Esplorando Tenerife

Due settimane a zonzo per l'isola con l’attenzione rivolta principalmente alle attrazioni naturali, salita alla cima del vulcano Teide in primis, e a esplorare i luoghi tipici, senza però trascurare del tutto le spiagge delle località più turistiche
Scritto da: SimTiz
esplorando tenerife
Partenza il: 01/08/2014
Ritorno il: 14/08/2014
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €

Pianificazione del viaggio

Abbiamo fissato prima di tutto i voli (prenotati da casa circa venti giorni prima della partenza), di conseguenza i giorni di permanenza sull’isola, e prenotato l’auto a noleggio con Avis, sempre da casa, tramite Autoeurope (circa per xxx€ 13 giorni). Quindi abbiamo steso l’itinerario giorno per giorno con i luoghi che desideravamo visitare e abbiamo deciso come gestire i pernottamenti. La nostra scelta, a parte i due pernottamenti in un hotel comodo per l’aeroporto la prima e l’ultima notte, è stata di mantenere un alloggio fisso la prima settimana per la visita della zona sud dell’isola e poi di sostare una notte al rifugio del Teide (in modo da godere della vista dell’alba dalla cima), tre notti a Puerto de La Cruz per la visita della parte nord e una notte a Santa Cruz de Tenerife.

Nel dettaglio abbiamo pernottato come segue:

– San Isidro: Hotel Aeropuerto Sur, una notte;

– Tijoco Bajo: appartamento in affitto tramite Airbnb per 6 notti;

– Rifugio del Teide: una notte (complicata!) al rifugio Altavista, 20€ a persona;

– Puerto de la Cruz: appartamento in affitto tramite Airbnb per 3 notti;

– Santa Cruz de Tenerife: Hotel Silken Atlantida, una notte;

– San Isidro: Hotel Aeropuerto Sur, una notte (beh, in realtà mezza nottata).

Considerazioni

Il clima è caldo durante il giorno e le temperature diventano piacevolmente fresche la sera. La presenza del Teide influisce molto sul meteo, generando una coltre di nubi costante (soprattutto sul lato sud-ovest) che si schiaccia contro il pendio del vulcano. Lo abbiamo notato quasi sempre alla mattina, ma spesso durante la giornata l’accumulo nuvoloso svanisce. La costa rivolta a est invece è perennemente spazzata da un forte vento e infatti qui abbiamo trovato praticamente sempre il cielo libero.

Il costo della vita è facilitato da una bassa tassazione. Tuttavia nelle località turistiche della zona sud i prezzi sono un poco più alti che nelle altre zone. Non abbiamo trovato alcun problema nel pagare o prelevare con le carte. Le strade sono in buone condizioni e ben monitorate, non ci sono problemi di traffico.

IL VIAGGIO

Giorno 1 (Arrivo)

Partenza da Malpensa con volo Iberia per l’aeroporto di Tenerife Sur e scalo a Madrid di 7 ore. Ne abbiamo approfittato per lasciare i bagagli nell’apposito spazio all’aeroporto Barajas e fare un giro per il centro con abbuffata finale di tapas prima di riprendere il volo a tarda sera per Tenerife, dove atterriamo alle 2.30 circa. Recuperati i bagagli non possiamo fare altro che prendere un taxi e farci accompagnare all’Hotel Aeropuerto Sur della vicina San Isidro (circa 5 km e 10 minuti di tragitto).

Giorno 2 (Montaña Roja – Los Cristianos)

Sveglia, colazione veloce e di nuovo sul taxi verso l’aeroporto per prendere possesso dell’auto prenotata. Ci troviamo davanti un po’ di coda allo sportello Avis e verso le 11 siamo in strada. La prima tappa del nostro viaggio è giusto dietro l’aeroporto: la Montaña Roja, un promontorio roccioso, resti di un cono vulcanico eroso, formato da rocce dalla colorazione rossastra (da cui il nome), che cade a strapiombo sul mare. La sua sagoma è riconoscibile e risalta all’orizzonte anche guardando da lontano. Si trova tra le spiagge di El Medano, sempre spazzata dal vento e terra di surfisti, e quella della Tejita, una bella e ampia spiaggia di sabbia fine e chiara e più riparata.

Dall’aeroporto si prende l’autostrada TF-1 per un brevissimo tratto e si esce subito a destra sulla TF-64 verso El Medano. Prima di arrivare in paese si devia a destra sulla strada che congiunge a Los Abrigos e poco dopo si incontrano gli ampi parcheggi a ridosso della Montaña Roja dove partono i sentieri che portano alla cima e alle spiagge.

Prendiamo il sentiero che salendo lungo la cresta porta alla cima del promontorio, la salita è comoda è abbastanza veloce anche se il forte vento a tratti è fastidioso, in un’ora si percorre tranquillamente andata e ritorno. Intorno a noi sabbia rossastra e una rada vegetazione fatta di piccoli arbusti. Dal punto panoramico sulla cima, sferzato da un vento violento, si ha una bellissima vista di tutta l’area intorno e dell’oceano che è molto increspato. Tappa più che consigliata!

Poco più a sud ci sarebbe la Montaña Amarilla, una collina più bassa e dolce con la parte rivolta al mare erosa e levigata dall’azione delle onde, ma abbiamo deciso di non andare e di spostarci a Los Cristianos.

Abbiamo ripreso la strada verso Los Abrigos e da qui siamo rientrati sull’autostrada TF-1 in direzione ovest. Los Cristianos fa parte dell’area urbanizzata e iper turistica della zona sud-est dell’isola, insieme a Playa de Las Americas e Costa Adeje. Il paese è stretto tra la Montaña de Guaza e un altro cono vulcanico più piccolo le cui pendici sono ben edificate. Rispetto alla zona di El Medano è protetta dal vento e oltre alla spiaggia offre anche la possibilità di fare piccole escursioni a piedi. Il centro di Los Cristianos, in posizione leggermente più elevata rispetto alla costa, è un piacevole viale pedonale, con palme e aiuole, bar, locali dove mangiare e negozi di souvenir e accessori per la spiaggia. Il viale si apre sulla spiaggia, ampia, sabbiosa e affollata, chiusa da una baia e con l’aspetto poco piacevole di essere adiacente al piccolo porto turistico, dal quale partono anche i traghetti per la vicina isola de La Gomera. Abbiamo pranzato al 100 Montaditos su consiglio della proprietaria della prima casa che abbiamo affittato, una catena che adesso ha aperto un paio di punti anche a Milano, dove le specialità sono i micropanini (delle ciabatte in dimensione mignon) conditi nei più svariati modi e che costano da 1€ a 3€ a seconda del condimento.

Da Los Cristianos, sempre riprendendo l’autostrada TF-1, abbiamo percorso i circa 20 km fino alla località di Tijoco Bajo dove abbiamo preso l’appartamento in affitto tramite Airbnb. E’ un piccolo e tranquillissimo paesino residenziale senza alcunché di turistico che si stende sulle pendici del vulcano che scendono dolcemente fino alla costa e abbiamo avuto la fortuna di avere il terrazzo vista mare dal quale abbiamo potuto godere di una bella vista con l’isola de La Gomera proprio davanti a noi e splendidi tramonti.

Per la prima cena abbiamo seguito nuovamente i consigli della padrona di casa e siamo andati alla piccola località La Caleta intorno alla stretta insenatura naturale e raggiungibile in pochi km dall’uscita dell’autostrada di Adeje. A dispetto di alcuni resort di lusso che abbiamo incontrato scendendo verso la baia, il luogo è molto carino e offre un’atmosfera romantica. Molto piacevole la passeggiata lungo la riva e ottima la cena a base di pesce al ristorante La Masia del Mar & Piscis (circa 35€ a testa), dove abbiamo anche potuto sederci a un tavolo all’aperto sulla balconata che si affaccia sull’insenatura.

