Syusy non ha dubbi: in Sardegna c’è tutto!
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LE PICCOLE FATE
Già arrivando all’aeroporto di Olbia ci si imbatte in una gradita sorpresa: tra i souvenir sono arrivate anche le statuette, copie di quelle antiche, delle Dee Madri! Perché il passato Neolitico della Sardegna è caratterizzato da una grande presenza di questo Culto. Lo si può vedere molto bene a Laconi, nelle Domus de Gianas (le Fate). Un sito datato 4/5.000 a.C. Dove sono rimaste non le abitazioni, naturalmente, ma gli ossari scavati nella roccia. Forse da quello deriva il nome, cioè Case delle Piccole Fate, perché ci sono tante piccole aperture nella roccia. Qui venivano deposte le ossa, dopo che il corpo era stato scarnificato, secondo l’arcaica tradizione che ancora si ritrova in Tibet o nell’Anatolia. E in effetti i riferimenti con l’Anatolia sono molto numerosi, se si pensa che l’analisi del DNA dei Sardi ha rivelato collegamenti proprio con quella parte della Turchia e che vicino a Ismir esiste un antico sito chiamato Sardes. La visita a questi luoghi della Sardegna, oltre alla bellezza del posto e all’importanza storica, ti fa capire una cosa molto interessante, cioè che quelle erano tombe comuni, e che quindi la società neolitica, dominata dal culto della Dea Madre, era una società comunitaria, egualitaria. Non c’erano tombe importanti di re o di una casta superiore. E in più non c’erano tracce di conflitti né di armi, perché quelle Popolazioni non facevano la guerra, quindi erano certamente più civili di noi…
MENHIR
Ma una volta che si è a Laconi non si può perdere il Menhir di Monte Curu Turdu di Villa S.Antonio. In mezzo alla campagna svetta appunto un Menhir che sembra quello di Obelix, che sembra messo lì, in bella posizione, un po’ a caso: in realtà si è scoperto che segna il quarantesimo parallelo! A vederlo, effettivamente, è un po’ fallico… e ci si chiede come i Menhir possano appartenere ad un’epoca così caratterizzata dal femminile. Andando al Museo di Laconi, dove sono conservati tutti i Menhir e le lapidi trovate nella zona (che sono centinaia se non migliaia) si scopre che i Menhir hanno appunto una forma femminile sulla quale sono state incise – forse successivamente – i larghi coltelli che caratterizzano l’Età del rame. E quindi segnano l’arrivo di un altro tipo di popolazione, un cambio epocale di cultura che introduce appunto coltelli, spade, archi, frecce: insomma, una volta – come nelle favole – si diventava re sposando la figlia del re, ma poi tutto cambia e anche questi popoli cominciano a combattere, a difendersi, ad espandersi, fino a diventare il Popolo di Bronzo che noi conosciamo attraverso le statuette che sono rimaste come offerte e che ora sono conservate, perlopiù, al Museo Archeologico di Cagliari.
I BRONZETTI
Sono i famosi “Bronzetti nuragici”, bellissimi e misteriosissimi. Almeno fino a che recentemente una mia a mica, Angela De Montis, non li ha studiati e ricostruiti a grandezza naturale, fino a ridisegnare una vera e propria “linea di moda” nuragica! A questo proposito c’è una interessantissima Mostra (“Il Popolo di Bronzo”). Del resto, al museo cagliaritano, c’è anche la Pietra di Nora, sulla quale per la prima volta viene citato il nome “Srdn”, che sarebbe una specie di codice fiscale dei Sardes, cioè delle popolazioni guerriere e di grandi navigatori che furono uno dei più importanti Popoli del Mare, i Shardana, che – come mi ha raccontato lo storico Leonardo Melis – finirono con lo scontrarsi persino con gli Egizi.
