Estate 2008 su Adriatica con Syusy: ecco il programma delle prime due settimane

Cari Turisti per Caso, ecco la bozza dell'itinerario progettato dal nostro stratega turistico Orso per le prime due settimane del viaggio a vela su Adriatica nel Mediterraneo. L'obiettivo del viaggio è scoprire i Misteri legati agli antichi "Popoli del Mare" con Syusy...
Turisti Per Caso.it, 30 Mag 2008
estate 2008 su adriatica con syusy: ecco il programma delle prime due settimane
Cari Turisti per Caso, ecco la bozza dell’itinerario progettato dal nostro stratega turistico Orso per le prime due settimane del viaggio a vela su Adriatica nel Mediterraneo. L’obiettivo del viaggio è scoprire i Misteri legati agli antichi “Popoli del Mare” con Syusy.

Si parte da Catania per arrivare a Otranto passando per la Calabria, per visitare curiose piramidi, immensi monoliti, mura ciclopiche… Tutte tracce di popoli antichi pieni di fascino e di mistero.

1° Settimana: da Sabato 19 a Venerdì 25 luglio Imbarco su Adriatica a Catania, notte a bordo 1° giorno Mattina, partenza per Enna Sede di un culto alla Grande Madre, Enna fu luogo già in epoca preellenica di riti antichissimi e di pratiche iniziatiche legate ai cicli agrari. Il mito greco racconta che lì Plutone rapì Kore, figlia di Demetra, e che questa elargì agli uomini il dono del grano, istituendo i misteri eleusini. Enna è una piccola città arroccata su un monte al centro della Sicilia, posizione che le valse la definizione di “onfalòs” (cioè ombelico) dell’isola da parte di Cicerone e Diodoro Siculo. Con i suoi mille metri di altitudine, la città è oggi il capoluogo di provincia più alto d’Italia e conta circa 30.000 abitanti. La fondazione di Enna si perde nella notte dei tempi e secondo alcune fonti classiche (Ovidio, Metamorfosi, Claudiano, De raptu Proserpinae) l’origine del nome potrebbe risalire ai Sicani (ca. 3.500 anni fa). Enna era famosa nell’antichità per il culto di Demetra e Kore (le romane Cerere e Proserpina) e per il ratto di quest’ultima da parte del dio degli Inferi Ade (Plutone). Il centro di questo antichissimo culto è la Rocca di Cerere, enorme roccia di calcare bianco che domina le vallate circostanti. Molte fonti classiche (tra cui Aristotele, Cicerone, Diodoro Siculo) attestano la presenza di un culto legato alla figura della Megále Méter (la Grande Madre), che gli stessi Greci avrebbero già trovato in situ e accolto nel loro pantheon con il nome di Demetra. Molto probabilmente la stessa Rocca fu un tempo una ierofania litica (cioè una manifestazione del sacro in forma di pietra), legata ai simboli della fecondità, dell’agricoltura e della terra che genera. È probabile dunque che a Enna si praticassero in tempi anteriori all’arrivo dei Greci rituali e pratiche iniziatiche collegati all’agricoltura, poi continuati dai Greci.

Pomeriggio: Pergusa (Enna), al Lago Sacro, o Lago di Pergusa Il lago si trova a 667 metri sul livello del mare, ha forma ovale ed è grande poco più di due chilometri per uno. È profondo al massimo 4,60 metri, non ha emissari e ha le acque leggermente salmastre. La zona è riserva naturale, ma il lago è circondato da un autodromo! Periodicamente nel lago si verifica un raro fenomeno: un piccolissimo gambero, nutrendosi di alghe decomposte, colora le acque di rosso. Al lago è legato il mito greco del rapimento di Persefone, dea della vegetazione figlia di Zeus e di Demetra, da cui ebbe origine la primavera. Narra il mito che mentre Persefone raccoglieva dei fiori sulle rive del lago il dio degli inferi Ade apparve da una caverna con il suo carro trainato da cavalli neri per rapirla, sposarla e farne la dea dell’oltretomba. Quando la madre Demetra conobbe il destino della figlia, pregò Zeus che Persefone passasse metà dell’anno con lei sulla terra e l’altra metà con il suo rapitore e marito, nell’Ade. Zeus acconsentì e ogni anno, quando Persefone riemergeva dagli inferi, sbocciava la primavera.