Giorno 3 (Punta de Rasca – Playa de las Americas)

Giornata dedicata alla visita della punta de Rasca, il vertice a sud-est del triangolo che stilizza l’isola di Tenerife e punto di passaggio dalla ventosa costa che guarda verso est a quella del turismo di massa che guarda a ovest. Avevamo pianificato di fare del trekking lungo i sentieri che portano al faro de Rasca, prima però abbiamo pensato di visitare la località di Las Galletas, sulla Costa del Silencio, e vedere se da lì fosse raggiungibile la Montaña Amarilla. Las Galletas è veramente un piccolo centro che si sviluppa intorno al porticciolo e, complice forse la domenica mattina, lo abbiamo trovato decisamente affollato, soprattutto nella zona della piccola spiaggia, tanto di non riuscire a trovare un parcheggio nemmeno nelle viette interne.

Abbandonata l’idea della visita alla Montaña Amarilla abbiamo impostato il navigatore manualmente verso un punto nei pressi del faro de Rasca dove la strada sembrava finire e ci siamo però scontrati con il fatto non previsto che un’enorme serra per la coltivazione dei banani (a conti fatti è lunga almeno un paio di km) ci si è posta da ostacolo tra noi tra noi e la punta. Nel tentativo di circumnavigarla siamo tornati verso Las Galletas e a questo punto, “navigando” a vista, ci siamo inoltrati in località El Fraile, un isolato quartiere residenziale che a un certo punto termina nel nulla laddove iniziano i sentieri. Prima di lasciare l’auto e avventurarci a piedi abbiamo preso una seconda colazione in un bar-latteria a El Fraile dove la simpatica padrona sudamericana ci ha raccontato un po’ delle sue avventure in Italia. Iniziando il percorso a piedi lungo la punta ci siamo trovati davanti il “bananeto” che si estende fino alla riva e abbiamo capito che non c’è altro modo se non di girargli intorno a piedi. Il paesaggio intorno a noi è piacevolmente semi-desertico, si tratta di una distesa rialzata di qualche metro sul livello del mare composta da rocce crediamo di origine lavica o comunque come tutta l’isola prodotta dalle eruzioni del vulcano. La vegetazione è formata da pochi alberi simili a quelli della macchia mediterranea e molti arbusti bassi, ma colorati, e piante grasse. La costa è abbastanza frastagliata e rocciosa e sulle scogliere si infrangono una dopo l’altra onde schiumose spinte dal vento. Diversi gruppi di scogli creano piccole insenature dove alcuni turisti si avventurano in cerca di un luogo riparato e tranquillo e in generale non abbiamo incontrato molte persone durante questa escursione. Superato il bananeto l’ambiente si apre e davanti a noi abbiamo una grande distesa di arbusti secchi e cactus. Molto bello è il contrasto di colori che si crea tra l’oceano, le scogliere e la vegetazione. In lontananza vediamo il cilindro bianco e rosso del faro e più all’interno la sagoma della montagna de Rasca. In circa 30 minuti raggiungiamo il faro dove ci fermiamo ad ammirare il panorama della punta sud dell’isola e a scambiare due chiacchiere con una signora italiana che vive da queste parti. Dal faro il sentiero continua verso nord per terminare in località Palm-Mar, un altro piccolo paese sul mare che si trova dal lato opposto della Montaña de Guaza rispetto a Los Cristianos, e in più ci sono altri percorsi che vanno verso l’interno per terminare sulla strada principale… e dall’altra parte del bananeto rispetto a dove abbiamo attraversato noi. Decidiamo però di ritornare alla macchina e andare a Los Cristianos per il pranzo.

Dopo aver fatto uno spuntino sempre dal 100 Montaditos ci siamo spostati a Playa de las Americas per una passeggiata lungo la spiaggia. Siamo nel mezzo del turismo di massa, in una località progettata e nata a tavolino per diventare polo turistico intorno alle spiagge. E’ una lunga sfilata di alberghi e residence, alcuni di lusso, alcuni, soprattutto quelli più all’interno, situati in edifici mastodontici e davvero brutti, quasi tutti hanno piscine interne e sono attrezzati per fornire tutti i comfort ai propri clienti senza che questi debbano uscire all’esterno. Non disprezziamo la cosa, ma noi abbiamo un’idea diversa della vacanza. La passeggiata lungomare è comunque piacevole da fare, i viali pedonali alberati sono in ottimo stato e attraversano con leggeri saliscendi tutte le spiagge che si stendono in successione.

Rientriamo a Tijoco Bajo nel tardo pomeriggio e per la cena scendiamo a Playa San Juan, sulla costa poco più a nord. Purtroppo è la domenica della festa patronale e tra il lungomare chiuso alla circolazione e la gran massa di gente che è accorsa abbiamo fatto davvero molta fatica a posteggiare l’auto. Non siamo riusciti a vedere il paese e siamo anche noi stati risucchiati nel centro della festa tra bancarelle e luna park sul lungomare e sul molo del porticciolo, riuscendo a mangiare qualcosa solo in un baracchino da street food.

Giorno 4 (Los Gigantes – La Arena – Costa Adeje)

Piatto forte della giornata è la visita a Los Gigantes nella parte settentrionale della costa ovest. Los Gigantes è uno degli spot più noti di Tenerife grazie alla presenza delle enormi scogliere verticali che si innalzano per qualche centinaio di metri sul mare e si estendono per una decina di km. Fanno parte del massiccio del Teño che forma la punta ovest dell’isola e costituiscono il punto di arrivo della strada lungomare. Oltre non è possibile proseguire e per arrivare alla Punta de Teño bisogna necessariamente passare dall’interno e girare intorno alla catena montuosa. Per ammirare lo spettacolo di queste enormi scogliere consigliamo, come abbiamo fatto noi, di arrivare a Puerto de Santiago, il piccolo paese sotto di esse, dalla strada ‘alta’ e non dal lungomare, in quanto in uno degli ultimo tornanti c’è uno slargo che funge da punto panoramico privilegiato (si trova indicato come Mirador de Archipenque). Quindi la strada da seguire è quella che scende da Guia de Isora o Chio oppure arrivando dalla costa bisogna continuare a seguire la principale TF-47 che piega verso l’interno senza prendere la strada lungomare.

Sotto il mirador di Archipenque si estende l’abitato di Puerto de Santiago che è cementificato all’ultimo centimetro quadrato disponibile, per cui la vista sulle scogliere si completa di case e villette che in alcuni casi la rovinano (ricordiamo un’enorme antenna parabolica su uno dei tetti). Noi siamo arrivati a Los Gigantes in tarda mattinata e abbiamo trovato il cielo ancora coperto con nubi basse, tanto che non si notava la cima delle scogliere e le facevano sembrare dei muri infiniti. Dopo mezzogiorno invece il cielo si è schiarito e siamo riusciti ad osservare il panorama con il contrasto tra l’azzurro e il colore scuro delle rocce.

Altro bel punto di osservazione è, in fondo al paese, il porticciolo turistico (da dove si possono prenotare escursioni di whale watching con i battelli che passano proprio sotto le scogliere o ti portano alla Playa de Masca, incastonata tra di esse e raggiungibile solo dal mare o a piedi dall’abitato di Masca) con l’adiacente Playa de los Guios di sabbia nera che si estende proprio sotto l’inizio delle scogliere. Abbiamo fatto anche una breve e piacevole passeggiata per il paese di Puerto de Santiago tra piccoli negozi e locali per mangiare.

Da Puerto de Santiago ci siamo spostati lungomare a sud di pochi km per raggiungere La Arena, dove si trova una delle principali spiagge di sabbia nera dell’isola, Playa de La Arena, chiusa in una rada formata da due scogliere di roccia lavica e riparata dalle onde. Nonostante il tempo sia rimasto variabile la spiaggia è abbastanza affollata e nel complesso l’abbiamo trovato un luogo tranquillo, a misura di famiglia, pulito e con buoni servizi e infrastrutture. Non ci stendiamo sulla sabbia, ma andiamo a mangiare in un pub irlandese dall’altro lato della strada, The Blarney Stone, dove ci servono un’ottima colazione all’inglese.

Lasciamo a questo punto La Arena e ci spostiamo per stare un po’ in spiaggia prima a Costa Adeje e poi a Las Americas, dove ci siamo fermati alle spiagge di Playa de Troya e Playa del Camison. Costa Adeje è un naturale prolungamento di Playa de las Americas con i suoi hotel di lusso a ridosso della costa. Playa de Troya è la classica spiaggia per famiglie: sabbia fine anche se un po’ scura, scogliere artificiale a protezione delle onde, un lungomare pedonale alberato e locali e baracchini per bere e mangiare. Il quartiere più a nord, intorno alla Playa del Duque è ancora più rivolto a un turismo di comfort e lusso e qui abbiamo visto appartamenti e alberghi eleganti oltre a negozi di marche più prestigiose.

