La tv ha scoperto l’America

Cari Syusy Roversi, A partire dal 1961 l'esploratore norvegese Helge Ingstad e l'archeologa Anne Stine, sua moglie, con un gruppo di altri archeologi condussero degli scavi alla punta più a nord dell'isola di Terranova (a L'Anse aux Meadows), dove credettero di localizzare la famosa Vinland di Leif Erikson, seguendo i testi delle saghe...
Reno Ammendolea, 15 Feb 2010
Cari Syusy Roversi, A partire dal 1961 l’esploratore norvegese Helge Ingstad e l’archeologa Anne Stine, sua moglie, con un gruppo di altri archeologi condussero degli scavi alla punta più a nord dell’isola di Terranova (a L’Anse aux Meadows), dove credettero di localizzare la famosa Vinland di Leif Erikson, seguendo i testi delle saghe irlandesi. Ma già a partire dall’ottocento con la pubblicazione della Saga dei Groenlandesi e della Saga di Erik, era partita la ricerca appassionata delle terre dove i Vichinghi dovevano essere approdati oltreatlantico. Le ricerche di Ingstad e Stine misero in luce ben sette skali (e relative dipendenze), tipologie abitative vichinghe coperte da zolle erbose capaci di alloggiare dalle 50 alle 100 persone. Furono anche rinvenute le tracce della fucina di un fabbro, con tanto di incudine in pietra e scorie disseminate, generate dalla fusione del ferro estratto dalla limonite presso una torbiera non molto lontana. La conferma indiscutibile che l’insediamento era vichingo, anche se ancora non vi è certezza assoluta che si tratti di Vinland, derivava dal rinvenimento di manufatti come una base di cardine in pietra di porta islandese, un fermaglio di mantello in bronzo usato dai Vichinghi, l’albero in steatite di un arcolaio ed altro. Abbastanza per mettere d’accordo gli studiosi che L’Anse aux Meadows fosse un avamposto vichingo in terra americana, forse la porta d’ingresso della mitica Vinland. Nei terreni accanto agli scavi il Canadian Park Service come promozione costruì subito le copie fedeli di tre skali e nel 1973 vi proseguì gli scavi (condotti da B. Shonack e poi B. Wallace) ritrovando un’area che poteva essere la discarica dell’insediamento. Vi furono rinvenuti reperti come rivetti di imbarcazioni, scarti di lavorazione del legno ed altro, riconoscibili di origine vichinga. C’è di più. Nel 1978 l’UNESCO (la World Eritage Convencion) dichiara il complesso World Heritage Site, cioè Sito del Patrimonio Mondiale come primo insediamento vichingo accertato dell’America del nord.

Jacques de Mahieu, specialista di storia precolombiana (e non soltanto lui), in base alla ricerca sul campo da esplorazioni, scavi e ricerche anche linguistiche-filologiche, sostiene (’81) che prima della conquista il Nuovo Mondo abbia avuto almeno tre grandi ondate di insediamenti: da parte dei Culdei, i monaci irlandesi nel IX secolo; dei Vichinghi germano-danesi nel X e norvegesi nel XI; dei Templari nel XIII e XIV che vi ricavavano occultamente i fondi del loro impero economico. Il loro capitale infatti era l’argento necessario per finanziare e finanziarsi ogni sorta d’imprese: guerre, costruzioni di cattedrali immense, prestiti a principi, vescovi e comuni (l’argent). Un certo numero di Templari fuggitivi si sarebbero addirittura diretti nelle loro commende oltre atlantico nell’imminenenza dell’arresto in massa del 1307, quando un convoglio di 17 navi parte da La Rochelle col carico del “tesoro” del Tempio, forse forzieri ma più archivi segreti, e sparisce nel nulla.

