Pianura Padana, il quadrilatero dell’Unesco

Da Modena a Rovigo, l’esperienza unica della provincia: buona tavola, calore umano e una qualità della vita impareggiabile
Syusy Blady, 11 Dic 2012
pianura padana, il quadrilatero dell’unesco
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Ripartiamo Insieme. È il claim di Modena, Ferrara, Reggio Emilia, Bologna, Mantova-Sabbioneta e Rovigo, cittadine che fanno parte del patrimonio dell’Umanità e che hanno dato vita al progetto Quadrilatero dell’Unesco (www.quadrilaterounesco.com), per dare nuovo lustro al turismo dopo il terremoto dello scorso maggio, attraverso progetti integrati e pacchetti di promozione. Ognuna di queste cittadine merita una visita. Ciascuno può trovare la propria dimensione. A iniziare da Mantova, con piazza Sordello, classificatasi al secondo posto in una speciale classifica promossa dalla Fondazione Ferrari. Il magazine Die Welt l’ha incoronata come “uno dei punti più affascinanti d’Europa, sintesi di una città nota per le sue bellezze artistiche ma anche per le sue specialità culinarie”. Qui spicca il palazzo Ducale, tanto maestoso (34 mila metri quadri) da sembrare una metropoli, con oltre cinquecento stanze e, dentro, un’infinità di meraviglie lasciate da Pisanello (il Ciclo su Artù e i suoi Cavalieri), Giulio Romano (la Sala di Troia), Raffaello (gli Arazzi). Su tutte la Camera Picta (camera dipinta) di Andrea Mantegna, le cui pareti si animano di una folla di personaggi, dal marchese Ludovico II mentre colloquia con Marsilio Andreasi, suo segretario particolare, al resto della famiglia. Per i più è conosciuta come la Camera degli Sposi, anche se, a dispetto del nome, non era una camera nuziale ma un locale di alta rappresentanza dei Gonzaga.

IL SANTO GRAAL E IL SENSO DEL TEMPO

Ci si sposta poi in piazza delle Erbe dove si trova la Rotonda di San Lorenzo, la più antica chiesa cittadina (forse eretta da Matilde di Canossa nel 1082), di forma circolare sul modello di quella che Costantino aveva fatto realizzare a Gerusalemme, nel luogo del sepolcro, dal quale il Cristo resuscitò. La chiesa è avvolta nel mistero e riporta con la mente ai templari. Le formelle in cotto, di origine siriaca, risalenti all’804, rappresentano un vaso custodito da grifoni, dal quale esce un albero della vita. Questa è una delle rappresentazioni del Santo Graal che, come è noto, era costituito dal vaso nel quale Giuseppe da Arimatea raccolse il sangue di Cristo. Accanto, c’è Palazzo della Ragione che racchiude in sé il senso del tempo, simboleggiato dalla torre dell’orologio astronomico-astrologico, una meraviglia meccanica del ‘500 che segna le ore da innumerevoli anni, scandendo i momenti cittadini. Il suo movimento incanta, così come i colori del quadrante di un oro e azzurro intenso. Tutta la pesante struttura è appoggiata su un basamento di vecchie travi in legno. Sono in ferro le numerose ruote dentate, le leve, i perni, i pignoni e tutte le parti meccaniche. Eccezionali le dimensioni: lungo 2,80 metri, largo 2,40 e alto 1,90. E, curiosità, il quadrante mostra lo zodiaco, le ore astronomiche e planetarie, la lunghezza del giorno, la posizione del sole e le fasi della luna. All’interno c’è anche il Museo dell’Opera, che ospita la macchina originaria creata da Bartolomeo Manfredi nel 1473. Sulla piazza affacciano numerosi e caratteristici ristoranti dove assaggiare i famosi tortelli di zucca, inconfondibili per l’armonia di sapore dolce-salato. Sono l’emblema della cucina mantovana, ma anche di quella ferrarese. Ferrara è un altro gioiello che merita una sosta. Il suo centro ruota attorno all’imponente Castello Estense, unico in Europa a essere circondato dalle acque del fossato, reso ancora più spettacolare dai bagliori della sera. Il suo vero nome è castello di San Michele, in onore del santo che si festeggiava il giorno in cui iniziarono i lavori. Era il 1385 e fu il marchese Niccolò II lo Zoppo a voler erigere questa struttura militare, a difesa della sua famiglia. La sua bellezza metafisica e la sua pianta quadrata sono state più volte ritratte dal pittore Giorgio de Chirico. E poi palazzo dei Diamanti, il cui nome si ricollega alle oltre 8000 bugne sfaccettate che ricordano proprio la forma di un diamante.

IL ROSSO E IL GIALLO

A Modena, invece, si va per il Duomo, in stile romanico, dall’imponente facciata. Come davanti a una grande tela affrescata, una volta di fronte a questa immensità verrebbe voglia di fare un passo indietro per godere della bellezza nella sua totalità. Ma poiché pochi metri la separano dai palazzi di fronte, si ha la sensazione di essere un po’ soffocati e non si può che sollevare lo sguardo. Così si rimane incantati dalla magnificenza del grande rosone a 24 raggi, opera di Anselmo da Campione (sec. XIII). E si ha la strana sensazione di essere continuamente osservati dai numerosi animali fantastici e mostruosi che popolano i capitelli. Sguardi talvolta così cupi che quasi si rimane intimoriti, ma non si può staccare gli occhi da questo immenso apparato decorativo in pietra. All’aspetto imponente dell’esterno si contrappone l’atmosfera di sobrio e austero raccoglimento, resa più calda dall’impiego, quasi uniforme, del laterizio e dai giochi di luce che, specie al tramonto, filtrano dalle finestre e dalle vetrate policrome del rosone. Poi cè il Museo Ferrari (www.museocasaenzoferrari.it), aperto di recente, che racconta al mondo la storia di un grande personaggio e la vocazione motoristica del territorio emiliano. Protagoniste dell’allestimento della nuova Galleria sono proprio le automobili, esibite come vere opere d’arte, circondate da vetrine curvilinee, che si ergono su piedistalli particolari, da apparire quasi sospese dal pavimento. Quelle automobili per cui Ferrari, uomo ambizioso, voleva sempre superare se stesso: “La macchina più bella e prestazionale che ho costruito sarà la prossima che presenterò sul mercato”, come era solito dire. Ovunque domina il colore giallo che fa da sfondo al cavallino rampante nero nello scudetto Ferrari, voluto dal Cavaliere in persona, che è anche il colore simbolo della città di Modena. Per questi motivi è stato scelto per la copertura in pannelli di alluminio, l’ormai famoso “cofano” che avvolge tutto come una sorta di mano aperta.