Pomeriggio: Pietraperzia, nei pressi di Enna, dove si troverebbero i resti di una piramide. La piramide di Pietraperzia (En) fu probabilmente realizzata dagli antichi abitanti dell’isola in onore del dio Sole e non è da escludere un’influenza da parte dei vicini Egizi. La piramide di Pietraperzia è a gradoni e ricorda molto quelle della Mesoamerica, sebbene sia più piccola e molto deteriorata. Secondo gli studiosi risalirebbe al periodo Neolitico, con apporti successivi datati al medioevo. In origine era alta 15 metri e composta da tre gradoni, con una base rettangolare di 60 metri per 30. Oggi rimangono tracce di quattro scale, ognuna su un lato, molto simili a quelle della piramide di Chichen Itza nello Yucatan. Come altre antiche costruzioni piramidali, la piramide di Pietraperzia ha i lati orientati quasi perfettamente con i quattro punti cardinali.

2° giorno Partenza per Siracusa e visita del Parco archeologico della Neapolis Da visitare nel parco: l’anfiteatro romano (II e III sec. D. C.), l’Ara di Ierone (III sec. A. C.), il Teatro greco (V sec. A. C.), il santuario di Apollo Temeride, la tomba di Archimede, la Latomia del Paradiso (antica cava di calcare) dove si apre il cosiddetto “Orecchio di Dionisio”, una grotta artificiale lunga 65 metri, alta 23 e larga da 5 a 11, disposta su pianta tortuosa e rastremata verso l’alto. Dionisio fu tiranno di Siracusa e nel 413 a.C. Costrinse a lavorare nelle cave i prigionieri ateniesi. Nell'”Orecchio di Dionisio”, battezzato così dal pittore Caravaggio, anche il suono più lieve viene amplificato: narra la leggenda che il tiranno la utilizzò per poter ascoltare tutto quello che i prigionieri dicevano fra loro anche a bassissima voce. 3° giorno Siracusa. Visita della Fonte Ciane (o Testa della Pisma) a 8 km dalla città. La fonte era ben conosciuta nell’antichità: i Greci la consideravano sacra e abitata da una ninfa. Oggi è un profondo bacino circolare di un azzurro intenso, intorno al quale nascono e si sviluppano spontaneamente alte piante di papiro. Il livello dell’acqua, legato a variazioni dell’afflusso sotterraneo, cresce con con il crescere della Luna. Ritorno a bordo di Adriatica e sosta lungo la costa siciliana per un bagno ristoratore. 4° giorno Navigazione notturna verso Bovalino, a Roccella Ionica, e Riace Marina (il luogo di ritrovamento dei Bronzi di Riace), sosta lungo le spiagge.

Giornata di mare e sole.

5° giorno In minivan, da Monasterace Marina verso Nardo di Pace (Vibo Valentia).

A 15 Km da Serra San Bruno, nei pressi di Nardo di Pace (VV), sono state rinvenute di recente costruzioni megalitiche preistoriche. Secondo l’ipotesi più accreditata sulla loro origine sarebbero il luogo di culto di un’antica civiltà, databile tra l’età del bronzo e quella del ferro. Si deve essere trattato di una società già molto evoluta e organizzata, in grado di lavorare una pietra dura come il granito e di gestire un lavoro così lungo, faticoso e complesso. I Megaliti Di Nardo Di Pace Le grandi costruzioni megalitiche presenti nel mondo hanno fatto immaginare e ipotizzare la presenza di una stirpe di Giganti sulla terra antecedente la specie umana. Tracce di resti di questo tipo sono state rinvenute in diversi siti del pianeta, dalla struttura circolare di Stonehenge, ai giganti dell’isola di Pasqua, alle mura di Macchu Picchu, alle Piramidi e alle architetture Micenee. I megaliti di Nardo di Pace non fanno parte della struttura naturale del territorio, ma sono stati collocati volutamente da civiltà scomparse come quella degli Ausoni (così afferma l’archeologa Yasmin von Hohenstaufen). Secondo questa ipotesi, il sito sarebbe stato un osservatorio astronomico collegato allo stesso culto stellare di Stonehenge. Inoltre sono stati rinvenuti nel letto del vicino fiume Ancinale pietre lavorate in tondo e resti di graniti con scalfitture dai probabili significati occulti. Pernottamento in rada 6° giorno In mattinata, prosecuzione verso Isola di Capo Rizzuto, per approfondire la storia di Ochali, con soste lungo la costa e la spiaggia della località calabra (spiaggia per nudisti). In serata arrivo a Crotone.