Nel tardo pomeriggio siamo rientrati a Tijoco Bajo dove siamo rimasti anche la sera per una cenetta casalinga.

Giorno 5 (Icod de los Vinos – Garachico – Masca)

Giornata molto bella alla scoperta del tratto di costa a nord-ovest dell’isola e del Massiccio del Teño. L’idea era di raggiungere il faro di Punta de Teño, purtroppo per il forte vento la strada è stata chiusa a Buenavista del Norte in un punto dove scavalca una scogliera a strapiombo sul mare.

Da Tijoco Bajo abbiamo preso la strada principale in direzione nord verso Santiago del Teide, stretto nella valle tra le pendici del vulcano e il Massiccio del Teño. Da qui continuiamo fino a Icod del Los Vinos, un grosso paese sulle alture che deve il suo nome alla produzione vinicola. Noi ci siamo andati perché incuriositi dalla presenza del Drago Millenario, un albero considerato sacro dai nativi Guanci e accreditato di un’età pluricentenaria che è monumento nazionale dell’isola. Icod de Los Vinos è un paese storico, per arrivare al Parco del Drago abbiamo girato per il piccolo centro storico fatto da tante piccole vie e alcuni edifici, soprattutto chiese, di interesse architettonico. Quella che ci ha colpito maggiormente è la Iglesia de San Marcos, il centro spirituale dell’abitato, con i suoi muri imbiancati. Si trova in una piazza pedonale piena di alberi anche esotici e aiuole fiorite e uscendo dalla parte posteriore della chiesa un muretto la divide dal Parco del Drago, una specie di piccolo giardino botanico con al centro la principale attrazione, il Drago Millenario appunto. Abbiamo deciso che non valesse la pena pagare il prezzo del biglietto per entrare al parco e camminare fin sotto il Drago e ci siamo limitati ad osservarlo dalla strada, la visuale è più che buona anche da lì.

Torniamo alla macchina e prendiamo la strada lungomare che in pochi minuti ci porta al vicino paese di Garachico, un’altra piccola località sulla costa rocciosa, vecchia capitale e porto dell’isola. A livello naturale la costa frastagliata e formata da antiche colate di lava scese fino al mare crea alcune piscine naturali ed è ricca di scogli di roccia lavica che si perdono nell’oceano, tra cui il più grande, la Roque de Garachico, è un’isoletta scura e spoglia a circa un centinaio di metri dalla riva. Il centro storico, piccolo anche lui, è pittoresco con chiese, palazzi signorili e case colorate. Il centro è la grande piazza alberata del municipio dove si affacciano alcuni bei palazzi dai colori pastello, tra cui appunto l’Ayuntamiento, l’antico convento di San Francesco e la Iglesia de Santa Ana. Abbiamo poi passeggiato per le vie che scorrono in maniera semicircolare e concentrica intorno a questa piazza centrale ammirando i vecchi edifici, molti con segni di recenti ristrutturazioni, alcune corti eleganti, piccoli negozi e ristoranti. Ci siamo fermati a magiare un ottimo pranzo di specialità tipiche da Casa Gaspar, poi siamo ripartiti.

Come detto la nostra idea era di andare a toccare la Punta de Teño, ma abbiamo trovato la strada chiusa a causa di rischio caduta massi per il forte vento. Abbiamo allora preso da Buenavista del Norte, località senza particolare interesse in mezzo alle coltivazioni e un grande campo da golf, la strada montana TF-436 che attraversa il Massiccio del Teño, in direzione di El Palmar. Appena dopo aver attraversato El Palmar abbiamo preso una strada sulla destra che sale sulla montagna verso l’abitato di Teño, un manipolo di poche case sparse. Qui la strada finisce e partono alcuni sentieri per il trekking, tra cui uno che porta giù al faro. Purtroppo il cartello indicava circa 6 km di sentiero (solo andata) con il ritorno che sarebbe stato tutto in salita e dato che ormai era quasi metà pomeriggio abbiamo desistito dall’idea. Proseguendo la strada sale per attraversare un crinale e offre un paio di soste panoramiche notevoli in mezzo alle montagne, spazzate come quasi dappertutto nell’isola, da un vento molto forte che ha piegato definitivamente gli arbusti e le piccole piante. Più avanti ancora si arriva all’abitato di Masca, che non avevamo all’inizio programmato di visitare, ma che invece merita molto una sosta. Masca è un minuscolo villaggio pittoresco e magico in una profonda vallata circondata da spuntoni di roccia e in una posizione panoramica mozzafiato. Le case sono sparpagliate sulle varie sporgenze rocciose e quasi messe in fila indiana sulle strette creste. Il paese vive esclusivamente di turismo, da qui partono i sentieri che scendono in una stretta valle in mezzo alle scogliere dei giganti sbucando sulla Playa de Masca. A Masca ci sono ristoranti, un bar e alcune botteghe di souvenir artigianali. Proseguendo, i pochi km di strada che portano a Santiago del Teide offrono altri punti panoramici dove consigliamo di fare una sosta. Da qui siamo riusciti a vedere per la prima volta la cima del Teide libera da nuvole e in tutta la sua maestosità.

Ovviamente Masca si può raggiungere più comodamente e in breve anche da Santiago del Teide, facendo il percorso inverso rispetto al nostro e senza dover attraversare tutto il Massiccio del Teño.

Dopo essere tornati al nostro appartamento, siamo usciti per la cena per andare a Los Abrigos, località vicino all’aeroporto Tenerife Sur arroccata intorno a una baia rocciosa, dove il marciapiede lungomare è un susseguirsi di locali e ristoranti. Noi ci siamo fidati della guida che consigliava il ristorante Perlas del Mar, l’ultimo della fila, ma quello con la posizione migliore essendo a ridosso della scogliera e abbiamo gustato una cena a base di ottimo pesce fresco (circa 25€ a testa).

Giorno 6 (Vilaflor – Paesaje Lunar)

Decidiamo di lasciare la costa e fare un’escursione nei boschi del Parco Nazionale della Corona Forestal con l’obiettivo di arrivare al Paesaje Lunar, un’area di strane formazioni rocciose che ci ha subito attratto quando abbiamo visto le immagini sulla guida. Il luogo è uno dei più curiosi di tutta l’isola e non è molto frequentato sia perché è nascosto alle pendici del Teide e lontano dai principali centri turistici, sia perché come abbiamo provato sulla nostra pelle non è raggiungibile con una comoda passeggiata per famiglie, ma richiede un’escursione di una giornata intera e buone condizioni fisiche… purtroppo alla fine non siamo riusciti ad arrivare al Paesaje Lunar, limitandoci a una faticosa, ma comunque interessante passeggiata nei boschi di pini della Corona Forestal.

Da Tijoco Bajo abbiamo preso l’autostrada in direzione aeroporto e ci siamo fermati a Costa Adeje per una seconda e più robusta colazione in una pasticceria che ci era stata consigliata per le ottime torte. Dopo un’enorme fetta di torta con thè e cappuccino riprendiamo l’auto e seguiamo la strada TF-28 per deviare poi a sinistra sulla TF-21 che sale verso Arona. Attraversiamo Arona senza fermarci e dopo una bella salita fino a circa 1.400 metri arriviamo alla cittadina di Vilaflor, l’ultima prima di scollinare nell’aspra caldera del Teide e anche il comune di Tenerife situato alla maggiore altitudine.

