume è presente anche nelle monete da 10 bath, tanto è meraviglioso. E’ possibile inerpicarsi sulla ripida scalinata che porta alla vetta del Wat, da cui fra l’altro si gode di un ottimo panorama, anche se mi sento di sconsigliarlo a chi soffre di vertigini perché la discesa è veramente molto ripida e tende ad impressionare i più sensibili. Un giro per il Wat e si ritorna verso l’hotel New Siam Riverside, solito traghetto (3 bath a testa), il primo boat che passa (13 bath a testa), nuovamente un traghetto (3 bath a testa) ed eccoci arrivati. I boat possono essere turistici, quindi più grandi e con più posti a sedere, prezzo 25 bath, mentre gli altri, molto più affollati costano 13 bath, a loro volta questi si dividono in più linee, ed effettuano fermate diverse a seconda del colore della bandiera che portano. Il biglietto si può fare anche a bordo, logicamente il biglietto del tourist boat vale anche sui boat di linea. I traghetti che ti permettono di attraversare il fiume costano 3 bath. L’hotel New Siam Riverside si trova nelle immediate vicinanze di Khao San Road e decidiamo di andare a fare uno spuntino nell’attesa dell’orario del pullman. Questa zona è veramente molto carina, affollata di giovani con lo zaino in spalla e bancarelle che vendono mercanzia di ogni genere. Noi purtroppo non riusciamo ad assaporarla per mancanza di tempo, ma ci siamo promessi di visitarla a fine vacanza, oppure in un ipotetico viaggio futuro, sempre in territorio thailandese. Ormai sono le 18:00, rientriamo in albergo per essere prelevati dalla guida che dovrebbe condurci a Chiang Mai. A mano a mano che le persone si aggiungono, notiamo che sono quasi tutti giovani e con lo zaino in spalla, proprio come noi. Tutti insieme raggiungiamo il pullman, la prima impressione è di un mezzo decadente, in cuor nostro ci auspichiamo che vada tutto bene e partiamo in direzione Chiang Mai.

16 febbraio: Chiang Mai (il calvario) Giunti di buon’ora a Chiang Mai, dopo circa 10 ore di pullman interrotti da una pausa di mezz’ora in una sorta di autogrill thailandese, veniamo catapultati giù e ci troviamo nei pressi di un’area di servizio, dove ad attenderci ci sono due taxi tipici di questa città ed un’autovettura. I taxi sono simili a dei furgoni e riescono a trasportare 8-10 persone. In base ai nomi degli alloggi dicono di salire su un mezzo o sull’altro, noi che non avevamo nessuna prenotazione, ma bensì l’indicazione di un albergo, saliamo sull’autovettura e ci facciamo accompagnare. Si tratta dello Star Hotel, un complesso in stile occidentale, grande, che si trova al di fuori del centro. Avevano a disposizione una camera (1700 bath), ma l’impressione non è stata positiva, per cui siamo risaliti e ci siamo fatti trasportare dall’autista in un posto che diceva essere carino e in centro. Perplessi, gli abbiamo comunque detto che non gli garantivano di concludere l’affare e lui molto gentilmente ci ha risposto che se l’albergo non ci fosse piaciuto non ci sarebbero stati problemi. Ci ha accompagnato alla S. K. House 2, praticamente di fronte al Wat Chiang Man, il prezzo della camera di questa guest house è di 800 bath, ci è sembrata carina e confortevole ed abbiamo accettato salutando e pagando l’autista (100 bath). Dopo aver depositato i bagagli ed esserci ripresi dal lungo viaggio notturno, siamo usciti alla ricerca dell’ufficio TAT di Chiang Mai per farci dare una lista di agenzie da loro autorizzate e quindi più affidabili. Chiang Mai è una giungla, le agenzie che propongono tours o trekking sono ovunque, a centinaia e centinaia, qualsiasi bar, o ristorantino, o negozio, o albergo, praticamente ha una scrivania ed un computer per proporti qualche escursione. Nei pressi dello Yupparaj College, mentre eravamo intenti a controllare la mappa, veniamo adescati da un signore ben distinto che dice di essere il direttore del college e ci chiede cosa stiamo cercando. Dicendogli TAT, subito ci spiega che al mattino quell’agenzia è chiusa, ci consiglia di optare per un’altra agenzia TAT lì vicino, noi acconsentiamo per cercare di togliercelo dal mezzo ma siamo ben consapevoli della truffa che stava cercando di perpetrare, grazie alla lettura della guida Lonely Planet che ci aveva messo in guardia. Prendiamo un tuk-tuk posteggiato lì vicino e gli chiediamo di andare all’ufficio TAT di Chiang Mai mostrandogli la cartina per farci capire meglio, lui acconsente, ma ecco che si avvicina il signore ben distinto che in lingua thai gli dice dove portarci, noi insistiamo per andare dall’altra parte. L’autista alla fine acconsente ai nostri desideri, ma solo verbalmente, perché poi ci accompagna all’agenzia TAT del signore, dicendoci di non poter fare diversamente, ovviamente ci sconta il prezzo (20 bath). Arrabbiati ci rifiutiamo comunque di entrare e a piedi ci dirigiamo verso la nostra destinazione, stanchi decidiamo poi di farci accompagnare da un taxi (60 bath). All’ufficio TAT liste di agenzie non ne hanno, ma ce ne consigliano alcune, una delle quali si trova proprio di fianco a loro. Proviamo con quest’ultima e una ragazza con un inglese velocissimo ci spiega i prezzi e gli itinerari delle varie escursioni, non convinti diciamo di volerci pensare e decidiamo di andare in un’altra agenzia consigliataci dalla TAT. Camminiamo e camminiamo, ma considerando che ci sono i nomi delle vie ma non i numeri civici, l’agenzia in questione non la troviamo. Affamati, ci fermiamo a mangiare presso uno dei tanti localini thai (225 bath), la mattinata è ormai perduta. Facciamo il punto della situazione e dopo pranzo con un taxi (60 bath) ci facciamo riportare all’agenzia Maeping Riverside Tours di fianco all’ufficio TAT, dove prenotiamo un tour per il “triangolo d’oro” per il giorno successivo (750 bath a testa), un trekking per i giorni 18 e 19 per Mae Tang (1400 bath a testa), una notte presso la loro guest house per la notte di ritorno dal trekking (600 bath), un tour per Mae Hong Son per i giorni 20 e 21 (5000 bath a testa), un’altra notte presso la loro guest house (600 bath), il trasferimento per Phuket con volo Thai in business class per il giorno 22, in economy class erano tutti finiti e con le compagnie low cost avremmo speso qualcosa in meno ma con orari scomodi, optiamo quindi per la spesa folle (7240 bath a testa). Paghiamo con carta di credito, anche se in Thailandia applicano una sopratassa del 3% sul prezzo totale. Stremati, decidiamo di fare l’itinerario a piedi proposto dalla Lonely Planet, prendiamo un taxi (60 bath) e ci facciamo accompagnare al Wat Phra Sing, il più grande di Chiang Mai, un eccellente esempio di architettura Lanna, che custodisce al suo interno un Buddha d’oro molto venerato in città, il Wat merita la visita. Ci spostiamo ed è la volta del Wat Phan Tao, un tempio in legno di teak molto particolare, passiamo quindi al Wat Chedi Luang, dove alcuni monaci sono disponibili a rispondere a domande sul buddhismo. È la volta del Wat Chiang Man, il più antico della città che è vicinissimo al nostro alloggio. Con i piedi ormai distrutti, decidiamo di andare a fare il nostro primo massaggio al Chiang Mai Women’s Prison Massage Centre, un centro massaggi gestito dalle detenute del carcere femminile nell’ambito del programma di riabilitazione, purtroppo lo troviamo in chiusura e guardando sulla guida optiamo per il Thai Massage Conservation Club che impiega persone non vedenti e ci concediamo un massaggio thai di un’ora (150 bath a testa). Di primo impatto si tratta di un massaggio un po’ irruento, ma dopo si comincia a sentirne i benefici. Usciti prendiamo un tuk-tuk (40 bath) che ci accompagna al Night Bazaar dove decidiamo di cenare al Burger King (400 bath). Ci concediamo un giro al mercato, un paradiso per gli amanti dello shopping, dove il tarocco regna sovrano, si può trovare di tutto, dagli orologi, all’abbigliamento, agli zaini, alle scarpe, ecc.. Guardiamo per farci un’idea di come funzionano le trattative, ma non compriamo quasi nulla, occorre un po’ più di calma e decidiamo di rimandare le spese ad un altro giorno, torniamo in albergo tramite un tuk-tuk (60 bath).

