Patrizio interviene nel dibattito sollevato da un discutibile itinerario, Malindi non è una palude!

L’altro giorno mi telefona un signore dispiaciuto e piuttosto alterato. Mi racconta che lui vive lunghi periodi a Malindi, in Kenia. E che i suoi figli, dopo aver letto un itinerario pubblicato da un utente sul nostro sito, lo hanno rimproverato di cercare la compagnia “della peggior feccia d’Italia, criminali, rifugiati, reietti,...
Turisti Per Caso.it, 20 Apr 2004
Ascolta i podcast
 
L’altro giorno mi telefona un signore dispiaciuto e piuttosto alterato. Mi racconta che lui vive lunghi periodi a Malindi, in Kenia. E che i suoi figli, dopo aver letto un itinerario pubblicato da un utente sul nostro sito, lo hanno rimproverato di cercare la compagnia “della peggior feccia d’Italia, criminali, rifugiati, reietti, spacciatori, pedofili, erotomani e terroristi”. Lì per lì non ho capito e sono caduto dalle nuvole. Allora il gentile signore (gentile ma sempre piuttosto arrabbiato) mi ha rinfrescato la memoria. Si riferiva all’itinerario “Malindi palude d’Italia”, di Fabrizio, poi depubblicato, in cui l’autore definiva in questo modo gli italiani di Malindi, concludendo che a Malindi non è consigliabile andare. Sono andato a leggermi lo scritto di Fabrizio. E avrei alcune cose da dire, sia a Fabrizio che al signore arrabbiato con lui (e con noi!), e ne approfitto per fare mente locale assieme a tutti i frequentatori del sito sulle caratteristiche della nostra Comunità di Turistipercaso. Innanzitutto devo dire che non sono d’accordo con Fabrizio, nel merito e nel metodo. E non lo dico perché un Comitato di Malindi ora minaccia querele assieme ad alcuni italiani che risiedono in Kenya, né per un generico rispetto nei confronti dell’Ambasciata che a sua volta ci ha fatto arrivare le sue rimostranze. Lo dico perché non credo, nel merito, che la comunità italiana a Malindi sia un covo di delinquenti. Io non ci sono mai stato, ma conosco personalmente molti frequentatori abituali del Kenya e di Malindi, che descrivono la zona in termini entusiastici. Non condivido la mail di Fabrizio nel metodo perché la sua è un’invettiva con pretesa implicita di oggettività: Malindì è così, gli italiani sono così. Secondo lui “ristoratori o gestori di alberghi, che non si fanno scrupolo di rastrellare gli ingenui turisti connazionali di tutte le valigie ed i bagagli in loro possesso, incolpano poi l’innocente popolazione locale”. Evidentemente per dire questo avrà in mente un episodio ben preciso, capitato a lui o a qualcuno che glielo ha raccontato, ma non dice “a me un giorno è capitato che…”. No, Fabrizio generalizza, oggettivizza ed esprime un giudizio senza appello. Ora, io non voglio insegnare a Fabrizio cosa e come scrivere, né voglio dettare le norme di come si scrive su questo sito, ma lasciatemi dire che questo atteggiamento è quanto di più lontano da uno “stile turistipercaso”. Noi (e la stragrande maggioranza di quelli che ci scrivono) ci sforziamo di raccontare non la Verità, ma la “nostra” (minuscola) verità. Non generalizziamo, non siamo giornalisti con pretesa di oggettività, ma raccontiamo la nostra specifica esperienza, del tutto soggettiva e relativa. E credo che sia proprio per questo che il nostro sito è tanto vitale e visitato: qui ci scambiamo tante esperienze personali, che hanno il valore relativo ma concreto, mai supponente, del vissuto personale. In generale lasciatemi dire, poi, che un sito internet è sì un luogo familiare in cui scambiarsi liberamente messaggi, consigli e sfoghi. Ma è anche un luogo pubblico, una “piazza telematica” dove ti leggono e ascoltano tutti, quindi prima di fare