7° giorno Da Crotone visita a terra, in minivan, degli “Elefanti di Pietra” nella Sila Grande. Sono due titanici monoliti presenti in una radura nei pressi di Campana (CS). Uno rappresenta un elefante alto circa 5 metri, splendidamente scolpito. Il secondo, chiamato in dialetto “il ciclope”, rappresenta le gambe di un uomo seduto, alla maniera delle statue di Memnone di Tebe o dei templi di Abu Simbel in Egitto. Sarebbe solo una parte della statua originaria, i cui blocchi mancanti sono in parte andati perduti e in parte giacciono sul terreno circostante a qualche decina di metri di distanza. Ecco la descrizione che Domenico Canino, l’architetto-archeologo che ha scoperto i monoliti, ne fa in un recente articolo pubblicato sul quotidiano “La Provincia Cosentina”: “Da quando sono stati segnalati al grande pubblico i colossi di Campana hanno suscitato un grande interesse dei media e degli appassionati di storia antica. Nei numerosi sopralluoghi effettuati sul sito dei colossi, sono di volta in volta emersi nuovi elementi di discussione. La mia opinione è che si tratti di sculture litiche zoomorfe (elefante) e antropomorfe (gambe umane) e non frutto di erosione naturale. Le forme dei particolari anatomici sono così precise che tutti gli scultori che hanno visto le statue non hanno avuto alcun dubbio ad attribuirli alla mano dell’uomo. E poi perché obbiettivamente la possibilità che la natura casualmente scolpisca non una ma ben due statue colossali a pochi metri una dall’altra è una su un miliardo… Alla domanda che ho posto a Mario Tozzi, noto geologo e divulgatore giunto sul sito per Gaia, su quanto tempo impiegano le intemperie a creare dei fori profondi (detti marmitte fossili) sui pezzi crollati dalle due statue, la risposta è stata: “diverse migliaia di anni”! E allora mi sono chiesto come è possibile che di questi colossi non ci sia traccia nelle fonti, negli itinerari di viaggio, nelle carte geografiche antiche? Ho dunque cercato sui testi dei due maggiori esperti mondiali di cartografia del mezzogiorno: il prof. Ilario Principe docente di storia dell’Urbanistica all’ Unical, ed il prof. Marco Iuliano docente di Storia presso la facoltà di Architettura di Napoli. Ebbene lo stupore è stato grande quando sulla Mappa del 1606 della Calabria Citra di Giovanni Antonio Magini, ho trovato tra Campana e Verzino l’inequivocabile toponimo “Cozzo delli Gigante”! Allora queste statue erano così note nell’antichità da essere addirittura disegnate sulle mappe geografiche.” In serata sbarco dei partecipanti alla prima settimana a Crotone.

2° Settimana: da Sabato 26 luglio a Venerdì 1 agosto Imbarco a Crotone 1° giorno Giornata di piccola navigazione lungo le alte coste calabre e soste per godere del fantastico mare.

Navigazione notturna verso Santa Maria di Leuca.

2 ° giorno Arrivo in mattinata a Santa Maria di Leuca, visita della città e delle grotte.