17 febbraio: Chiang Mai – Triangolo d’Oro – Chiang Mai (Schumacher) Sveglia di buon mattino e ci vengono a prelevare dalla guest house sulle 07:15, ci portano al ritrovo con gli altri e si parte alla volta del Triangolo d’Oro, al confine tra Thailandia, Laos e Birmania, così chiamato perché storicamente connesso al commercio dell’oppio e dell’eroina; ora il governo thailandese ha avviato alcuni programmi con l’obiettivo di promuovere la coltivazione di altre colture e il luogo è diventato ormai preda degli assalti turistici. La prima tappa della giornata è la visita delle Hot Springs, di preciso non sappiamo la località, si tratta di acqua bollente che si vede sotto forma di geyser e di un paio di pozze vicine, attorno a questa potenza della natura, l’uomo ha creato il solito mercato. Ripartiti, con alla guida un autista impazzito che rimane sempre nella corsia di sorpasso e per questo soprannominato Schumacher, raggiungiamo il Wat Rong Khun nei pressi di Chiang Rai, noto anche come Wat Bianco. Si tratta di una costruzione recente e tuttora in fase di lavorazione, la sua particolarità è data dal colore che logicamente è bianco ma con tanti specchi incollati nella calce che riflettono la luce facendolo brillare. All’interno, invece delle consuete scene di vita del Buddha, sono state dipinte immagini moderne, come l’attentato alle Twin Towers, colpisce molto l’esterno per lo scintillio degli specchi ma l’interno lascia senza parole per i soggetti delle decorazioni. Si riparte e si prosegue fino al Golden Triangle, dove la guida ci propone un giro in battello sul fiume Mekong che ci permette di sbarcare oltre il confine, nel Laos (300 bath a testa + 20 bath a testa ingresso Laos). Lo sbarco è logicamente in un piccolo mercato con prodotti commerciali ancora più a buon mercato rispetto alla Thailandia. Una volta ripartiti raggiungiamo il pulmino, si va a pranzo e poi si riparte per Mae Sai, la città più settentrionale della Thailandia, dove solo un ponte la separa dalla Birmania. Il consueto mercato e oltrepassatolo, una scalinata ci conduce al Wat Phra That Doi Wao, situato sulla cima di una collina da cui si godono ottimi panorami. Si riparte alla volta di un villaggio Akha e uno Yao, con i consueti mercati, questa volta di prodotti artigianali, è gente molto povera, cacciata dal paese natio e accolta dai thailandesi che cercano di aiutarli in qualche modo. I bimbi oggigiorno sono istruiti, ma i più piccoli girovagano chiedendo l’elemosina ai turisti. Ripartiti, siamo rientrati a Chiang Mai alle 20:30, è stato un tour molto interessante e sicuramente poco dispendioso, ciao ciao Schumacher. Raggiunto l’albergo, siamo andati a cena e poi in camera a preparare gli zaini per il giorno seguente. Il trekking è ormai vicino.

18 febbraio: Chiang Mai – Mae Tang (Il primo giorno del trekking) Sbrighiamo le pratiche di check–out (1600 bath per 2 notti + 3% di commissione per pagamento con carta di credito), abbandoniamo la S. K. House 2 e un altro tassello di questo puzzle è stato montato. Ci passano a prendere alle 09:00, puntuali come orologi svizzeri. Saliamo su un pick-up coperto che ci porta all’agenzia-guest house Maeping Riverside dove lasciamo i nostri zaini e i nostri valori sigillati in busta chiusa, magnifica organizzazione. Sbrigate queste pratiche ci accompagnano alla Namkhong Guest House dove conosciamo la guida e i nostri compagni di avventura, si tratta di cinque ragazzi israeliani, tre uomini e due donne, si parte e dopo circa mezz’ora raggiungiamo Mae Rim Chiang Mai. Ci addentriamo presso il Sai Nam Phung Orchid, si tratta di un piccolo giardino botanico che mostra diverse varietà di orchidee e una zona in cui crescono le farfalle, non presenti al momento. Nel complesso il giardino non è niente di particolare, una trovata turistica dove perdere 20 minuti. Ripartiti, raggiungiamo dopo circa un quarto d’ora, il Mae Rim Snake Farm dove assistiamo ad uno spettacolo con i serpenti, due sono gli addestratori che giocano con i serpenti e si esibiscono davanti ad un pubblico numeroso. È presente anche una piscina per l’immersione del boa e il recupero dello stesso sott’acqua da parte dell’addestratore. Dei serpenti velenosi, mostrano il veleno che fuoriesce dalla loro bocca e che viene raccolto in un bicchiere di vetro. Ripartiti, raggiungiamo un mercato, soprattutto alimentare, per fare qualche acquisto e permettere alle guide di fare la spesa che gli consentirà di prepararci i prossimi pasti. Di nuovo in marcia per raggiungere il 7 Tribes Village dove vivono sette tribù diverse compresa quella dal collo lungo, noi attendiamo all’esterno perché non era inclusa nel nostro tour. Avevamo infatti scelto di non farlo, visto che nei giorni successivi la nostra destinazione sarebbe stata Mae Hong Son, la città che ospita la tribù autentica e non una ricostruzione turistica come quella qui proposta. Si riparte per raggiungere la capanna dove consumeremo il pranzo preparato da una locale, a base di riso con verdure e come frutta ananas, ci troviamo nella valle di Mae Tang. Alle 15:00 inizia il trekking che durerà circa 3 ore e ci permetterà di effettuare un dislivello di 1100 metri in salita. Lungo il percorso incontriamo una piccola cascata, magnifici paesaggi e diversi elefanti che dopo la giornata di lavoro si rifocillano di erba fresca. Dopo molta fatica, arriviamo al villaggio dove trascorreremo la notte insieme alla popolazione indigena. La nostra capanna è così suddivisa: una parte laterale utilizzata dagli indigeni, dalle guide e ad uso cucina; una parte centrale comune, con il braciere, utilizzata per i pasti e il tempo libero al coperto; l’altra parte laterale, utilizzata come dormitorio per i turisti; un terrazzo e leggermente spostati, i wc e le docce. Tutto è costruito in legno di bamboo, i turisti nel villaggio sono numerosi e provengono da tutte le parti del mondo, l’ambiente è decisamente bello e bella è l’esperienza che si vive. Dopo la doccia, logicamente gelata, ci apprestiamo a cenare. La nostra guida aveva cucinato per noi riso in bianco e a parte due pietanze, una pollo e patate, l’altra misto di verdure con curry. Terminata la cena, si inizia a fare musica con pentole, padelle e cucchiai, si canta e ci si diverte attorno al fuoco e alle candele accese, assistiamo anche all’esibizione di un gruppo di bambini del villaggio, vestiti con abiti tipici che cantano canzoni thai popolari, il tutto logicamente, per far elargire qualche spicciolo ai turisti. Terminate le canzoni, prima di andare a dormire, si parla del più e del meno, raccontando le particolarità della propria cultura. Ormai stanchi, ammiriamo per qualche minuto il magnifico cielo stellato e poi ci corichiamo, il letto ovviamente è in bamboo, con zanzariere contro gli insetti, fatichiamo a prendere sonno, vista la sistemazione insolita, ma alla fine crolliamo, nonostante il vociare di gruppi vicini che continuano a fare baldoria fino a tarda ora.