Vilaflor è un grazioso e tranquillo paesino circondato dalla pineta e nella zona più bassa da un paesaggio rurale e agricolo, abbiamo notato anche qui alcuni vigneti. Il centro storico è una grande piazza rettangolare, ripida e fiorita che parte dal sagrato della chiesa parrocchiale. Avevamo letto che era possibile arrivare al sentiero per il Paesaje Lunar da una strada sterrata che si imbocca oltre Vilaflor e infatti proseguendo sulla TF-21 verso il Teide dopo un primo tornante si incontra il punto panoramico di Piño Gordo (chiamato così per il grosso pino che si vede davanti) e dopo altri due tornanti incrociamo lo sterrato sulla destra chiuso però da una sbarra. Non essendoci posto per parcheggiare l’auto e proseguire a piedi sullo sterrato siamo tornati a Vilaflor e abbiamo lasciato l’auto nel parcheggio dietro la chiesa per andare a prendere il sentiero che parte da in fondo al paese. Dalla piazza della chiesa abbiamo visto alcuni cartelli che indicavano la via per prendere il sentiero e dopo essere scesi per le viuzze, nei pressi di alcune cisterne per l’acqua abbiamo incrociato l’inizio del percorso. Subito abbiamo attraversato il letto asciutto di un torrente e poi una costante e impietosa salita di circa 2km su una vecchia strada di montagna lastricata e a gradoni. Abbiamo impiegato molto tempo e molto sudore a percorrerla, poi da lì abbiamo preso un piccolo sentiero sulla destra e dopo qualche centinaio di metri abbiamo incrociato la strada sterrata. Qui un cartello indicava il sentiero per il Paesaje Lunar e la distanza di circa 6 km per arrivarci. Non ci ha incoraggiato molto, ma siamo andati avanti lungo il percorso tra salite, falsipiani e pochi tratti in discesa, il tutto in mezzo a una foresta di pini. Dopo un’altra ora abbondante abbiamo trovato un nuovo cartello a una deviazione, abbiamo proseguito ancora per un po’, ma questo tratto era molto aspro e in salita e alla fine non vedendo la meta abbiamo deciso di mollare e rientrare. Il rientro, pur con lunghi tratti in discesa, è stato comunque duro dato che eravamo ormai molto stanchi.

Consiglio per chi si volesse avventurare al Paesaje Lunar: la strada migliore anche se più lunga (18 km tra andata e ritorno) è quella che parte dallo sterrato dopo Piño Gordo, sia che lo troviate chiuso sia che abbiate la fortuna di poter percorrere in auto il tratto fino all’inizio del sentiero (circa 3 km). Il sentiero richiede un abbigliamento da escursione in montagna con scarpe comode, meglio se scarponcini. E soprattutto è necessario essere in buona forma e motivati e portare una quantità sufficiente di acqua. Sicuramente per noi sarà uno dei motivi di un prossimo ritorno a Tenerife.

Tornati a Vilaflor ci siamo riposati su una panchina della piazza e poi lentamente siamo rientrati a Tijoco Bajo. La sera ci siamo consolati con una buonissima grigliata di carne mista all’Asador di Adeje, anche questo consigliato dalla padrona di casa (circa 15€ a testa).

Giorno 7 (Granadilla – San Miguel – El Puertito)

Per l’ultima giornata in questa zona dell’isola ci avventuriamo a visitare qualche cittadina e paese interno, lungo le pendici della caldera del vulcano. Al solito imbocchiamo l’autostrada in direzione aeroporto e usciamo subito dopo l’aeroporto stesso per San Isidro. Attraversiamo il paese lungo la strada principale e dopo neanche una decina di km arriviamo a Granadilla. E’ una delle cittadine principali dell’entroterra, non ha attrazioni turistiche e a prima vista sembra un paese poco interessante, ma il centro storico merita una visita e si possono fare due passi tra negozi, caffè e alcuni edifici storici. Nella piazza principale, accanto al municipio, si trova il vecchio convento francescano oggi centro culturale, con biblioteca, sala conferenze e una sala per ospitare mostre. Non siamo entrati all’interno del centro, ma abbiamo potuto vedere il bel giardino con aranci e il piccolo chiostro. L’altro edificio che ci ha colpiti è la Iglesia de San Antonio de Padua in stile barocco, che però abbiamo trovato chiusa in quel momento.

Ripresa la macchina ci siamo avventurati negli stretti vicoli che portano alla parte superiore della cittadina sui quali si affacciano ville e case private eleganti e con bei giardini. Andando avanti a caso siamo finiti in località Cruz de Tea, sulle pendici della caldera boscosa del vulcano dove abbiamo trovato la cappella del Ermita Nuestra Señora del Buen Viaje, addobbata a festa. La strada poi è diventata sterrata e iniziava a serpeggiare pericolosamente tra vigne e bosco, per cui siamo tornati indietro.

Ripassando da Granadilla abbiamo imboccato la strada TF-28 verso Valle de San Lorenzo e dopo aver superato senza fermarci l’abitato di Charco del Pino siamo arrivati a San Miguel de Abona. San Miguel è una cittadina dove tutto sembra ristrutturato da poco (e abbiamo visto altri cantieri in corso), ma anche la sensazione di essere un piccolo borgo tipico che racconta la storia del luogo. Dalla piazza centrale con la chiesa dedicata alla’arcangelo Michele partono una serie di stradine che scendono lungo i terrazzamenti artificiali sui quali è stata eretta la struttura della cittadina. Dai loro bordi si ha una bella vista sulla costa del Medano, mentre intorno al paese vediamo un ambiente prevalentemente agricolo con orti e frutteti. Camminando per le vie assolate e deserte (siamo a ora di pranzo) un altro edificio che ha attirato la nostra attenzione è stata la Casa del Capitan, un vecchio palazzo istituzionale che oggi è un museo sulla storia della zona. Scendendo verso la costa, in una frazione periferica c’è il Castillo san Miguel, ricostruzione un po’ pacchiana, ma simpatica di un castello medievale con tanto di rocca, torri merlate, ponte levatoio e fossato. Non abbiamo ben capito la sua funzione, non è un parco a tema, ma c’erano dei manifesti che pubblicizzavano eventi e spettacoli nella piazza circostante e il menu di un ristorante che forse si trova all’interno.

Dopo San Miguel de Abona decidiamo di ritornare verso il nostro appartamento e di fermarci a visitare El Puertito, un’altra caletta che si trova nella zona di Costa Adeje. Torniamo a prendere l’autostrada a Los Cristianos e usciamo poco dopo all’uscita sulla rotonda, dopo il paese di Adeje, dove si trovano i grandi supermercati. Qui andiamo in direzione Armenime e prima di entrare nell’abitato prendiamo la deviazione a sinistra per El Puertito. Si tratta di una piccola insenatura dalla forma quasi circolare, chiusa da due scogliere alte qualche metro. Sulla riva si è sviluppato un ex villaggio di pescatori formato da alcune case tutte bianche e con il tetto piatto. La spiaggia è stretta, ma comunque abbastanza affollata e alcune barche sono ormeggiate in mezzo alla rada. Si respira un’atmosfera da periodo pre-turismo di massa, a nostro avviso anche un po’ da flower-power e sicuramente più alla mano rispetto ai grandi resort che si trovano nei dintorni.

Terminiamo la giornata tornando al nostro appartamento e con una cena casalinga.

Giorno 8 (Parque National del Teide)

Dopo l’ultima notte trascorsa nel bell’appartamento di Tijoco Bajo rifacciamo i bagagli e lasciamo questa parte dell’isola. E’ il giorno principale della vacanza che ci vedrà salire sul Teide, dormire al rifugio e ripartire per la cima all’alba.

La strada è la stessa che abbiamo percorso due giorni prima per Vilaflor, dove ci fermiamo a comprare da mangiare per la serata dato che al rifugio non è previsto un servizio di cucina. Proseguiamo poi lungo la TF-21, superiamo di nuovo il punto panoramico di Piño Gordo e la deviazione per il Paesaje Lunar e continuiamo a salire dentro la foresta di pini. Avvicinandoci ai 2000 mt e al bordo della caldera il paesaggio tende a cambiare piano piano e la vegetazione lascia più spazio alle rocce laviche. Quando attraversiamo a Boca Tauce il limite tra la Corona Forestal e la caldera del vulcano l’ambiente cambia drasticamente e davanti a noi si apre un altopiano alieno, aridissimo e dai colori che vanno dal rossiccio al quasi nero delle colate di lava solidificate. Nel mezzo si innalza il picco del Teide e da qui si riesce distintamente a vedere la cima e le cabine della funivia che vanno avanti e indietro. Subito dopo il valico la nostra TF-21 si incrocia e si unisce con la strada che arriva da ovest e che parte da Chio attraversando poi tutta la caldera del vulcano. Proseguendo lungo il bordo della caldera ci siamo fermati a tutti i punti panoramici che offrono splendide visuali sulla vallata riempita da lingue di lava pietrificata e nera, poi la strada piega e punta dritta verso il cono del Teide. Qui prima del centro visitatori e hotel Parador de Cañadas del Teide inizia una deviazione sterrata che continua a seguire il bordo della caldera per ricongiungersi alla TF-21 sul lato nord, dove si esce di nuovo nella Corona Forestal. Noi abbiamo proseguito lungo la strada asfaltata e come prima cosa siamo andati alla stazione di partenza della funicolare per acquistare i biglietti. Il piazzale del parcheggio è molto affollato, abbiamo dovuto attendere che qualche auto lasciasse il posto.

