5 romagnoli in Thailandia

16 marzo 2002. Una data da ricordare. Difficilmente infatti io, Jamil, Andrea; Massimo e Cristiano ci dimenticheremo il giorno della nostra partenza per la Thailandia e altrettanto difficilmente dimenticheremo le seguenti due settimane. Il nostro itinerario parte nel modo più banale possibile con l’arrivo a Phuket. Le 16/18 ore di viaggio che...
Scritto da: Ivan Gambaccini
5 romagnoli in thailandia
Partenza il: 16/03/2002
Ritorno il: 30/03/2002
Viaggiatori: fino a 6
16 marzo 2002. Una data da ricordare. Difficilmente infatti io, Jamil, Andrea; Massimo e Cristiano ci dimenticheremo il giorno della nostra partenza per la Thailandia e altrettanto difficilmente dimenticheremo le seguenti due settimane. Il nostro itinerario parte nel modo più banale possibile con l’arrivo a Phuket. Le 16/18 ore di viaggio che da Bologna ci hanno portato a Patong ci hanno letteralmente distrutti, ma l’esigenza di trovare un alloggio per una doccia ha velocemente preso il sopravvento. L’impatto, infatti, con i 42 gradi centigradi della Thailandia ci ha colti impreparati: Andrea non aveva idea di dove nascondere la sua giacca pesante e decisamente fuori luogo. Prima lezione: in qualunque posto in Thailandia (e non solo..) tutto si contratta e si negozia compresi gli alberghi e i bungalow. Non è stato difficile trovare splendidi bungalow, con aria condizionata, frigobar e una buona dose di pulizia, al prezzo piuttosto conveniente di 2000 bat each (premetto che siamo in alta stagione e il posto, che si chiama Tropica Bungalow, è centralissimo). Patong non manca certo di vita: traffico congestionato di motorini, tuk tuk, taxi; ristoranti sulla passeggiata; centri di massaggi tailandesi; bancarelle di pataccari in ogni angolo, in ogni vicolo, sulla strada, gestite da imbonitori locali che ti salutano come amici di vecchia data e decantano la qualità e i prezzi della loro merce con un trasporto che neppure Wanda Marchi al tempi d’oro… La gente è estremamente cordiale, spesso invadente nella loro troppo esuberante espansività. E’ chiaro che tutto è fatto in funzione di “acquisire e possibilmente fidelizzare il potenziale cliente”. Non amo comprare marche taroccate e gadget da turista di tour operator, non amo neppure vedere mano nella mano i farong (stranieri di ogni età) con le tailandesi conosciute in qualche go-go bar la sera precedente, non mi fa impazzire l’atmosfera da Rimini tailandese di Patong (eppure a Rimini ci vivo e mi piace viverci). La nostra permanenza a Phuket Island si protrae solo per un secondo giorno durante il quale visitiamo alcune spiagge meno frequentate che ci offrono un primo impatto con la Thailandia vera, quella meno artefatta e pacchettizzata alla scoperta della quale vogliamo inoltrarci. Ci muoviamo in tuk tuk alla volta di Laem Sing beach e Nai Thon beach. Il cibo tailandese, come abbiamo avuto modo di capire da subito è ottimo. Consiglio la Tom Yam Soup, una zuppa molto saporita e piccante oppure tutte le specialità di riso con pollo, gamberi, manzo spesso serviti in ananas o cocco e sempre accompagnati da salse al chili piccantissime. All’alba del terzo giorno (cioè a mezzogiorno circa…) decidiamo di imbarcarci per Phi Phi Island. Non siamo il massimo dell’organizzazione: occorre infatti una corsa impossibile e pazzesca in tuk tuk per arrivare in tempo per la partenza della nave dal porto di Phuket Town. Fortuna che alla guida abbiamo lo Schumacher locale che sprezzante di ogni pericolo, clacson e imprecazione degli altri autisti ci conduce al porto ancora in tempo per imbarcarci. I trasporti in Thailandia sono gestiti in modo che gli orari siano piuttosto flessibili e non sempre l’ora di partenza e di arrivo coincidono con quelle definite in cartellone. In questo caso siamo stati fortunati, in seguito le attese sono state a volte estenuanti. Phi Phi Island, ovvero l’isola degli svedesi. Credo che in tutta l’isola ci fossero altri dieci italiani, qualche americano, inglese e australiano per il resto solo svedesi. Mi sono chiesto se per caso la nostra vacanza coincidesse con qualche periodo di festa in Svezia tanti erano…Svedesi così carine che a Rimini non se ne vedono da venticinque anni. Cioè io non ne ho mai viste… Una delle due isole di Phi Phi Island è piena di splendidi Bungalow sulla spiaggia (Phi Phi Don), l’atra pressoché disabitata (Phi Phi Lay). In questa seconda isola è stato girato il film “the Beach” e la spiaggia, ormai diventata assolutamente cool, di Maya beach è meta di pellegrinaggi veneranti. Le spiagge invece meno conosciute, e raggiungibili solo con piccole imbarcazioni chiamate “float” mantengono un fascino vergine.