affermazioni pesanti o offensive è giusto pensarci due volte. E qui, sempre se me lo consentite, vorrei rivolgermi anche agli amici di Malindi che si sono offesi (e che sono in buona compagnia: capita molto spesso che ci telefonino o ci scrivano abitanti o amministratori di questa o quella località, offesi dai resoconti di viaggio dei nostri lettori). Questo mio pezzo, a scanso di equivoci, serva da messaggio di scuse ufficiali e serva senza mezzi termini a chiarire che la mia idea personale su Malindi è del tutto diversa da quella di Fabrizio, ma spero che serva anche a ricordare loro che un sito non è un giornale, qui non c’è un Direttore responsabile né una redazione in senso stretto. Qui non arrivano degli articoli che noi decidiamo di pubblicare, che noi avalliamo o scartiamo: sul nostro sito chiunque può scrivere quello che vuole, sotto la propria responsabilità. Ed è giusto che sia così: questa è la forza di internet. Anche la legislazione che si sta concretizzando per regolare il fenomeno non può ignorare questo. Il signore di Malindi che mi ha telefonato ha obiettato che, una volta letto l’itinerario di Fabrizio, noi avremmo dovuto cancellarla. Forse ha ragione. Però, in realtà, Martino (che accudisce al sito e ne è l’anima e il coordinatore) ha fatto di più e di meglio: ha lasciato spazio al dibattito. E infatti alla fine il nostro buon Fabrizio, per rispondere a Donatella che aveva un ben diverso parere, ha anche mandato un’altra mail in cui scrive, tra l’altro, prima di concludere con le sue scuse, di “essere stato sicuramente approssimativo affibbiando un valore negativo a tutti gli italiani residenti a Malindi”. La nota di scuse è stata pubblicata di seguito allo stesso itinerario. Poi, è stato depubblicato l’itinerario e sono rimaste pubblicate le scuse. Ma, la di là delle scuse di Fabrizio, che il signore di Malindi deve aver trovato un po’ freddine, se uno avesse letto turistipercaso.It in questi mesi e settimane, si sarebbe accorto la Guida per Caso per il Kenya, Nashipei (che abita a Malindi) ha risposto a moltissime mail di persone che ci vogliono andare, spiegando, illustrando e magnificando questo Paese: “paradiso della tranquillità”, “mare da cartolina”, “niente malaria” e alla fine “una sola controindicazione: il mal d’Africa è garantito”. Avrebbe anche visto che sono tuttora pubblicati molti itinerari di viaggiatori entusiasti di questo paese e che più di una volta la home-page del sito è stata dedicata al racconto di un viaggio in Kenya.

Insomma, internet è fatto così: è un blob di osservazioni, botta-e-risposta, correzioni, precisazioni, battibecchi, divagazioni e approfondimenti. Non si può ignorare il contesto isolando un contributo, un parere, un intervento. Internet è soprattutto dialogo continuo. O lo si prende per quello che è oppure lo si ignora, preferendo la più paludata e “seria” carta stampata, dove scrive solo chi è abilitato a farlo e i lettori al massimo trovano sfogo nella rubrica della Posta. Spero che gli italo-malindesi abbiano capito, soprattutto finalmente spero di riuscire un giorno ad andare in Kenya! Il mio amico Massimo Martelli (regista) ci ha fatto un film, il mio amico Giobbe Covatta (comico-scrittore) ci ha fatto mille spot di solidarietà, il mio amico Giovanni Minoli, che a suo tempo ha promosso la nostra trasmissione, ci ha più volte consigliato una puntata a Malindi, e altri amici descrivono il posto in termini superlativi. Abbiamo provato ad andarci anche in occasione del nostro Giro del Mondo, ma la rotta non ce lo ha consentito… così potrei verificare di persona se quello che Fabrizio scrive delle valigie è vero! Patrizio Roversi