19 febbraio: Mae Tang – Chiang Mai (Il secondo giorno del trekking) Sveglia ore 08:00, colazione a base di caffè, thè, omelette da guarnire con miele o marmellata e l’immancabile ananas. Ci dividiamo dal gruppo, che prosegue per il trekking di tre giorni complessivi e insieme ad una guida affrontiamo la discesa che ci condurrà ad una cascata. Dopo circa 1 ora di cammino raggiungiamo la meta e qui sostiamo una trentina di minuti rigenerando i piedi nell’acqua gelida della cascata. Si riparte costeggiando in buona parte il fiume e godendo della natura che ci circonda, incontriamo qualche gruppo di capanne, fino ad arrivare, dopo un’altra ora di cammino, ad un piccolo campo di elefanti dove ci attende un giro sul dorso di questi mastodontici animali, il tutto dura pressappoco mezz’ora, si attraversa due volte il fiume ma l’esperienza è poco emozionante. Ritornati alla base, indossiamo ciabatte, costume, giubbotto di salvataggio ed elmetto per affrontare la rapide del fiume facendo White Water Rafting, che risulta a nostro avviso, essendo novizi, molto divertente, anche se ci dicono che in questo periodo il fiume è praticamente piatto e per vivere emozioni da brivido occorrerebbe effettuarlo durante la stagione delle piogge. Il nostro capitano è molto simpatico ed espansivo e dopo circa tre quarti d’ora terminiamo questa pratica per salire sulla zattera in bamboo e fare il cosiddetto Bamboo Rafting. È decisamente tranquillo e rilassante. Raggiunta la meta, ci attende un’abbondante pasto caldo a base di noodles, ananas e cocomero, quindi si riparte alla volta di Chiang Mai, sul cassone di un pick-up. Arrivati a destinazione, ci sistemiamo presso la Riverside House, più economica della S. K. House 2 ma sicuramente più anonima e meno confortevole. Dopo esserci rinfrescati, decidiamo di ripetere l’esperienza del massaggio, ci facciamo accompagnare da un tuk-tuk presso il Thai Massage Conservation Club (80 bath), io effettuo un massaggio ai piedi mentre Laura ripete il massaggio thai tradizionale (150 bath a testa). Rigenerati, usciamo e tramite un tuk-tuk raggiungiamo il Night Bazaar (60 bath), dove scegliamo uno dei tanti ristorantini presenti per consumare la cena con i nostri noodles preferiti, a base di pollo, verdure e gamberetti (300 bath). È arrivato il momento delle spese folli e dopo circa 2 ore impiegate in trattative estenuanti e relativi acquisti, decidiamo di rientrare alla guest-house con il solito tuk-tuk (60 bath). Avevamo letto su vari diari di viaggio che il posto più economico per fare acquisti era Chang Mai, forse è così, però mi sento anche di dire che ovunque si fanno affari interessanti, l’importante è trattare e scegliere gli articoli con attenzione.

20 febbraio: Chiang Mai – Mae Hong Son (Private tour) Sveglia di buon mattino e colazione presso la guest house, compresa nel prezzo, tuttavia la varietà è alquanto povera e la qualità pure. Alle 08:00 ci prelevano per andare verso Mae Hong Son, il tour era costato veramente tanto, rispetto agli altri fatti in precedenza, ma ora ne capiamo il motivo. Abbiamo a nostra disposizione un autista-guida con autovettura privata, incredibile, soltanto qui potremmo permetterci una cosa simile!!! Ci sentiamo quasi dei veri vips. Mentre ci spostiamo, socializziamo con “Nikon”, perlomeno il suo nome si pronuncia così anche se probabilmente non è corretta l’ortografia e decidiamo di saltare la prima tappa in programma, il Sai Nam Phung Orchid, visitato 2 giorni prima, e raggiungiamo quella successiva, il Maesa Elephant Camp. Assistiamo allo spettacolo degli elefanti che abilmente addestrati sono in grado di dipingere fiori, fare il tiro al bersaglio, l’inchino, ecc.. A fine spettacolo è possibile toccare questi pachidermi in cambio ovviamente di una piccola offerta, decisamente grazioso. Ripartiamo e dopo un lungo percorso tutte curve, attraversiamo la cittadina di Pai e raggiungiamo un belvedere dove facciamo amicizia con un ciclista belga che ha deciso di attraversare la Thailandia, il Laos e…girando per quattro mesi in solitario. Fantastico! Noi ripartiamo e finalmente raggiungiamo Soppong e dopo una deviazione di circa 8-9 km raggiungiamo le grotte di Tham Lot. Si tratta di un complesso di grotte calcaree tra i più grandi del sud-est asiatico, all’interno del quale scorre un torrente e vi si trovano diverse stalattiti, stalagmiti e resti funerari. Compreso nel prezzo del tour c’è l’ingresso, la guida con lanterna che ci ha accompagnato all’interno di due delle tre cave, mentre per poter raggiungere la terza cava abbiamo noleggiato una zattera in bamboo (200 bath a testa). Il tutto è onestamente molto suggestivo, non vi sono luci artificiali, ma neppure protezioni nei confronti delle sedimentazioni, che in alcuni casi potrebbero essere rovinate; tutto è mantenuto nel suo stato originario e merita sicuramente di essere vista. Affamati ci fermiamo all’esterno del parco per pranzare, si mangia molto bene e si spende decisamente poco, il pranzo per noi era incluso. Si riparte e prima di raggiungere Mae Hong Son ci fermiamo al Parco forestale di Tham Pla, detto anche Grotta dei Pesci. Si tratta di una piccola grotta piena d’acqua dove vivono centinaia di carpe e nei chioschi circostanti sono in vendita insetti essiccati, frutta e verdura per cibare questi pesci. La grotta in sé è decisamente deludente, ma ciò che affascina è il parco in cui è immersa. Si riparte per raggiungere finalmente Mae Hong Son e ci fermiamo a visitare il Wat Phra That Doi Kong Mu che si trova su un monte vicino alla cittadina e da cui si gode di un bel panorama. Raggiungiamo a questo punto l’albergo, il Mountain Inn & Resort e scopriamo che la guida paga la nostra camera 2400 bath per la notte, veramente tanto! Il posto è tipicamente in stile thai, con piscina nel giardino interno; la nostra camera è spaziosa, arredata con gusto, confortevole e ha un bel terrazzo che si affaccia sul giardino. Lasciati i bagagli, decidiamo di fare una passeggiata per la cittadina, carino è il lago di Chong Kham in centro, con i Wat illuminati che si riflettono. Ci fermiamo per una cena thai (235 bath) e facciamo un giretto, prima di rientrare, attraversando l’immancabile mercato notturno.

