Nuova Zelanda, l’Italia rivoltata come uno… stivale
Per anni la Nuova Zelanda ha rappresentato per noi la Nuova Frontiera: molti giovani italiani ci sono andati a vivere, attratti dalle tante opportunità. Ora non sembra più così aperta, ma il sapore di Nuovo Mondo certamente rimane. Resta nella natura, nella scarsa densità di abitanti, nel misto di razze in cui prevale lo spirito anglosassone, ma che la fa sembrare un adolescente la cui identità si sta ancora formando, in cui molte cose sono ancora possibili.
Un aspetto che mi ha colpito è la fisicità dei suoi abitanti, appassionatissimi di tutto e in particolare di sport estremi. Mi è capitato di arrampicarmi su salite incredibili (e soprattutto di venire giù per discese da capogiro) con le moto fuoristrada a quattro ruote, poi di infilarmi dentro grotte allagate sotterranee armato di salvagente. Oppure di buttarmi giù da una collina dentro una palla di plastica, tipo Attilio Regolo. Mi ha molto colpito Auckland, una città che allora era ancora la regina della vela e delle barche, con la sua baia piene di isole e isolette davvero accoglienti. Lo spirito dei neozelandesi poi pare sia caratterizzato da una grande disponibilità: hanno fama di essere molto alla mano, ancor più aperti dei vicini australiani. Tutta da scoprire è la cultura maori, con tutte le sue contraddizioni. Ad esempio la riscoperta caparbia delle loro antiche radici culturali e tutta la diatriba legale sulla restituzione della terra ai loro discendenti.