La sensazione di inoltrarsi per primi alla scoperta di questi angoli di paradiso ci rapisce. E’ chiaro che altri prima di noi hanno visitato le medesime spiagge, si sono inoltrati tra le palme e le mangrovie, hanno visitato le medesime grotte naturali, fatto snorkeling negli stessi fondali e provato le medesime profonde emozioni. Ma non è banale cadere nel tranello di sentirsi veramente dei pionieri, degli avventurosi “turisti per caso”, in circostanze come queste. Non credo di essere in grado di poter scegliere la spiaggia più bella: Nui Bay, assolutamente sgombra da bagnanti avvolta da una vegetazione fittissima e rigogliosa; Loh Lana Bay, con la sabbia finissima e un bizzarro ristorantino proprio sull’acqua e circondata da eleganti e maestose palme; Yong Gasem Bay, ovvero monkey beach, la spiaggia delle scimmie arroganti e attaccabrighe se non si paga loro dazio con banane, mais o altro. In quest’ultima spiaggia, non molto al largo, si può fare snorkeling in fondali bellissimi tra milioni di pesci. Mi sono avvicinato con curiosità ad un strano pesce adagiato sul fondale che assomigliava ad un grosso verme (20 cm di diametro x 50 di lunghezza) per capire solo in secondo momento che si vedeva solo il 30% del pesce, in parte nascosto sotto la sabbia: era una murena. Qualcuno mi ha consigliato di non avvicinarmi più… La vita di sera in Phi Phi Island si anima. I turisti di una giornata provenienti da Phuket e da Krabi lasciano l’isola, e perdono la vitalità contagiosa della sera che contraddistingue l’isola. Ci sono numerosi locali affollati, dove una birra costa 2€, un secchiello (bucket) di rum e cola o gin-lemon 5€. Sfido chiunque a bersi un paio di secchielli (come quelli che tutti usavamo da bambini in spiaggia!!) di superalcolico. Ogni locale ha un suo tema, una sua linea musicale e una sua clientela: è impossibile non trovare qualcosa affine ai propri gusti. Infine vorrei far notare come in tutta l’isola fioriscano decine e decine di Internet point: le strade informatiche sono preferite alle strade asfaltate che nell’isola sono assenti.

Tre giorni a Phi Phi Island sono volati e ci siamo trovati stupendamente al Pricess Beach Resort, pagando molto per affittare una splendida villettina sulla spiaggia, ma ogni tanto crepi l’avarizia..

Abbiamo lasciato Phi Phi con la certezza che prima o poi saremmo tornati e ci siamo imbarcati per Krabi, dove la nostra permanenza si è protratta giusto il tempo di contrattare con il barcaiolo il prezzo per RaiLay Bay, il paradiso dei rocciatori. RaiLay è una sorta di piccola penisola che termina con alte rocce a picco sul mare, non è raggiungibile via terra e ha due spiagge: una SunSet beach, rivolta verso il tramonto del sole, l’altra SunRise beach, chiaramente rivolta all’alba. Le due spiagge distano poche centinaia di metri tra loro: in mezzo solo bungalow, palme, internet point, mangrovie, viottoli in sabbia e centri di climbing. Il posto più bello che abbia mai visto. Romantico, rilassato, intimo e allo stesso tempo vivace, socializzante e intenso. Non trovo le parole per definirne i colori, l’intensità della luce, la limpidezza dell’acqua, gli odori e l’atmosfera che circondano Railay.