Presi i biglietti siamo tornati indietro fino al Parador per mangiare un boccone e per visitare, dall’altro lato della strada, l’area di Los Roques costituita da curiose formazioni rocciose residui degli antichi camini vulcanici erosi dal tempo e dagli agenti atmosferici. Qui abbiamo fatto un breve giro sul sentiero che corre intorno alle rocce. C’è un sentiero più lungo di circa 5 km che permette di fare il giro completo della zona, ma per percorrerlo avremmo dovuto impiegare un paio d’ore che non avevamo a disposizione dovendo prendere la funivia per il Teide. Siamo quindi tornati al parcheggio della stazione funicolare dove abbiamo lasciato l’auto dopo aver sistemato per bene tutti i bagagli e ci siamo messi in coda per salire.

Qualche informazione pratica sulla funivia: le cabine partono ogni 10 minuti dalle 9 alle 16 (per il percorso in discesa c’è un’ora di sfasamento, l’ultima parte dalla stazione in cima alle 17) e il costo è di 25€ andata e ritorno. La stazione di arrivo si trova a circa 3550 mt e ci si può arrivare anche salendo a piedi lungo i sentieri impiegando 5/6 ore, ma è necessario essere ben allenati e attrezzati con scarpe adatte e acqua a sufficienza. Dalla stazione di arrivo della funivia si ha una spettacolare vista del picco del Teide e di tutta la zona sud-est dell’isola ed è possibile seguire due sentieri, uno verso sud abbastanza in piano che girando lungo il versante porta a un punto panoramico sul vecchio cratere (Pico Viejo) e l’altro che punta verso nord, con più saliscendi da affrontare che arriva al punto panoramico di La Fortaleza. Un terzo sentiero, chiuso da un cancelletto, porta dritto alla vetta. Per poter salire è necessario un permesso da richiedere almeno due settimane prime sul sito www.reservasparquesnacionales.es in quanto sono ammesse solo 200 persone al giorno. Abbiamo provato a prenotare da casa, ma era già tutto esaurito per mesi. Eccezione è per chi alloggia al rifugio Altavista, in quanto nei 20€ a persona di alloggio è compreso il libero accesso alla vetta, ma solo se effettuato prima delle 9, cioè fino a quando la stazione di arrivo della funivia è ancora chiusa (e non ci sono controlli al cancelletto di accesso al sentiero per la vetta). Anche il rifugio ha un numero di posti limitato, ci sono tre camerate con letti a castello da circa e va prenotato per tempo.

Il percorso in funivia dura una decina di minuti e man mano che si sale la vista è più spettacolare e l’orizzonte si amplia. In particolare a un certo punto l’occhio riesce a scavalcare il muro della caldera e si può vedere l’oceano sullo sfondo. Come detto, dalla stazione in cima il panorama è unico: si vede distintamente l’isola di Gran Canaria, si apprezza la distesa di materiale lavico che ha riempito la caldera e si vede chiaramente il profilo della costa. Girandosi indietro il picco del Teide appare maestoso e abbiamo visto gli sbuffi di fumo uscire dalla cima. Per andare al rifugio abbiamo preso il sentiero verso La Fortaleza e prima di arrivare al punto panoramico abbiamo preso la deviazione in discesa per il sentiero 7. Il tratto in discesa è stato più lungo di quel che pensassimo e abbastanza impegnativo. Non vedendo segnali a un certo punto ci è anche venuto il dubbio di aver sbagliato strada. Dopo circa 30 minuti abbiamo scorto in lontananza il tetto del rifugio e ci siamo rincuorati anche se da lì abbiamo impiegato quasi un’altra mezz’ora per arrivarci. Al rifugio si può arrivare dalla strada TF-21 da un sentiero che parte al km 40,7. Ci vogliono comunque circa 5 ore e inutile dire che bisogna essere in ottime condizioni. Abbiamo visto arrivare gruppi di persone, tutti con attrezzatura e abbigliamento professionale, fino a oltre le 10 di sera.

Dal rifugio la vista è ugualmente spettacolare. La cosa più bella che abbiamo notato è che avvicinandosi al tramonto l’ombra del Teide disegnava un triangolo perfetto che allungava la sua ombra verso l’oceano e una volta superata la linea della costa la sagoma era chiarissima, tanto che abbiamo potuto vedere impressa nell’acqua anche l’ombra del fumo che fuoriusciva dal cratere. Una volta sceso il sole la temperatura si è fatta molto fresca e all’esterno era difficile stare senza essere ben coperti (pantaloni lunghi e maglioncino). Verso le 23, stanchi, ci siamo messi a letto. I posti letto sono divisi in tre camerate in ognuna delle quali contiene 4 o 5 letti a castello. Io personalmente ho avuto una forte emicrania, forse dovuta all’altitudine che non mi ha fatto riposare per nulla e nella mia insonnia ho potuto ascoltare l’insofferenza di altri compagni di stanza…non è stata per niente una nottata facile.

Giorno 9 (Parque National del Teide – Puerto de la Cruz)

Veniamo svegliati alle 5…per così dire perché di chiudere occhio non c’è stato verso e non siamo stati i soli…fuori è buio pesto e ancora per un po’ non è il momento di lasciare il rifugio. Totalmente rintronati e ancora con un po’ di mal di testa facciamo colazione (siamo stati gli unici a essersi portati la moka per il caffè, ma in effetti eravamo anche gli unici italiani) e ci mettiamo in fila per la processione ai bagni. Quasi tutti gli altri, ben attrezzati e allenati, sono partiti verso la cima ancora con il buio, noi abbiamo aspettato che si iniziasse a vedere un minimo chiarore all’orizzonte, senza torce appena messi i piedi fuori dal rifugio diventa davvero tutto nero e non ci sembrava il caso di risalire a tentoni.

Finalmente poco prima delle 6.30 infiliamo gli zaini in spalla e partiamo risalendo il sentiero 7. La salita è davvero dura e lo sforzo nella gambe si sente tutto, ma la vista sull’orizzonte libero da quell’altezza è impagabile. Si riesce a percepire la curvatura dell’atmosfera e il sopraggiungere dell’alba con un susseguirsi di colori molto forti è come se il blu scuro della notte fosse una grande tenda che qualcuno scosta piano piano. E’ un’esperienza che consigliamo di provare. Molto in lontananza e molto più in alto scorgiamo i lumicini delle torce dei gruppi che sono partiti prima di noi. Impieghiamo ben più di un’ora a tornare alla capanna della funivia, qui superiamo il cancelletto aperto che da accesso al sentiero per la cima e, mentre alcuni dei nostri compagni di rifugio sono già in discesa e il sole sta facendo capolino sopra l’orizzonte, facciamo un ultimo grande sforzo (è un altro sentiero a gradoni ripidi) e in un’altra mezz’ora circa siamo in cima. Man mano che ci si avvicina la vetta si inizia a sentire odore di zolfo, sempre più intenso, e nei pressi del cratere si nota il fumo uscire dal vulcano, addirittura nel breve tratto sul bordo del cratere ci sono alcuni punti dove la nuvola di zolfo ti investe completamente. Nel punto più alto ci sono delle catene di recinzione su una roccia sporgente a evitare che la gente vada oltre. Qui c’è un vento molto forte e la visuale a 360° è spettacolare, ovviamente si vede una distesa infinita di acqua tutto intorno a noi punteggiata dalle sagome delle altre isole. Seminascosta dalla voragine della caldera si vede la costa sud-ovest, mentre è più chiara la visuale della costa del Medano con la sagoma della Montaña Roja a fare da punto di riferimento. A nord c’è tutto il crinale boscoso del vulcano che scende dolcemente.

