Syusy a Sanlitun e in piazza Tienanmen

Il suo diario-in-viaggio, dalla Cina con furore
Syusy Blady, 15 Apr 2013
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Nel quartiere Sanlitun

Su suggerimento di Giovanna, che ho sentito una volta sola per Skype ma è stata così gentile da venirmi a prendere, devo andare a Sanlitun, quartiere famoso per essere diventato in pochi anni il ritrovo dei cinesi che amano la moda-i bar-le discoteche-le scarpe Adidas-i computer della Apple ecc. Ci si da appuntamento davanti alla grande insegna dell’Adidas e ci si addentra tra i palazzi di vetro. Sulla piazza uno schermo gigante, anzi di più, enorme. Passano immagini di sfilate… In tutto questo c’è una vecchietta tutta storta che cammina a fatica e chiede qualche spicciolo. Mi commuovo a vederla e penso a tutto quello che ha visto nella sua vita, dalla guerra a Mao ad ora! Le allungo una carta da uno yuen, 8 yuen fanno un euro e lo stipendio medio buono è di 300/400 euro.

Più avanti la strada ridiventa quella vecchia, con le palazzine basse. Era il quartiere del mercato nero, mi dice qualcuno, in ogni caso oggi è stato recuperato da bar e negozi. C’è anche il bar aperitivo di un italiano di Vicenza, un ristorante italiano e una pizzeria dove si mangia la “vera pizza napoletana” che neanche in Italia! Prendiamo un risciò pieno di bandierine e andiamo allo stadio dove ci sono le discoteche ed entriamo al Latte (sì, è il nome della discoteca!). E’ un posto barocco, pieno di lampadari a gocce e vetrate gotiche. Dentro si balla musica house, ci sono dj africani e entreneuse russe, i cinesi sono eleganti e credo spendano parecchio a sera. Il venerdì e il giorno giusto. Strani questi figli della rivoluzione…

Ho incontrato due italiani che da tempo si occupano di scambi italo-cinesi e ho imparato parecchio da loro: la cosa fondamentale è che siamo diversi ma con storie comuni, l’impero romano e l’impero cinese, invenzioni che ci siamo scambiati nei secoli, la stampa che parte da qui, la navigazione, la cartografia e anche i ravioli e gli spaghetti… “Il nostro sapere artigianale di grande qualità potrebbe trovare in loro la giusta produzione in serie, la giusta diffusione e distribuzione globalizzata” mi dice un italiano che incontro e che sta qui da 20 anni. Le sue analisi mi colpiscono molto, noi italiani dobbiamo concentrare gli sforzi per non disperderci. Dobbiamo capire che loro, pur essendo individualisti per natura, si muovono come un unicum e questo fa parte di una cultura totalmente altra, che va capita. Tutto sommato questa tecnocrazia che governa sembra l’unica forma in grado di gestire un continente. Perché la Cina è un continente. E’ interessante vederla così, io (e non solo io) m’interrogo sulla validità della democrazia diffusa dove non c’è la storia per la quale è nata. Qui si dice che “il vento è il popolo e chi governa deve ascoltarlo”. Infondo, mi dice Duccio, i giovani di piazza Tienanmen sono i nuovi responsabili e i tecnici di oggi. La Cina, dopo l’impatto faticoso dell’inizio, mi sta conquistando?!

In giro verso Tienanmen

Uscendo dal mio albergo (che è un albergo della gioventù di quelli molto alla mano nel quartiere vecchio, con edifici tradizionali bassi, i cortiletti interni e le lanterne rosse all’entrata, un po’ andati ma puliti e con internet compreso nel prezzo) mi avvio per lo stradone a due corsie che scorre a fianco alla stradina piena di negozietti. Lì ci sono palazzoni, hotel, ministeri in edifici assolutamente monumentali, il viale è pulitissimo… tanto che ho ripreso lo spazzino munito di bici che cercava disperatamente di raccogliere un cartaccia caduta tra le grate di un tombino.

La colpa del primo impatto è tutta mia, sono andata -e ne sono felice- a stare in un albergo economico di ciò che resta dei vecchi quartieri. Io amo stare qui, al di là della spesa non andrei in quegli alberghi tutti specchi che frequentano i veri businessmen. Ma il primo impatto di ieri non è Pechino, o almeno non solo. Pechino si mostra come la vedo ora. Vialoni enormi, traffico non caotico e grattacieli, palazzi del potere, hotel da capitale. C’è polizia che controlla le strade tra la gente che passeggia. Bisogna dirlo: non c’è delinquenza, non ci sono fattoni o ubriachi. Qualcuno chiede l’elemosina, non qui però, e ha la faccia da vero povero, penso. La strada è così lunga che mi fanno male i piedi, mi fermo sedendomi su una panchina (una panchina finalmente!), un cinese mi chiede se voglio un massaggio ai piedi. E’ una cosa che sarebbe intima ma dico di sì, l’ho visto fare in “Lanterne rosse” il film, non è la stessa cosa ma è piacevole. Il signore cinese mi chiede 20 yuen, glieli do volentieri. Riprendo il cammino, la strada è lunga da fare a piedi e quando sono a metà vedo un cartello dove c’è scritto che a Tienanmen mancano 2km. Gli autobus passano ma dove vanno? La metro c’è, ma come faccio a capire la fermata? Proseguo a piedi.

Finalmente sono arrivata a costeggiare le mura della città proibita. Supero il muro che la racchiude ed ecco laggiù piazza Tienanmen con grandi schermi giganti e di fronte il mausoleo di Mao col suo grande ritratto dove si affollano turisti, soprattutto cinesi, per fare la foto ricordo. Ci sono anziani, che avranno avuto in mano il libretto rosso e avranno vissuto quella storia, e ci sono giovani che si divertono, comprano cappellini verdi con la stella rossa da rivoluzione culturale, come ricordo di aver visto all’epoca in cui anche in Italia c’era chi pretendeva di “servire il popolo”. In Italia faceva ridere, qui è stato tutto vero e penso proprio che quella storia c’entri ancora con la Cina di oggi. C’entra per via del controllo e della direzione di una massa enorme di persone che ora hanno differenti condizioni economiche e ormai si distinguono per differenze sociali, ma hanno un unico scopo: fare business. Che sia il piccolo commercio, o il grande business internazionale.

Mi sa che, per quel poco che conosco l’Asia, questa voglia di commerciare e di investire e guadagnare sia generalizzata. Insomma ai cinesi piace proprio e in questo non si pongono tutti i problemi più o meno moralistici che ci facciamo noi, per via di una cultura che colpevolizza il denaro, ma ne fa anche il fine ultimo senza volerlo ammettere. Insomma, omaggio nel bene e nel male a Mao con foto ricordo assieme ad allegri ragazzi cinesi che si sono lasciati alle spalle quella storia ed ora guardano con desiderio e curiosità all’occidente, studiano inglese e sono felici di fare la foto con una come me! Al giardino imperiale incontro anche un ragazzo che mi omaggia di questo balletto. Ve lo mostro. Grazie ragazzi!

Syusy