21 febbraio: Mae Hong Son – Chiang Mai (Private tour) Sveglia ore 07:00 e dopo esserci preparati, scendiamo per la prima colazione. Si hanno due opzioni, o colazione thai o americana. Propendiamo entrambi per la seconda e ci portano un piatto a testa con omelette, due piccoli wurstel, due fettine di prosciutto cotto, due fettine di pomodoro, due fette di pane tostato, marmellata e burro, il tutto accompagnato da the o caffè e un bicchiere di succo d’arancia. Omai le super-colazioni di Bangkok sono un lontano ricordo! Alle 08:00 la nostra guida-accompagnatore ci viene a prendere e ci dirigiamo verso il molo o meglio tratto di fiume, dove sono ormeggiate le piccole barche a motore che ci condurranno nel villaggio delle donne dal collo lungo. Dopo poco più di venti minuti raggiungiamo la tribù, siamo la prima imbarcazione della giornata e ci godiamo questi momenti di tranquillità. Il villaggio è composto da una strada in salita, sui cui lati si trovano le capanne così composte: a pianterreno ci sono le donne giraffa e la loro mercanzia in vendita, al primo piano le abitazioni vere e proprie. Capitando di domenica abbiamo avuto modo di assistere ad una funzione religiosa in una chiesa cattolica qui presente, c’è stato infatti spiegato che la tribù è in parte cattolica e in parte buddhista. Le donne giraffa portano al collo, sin dalla giovane età, una spirale di ferro veramente pesante e questo gli deforma il collo in modo innaturale. Esse si prestano a farsi fotografare insieme ai turisti in cambio di un’offerta o di un acquisto di qualche oggetto, in molti casi fatto a mano. Abbiamo visto anche il villaggio al lavoro, alcuni uomini erano impegnati nel ripristino della strada mediante il trasporto, sulla schiena, di sacchi di sabbia e sassi; poi una famiglia impegnata nella realizzazione di scope fatte con i rami raccolti nella giungla che vengono acquistate dalla cittadina di Mae Hong Son, altri ancora invece, che lavoravano le canne di bamboo. Sono presenti le scuole, costituite da due capanne e un impianto per la depurazione dell’acqua. Abbiamo notato che gli abitanti hanno denti anneriti e labbra color rosso sangue, la guida ci ha spiegato che masticano abitualmente tabacco misto ad altre sostanze psicotrope e il colore è generato da tali sostanze. Nel frattempo i turisti cominciano ad affollare la stretta via sterrata del villaggio, mentre noi torniamo all’imbarcazione per imboccare la strada del ritorno. Si tratta di un’esperienza che non lascia indifferenti e che fa riflettere sul modo in cui le abitudini culturali di una popolazione a volte calpestino la libertà e la dignità di una donna. Le donne giraffa si possono vedere anche a Chiang Mai, ma si tratta di una riproduzione fatta ad hoc per i turisti, mentre le originarie tribù birmane risiedono in questa area di Mae Hong Son, come rifugiati politici, privi di documenti, quindi relegati nel loro villaggio. Questa popolazione è stata costretta a fuggire dalla Birmania ed è stata accolta dal governo thailandese. Ritornati alla macchina si intraprende il viaggio di ritorno a ritroso rispetto all’andata, esiste però uno degli itinerari più apprezzati della Thailandia settentrionale, che è ad anello con partenza da Chiang Mai, attraversa tutta la provincia di Mae Hong Son e ritorna alla città di partenza percorrendo quasi 1000 km di strada di montagna e 1864 tornanti. Il nostro viaggio di rientro è ugualmente lungo e stancante, i thailandesi, compreso il nostro accompagnatore, amano spingere il piede sull’acceleratore e questo non contribuisce ad un viaggio confortevole. Ci fermiamo per il pranzo (compreso nel tour) a Soppong, in un locale decisamente poco turistico, in cui puoi scegliere tra 7-8 tipi di pietanze riposte in varie pentole. Una specie di rosticceria, visto che alcuni acquistavano per consumare altrove. Terminato lo scarno pranzo, facciamo ritorno a Chiang Mai, ma essendo abbastanza presto, la guida ci propone di visitare il Tiger Kingdom, un’attrazione turistica a pagamento, in cui puoi scegliere di entrare nella gabbia delle grandi tigri, o in quella con tigri di pochi mesi, o in quella dei cuccioli, o fare un pacchetto che le comprende tutte. Optiamo per le grandi tigri, la soluzione più economica (320 bath a testa per 15 minuti nella gabbia), ti propongono eventualmente anche un fotografo privato che noi ovviamente non accettiamo. Ci troviamo all’interno della gabbia in compagnia di tre tigri e di tre domatori che ti permettono di accarezzare questi grossi felini o addirittura stenderti sopra mentre gli scatti fotografici ovviamente si sprecano. Una vera e propria trappola per turisti, esperienza che non ripeteremo mai più in futuro. Risaliti sull’auto ci dirigiamo presso la guest house, ci riappropriamo della camera, poi prenotiamo tramite internet con il sito booking.com, le due notti successive a Phuket – Kata, al Kata Beach Center Hotel, al costo di 2490 bath per notte e poco dopo usciamo alla volta del Sunday Walking Street. Si tratta di un ricco mercato domenicale e serale, in cui si può trovare ogni tipo di mercanzia, dall’abbigliamento, all’alimentare, è infatti di dimensioni veramente notevoli, tant’è vero che non siamo riusciti a girarlo tutto. In un’altra parte della città ne effettuano un altro il sabato sera. Prima del rientro, una breve tappa al Night Bazaar per l’acquisto di una valigia, dato che i nostri zaini non sono più in grado di contenere tutti gli acquisti fatti e poi si va a dormire.