Restiamo un po’ seduti sulla vetta a goderci il panorama poi scendiamo alla stazione della funivia, dove prima di tornare alla macchina, percorriamo il sentiero che porta al punto panoramico del Pico Viejo, il vecchio cratere. Non siamo invece tornati sul sentiero verso La Fortaleza che abbiamo percorso quasi interamente il giorno prima per arrivare alla deviazione verso il rifugio. Scendiamo con la funivia, riprendiamo l’auto e ci incamminiamo verso il punto di uscita nord della caldera all’incrocio di El Portillo. Lungo la via troviamo diversi punti di sosta, tra distese laviche, campi di pietre e altre formazioni rocciose. Ci sarebbero altri sentieri da percorrere a piedi, ma sarà per una prossima volta. Facciamo una breve sosta al centro visitatori del Portillo e poi proseguiamo sulla TF-21, scavalcando il bordo della caldera e scendendo lungo il pendio boscoso verso Puerto de La Cruz, dove arriviamo nel primo pomeriggio. Non facciamo soste perché questa strada la ripercorreremo in salita il giorno successivo per visitare il resto del Parco del Teide, ci fermiamo solo per il pranzo presso il Restaurante Aguamansa nell’omonima località.

Dopo un buon pasto carnivoro riprendiamo la strada e in poco tempo arriviamo a Puerto de La Cruz, la principale città e centro turistico della costa settentrionale. Con un po’ di fatica riusciamo a trovare l’appartamento prenotato su Airbnb in un moderno residence a due piani abbastanza fuori dal centro cittadino e lontano dal mare. Dopo aver sistemato i bagagli ed esserci riposati un poco siamo scesi in città per un giro esplorativo.

Puerto de la Cruz è cresciuta intorno a un abitato antico e contiene diversi parchi e giardini nella parte interna sui pendii che risalgono verso la pineta orlati di vecchie case e ville di lusso. Sulla costa invece si sono sviluppati in serie grandi alberghi e residence. Noi siamo arrivati con l’auto fino alla piazza della stazione dei bus e da qui ci siamo inoltrati a piedi nella città vecchia. Il vero centro della cittadina è Plaza del Charco, piazza molto alberata e frequentata, circondata da edifici storici e con diversi bar e locali. Da qui partono delle strade pedonali su cui si può passeggiare tranquillamente. Noi ci siamo diretti verso la riva e siamo sbucati nella Plaza de Europa, dove probabilmente in passato sorgeva una fortezza difensiva, infatti abbiamo visto resti di torri, muri di pietra e cannoni sono indizi. Anche il palazzo del municipio ricorda un qualcosa di simile a un bastione difensivo. Da Plaza de Europa abbiamo percorso tutto il lungomare fino a Playa de Martianez, una spiaggia di sabbia scura aperta alle onde e frequentata da surfisti. Dopo Plaza de Europa la costa disegna una piccola insenatura con una spiaggia di ghiaia che si trova qualche metro sotto il marciapiede e a cui si accede con delle scalinate. Sopra, a livello della strada, si sviluppa un molo che protegge la spiaggia dalle onde. Il marciapiede lungomare qui è molto turistico con locali, ristoranti e negozi di souvenir. Al bordo dell’insenatura troviamo una piccola cappella in muratura bianca dedicata al santo protettore dei marinai. Da qui parte l’Avenida de Colon un elegante viale pedonale lungomare, lastricato e ornate con palme che ci porta fino al Lago Martianez è una grande area balneare costruita su un promontorio di roccia lavica. Ingresso a pagamento, noi l’abbiamo vista da fuori la palizzata, ci sono diverse piccole piscine e una più grande nel mezzo, il lago appunto, al cui interno si trova un isolotto con bar.

Da qui siamo tornati sui nostri passi, rientrando nel centro storico alla ricerca di un buon posto per la cena.

Giorno 10 (Parque National del Teide – San Cristobal de la Laguna – La Orotava)

Dopo un buon riposo che ci ha alleviato le fatiche degli ultimi due giorni siamo tornati, percorrendo a ritroso la strada TF-21 verso El Portillo, dove poi prenderemo la strada TF-24 che corre lungo la dorsale del Teide fino a scendere San Cristobal de la Laguna per visitare questa interessante parte del parco nazionale.

Al solito, la mattina le nuvole si addensano lungo il pendio del vulcano che guarda a nord e salendo ci ritroviamo in mezzo alla nebbia. La prima sosta è all’area picnic e camping di La Caldera, alla quale si accede da una deviazione sulla sinistra poco dopo l’abitato di Aguamansa. Dal prato de La Caldera partono vari sentieri per il trekking e noi decidiamo di prendere quello che dovrebbe nelle nostre intenzioni portare alle Canne d’Organo, formazioni rocciose verticali che ricordano appunto uno di quei grandi organi di chiesa. Il sentiero però è abbastanza ripido e la stanchezza nelle gambe arriva subito. Non vedendo nulla all’orizzonte decidiamo di tornare alla macchina e proseguire per la nostra strada. Lunga la TF-21 incontriamo alcuni punti panoramici, il più particolare e consigliato è sicuramente quello di Piedra de la Rosa: dal parcheggio lato oceano si ha una bella vista sul Teide e sulla sagoma lontana dell’isola di La Palma; attraversando a piedi un sottopasso ricavato nella roccia sotto la strada si arriva davanti a una stranissima formazione rocciosa, la Margherita (o Rosa) di Pietra, una scultura naturale formata dalla rottura della roccia.

Arrivati a El Portillo ci siamo fermati per un breve pranzo all’omonimo bar-ristorante e quindi abbiamo preso la TF-24, altra strada ricca di punti panoramici e di bellezze naturali.

Il primo tratto della strada scorre attraverso il paesaggio quasi alieno che abbiamo già incontrato il giorno precedente: una distesa arida con bassi arbusti e sabbia rossa, su cui ogni tanto si vedono rocce laviche e all’orizzonte le cupole bianche dell’osservatorio astronomico che fanno capolino. Ci siamo fermati come prima cosa nei pressi della deviazione per l’osservatorio (ci abbiamo provato, ma non è visitabile), in un punto dove si ha una vista quasi a 360°: verso est la costa ventosa di El Medano con l’inconfondibile sagoma della Montaña Roja che vista da qui sembra un sassolino e all’orizzonte l’isola di Gran Canaria che si distingue chiaramente; verso sud il Teide e la caldera; verso ovest vediamo un enorme tappeto di nuvole bianche che coprono tutto e si muovono piuttosto velocemente contro il pendio del vulcano, scivolando poi lungo il bordo… una vista spettacolare e non comune! Più avanti ci sono dei punti dove è possibile vedere la stratificazione rocciosa che si è creata nei tempi sotto l’azione delle forze geologiche, il più spettacolare è il punto panoramico di La Tarta, dove la roccia presenta strati piegati alternati di colore bianco e nero lavico, appunto come se guardassimo una fetta di torta tagliata. A questo punto la strada scende ancora fino a rientrare nella zona dove si estende il bosco e anche qui diverse sono le opportunità di fermarsi a guardare il panorama.