Non ci sono negozi e l’atteggiamento dei tailandesi sembra più spontaneo e genuino. E poi le spiagge. Per tutti i palati: sabbia finissima come talco, bianca, o con sassolini oppure rocciosa, in balia della marea che nasconde e riscopre lembi di spiaggia con cicli per me assolutamente irregolari. Abbiamo visto posti strepitosi come Koh Poda, Kho Kai, Ao Pranang (ovvero la spiaggia della principessa), Kho Tup, Chicken Island, Koh Dam Khwan Island tutti rigorosamente raggiunti con la barca di Bau: il più veloce barcaiolo di Railay bay per via del motore truccato della sua barca. La sera poi sempre festa. Ogni volta in una spiaggia diversa, fiumi di birra, rum e cola, piña colada e qualche joint. Una sera abbiamo deciso di fare un giro in barca fino a Ao Nang. La cittadina non aggiunge nulla a quello che avevamo visto già a Patong, ma il viaggio in barchetta di andata e ritorno, di notte, con la bassa marea e gli scogli affioranti a pochi centimetri dallo scafo e il cielo illuminato da continui lampi di un incipiente temporale estivo, ha segnato sensibilmente la mia emotività. Da Railay Bay Io e Jamil siamo partiti alla volta di Koh Samui salutando i nostri compagni di viaggio. Massimo ci avrebbe raggiunto a Chaweng, Andrea e Cristiano avrebbero fatto ritorno in Italia. Un viaggio interminabile in pulman, contrassegnato da assurde tappe obbligate per rifocillarci in prestabiliti bar e locali. Poi da Suratthani a Nathon la nave più lenta mai vista: 2 ore di viaggio per poco più di una decina di miglia, roba che Bau in trenta minuti massimo…Morale: quasi dieci ore di viaggio per raggiungere Chaweng. La cittadina non si è ancora trasformata in una caotica Patong, ma ha il destino segnato. Trovata la sistemazione abbiamo cenato nel locale che sarebbe diventato meta fissa per i giorni a venire: Samui Seafood. Potrei stilare il menù completo del locale, ma ricordo con piacere soprattutto i piatti di pesce : il King Prawns Thermidor, i Jumbo Prawns in chili sauce, le salad of honeydew melon, papaia & crabs e altri ancora. Tutto ottimo a prezzi contenuti in un locale veramente ben curato nelle sue realizzazioni in legno. Koh Samui si visita in motorino. Abbiamo così potuto vedere molte spiagge: Laem Nan, Lamai a sud-est e Mae Nam, Bo Bhut a nord dell’isola e ho raggiunto a nuoto la vicina isoletta di Koh Matlang. Un’impresa tutt’altro che olimpionica credetemi… La vita di mare in quest’isola è meno rilassante che non nei posti da noi precedentemente visti. In alcune spiagge poco affollate dai turisti può capitare di essere in minoranza rispetto ai tailandesi che cercano di vendere qualcosa. Dai pareo, alla frutta fresca (davvero ottima!!) ai tatuaggi con hennè, ai massaggi, alla marijuana e ai funghi allucinogeni. Un mercato completo ambulante che segue i turisti e li insinua garbatamente ma costantemente. Il caldo in Koh Samui è solo parzialmente temperato da una brezza continua, che si fa più gradevole la sera. Fine marzo e aprile sono i mesi migliori per il soggiorno in quest’isola, ma resistere al sole per più di trenta minuti non è cosa facile neppure per degli habitué della spiaggia come noi riminesi. Abbiamo approfittato anche per espletare le pratiche turistico-culturali visitando il grande Buddha di dodici metri che si erge in un isoletta a raggiunta da un ponte a nord dell’isola. Il tutto è molto turistico, tant’è che anche i Thalandesi hanno imparato a fare soldi con la religione: bancarelle ovunque con effigie e amuleti, richieste di donazioni, possibilità di acquistare le mattonelle che lastricano un piazzale con il proprio nome, bambini “arancioni” che chiedono un monetina per un sorriso. Andare in Thailandia e non visitare neppure un tempi sarebbe stato un sacrilegio, abbiamo così messo in pace gli animi. La sera per le vie di Chaweng abbiamo notato una certa elettricità, un’atmosfera di attesa. Tutte le persone si preparavano per un evento che sarebbe accaduto il 28 di marzo. Eravamo al corrente delle famose feste della luna piena che si realizzano una volta al mese (il giorno della luna piena appunto) nella vicina isola di Koh Pha-Ngan e precisamente nella spiaggia ad est di Hat Rin, ma non pensavamo che potessero essere così sentite.

Armati di biglietto per un motoscafo molto veloce il giorno della festa ci precipitiamo in prima serata a Koh Pha-Ngan dove troviamo 15.000 persone di tutte le razze e nazionalità sono in spiaggia per il ”Full Moon Party”. Si balla a ritmo di rock, tecno, disco music, reggae; si beve birra e alcolici dalle 6 del pomeriggio alle 7 della mattina seguente; si fa amicizia; qualcuno amoreggia; altri fumano. Tutti con il stessa voglia di divertirsi, fare follie e prendersi poco sul serio per una notte. Torso nudo e occhi socchiusi dai fumi dell’alcol abbiamo ballato e ci siamo divertiti come poche altre volte. Il ritorno in motoscafo è stato sicuramente meno piacevole dell’andata per via salti sulle onde e dell’alta marea di birra nello stomaco. Purtroppo il Full Moon coincideva con la fine della nostra vacanza in Thailandia e l’indomani mattina abbiamo volato su Bangkok per il ritorno a casa. Due settimane bruciate in un attimo, vissute intensamente, con spirito libero e zingaro. Non ho mai pensato al lavoro, a casa ho chiamato una sola volta, non ho mai messo una mano in tasca per cercare il cellulare, non ho mai mangiato ad orari prestabiliti e dormito prima di essere sfinito dal sonno. La Thailandia mi ha rigenerato e mi ha riempito il cuore di emozioni fortissime. Il mio è sicuramente un arrivederci… Ivan Gambaccini



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