Il Capo di Leuca non è affascinante solo per la sua storia, le sue leggende le sue tradizioni, ma anche per il suo mare e le sue coste. In appena pochi chilometri di costa, infatti, si possono trovare scogliere alte e frastagliate, che scendono a picco nel mare, e piccoli arenili che interrompono scogli bassi. O ancora ampie distese di spiaggia sabbiosa dal colore giallo-oro. A rendere ancora più interessante tutto il litorale talentino è la presenza di numerose grotte carsiche, circa una trentina, a cui la fantasia e l’immaginazione dell’uomo hanno attribuito nomi alquanto singolari. In genere, per ammirare meglio la loro bellezza e la varietà di colori che assumono le acque, è preferibile visitare le grotte situate a levante con la luce del mattino e quelle situate a ponente nel pomeriggio, perché l’effetto delle rifrazioni luminose è molto più intenso e suggestivo. Caratteristico è il complesso con la chiesetta di S. Maria di Leuca del Belvedere, nota tra le popolazioni del luogo con il nome di Leuca Piccola. Fu costruito da don Annibale Francesco Capace, barone di Barbarano tra il 1685 e il 1709, sull’antica strada che da Lecce portava al Santuario di Santa Maria di Leuca, proprio per venire incontro ai fedeli che, per fare una visita alla Madonna, camminavano per giorni. Tale struttura, in passato era un complesso polifunzionale, dotato non solo di ambienti religiosi e di culto ma anche di aree destinate, al riposo e al ristoro dei pellegrini e dei loro animali. Questo per permettere ai fedeli di riprendere il pellegrinaggio, ben riposati, il giorno dopo il loro arrivo. All’ingresso dei sotterranei una lastra di pietra recita così: “Don Annibale Capece or mi feconda Se un tempo sviscerar fece il mio seno; entra qui, dunque,e ti trattenga almeno l’ombra, il fresco, la mensa, il vino e l’onda.” La Grotta Porcinara è sicuramente la grotta più conosciuta di quelle esistenti a Leuca, situata sul versante est di Punta Ristola. Vi si può accedere sia da terra, attraverso un sentiero, sia per mare. Scavata interamente dall’uomo, la grotta ha due grandi bocche che permettono di accedere nei tre ambienti comunicanti tra loro. 3° giorno Inizio della visita del Salento in minivan.

I Messapi erano gli antichi abitanti del Salento. Diverse le teorie sulla loro origine. In base a quanto detto da Erodono, i Messapi erano di origine cretese-micenea, mentre, secondo altre fonti, essi nacquero da una mescolanza tra cretesi e illiri. Successivamente, tenendo conto del fatto che tra le due sponde dell’Adriatico erano molto frequenti i rapporti commerciali e migratori, si è supposto che essi erano di origine balcanica. I resti più importanti di questa civiltà sono stati ritrovati nel basso Salento.

I Dolmen sono piccole camere rettangolari formate da otto o anche più pilastri monolitici che poggiano sulla roccia e sorreggono un lastrone di copertura. I dolmen sono grezzi, non presentano incisioni e possono raggiungere un’altezza massima di un metro e mezzo dal suolo. I dolmen salentini più interessanti, sono 7, e sono stati scoperti fra il 1893 e il 1910 nelle campagne di Giurdignano vicino Otranto. Altri dolmen sono presenti nei pressi di Minervino, Castro, Melendugno e Taranto. I menhir sono costituiti da una sola pietra a forma di parallelepipedo a base rettangolare, abbastanza squadrata, e incastrata nel suolo o nella roccia. I menhir salentini, la cui caratteristica principale è data dal fatto che le loro facce più larghe sono orientate da nord a sud, in genere hanno un’altezza di 4 metri e sono molto simili a quelli presenti in Cornovaglia, in Inghilterra, nelle Baleari e nel territorio Barese e Sardo. Secondo molti studiosi, i menhir avevano un significato religioso che però venne mutato con l’avvento del Cristianesimo. Chi sostiene questa tesi afferma che la Chiesa cercò in ogni modo di distruggere la litolatria e, non riuscendoci, cercò dunque di cristianizzare questi antichi segni del culto pagano, imponendo di scolpire delle croci sulle loro pareti. Fu così che i menhir vennero trasformati in Osanna e divennero dei luoghi di culto. L’unico menhir, ancora visibile nel Capo di Leuca, è quello situato in Giuliano, piccola frazione di Castrignano del Capo. 4° giorno Ancora in minivan nel Salento.