Usciti dalla foresta, abbiamo iniziato ad attraversare paesi e zone urbanizzate fino a superare l’aeroporto di Tenerife Norte ed entrare nell’area cittadina di San Cristobal de la Laguna, l’antica capitale dell’isola. La Laguna è stata di sicuro la più bella tra le cittadine che abbiamo visitato, girando a piedi si respira il suo interesse storico e architettonico. Il centro storico, pur essendo ben più grande di quello dei piccoli paesi visitati finora, si gira tranquillamente in un paio d’ore, comodissimo perché è tutta area pedonale ed è davvero bello, ogni edificio civile o religioso ha un suo fascino e sembrano usciti da un libro di fotografie dell’epoca coloniale. Il centro storico si sviluppa in lunghezza su un paio di vie parallele principali che incrociano diversi vicoletti trasversali. Noi siamo partiti dalla Catedral de los Remedios che si affaccia su una piccola piazza ornata di palme dal fusto sottile e altissimo con il ciuffo di foglie in testa. La chiesa è in stile neoclassico e vale la pena farsi un giro al suo interno con l’ampia navata circondata da grosse colonne e alcuni dipinti e sculture. Abbiamo poi proseguito lungo la Calle Obispo tra case colorate a due piani nella tipica architettura canaria fino alla Iglesia de Nuestra Señora de la Concepcion, della quale ci ha colpito in particolare l’imponente campanile a sette piani. Siamo quindi tornati indietro lungo la Calle de San Agustin, sfilando altri edifici religiosi. Poco più a nord di Calle de San Agustin abbiamo trovato il Santuario del Santissimo Cristo de la Laguna che si affaccia su una vasta piazza. Entrando nella chiesa di questo convento, sulla parete che chiudo l’unica stretta navata abbiamo visto una curiosa statua di Cristo incastonata in una struttura in argento. Abbiamo chiuso il giro tornando verso l’auto da Calle Consistorio, una zona con edifici amministrativi, dove spiccano la Plaza de Adelantado, alberata e ombrosa, un convento e il palazzo del municipio.

Lasciamo San Cristobal de la Laguna e riprendiamo l’autostrada TF-5 che in circa mezz’ora ci riporta nei dintorni di Puerto de la Cruz. C’è ancora tempo per visitare La Orotava, cittadina che forma quasi un’unica conurbazione con Puerto de la Cruz e tutta sviluppata lungo il rilievo boscoso del Teide. Prima però facciamo sosta al Mirador de Humboldt, un balcone panoramico che sorge sui terrazzamenti lungo la via che costeggia l’autostrada dal quale si ha una splendida vista su tutta la vallata e il pendio del Teide con il suo picco e sulla costa. La Orotava è uno dei paesi di Tenerife che merita di essere visitato ed è nota per la sua architettura. In particolare, nella città vecchia risiedeva la ricca borghesia e il clero e piazze ed edifici sono rimasti a testimonianza. A partire dalla piazza del municipio fino alle case degli antichi nobili con finiture e balconi ricercati e dove sbirciando tra i cancelli abbiamo potuto vedere fantastici cortili e giardini. Un edificio che ci ha colpito molto è anche la Iglesia de Nuestra Señora de la Concepción dalla facciata maestosa in stile classico spagnolo e ben due campanili ai lati. Al centro si alza una grande cupola. Non siamo entrati, ma abbiamo letto che gli interni sono riccamente decorati e pieni di sculture.

Abbiamo lasciato La Orotava con la sensazione che avremmo potuto dedicare più tempo alla visita, ci sono anche parchi e giardini che non abbiamo visto, ma anche in questo caso sarà un buon motivo per ritornarci in futuro. Siamo quindi tornati a Puerto de la Cruz per la cena.

Giorno 11 (Tacoronte – Bajamar – Punta del Hidalgo)

Giornata a ritmi tranquilli dedicata alla visita della restante parte della costa settentrionale fino al limite di Punta del Hidalgo dove poi si innalza il massiccio de Anaga che forma la punta estrema a nordest di Tenerife e che alla fine è rimasto l’unica zona dell’isola che non abbiamo visitato. Partiamo da Puerto de la Cruz in direzione nord sull’Autopista TF-152, dalla quale usciamo in località La Matanza de Acentejo. Il paese deve il nome alla vittoriosa battaglia che i nativi Guanci, sfruttando la conoscenza del territorio, riportarono sui conquistatori spagnoli. Oltre a questo interesse storico il paese non offre altro da vedere per cui non ci siamo fermati e abbiamo continuato girando un po’ a caso lungo le strade secondarie. Dopo qualche retrofront dovuto a strade interrotte o chiuse per le sagre di paese abbiamo ripreso la strada maestra e siamo arrivati a Tacoronte, uno dei principali paesi di quest’area. Tacoronte sorge sulle colline, qualche km all’interno rispetto alla costa, è un importante centro di produzione vinicola per tutta l’isola e il suo centro storico merita una visita. Noi siamo arrivati verso ora di pranzo e abbiamo incontrato davvero poche persone in giro. Lasciata la macchina nei pressi del municipio abbiamo iniziato la visita dalla principale e alberata Plaza del Cristo, dove sorge il Santuario del Cristo dalla facciata in pietra vulcanica scura. Non siamo entrati, ma abbiamo letto che al suo interno è custodita una statua del Cristo di Tacoronte che è un simbolo religioso molto venerato dagli isolani. Intorno alla chiesa abbiamo trovato alcune installazioni di arte moderna, tra cui una grande scatola di sardine aperta. Da una piccola via laterale alla piazza si costeggia un bel parco, il Parque Jardines de Hamilton, ricco di piante e fiori tipici delle Canarie. In fondo a questa via si sbuca su una piazza dove si trova il Calvario, una fontana piena di aste metalliche, crediamo a simboleggiare degli aghi, e l’Alhondiga, un vecchio granaio riconvertito a museo agricolo. Più in là, seguendo Calle del Calvario, siamo arrivati alla Chiesa di Santa Catalina, un bell’edificio dalle pareti bianche e in stile coloniale.

Tornati alla macchina lasciamo Tacoronte e ci dirigiamo verso nord, cercando di trovare la strada per un punto panoramico, il Mirador el Boqueron, che vediamo segnato sulla cartina. Seguendo la strada principale TF-16 attraversiamo alcune piccole località e prima di entrare nell’abitato di Valle Guerra troviamo sulla destra la deviazione per la Carretera El Boqueron, una strada che sale con pochi tornati su una piccola collina e qui si trova il balcone panoramico. La visuale non è affatto male, si vede tutto il tratto di costa fino a scorgere chiaramente lo strano faro bianco di Punta del Hidalgo, mentre dall’altro lato la vista si perde nei rilievi boscosi dell’interno dell’isola. Torniamo sui nostri passi riprendendo la strada TF-16 e proseguiamo dritti fino a Punta del Hidalgo nel punto in cui la strada finisce. Qui ci siamo fermati ad ammirare i flutti dell’Atlantico che si scagliavano con violenza sulla costa rocciosa, mentre un paio di parapendii svolazzavano su e giù in continuazione grazie alle forti correnti. Sul lato destro si innalza il massiccio dell’Anaga con il riconoscibile promontorio di Los Hermanos, chiamato così per i due picchi gemelli in cima… a noi sembravano più due orecchie. Nel punto dove termina la strada è possibile lasciare l’auto e percorrere a piedi alcuni brevi sentieri che portano alla riva. Noi siamo tornati indietro per attraversare il paese e fare una passeggiata sull’altro lato della punta fino al curioso faro, una struttura molto alta e moderna in cemento, una sorta di siringa protesa verso il cielo. Il paese non ha, eccetto il faro, altre attrazioni ed è ricco di strutture turistiche tra cui alcuni edifici in stile casermone anni 70 non particolarmente belli da vedere, mentre più interessante, almeno come panorama, il gruppo di case colorate che si trova all’interno ai piedi del pendio roccioso. La costa non ha un vera spiaggia, ma gli scogli di roccia lavica frastagliati formano tante piccole insenature e pozze naturali. C’è tanta gente che prende il sole e si bagna in queste piscine naturali, ma non è stato sicuramente uno dei luoghi dell’isola che ci ha colpito. Abbiamo trovato carina invece l’installazione di alcuni attrezzi ginnici sul marciapiede lungomare e ne abbiamo approfittato per fare qualche foto scherzosa.

Da Punta del Hidalgo siamo tornati indietro fermandoci a Bajamar, il paese che sorge subito dopo. Bajamar è un luogo popolare dell’isola, noto per le grandi piscine naturali alimentate da un mare sempre agitato. La prima impressione non è stata delle migliori: dalla strada costiera abbiamo visto un enorme edificio bianco, un hotel, sorto esattamente sulla riva che decisamente rovina il paesaggio. Il paese è piccolo e si sviluppa intorno alla zona delle piscine che è presa d’assalto dai bagnanti e abbiamo dovuto parcheggiare l’auto abbastanza lontana in una strada che sale in collina. Pur non apprezzando molto la colata di cemento che ha coperto questo tratto di riva dobbiamo dire che questa specie di spiaggia di cemento è abbastanza ben organizzata, ci sono un paio di piscine grandi e una più piccola e riparata per i bambini. Siamo rimasti anche noi per un po’ a prendere sole e spruzzi d’acqua, ma nel complesso anche Bajamar non è uno dei posti che abbiamo preferito.