22 febbraio: Chiang Mai – Phuket – Hat Kata (Il mare) Sveglia e colazione presso la guest house, oggi si parte per Phuket. La guest house Riverside House è collocata in buona posizione rispetto al Night Bazaar, 5 minuti a piedi, più distante però dal centro, soffre di un arredamento spartano e di una colazione scadente; per la camera abbiamo speso 600 bath a notte. La guest house S. K. House 2, è in buona posizione rispetto al centro, la colazione non è inclusa, ma l’arredamento e il posto sono decisamente più carini; per la camera abbiamo speso 800 bath a notte. Preparati i bagagli prendiamo un taxi e ci dirigiamo in aeroporto (150 bath). Dopo le pratiche burocratiche, l’attesa del volo la trascorriamo, grazie al nostro biglietto business class, costato una follia, in una saletta riservata della Thai Airways, con tanto di divanetti, tavolini, cibo a buffet, bibite, postazione internet e bagni fantastici. Sfruttiamo l’occasione e decidiamo di prenotare l’albergo a Ko Phi Phi per due notti con il sito asiawebdirect.com, si tratta del Phi Phi Ingphu Viewpoint e la camera costa 1900 bath a notte, colazione compresa, sul momento paghiamo il 10% del totale (380 bath) più una commissione per la prenotazione (125 bath). Alle 12:30 il decollo e dopo circa 2 ore raggiungiamo l’aeroporto di Phuket. Recuperati i bagagli, non facciamo in tempo ad uscire, che ci ritroviamo quasi assaliti da decine di persone che vogliono vendere i biglietti per il trasporto verso l’albergo oppure la prenotazione presso un albergo, o altri servizi. Sono presenti diversi banchi che fungono da agenzie e ci rivolgiamo presso uno di quelli per chiedere informazioni rispetto all’alloggio che abbiamo prenotato poco prima per Ko Phi Phi, poiché l’indirizzo apparso nella conferma della prenotazione è stato Ao-Nang (Krabi), credevamo quindi di aver preso un abbaglio. Ci spiegano invece che è tutto corretto perché Ko Phi Phi è in provincia di Ao-Nang (Krabi), tranquillizzati acquistiamo il trasferimento dal Kata Beach Center Hotel al porto e il boat per Ko Phi Phi (450 bath a testa). Per raggiungere il Kata Beach Center Hotel, ci rivolgiamo ad uno dei tanti che offrono il biglietto per il minibus, il prezzo è il medesimo per tutti (180 bath a testa). Riempito il minibus si parte, dopo circa 20 minuti di marcia, ci fermiamo presso un’agenzia dove il personale chiede se cerchi un alloggio, se hai bisogno di qualche trasferimento, se interessa qualche tours, nel caso è possibile acquistare. Veramente efficienti! Si riparte, molti scendono a Hat Patong, altri a Hat Karon ed infine noi a Hat Kata dove raggiungiamo il nostro albergo. L’accoglienza è stata ottima e la camera è decisamente strepitosa, spaziosa, luminosa, nuova, ben arredata, tv LCD con tv via cavo, veramente confortevole. Decisamente la migliore finora. Depositiamo i bagagli e andiamo a vedere la spiaggia di Hat Kata Yai. Si tratta di una spiaggia corta, con sabbia soffice e fine, l’acqua è trasparente. Essendo ormai l’orario in cui finiscono le attività, c’era molto movimento di moto d’acqua e motoscafi che vengono trasportati altrove passando dalla terra ferma. Alle 18:30 il sole tramonta, è molto romantico e spettacolare, dopodiché decidiamo di rientrare e l’hotel dista circa 8 minuti a piedi dal mare e dal centro di Kata. Prendiamo una scorciatoia e costeggiamo in parte un canale di scolo, quindi un po’ maleodorante e poco invitante, diretto ovviamente verso il mare lontano però dalle spiagge. È una realtà che esiste ovunque, ma il fatto di vederla, non ti fa pensare a quei mari incontaminati che immagini quando scegli di intraprendere un viaggio per sollazzarti al sole della Thailandia. Raggiunto l’hotel, ci prepariamo e andiamo a cena al Kwong Shop Seafood, suggerito dalla Lonely planet, il pesce è freschissimo, lo si sceglie prima di entrare, lo si paga a peso e te lo cucinano come tu desideri. Sono molto gentili e il proprietario ha un’unica parola d’ordine: “OK!!!”. Ordiniamo un gambero tiger gigante (ottimo), calamari con asparagi (non troppo buoni) e cozze e vongole marinate (ottime), un riso alle verdure, una birra e una bottiglia d’acqua (950 bath). Per le strade di Hat Kata sono presenti diversi night, go-go bar con tante ragazze disponibili che richiamano gli uomini ma niente in confronto a quello che si dice di Hat Patong. Per le strade aleggia un odore leggermente maleodorante di fognatura. Decidiamo di rientrare.

23 febbraio: Hat Kata Ci svegliamo con calma e andiamo a far colazione, che scopriamo essere fantasmagorica. Abbiamo la possibilità di scegliere fra quattro opzioni: un breakfast all’americana, una con pancake (deliziosa), una con croissant e un’altra con il toast. Optiamo per una americana (due uova, un wurstel, una fetta di bacon, una fetta di prosciutto cotto, due fette di pane e verdura) e per una con pancake alla mela e cannella, il tutto servito con thè o caffè, succo d’arancia e frutta fresca. Una colazione deliziosa e ben presentata. Laura purtroppo non sta bene e trascorriamo qualche ora in camera. Una volta ripresasi, spiaggia, sole e passeggiata sulla battigia. Noleggiamo un ombrellone con due sdrai (200 bath) e trascorriamo la nostra giornata oziando e godendoci il passaggio della gente anche se un po’ infastiditi dal rumore delle moto d’acqua e dai motoscafi utilizzati per attività varie. Il mare è molto bello e il caldo soffocante, è praticamente impossibile per noi esporci ai raggi diretti del sole, ci contendiamo l’ombra dell’ombrellone. Nel tardo pomeriggio facciamo un piccolo spuntino in un fast food vicino alla spiaggia a base dei soliti noodles e poi rientriamo in camera per prepararci per la serata. Prendiamo un taxi che ci porta a Hat Patong (350 bath) e costatiamo che, volendo fare delle similitudini, potremmo paragonanarla a Rimini il 13 agosto, gente ovunque, locali stracolmi, tanto caldo e negozianti insistenti che tentano di vendere la solita mercanzia. Dopo 2 ore in un posto simile si esce più sballati che in un coffee shop di Amsterdam. Per la cena optiamo per una steakhouse, anche se Laura decide ugualmente di cenare con un piatto di noodles, l’ultimo dice, della vacanza, perché è ormai satura della cucina thai. Io finalmente ceno con un bel piatto di carne mista (pollo, manzo, maiale) e patate fritte, da bere Guinness per me e coca cola per Laura (870 bath). Ci dirigiamo quindi nella Th Bangla, la mecca delle birrerie e dei bar a luci rosse. Tutto rispecchia il nostro immaginario, molto simile al quartiere Patpong di Bangkok, locali che propongono show a luci rosse e giovani donne thai che invitano i turisti ad entrare nei locali. Centinaia i bar, migliaia di luci e insegne, centinaia di ragazze in attesa di clienti e una folla di turisti. In tarda serata, ormai stanchi, rientriamo in albergo prendendo un taxi (350 bath).