Visita alle mura Ciclopiche di Ugento: La storia di Ugento è vasta e complicata. Si può senza dubbio affermare che il paese ha avuto un glorioso passato. Il periodo di massimo splendore è quello che gli storici moderni definiscono storia “arcaica” e che indica l’alba delle civiltà in Italia. Ed è proprio in questo periodo che Ozan, l’antico nome di Ugento, fondava le radici di una società che ha lasciato, fino hai giorni nostri, 5 km di mura ciclopiche (alte 14 m e larghe 8 in alcuni punti), il culto di Zeus, il conio delle prime monete come base dell’economia di scambio e preziosi manufatti in creta o bronzo. Ugento fu il principale centro religioso del Salento, una fortezza inespugnabile dal punto di vista militare e, proprio per questo, una fiorente civiltà agricola e artigianale. In più, vasto scalo navale di merci e sede del più imponente porto del passato, fu per molti secoli una vera e propria potenza. Il declino della civiltà iniziò con la rivalità nei confronti di Taranto, che portò a numerose guerre e la conseguente decimazione della popolazione Ugentina La cancellazione totale arrivò, infine, per opera di Roma che non perdonò mai l’appoggio degli Ugentini ad Annibale nel suo viaggio verso l’Italia. Visto il suo passato, il paese conserva gelosamente le tracce della sua gloria: la statua di Zeus in bronzo, pezzo unico della storia, le tracce del tempio, le colombaie in onore del dio.

Ritorno a Santa Maria di Leuca. Pomeriggio dedicato al mare e al sole. 5° giorno Mattinata di navigazione verso Otranto e soste lungo le coste per godere del fantastico mare.

6° giorno In minivan a Poggiardo (Lecce), paese del Museo degli Affreschi Rupestri.

La Cripta di Santa Maria degli Angeli, dopo un lungo periodo di attività di culto, nel secolo XV cominciò ad essere abbandonata, fino ad essere addirittura soppressa e sepolta nel secolo XVI. Nel 1929, nel corso di uno scavo, casualmente la cripta fu riscoperta. Liberata dal materiale di riempimento e restaurata, la cripta riacquistò il suo primitivo aspetto: le splendide pitture con il loro sfolgorio d’oro, di verde, di violetto, di rosso cremisino, tornarono così ad accendersi. La diffusa e insanabile umidità delle pareti e l’incombente minaccia delle muffe rese, però, necessario il distacco degli affreschi, che furono rilevati dalla loro sede originale e portati all’Istituto Centrale del Restauro di Roma. Restaurati con risultati soddisfacenti, ed esposti ad una serie di mostre, gli affreschi sono tornati, finalmente, nella loro terra d’origine, Poggiardo. Oggi si trovano nel museo, realizzato nel 1975 per volontà dall’allora Sindaco, Raffaele Pascarito, ubicato nella Villa comunale in Piazza G. Episcopo. La Cripta di Santa Maria degli Angeli si trova nel cuore del paese, in Via Don Minzoni, sotto la sede stradale, nei pressi della Chiesa Madre e del Palazzo Ducale dei Guarini.

7° giorno In minivan visita di Galatina.

In occasione della festività dei Ss. Pietro e Paolo, a Galatina arrivavano i tarantati, o tarantolati, provenienti da tutto il Salento. Questo a ricordo del triste evento incorso nella loro vita, il morso della tarantola (taranta in dialetto salentino), e per ringraziamento della sopravvenuta guarigione. Una volta giunti a Galatina, i tarantati si trasferivano nella Chiesa Matrice. Secondo la tradizione, dal pozzo vicino alla chiesa, attualmente murato per motivi igienici, sgorgava dell’acqua che aveva il potere di guarire quanti venivano morsi da aracnidi come le tarantole. Sempre secondo la tradizione, i tarantati effettuavano prima un esorcismo musicale nelle proprie casa. Successivamente, tra i ritmi incalzanti delle musiche locali, si recavano presso la cappella per invocare il Santo o ringraziarlo per la grazia ricevuta. Solo dopo aver bevuto l’acqua miracolosa, ed aver vomitato nel pozzo, la grazia si poteva considerare ottenuta. Così ogni anno, il 28 giugno, i taranti tornavano a Galatina per rinnovare la grazia. Questa tradizione perdura ancora oggi, e ogni anno a Galatina si celebra la ricorrenza delle tarantate.

Ritorno a bordo di Adriatica e sbarco dei partecipanti alla seconda settimana a Otranto.

Visto quanti luoghi e quanti spunti? L’itinerario non è ancora definitivo, potete proporre integrazioni e variazioni di rotta in questo forum.

Nei prossimi aggiornamenti vi informeremo sulle altre due settimane progettate da Orso per questo giro a vela nel Mediterraneo sulla rotta dei Popoli del Mare. Se l’idea di venire a bordo di Adriatica vi stuzzica, leggete qui…

come partecipare al viaggio. La Redazione Turistipercaso.It



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