Innumerevoli sono le tracce e i rinvenimenti quanto meno sconcertanti in terra americana, fatti risalire al tempo precedente quello dei conquistadores. Dalle teologie e tradizioni liturgiche assorbite dai colonizzatori-evangelizzatori “bianchi ” (mitologie, ostensori, rogazioni e processioni di maggio, incensieri, pastorali), alle iscrizioni runiche (centinaia in Paraguay e in Brasile), alle croci semplici e complesse su reperti, su architetture, nei codici. Molte delle croci e la loro insistita ricorrenza si spiegano solo dal rapporto con la simbologia monastica europea e in particolare templare (croci latine, greche, catare, sigillo di Salomone; croce di Malta sullo scudo di Quetzalcoatl e croce latina sul mantello di sacerdote del codice Magliabecchi; tripla cinta fino in Colombia e in Bolivia). Impressionante il ritrovamento di uno dei sigilli del Tempio, apposto su un documento col quale un dignitario dà ordini addirittura al Gran Maestro, per la Regola non soggetto né all’autorità papale né a quella reale. E’ il segno di un comando sovrano collaterale a quello dell’Ordine e gerarchico nello stesso tempo, avente giurisdizione su un apparato top secret. Sul sigillo, la scritta cerchiata secretum templi e al centro la sorprendente raffigurazione di un indioamericano con un arco in mano, copricapo in piume e perizoma. Che dire poi delle radici riconosciute dai linguisti come latine, germaniche, gaeliche, inglesi e ben ultime francesi(-templari) o comunque indoeuropee, lasciate nelle lingue precolombiane centroamericane dalle punte di penetrazione secolare da parte del vecchio mondo.

Un particolare curioso quanto piccante. Nella lingua quichè il vocabolo cun viene definito come indicante le “parti segrete della femmina” (Brasseur, Grammaire de la langue quichée). Non è difficile tracciare il percorso dal latino cunnus al francese con, attraverso le tracce non del linguaggio evangelizzatore dei monaci culditi, ma attraverso quelle dell’irruenza, della volgarità e della rudezza del francese dei guerrieri trafficanti templari. Ad ovest da indizi, testi, leggende nel corso della storia non si possono escludere contatti sporadici o fortuiti o perfino regolari con le terre oltreatlantico, a risalire fino agli Egizi. Aristotele parla di una terra misterosa oltremare che annovera come 84a mervaviglia, da cui i Fenici traevano commerci riservati. E poi S. Brandano monaco irlandese verso i Caraibi; e i Celti a Mystery Hill, New Hampshire; e la spedizione del principe Madog dal Galles verso la Baia di Mobile in Florida (1170) ; e quella del principe-marinaio scozzese Sinclair a Westford in Massachusetts (1395). Quanto ai contatti ad est oltrepacifico, secondo le ricerche di Chu Shien-chi professore a Pechino, il monaco buddista Hoei Shin sbarca in Messico con quattro confratelli nel 458 d.C. E negli Atti del Congresso Internazionale degli Americanisti del 1951 da Heine-Geldern, Ekholm, Gordon vengono dimostrati influssi cinesi ed indocinesi in alcune culture del centroamerica. Certamente con ragionevole senso storico nessuno può dire di essere stato primo in America. Strizzando l’occhio verosimilmente bisogna dire che ci erano andati tutti e che al tempo di Colombo ci andavano tutti.

Senza nulla toglierle si può notare che la ricerca di Luisa Alvarez de Toledo a molti è sembrata una scioccante novità sulla scoperta, ma così non è. Va detto anzi che ne esce enormemente rafforzata proprio per questo. E a sua volta rafforza enormemente la linea storiografica, con ulteriori conferme e con l’apporto sicuramente decisivo dell’archivio Medina Sidonia, verso una indiscutibile accezione comune nel senso della conquista e non della scoperta del Nuovo Mondo. Come ancora una pigra storiografia dà ad intendere o come una goffa ragion di stato molti secoli dopo ancora detta. Conservadores.

Ma siccome l’ha detto la televisione ci sono buone speranze.

reno ammendolea