24 febbraio: Hat Kata – Ko Phi Phi Oggi ci svegliamo un po’ in anticipo, ci attende la partenza per Ko Phi Phi, ordiniamo come il giorno precedente, una colazione americana e una con pancake. Sbrighiamo le pratiche di check–out (4980 bath per 2 notti) e attendiamo il nostro minibus che alle 09:20 ci dovrebbe passare a prendere. Alle 09:35, considerata la consueta puntualità dei thailandesi, ci preoccupiamo del mancato arrivo e decidiamo di far telefonare dalla reception ai numeri presenti sulla nostra ricevuta. Non risponde nessuno e pensiamo quindi di aver preso la nostra prima fregatura! Finalmente dall’altro capo del telefono rispondono e scusandosi dicono che contatteranno immediatamente l’autista. Dopo qualche minuto ci avvertono che sono semplicemente in ritardo ma che stanno arrivando. Per fortuna! La receptionist ci dice che 450 bath per il trasferimento in minibus al porto e il boat per Ko Phi Phi Don è un prezzo davvero economico. Finalmente arrivano, il minibus è decisamente vecchio, ma dopo circa 20 minuti arriviamo all’imbarco e saliamo sul boat. Posti ravvicinati e stretti, bagagli ammassati l’uno sull’altro ma finalmente si parte. Dopo circa 1 ora e mezza di viaggio arriviamo. Durante la navigazione un membro dell’equipaggio ha chiesto a tutti se ci occorreva un alloggio, o trasferimenti vari o qualsiasi altra cosa che riguardasse Ko Phi Phi. Giunti a destinazione, sul molo troviamo i portantini dei vari alberghi che aspettano di condurre i clienti a destinazione e di portare i loro bagagli gratuitamente. L’intera isola è priva di mezzi di trasporto a motore su quattro ruote, ci si sposta a piedi, in bici, in motorino (gli abitanti, non i turisti), o con i carretti a mano per le merci o i bagagli. Si sbarca sull’istmo ad Ao Ton Sai, seguiamo i nostri portantini e attraversiamo tutto il Tonsai Village, un piccolo labirinto stracolmo di agenzie, negozi di souvenir, tutto il necessario per la balneazione, ristoranti, locali e tanta gente che percorre queste strade. Noi seguiamo praticamente, le indicazioni per il Viewpoint, affianchiamo una pozza di acqua maleodorante e dopo 10 minuti raggiungiamo il Phi Phi Ingphu Viewpoint. L’accoglienza non è di certo delle migliori, ci viene offerto un bicchiere di acqua fresca e chiesto di regolare il pagamento (3420 bath per 2 notti, perché 505 bath erano già state pagate come anticipo il giorno 22 febbraio + 5% di commissione per pagamento con carta di credito). Scopriamo quindi che sull’isola, per pagamenti con carta di credito, applicano una sopratassa del 5% sul prezzo. Gli alloggi sono tipo capanne o bungalow abbarbicate sulla collina, effettivamente con bagno interno, munito di doccia, acqua calda, aria condizionata ed un terrazzo la cui vista non è sicuramente delle migliori. È presente anche una piscina. Un alloggio che sconsigliamo vivamente anche se il peggio dovrà ancora arrivare. Depositati i bagagli andiamo a fare un giro per l’isola e ci fermiamo in un’agenzia autorizzata TAT, la Koh Phi Phi Tour dove acquistiamo il trasferimento con il boat, per Ao Nang per il giorno 26 (300 bath a testa), l’alloggio ad Ao Nang al The Palace Ao Nang, 2300 bath a notte colazione compresa (4600 bath per due notti) e il volo Krabi – Bangkok per il giorno 28 con la compagnia Thai (3985 bath a testa). Paghiamo quello che possiamo in contanti e il restante con carta di credito, considerato che la sopratassa è del 5% sul prezzo. La fame comincia a farsi sentire e saturi della cucina thai optiamo per il ristorante italiano Ciao Bella consigliato dalla Lonely Planet, che si trova sulla spiaggia di Ao Lo Dalam, in cui servono la pizza più buona dell’isola. Ordiniamo infatti una pizza margherita, una pizza prosciutto cotto e funghi, una coca cola e una birra (500 bath). Trascorriamo le ultime ore di sole su questa spiaggia e al tramonto incominciano i preparativi dei locali vicini per la serata. La spiaggia è poco attrezzata, la sabbia è chiara e granulosa, il mare pulito e di colore verde smeraldo con striature più chiare. Rientriamo nel nostro alloggio, ci prepariamo e poi torniamo al Tonsai Village, decidiamo di cenare al Tonsai il miglior ristorante di pesce di Ao Ton Sai. Qui, come in molti altri locali, scegli il pesce che vuoi mangiare e lo paghi a peso. Optiamo per una bella aragosta da cuocere sul barbecue con aglio e burro, un piatto di riso saltato alle verdure e acqua (1520 bath). Soddisfatti, decidiamo di tornare sulla spiaggia di Ao Lo Dalam, dove nei locali la gente si sta scatenando. Miriadi di luci e di giochi infuocati, come il cerchio, la corda o il limbo. Musica a tutto volume e alcol che scorre a fiumi fra i giovani. Noi optiamo per l’Ibiza, ci fermiamo un’oretta godendoci gli spettacoli e la brezza che proviene dal mare, è molto piacevole fermarsi su questa spiaggia a trascorrere del tempo godendo di questo spettacolo veramente singolare. Molte agenzie organizzano escursioni giornaliere per Phi Phi Island, noi consigliamo di programmare una permanenza più lunga, l’atmosfera diurna e notturna, soprattutto per i più giovani, è molto divertente, sull’isola c’è una movida notturna che non abbiamo incontrato da nessun’altra parte, in più l’isola offre angoli di paradiso in grado di ammaliare anche i meno amanti del mare. Stanchi rientriamo, inconsapevoli della nuova avventura che ci attende.

25 febbraio: Ko Phi Phi Chiusa la porta del nostro alloggio, iniziano le preoccupazioni. Le pareti sono estremamente sottili, filtra ogni genere di rumore proveniente dall’esterno, anche le molteplici finestre che ci sono rendono l’abitazione poco isolata dal punto di vista acustico e della luce. Durante la notte abbiamo sentito rumori di ogni tipo, animali che percorrevano il tetto, musica fino a tarda notte, urla e vociare in generale a notte fonda, versi di animali, incubo zanzare e insetti vari che all’esterno pullulano. Insomma non è stata una delle nostre notti migliori e sconsigliamo caldamente questo alloggio. Al mattino felici di essere “sopravissuti” andiamo a far colazione, che è in stile con l’alloggio. Per me una omelette solo uovo, con due fette di pan carrè tostato, una dose di burro e un caffè; per Laura due fette di pan carrè tostato, una dose di marmellata, una di burro e un the. Scadente! Decidiamo di andare al Viewpoint, il punto panoramico e ci inerpichiamo su per la salita fino a raggiungere la cima. Che splendore, ammiriamo dall’alto l’istmo che si presenta magnificamente, sul belvedere c’è anche un bar che ci consente di dissetarci, facciamo tante foto e poi scendiamo. Arriviamo ad Ao Ton Sai dove prendiamo un taxi boat che ci porta ad Hat Yao o spiaggia lunga (100 bath a testa), dove abbiamo intenzione di trascorrere la giornata. A Ko Phi Phi Don sono innumerevoli le escursioni di mezza o intera giornata che ti permettono di fare immersioni, snorkeling o semplicemente di andare a visitare Ko Phi Phi Ley, la vicina isola disabitata utilizzata come scenario del film The Beach, o alla Bamboo Island, o a Monkey Bay, o tante altre. Noi abbiamo optato per non fare ulteriori escursioni ma godercela rilassandoci sulle spiagge di Ko Phi Phi Don. Dopo tanto peregrinare per la Thailandia un po’ di relax è quello che ci voleva. Hat Yao è una spiaggia tranquilla, senza la folla di turisti, un clima ventilato, molte zone d’ombra create dalle piante presenti, pochi ombrelloni, diversi bar sulla spiaggia che offrono spuntini e bibite, il mare è pulito, di colore verde smeraldo e la presenza dei pesci permette di fare snorkeling. Nel fondale sono presenti spesso sassi che non aiutano a camminare scalzi in acqua. Nel tardo pomeriggio rientriamo ad Ao Ton Sai con un taxi boat (200 bath) e ritorniamo nel nostro alloggio per prepararci per la serata. Una volta usciti raggiungiamo il Tonsai per replicare la cena di pesce e ordiniamo gamberi fritti, cozze all’aglio, due gamberoni tiger alla griglia e un pesce di dimensioni notevoli di cui non ricordiamo il nome, cotto alla griglia con burro e aglio, per dissetarci acqua (1015 bath). Sazi, passeggiamo per il lungomare fino a raggiungere quasi, Hat Hin Khom, poi ritorniamo al Tonsai Village. Dopo i consueti acquisti, ritorniamo come la sera precedente sulla spiaggia di Ao Lo Dalam, ci fermiamo all’Apache Beach Bar ad ammirare lo spettacolo con le torce infuocate sulla spiaggia, una delle attrattive dei locali dell’isola, lo spettacolo è ancora più bello rispetto alla sera precedente. Stanchi rientriamo, un po’ preoccupati per la nottata che ci attende.