TERRA DI ATLANTE
Come finì questa Grande Civiltà? Da chi fu sconfitta? E come mai i sardi – forse anche oggi -preferiscono fare gli allevatori in montagna piuttosto che avventurarsi per mare? Il giornalista Sergio Frau, mi ha spiegato che il grande complesso nuragico di Barumini e molti altri siti che si trovano nel Campidano furono coperti da 30 metri di fango dall’arrivo di una grande onda, un vero e proprio tsunami, che venne definito dagli antichi “lo schiaffo di Poseidone”. La stessa fine di Atlantide? Non è che la Sardegna era Atlantide?? “Possiamo definirla la terra di Atlante” mi ha risposto appunto Frau, citando Platone. Ma Atlantide non doveva essere in Atlantico, al di là delle Colonne d’Ercole? Ma poteva essere che l’Oceano fosse considerato il Mediterraneo Occidentale, e che le colonne d’Ercole fossero collocate fra la Sicilia e la Tunisia.
NURAGHI
L’ho sempre pensato: Sardegna uguale Nuraghi. Ma a cosa servivano? E perché una terra piena di migliaia di queste “torri”? C’è chi dice che servissero per difesa. Ma come fortezze non erano certo il massimo. L’archeo-astronomo Mauro Zedda e l’architetto Franco Leaner, portandomi al Nuraghe di Losa, mi hanno fatto capire che il Nuraghe è in realtà una “macchina astronomica”, che serviva per segnare e ordinare il Tempo. Il Nuraghe di Losa è triangolare e orientato perfettamente ai Solstizi: all’interno si posso ammirare gli anelli di pietra messi uno sull’altro fino ad arrivare ad una piccola pietra che copre la volta. La si può togliere e da lì passa l’assis mundi che collega il Cielo e la Terra, come nel Pantheon!
L’INFIORATA
Ai primi di maggio a Cagliari c’è la festa di Sant’Efisio. Per capire quanto la tradizione, l’antichità dei riti che addirittura risalgono al Neolitico, siano profondamente radicati in Sardegna, bisogna vedere questa festa e la sua sfilata in onore del Santo, la famosa Infiorata.
Sulla strada sfila il carro con l’immagine di Sant’Efisio, trainato da due buoi con le corna che ricordano l’antica tradizione di portare la Divinità (la Dea) fuori dal Tempio, accompagnata dai suoi animali totemici, mentre le ragazze spargono petali di fiori tutto intorno. E’ l’occasione per fare sfilare i costumi sardi. E lì bisogna soffermarsi ad analizzarli più precisamente, per capire il perché di una tradizione che continua in modo così caparbio. Nei costumi di Orgosolo ci sono ricamati dei fiori che si trovano – uguali! – nelle tombe dei Faraoni Egizi. Le cuffiette della donne sono simili alla cuffia delle statuette delle antiche Dee. E il corpetto, che continua con un grembiule sopra ad una gonna a balze, è lo stesso della Dea dei Serpenti di Creta. Solo che sui seni (che sulla statuetta erano nudi) è stata aggiunta una bianca camicetta ricamata…
Poco dopo la Festa di Sant’Efisio c’è la festa di Sant’Ignazio a Laconi, dove potete riempirvi gli occhi con altre processioni e costumi tradizionali interessantissimi.