Dopo Bajamar siamo tornati con calma a Puerto de la Cruz, dove ci siamo cambiati e siamo usciti per la cena facendo un altro giro per il centro della città.

Giorno 12 (San Cristobal de la Laguna – Santa Cruz de Tenerife)

Lasciamo con calma Puerto de La Cruz dopo aver pulito la casa, sistemato i bagagli e riconsegnate le chiavi e ci dirigiamo di nuovo a San Cristobal de La Laguna per visitare il Museo de la Ciencia y del Cosmos del quale abbiamo trovato una bella recensione sulla guida. Il museo è piccolo se paragonato a quelli di Milano o di Parigi per esempio, ma è ben organizzato e offre spiegazioni semplici, ma efficaci. Vale la pena passarci un’oretta dentro per fare un’attività diversa.

Ci dirigiamo quindi a Santa Cruz de Tenerife per la visita della città. Facciamo il check-in in hotel, Silken Atlantida, un 4 stelle per il quale abbiamo trovato una buona offerta su Booking.com, con piccola spa, terrazza e palestra all’ultimo piano. Affascinante anche la salita sull’ascensore esterno in vetro che offre un bel panorama sulla città. Il pomeriggio, dopo aver mangiato un boccone al vicino centro commerciale Meridiano, abbiamo girato a piedi per Santa Cruz, partendo dall’Auditorium di Calatrava dalla forma a vela (o conchiglia) in muratura bianca in riva all’oceano e situato a sud del porto nella parte più moderna della città. Di fianco c’è un grande parco acquatico pieno di piscine e molto affollato, mentre il molo che corre intorno all’Auditorium è formato da una scogliera in cui ogni roccia è dipinta con il ritratto a colori di un musicista famoso.

Dall’Auditorium abbiamo proseguito a piedi sul lungomare, sfilando il porto commerciale, fino alla centrale Plaza de España, punto di connessione chiuso al traffico tra il porto e il centro storico, con la sua enorme fontana circolare e le enormi statue dei Guanci e il monumento ai caduti. Di fianco si trova la Plaza de la Candelaria da cui poi iniziano le vie che disegnano il centro cittadino, piene di bar, negozi e uffici istituzionali. Abbiamo notato che i lastrici delle strade, gli intonaci e i colori dei muri delle case hanno subito una ristrutturazione recente. Cose che segnaliamo da vedere: i giardini di Plaza del Principe, il Teatro Guimerà, il Centro de Arte Recova, la chiesa di Nuestra Señora de La Concepción, la moderna biblioteca e spazio arte, il vecchio mercato municipale Nuestra Señora de África La Recova, ora centro culturale, che però noi abbiamo trovato già chiuso.

Terminato il giro per il centro siamo tornati, sempre piedi, al nostro hotel passando per altre vie interne. La cena l’abbiamo presa da un ristorante giapponese vicino all’hotel, il Sakura VII, senza restarne entusiasti.

Giorno 13 (Las Teresitas – Candelaria – Punta de Abona)

È il nostro ultimo giorno sull’isola. Sveglia, colazione in hotel e lasciamo Santa Cruz in direzione nord arrivando dopo una decina di km a San Andres, un piccolo paese di case colorate abbarbicato sul fianco di un pendio che scende verso il mare. Appena oltre San Andres si estende la grande spiaggia di sabbia fine dorata (portata dal deserto) di Las Teresitas, uno degli spot principali dell’intera isola. Alle spalle della spiaggia e per tutta la sua lunghezza c’è un grande parcheggio, che già a metà mattinata è pieno di auto. Las Teresitas è una spiaggia molto ampia, puntellata di molte palme che ho personalmente apprezzato per la possibilità di sedersi alla loro ombra, molto affollata e ben attrezzata per le famiglie. Le barriere frangiflutti che chiudono la piccola baia la riparano dal mare mosso e creano uno specchio di acqua azzurra e tranquilla per farsi un bel bagno. Restiamo per circa un’ora e mezza in spiaggia, poi riprendiamo la macchina e percorriamo le poche centinaia di metri che portano dal parcheggio al punto panoramico che si trova sopra la spiaggia, alla sua estremità settentrionale. Da qui si gode di un’ottima vista su tutta Las Teresitas e sull’oceano aperto fino a scorgere Gran Canaria in lontananza.

Più avanti ancora la strada prosegue verso i boschi dell’Anaga, la punta nord e selvaggia dell’isola, noi invece ritorniamo verso Santa Cruz, imbocchiamo l’autostrada TF-1 in direzione sud e in meno di mezz’ora arriviamo a Candelaria, paese affacciato sul mare e di interesse storico, un tempo era abitato dai Guanci, e religioso in quanto meta di pellegrinaggio. Abbiamo infatti notato come il piccolo paese fosse tutto in fermento per la preparazione di una festa religiosa che si tiene il 15 di Agosto e che raccoglie fedeli da ogni parte dell’isola. L’attrazione principale di Candelaria è la Basilica de Nuestra Señora de Candelaria dedicata alla Virgen de la Candelaria, la patrona delle Canarie. E’ un edificio religioso in tipico stile spagnolo con la facciata che alterna parti a colorazione ocra e parti di muro bianco e al cui fianco si alza il campanile, non altissimo, ma dalla forma massiccia. L’interno è ricco di affreschi e decorazioni barocche. La chiesa si affaccia su un ampio piazzale separato da un muretto dalla riva e su questo muretto si trovano in fila le grandi nove statue degli antichi re Guanci. Abbiamo preso un pasto leggero e gustoso al Bar Restaurante Plaza direttamente sulla piazza e poi ci siamo addentrati nella piccola calle piena di negozi di souvenir e locali di cibo da asporto.

Da Candelaria abbiamo percorso un altro breve tratto di autostrada verso sud e siamo usciti in direzione Guimar, una località poco all’interno sulle colline, nota per la presenza di un complesso di piccole Piramidi a gradoni, probabilmente risalenti all’epoca dei Guanci. Ci siamo diretti lì più per curiosità di vedere come fosse questa attrazione molto pubblicizzata sull’isola che per vero interesse. Il complesso non è visibile dall’esterno e l’entrata è a pagamento (11€ a persona) con visita guidata e museo. Alla fine abbiamo deciso di non entrare e ci siamo limitati a una merenda al bar della biglietteria.

Da Guimar l’autostrada corre decisamente più vicina alla costa e passa di fianco a campi di pale eoliche. La sosta successiva è stata alla Punta de Abona, circa 20 km più a sud. Si esce in località El Poris, un piccolo villaggio sulla baia composto da tante casupole quadrate bianche (…e un paio di costruzioni, probabilmente hotel, fuori tema rispetto al paesaggio) e si segue la strada fino al faro, dove diventa sterrata. In questo tratto fatto di tante piccole calette, la costa è rocciosa ed è spazzata da un vento fortissimo e molto fastidioso che fa infrangere l’oceano sugli scogli con grande violenza, innalzando spruzzi notevoli. Il faro, nel suo classico vestito di anelli bianchi e rossi, non è aperto al pubblico.

A questo punto ci siamo diretti verso l’aeroporto di Tenerife Sur per la riconsegna dell’auto, dopo aver fatto lavaggio e pieno di benzina e, così com’era iniziata la nostra avventura, dall’aeroporto siamo andati a San Isidro all’Hotel Aeropuerto Sur, questa volta sperimentando l’autobus. San Isidro non è una località che offre attrattive turistiche e neanche molti servizi. Ci siamo limitati a una breve passeggiata lungo il viale principale, fermandoci a mangiare un trancio di pizza in un locale gestito da ragazzi italiani e poi siamo tornati in hotel per sistemare i bagagli e cercare di riposare il più possibile dato che il volo che abbiamo prenotato parte all’alba.

Giorno 14 (Partenza)

Sveglia in piena notte e tragitto in taxi fino all’aeroporto per partire alle 6.00 con il volo Ryanair che ci ha portato a Parigi dove abbiamo trascorso gli ultimi sei giorni di vacanza prima del rientro.



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