26 febbraio: Ko Phi Phi – Ao Nang Sveglia di buon mattino, la nottata è trascorsa meglio della precedente a parte le fastidiose zanzare e la presenza nel bagno di uno scarafaggio di almeno 6 centimetri. La consueta scarsa colazione e poi ci apprestiamo a raggiungere il molo (pier) per prendere il boat che ci condurrà a Krabi. Credo che la sistemazione di Phi Phi Island sia stata la peggiore di tutta la nostra permanenza in Thailandia, purtroppo ci siamo fatti abbindolare dal prezzo, forse un po’ più abbordabile rispetto agli altri, considerando che abbiamo prenotato 2 giorni prima. Sconsigliamo di rivolgervi alla stessa struttura per una serie di motivi, la posizione non particolarmente comoda, la precarietà del bungalow, la misera colazione, per non dire ridicola, la pessima accoglienza, la vista nelle vicinanze di un impianto di fitodepurazione assomigliante ad una fogna a cielo aperto e la presenza irritante di miriade di cartelli che ricordano il costo di qualsiasi cosa e la tassa da pagare in caso di contravvenzione delle regole. Alle 10:30 si salpa e dopo circa 2 ore raggiungiamo la meta, qui veniamo smistati sui vari minivan o taxi a seconda delle località che dobbiamo raggiungere. Noi siamo diretti ad Ao Nang e il trasporto al nostro albergo è incluso nel biglietto che abbiamo acquistato a Ko Phi Phi. Dopo circa 40 minuti raggiungiamo il nostro hotel, non siamo proprio gli ultimi a scendere, ma quasi. La temperatura è alta, le strade non sono particolarmente trafficate, fino a quando non raggiungiamo il centro. L’albergo esternamente non è molto carino, la stanza che ci viene assegnata si affaccia sulla strada e quindi il traffico si sente inevitabilmente, la camera è carina ma non troppo grande, è presente una piscina attrezzata con sdrai ed ombrelloni e un centro massaggi. Attaccata all’albergo c’è anche un’agenzia turistica dalla quale preleviamo qualche depliant illustrativo. Depositati i bagagli decidiamo di andare in spiaggia, che si trova a 5 minuti a piedi dall’albergo, prima ci concediamo il pranzo in un locale vicino: una pizza margherita, una pizza prosciutto cotto e funghi, una coca cola e una bottiglia d’acqua (410 bath). Con grande stupore, ci rendiamo conto che il mare non è come ce lo immaginavamo, la spiaggia è deserta, molto corta e con l’alta marea inesistente, l’acqua non è sicuramente bella e il mare sembra che serva solo ed esclusivamente come porto per il carico e scarico di passeggeri dalle piccole imbarcazioni, diretti o di ritorno, per o dalle, varie mete. Percorriamo a piedi tutta la spiaggia alla ricerca di un angolo di paradiso, che sfortunatamente non troviamo. Non ci sono assolutamente attrezzature e dopo aver vagato per 2 ore, rassegnati torniamo in albergo e ci rinfreschiamo con un bagno in piscina. La miriade di turisti che alloggia in questa cittadina, fa si che i negozi, le agenzie e i ristoranti, prolifichino, ma non viene sfruttata per il suo mare o la sua spiaggia, bensì, come appoggio per organizzare escursioni, o spostarsi facilmente in località limitrofe. Ci prepariamo per la sera e decidiamo per il giorno successivo di allontanarci da questa località, prenotando nell’agenzia dalla quale avevamo ritirato i depliant, un tour che ci condurrà alla scoperta dell’isola di James Bond (1300 bath a testa + 3% di commissione per pagamento con carta di credito). Per la cena, ci concediamo il pesce e raggiungiamo il Soi Sunset, dove si trovano diversi ristoranti, identici l’uno all’altro, che si affacciano sul mare. Ne scegliamo uno e prendiamo diversi piatti di pesce e frutti di mare (860 bath). Sazi, concludiamo la serata facendo un lunghissimo giro per negozi. Termineranno mai questi giri shopping?