MONTE BARANTA
Un posto poco conosciuto, nel Comune di Olmeto, nella parte nord-ovest dell’Isola, a 13 chilometri da Alghero, è il Monte Baranta: un complesso archeologico che costituisce uno dei più straordinari esempi di complesso fortificato pre-nuragico, che risale all’età del rame (2400-2200 a.C.). C’è una muraglia, fatta di mura megalitiche, che disegna una specie di recinto-torre al centro del quale campeggia un Menhir che non è stato eretto, pur essendo in lavorazione e quasi finito. Questo ci fa pensare che il luogo sia stato abbandonato in fretta e furia, a causa di un evento misterioso. Io di “vecchi sassi” ne ho visti tanti, ma questo posto mi ha molto impressionato, perché ti sembra davvero di trovarti di fronte ad un esempio di proto-nuraghe, e ancor di più mi ha intrigato l’idea – ricorrente – di un evento naturale catastrofico che ha segnato il destino di intere popolazioni. Mi ha colpito anche perché il recinto di mura è collocato proprio ai confini di una scarpata: dietro hai le mura e davanti la scarpata. A cosa poteva servire? E’ un luogo ancora più misterioso dei nuraghe…
LA SPADA NELLA ROCCIA
Anche i famosi Maumutones di Mamoiada sono il segno tangibile di una tradizione arcaica. Uno degli organizzatori mi ha raccontato che da tempo stabiliscono rapporti culturali con Mondi collegabili, dalle ritualità africane a quelle asiatiche. A me la lotta fra uomo e animale ricorda riti simili che ho visto in America Latina: certo che i Maumutones rimangono l’esempio più interessante e impressionante e vivo di questa ritualità arcaica. Se non bastasse in Sardegna c’è anche… la Spada nella Roccia! Altro che Re Artù: il rito della spada infissa nella roccia è tutto sardo, come mi ha spiegato il professor Ugas, archeologo e studioso del passaggio dalla Cultura Matristica a quella Patriarcale. Nel terzo millennio a.C. Gli Iberi, guidati dal Re Norace, arrivano infatti sull’Isola e attorno al XVII secolo a.C. La spada diventa l’arma dei guerrieri, che ogni tanto però – forse in tempo di pace o forse per qualche sacrificio – infiggono la loro arma nella roccia della parte superiore del Tempio, come succede a Su Tempiesu a Orune. A me piace pensare che sia un rito di pacificazione… Molto importante, perché abbandonare e sacrificare una spada di bronzo, con quel che costava e con quel che voleva dire, era un grosso sacrificio, quindi un simbolo importante!
DEDALO
Poi, sempre nel nord, c’è il Pozzo di Santa Cristina nel Comune di Paulilatino, che è una meta assolutamente da vedere! E’ un pozzo ipogeo, cioè sotterraneo: ci si arriva con una scalinata costruita come un triangolo. Ovviamente anche questo monumento era astronomicamente allineato e orientato: in un certo periodo dell’anno la luna si specchiava nel pozzo e la sua luce penetrava attraverso un foro nello specchio dell’acqua, come segno di fertilità. Scendendo nel pozzo sono rimasta esterrefatta vedendo com’è stato costruito: con lastre sovrapposte che sporgono quanto basta, fino ad arrivare a stringersi alla sommità. E’ la stessa tecnica della Tomba di Agamennone a Micene. O questa architettura dalla Sardegna si è espansa per tutto il Mediterraneo, oppure è esistito davvero il famoso architetto Dedalo! Chi e come poteva costruire in questo modo in tutto il Mediterraneo? Che Dedalo fosse sardo???
VARIE ED EVENTUALI
Io spero di avervi incuriosito con le tappe di un viaggio in Sardegna piuttosto speciale, come al solito con una forte motivazione storica. Ma nessuno vi impedisce di seguire le tracce dell’antichità godendovi anche la natura meravigliosa dell’Isola. La mia amica Serena (sarda DOC, che cura il nostro sito di Velistipercaso) mi ha segnalato Su Gorroppu, che è un canyon vicino a Dorgali, verso Nuoro, che rappresenta uno spettacolo naturale incomparabile, dove si fanno belle camminate a piedi. Poi ci sono tanti monumenti naturali, come Perda ‘e Liana (un costone di roccia dove qualche spericolato si arrampica con le corde) e la Scala di San Giorgio a Osini. C’è la voragine di Su Sterru paradiso degli speleologi. Vicino a Cagliari la mia amica Silvia (che per lavoro e per vocazione si legge tutti gli itinerari del sito Turistipercaso) mi ha segnalato Mari Pintau, cioè il mare dipinto. Poi c’è la spiaggia di Chia, c’è Stintino, Cala Gonone, la costa di Orosei, la Grotta del Nettuno, Piscinas e poi la Giara, la Piana coi cavallini. Poi ci sono il porcheddu, i carciofi e lo zafferano. E i dolci di pasta di mandorle. E la birra Ichnusa. Il mirto. I cestini di Castelsardo. E poi Caprera e Garibaldi… Insomma, questa “suola di scarpa” che è la Sardegna (sembra che il suo nome derivi proprio da “sandalo” per la sua forma) rappresenta un posto meraviglioso da esplorare: c’è tutto!
Syusy