27 febbraio: Ao Nang – Isola di James Bond – Ao Nang Dopo 2 giorni di colazione da fame, finalmente eccone una decorosa. L’hotel pur non essendo il massimo della bellezza gode di un’ottima posizione e di una colazione molto abbondante servita in giardino. Rigenerati dal pasto si parte per il nostro ultimo tour. Ore 08:30 ci passa a prendere il minibus e conosciamo quella che riteniamo la guida più simpatica incontrata durante tutto il viaggio, Tom. Dopo 1 ora e mezza di strada percorsa in pullman, arriviamo al molo da cui prendiamo il longtail boat che ci conduce all’interno del Parco Nazionale Marino di Ao Phang-Nga. Attraversiamo la bella foresta di mangrovie, le punte rocciose che fuoriescono dall’acqua e formano quello spettacolare paesaggio carsico, il villaggio di Ko Panyi su palafitte e dopo circa 30 minuti arriviamo sull’isola Ko Khao Phing Kan, soprannominata l’isola di James Bond, perché vi furono girate alcune scene del film “L’uomo dalla pistola d’oro”. A parte la solita folla di turisti che invade la circoscritta isola, il paesaggio è spettacolare, di tipo carsico, composto da enormi scogliere verticali. A pochi metri dall’isola è presente uno spuntone di roccia che può assomigliare ad un chiodo piantato, decisamente particolare, mentre sull’isola sono presenti un paio di grotte accessibili a piedi e due piccole spiagge, merita di essere visitata. Ripartiti, dopo circa 15 minuti di navigazione, raggiungiamo una piattaforma sull’acqua e il gruppo si divide. Una parte effettua il giro in canoa della Lod Cave e il restante gruppo rimane sul longtail boat e completa il giro su questo mezzo, la differenza dipende in base al tipo di escursione scelto e dalla spesa sostenuta. Il nostro tour non prevedeva l’utilizzo della canoa, ma sinceramente non lo rimpiangiamo. Il giretto in longtail boat, si snoda nuovamente lungo la foresta di mangrovie e permette di vedere, a velocità ridotta, le grotte. Si tratta di scogliere cave che si sono formate nel corso dei secoli, dalle onde che hanno corroso la base delle scogliere, è possibile attraversarle sia con il longtail boat che con le canoe. Ritornati sulla piattaforma, si riparte al completo e raggiungiamo il villaggio di Ko Panyi, un villaggio di prevalenza mussulmana costruito su palafitte. Questa tipologia di villaggio, risulta quasi impensabile a noi occidentali, case costruite sull’acqua, lontano da tutto e da tutti. Qui pranziamo in uno dei tanti ristoranti, con pietanze thai, diverse e abbondanti e nel primo pomeriggio ripartiamo. Dopo circa 20 minuti completiamo il giro in longtail boat fiancheggiando una parete rocciosa, recante incisioni rupestri risalenti a 2500 anni prima, quindi raggiungiamo la terraferma dove risaliamo sul minibus. Dopo circa 20 minuti, raggiungiamo il Wat Tham Suwankhuha, si tratta di un luogo sacro, in cui è presente un Buddha sdraiato all’interno di una grotta, da questa si passa poi, ad altre più piccole. Nel parco esterno, è possibile vedere tante scimmiette, alle quali si può offrire cibo che vendono alcune bancarelle locali. Ripartiti, raggiungiamo dopo circa 20 minuti il Ramam Forest, un parco ad ingresso libero, dove, tramite un sentiero, si raggiungono diverse cascate alla cui base è possibile fare il bagno. Vista la scarsa quantità di acqua e l’elevato numero di persone, abbiamo optato per fare una piccola passeggiata. Il tour si è quindi concluso e dopo circa 2 ore siamo rientrati in albergo. Un bagno rinfrescante in piscina e poi ci prepariamo per trascorrere l’ultima serata della vacanza. Nell’agenzia che si trova sotto all’albergo prenotiamo per il giorno successivo il trasferimento da Ao Nang all’aeroporto di Krabi. Visto il nostro orario di partenza, ci dicono che il minibus che costa la modica cifra di 150 bath a testa, non possiamo prenderlo (sarà una scusa?) e ci prenota un taxi (550 bath). Per l’ultima cena, presi dalla nostalgia dei sapori casalinghi, optiamo per un “salutare” McDonald’s, anche perché ancora non avevamo avuto modo di assaporare la versione thailandese della catena mondiale (363 bath). Il locale è molto grande e vista la scarsa utenza sembrava pressoché vuoto, è la prima volta che mi capita, all’ora di cena, di trovare un McDonald’s deserto, forse dipende dal fatto che i prezzi per i thailandesi sono alti, rispetto ai nostri italiani sicuramente più bassi, ma non di molto. Concludiamo con l’ormai consueto giro shopping e poi ci ritiriamo per trascorrere l’ultima notte in un albergo thailandese.

28 febbraio: Ao Nang – Krabi – Bangkok Sveglia di buon’ora, oggi ci attendono ben due voli di cui uno intercontinentale che non possiamo permetterci di perdere. Facciamo un’abbondante colazione e alle 08:00 c’è il taxi che ci attende per condurci all’aeroporto di Krabi. Dopo circa 30 minuti arriviamo e a metà mattina decolliamo, destinazione Bangkok, durata del volo 1 ora e 20 minuti. Raggiunta la capitale, lasciamo i bagagli nel deposito dell’aeroporto (100 bath al giorno per bagaglio depositato). Avendo a disposizione diverse ore, decidiamo di raggiungere il centro, passiamo quindi al primo piano e prendiamo un taxi meter. Vogliamo sperimentare la corsa in taxi, attivando il taxi meter e non concordando il prezzo alla partenza. Dall’aeroporto c’è una maggiorazione di 50 bath, oltre i consueti 35 bath alla partenza e poi il tassametro parte. L’autista ci chiede se vogliamo fare la superstrada e noi accettiamo per fare prima. Corre come un pazzo, sicuramente più che all’andata, la superstrada ci costa 25 bath il primo pedaggio e 45 bath il secondo. All’andata avevamo concordato il prezzo del viaggio per 450 bath tutto compreso e siamo quasi sicuri che l’autista avesse fatto solo il primo tratto di superstrada. Sicuramente all’andata abbiamo impiegato un po’ più di tempo, circa 15-20 minuti, anche perché avevamo fatto strade più trafficate, ma alla fine oggi il viaggio ci è costato di più (470 bath), 400 bath il taxi e 70 bath i pedaggi. Ci facciamo portare a Th Khao San, zona amatissima dai viaggiatori zaino in spalla, qui si trovano generalmente i prezzi più bassi per dormire e sono disponibili numerosi servizi come internet bar e agenzie di viaggi. L’ambiente è molto suggestivo perché i giovani presenti sono veramente tanti. Pranziamo con due pizze margherita, che abbiamo apprezzato molto, vista la fame e il fatto che la cucina locale ci ha stancato, prendiamo inoltre una bibita e una bottiglia d’acqua (395 bath). Nella zona sono presenti anche molti botteghini che vendono biglietti per autobus diretti in tantissime località, ma anche all’aeroporto. Nella maggior parte si paga 100 bath a testa, tranne in uno che ne chiede 80 bath. Optiamo per quello e acquistiamo i biglietti con partenza ore 18:00 (80 bath a testa). In effetti il servizio è stato puntuale e il minibus era carico di giovani. Si ritorna in aeroporto e questa volta significa tornare a casa. Recuperiamo i bagagli, spendiamo gli ultimi spiccioli per sfamarci e attendiamo la nostra partenza prevista per il primo marzo alle ore 00:01, direzione Roma Fiumicino.

01 marzo: Bangkok – Forlì Con circa 30 minuti di ritardo, decolliamo e dopo 12 ore di volo lineare con compagnia Thai ma con personale di volo, stranamente poco simpatico, raggiungiamo l’aeroporto di Roma Fiumicino. Alle 09:00 saliamo su un autobus della compagnia SULGA e raggiungiamo la città di Perugia (21 euro a testa). Qui ci attende un nostro amico che ci riaccompagna a Forlì in auto. La vacanza, purtroppo è finita, si ritorna alla vita normale, quella di tutti i giorni, ma la nostra mente sogna già la prossima avventura… Bye Bye Thailandia. I NOSTRI NUMERI (validi per la coppia) Cambio medio: 44.041 bath ogni euro 19 sono i giorni di vacanza 2 le guide turistiche utilizzate, Mondadori e Lonely Planet 4223 euro sono i soldi spesi in tutto 1358 euro i soldi per i voli internazionali 528.64 euro i soldi per i voli interni 326.97 euro i soldi per i trasporti in Italia e Thailandia 331.51 euro i soldi per il mangiare 525.99 euro i soldi per i pernottamenti 566.68 euro i soldi per le attrazioni e i tours 306.17 euro i soldi per lo shopping 166.79 euro i soldi per medicine e vaccini LA NOSTRA TOP-FIVE 1. Bangkok con i suoi mercati e Wat 2. Phi Phi Island 3. Trekking a Chang Mai 4. Triangolo d’oro 5. Tour nell’Isola di James Bond



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