La Sardegna archeologica

Una società improntata sul matriarcato, un antico popolo guerriero con armature e costumi incredibili, i Nuraghe: Syusy alla scoperta del volto più antico e ancora carico di misteri dell’isola
Syusy Blady, 04 Mar 2015
la sardegna archeologica
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Sardegna per me significa innumerevoli viaggi fatti con lo scopo preciso di svelarne i misteri storici ed archeologici. Anni fa andai a Olbia, dove, sulle bancarelle di souvenir, erano arrivate da poco le statuette delle Dee Madri. Non era una conquista da poco! Voleva dire che finalmente era stata riconosciuta la Sardegna come terra caratterizzata dalla presenza della Dea fin dai tempi antichi. Le statuette di queste dee grassocce e sorridenti fanno ora bella mostra di sé nei mercatini, assieme alle copie dei Bronzetti sardi e alle bandiere con i quattro mori bendati, simbolo della regione. Andare alle Domus de Janas, luoghi di sepoltura del neolitico del 4.000 a.C. vicino a Olbia, mi ha dato la possibilità di conoscere questo passato dell’isola, dove una civiltà non gerarchica e con una forte valenza femminile era stata presente per tanto tempo, vivendo in modo pacifico sul territorio. A Laconi, andando con l’archeologo Ugas, ebbi modo di vedere come questa civiltà fu poi – forse violentemente, forse pacificamente – mutata in una società maschile, con una forte vocazione alla guerra. A Laconi, un paese al centro della Sardegna, nel bel museo sono appunto conservate le steli che segnano, secondo il professor Ugas, il passaggio tra matriarcato e patriarcato. La stele è una immagine stilizzata di donna che rimase così per molto tempo, fino a che su di essa venne inciso un pugnale, simbolo dell’arrivo dei guerrieri, che presero il potere dapprima, sposando la figlia del re e poi dominando con la guerra.

I BRONZETTI

Esempi di guerrieri e di un intero popolo sono rappresentati nei Bronzetti che si trovano al museo di Cagliari. La mia amica Angela Demontis ebbe l’idea di ricostruirli a grandezza naturale per studiarli meglio. Venne fuori un vero e proprio popolo che aveva usi e costumi particolari, con sacerdotesse con mantelli e cappelli da strega, guerrieri con elmi con le corna e armature incredibili. Studiando appunto le acconciature e le bardature è uscita un’immagine di guerriero del tutto simile ai Mirmidoni, i mitici seguaci di Achille nella Guerra di Troia. Andando poi al Nuraghe di Losa, con l’archeo-astronomo Mario Zedda, ho potuto capire che razza di incredibile struttura sia un Nuraghe. Collocato sapientemente a indicare solstizi ed equinozi, il Nuraghe non è solo – o non è affatto – un mezzo di difesa, ma una costruzione che si innalza a spirale al suo interno e sembra fatta apposta per essere un osservatorio astronomico. A Barumini, con lo scrittore giornalista Sergio Frau, ho potuto ammirare il complesso nuragico più grande della Sardegna. La sua ipotesi di un’Atlantide al centro del Campidano poi sommersa dal fango è affascinante e con molte prove a suo sostegno.

LA LUNA NEL POZZO

Nella Sardegna del Nord-Ovest sono riuscita a vedere il monte Baranta, sulla cui cima ancora si possono notare antiche mura protettive circolari che si affacciano su un precipizio: sono una fortificazione senza pari. Il pozzo di Santa Cristina, poi, è un’opera strabiliante per la ricercatezza con la quale è stato costruito. I blocchi basaltici utilizzati per la costruzione del pozzo sono infatti perfettamente squadrati, mentre solitamente l’architettura nuragica prevedeva l’utilizzo di grossi massi appena sbozzati. Mi ha ricordato la tomba di Atreo a Micene. Il pozzo aveva una valenza sacra: il matrimonio tra l’acqua e la luna, che in determinati giorni sposava l’acqua del pozzo. Questo avviene ogni 18 anni e 6 mesi, a fine dicembre/inizio gennaio: la luna si specchia nelle acque del pozzo attraverso il foro presente sulla sommità.

LA ZIGGURAT

Nei miei viaggi in Sardegna non potevo non andare a vedere la Zigurrat di Monte d’Accoddi, che è strabiliante per il fatto stesso di trovarsi li. Siamo vicino a Sassari, nella Nurra. Una ziggurat, infatti, non è usuale in Sardegna: s’accorda di più con la Mesopotamia o col Perù, eppure eccola lì, per dimostrare proprio che alla Sardegna non manca nulla! La ziggurat ha più o meno la forma di una torre a strati, fatta cioè da una serie di piramidi tronche sovrapposte, tanto che viene definita appunto “piramide a gradoni”. Attraverso una serie di rampe (in genere sette) si arriva alla sommità piatta, dove si officiavano i riti. Forse la zigurrat rappresentava la montagna Sacra (in sumero ziqqurat era “la montagna di Dio”). Parliamo del Neolitico, 4.000 anni a.C., nella cosiddetta epoca pre-nuragica: e guarda caso alla base c’è una stele, che rappresenta in modo stilizzato, ancora una volta, una divinità femminile relativa alla Dea Madre.

LE TOMBE DEI GIGANTI

Le cosiddette Tombe dei Giganti sono delle grandi costruzioni di pietra, ricoperte a volte da un tumulo che le fa assomigliare a una barca rovesciata. Il davanti ha una forma a semicerchio, che pare simboleggiasse le corna di un toro che, accoppiandosi con la Terra, simboleggiava la fertilità. E davanti c’è l’immancabile stele. Di Tombe dei Giganti ce ne sono molte in Sardegna, da Santa Teresa di Gallura a Fonni e a Olbia. Le tombe dei giganti sono pietre ordinate in modo da formare un luogo di rigenerazione: accoglienza per i defunti? Chissà forse, come scrive Isabella dalla Vecchia, che cura un sito sull’argomento, “Sotto la crosta terrestre scorrono energie telluriche e forze magnetiche che fanno del nostro pianeta un autentico organismo vivente. L’uomo, creatura figlia della Madre Terra, ha facoltà di interagire ed essere molto sensibile a questi ‘movimenti’ e, in particolari situazioni, di assorbirli inconsciamente. Queste energie sono più intense in certi ambienti piuttosto che in altri, e recenti studi hanno rilevato che antichi luoghi sacri sono stati costruiti lungo questi canali energetici. Ma chi e come ha scelto di innalzare un tempio in un determinato luogo piuttosto che in un altro, considerato che solo con la moderna tecnologia si è scoperto tutto questo?”

Questo dilemma è ancora più vero se se ne discute con gli archeologi e i ricercatori che hanno il coraggio di continuare a fare della ricerca su questa strada, e io ho avuto occasione di conoscere il grande archeologo Professor Lilliu a casa sua: ci ha invitato a proseguire le indagini dicendo anche che tutti debbono contribuire e cercare di capire meglio la preistoria. Perché su questo terreno c’e an-cora molto da scoprire e tanta, tanta strada fare.

I TACCHI DI TEX

Facendo questo elenco di località sarde – mi rendo conto che a questo punto è già bello corposo – mi accorgo che manca ancora tanto altro e si tratta semplicemente di quel poco che sono riuscita a vedere io con i miei occhi: c’e da chiedersi quanto tempo serve per vedere e per capire tutto ciò che c’è in Sardegna. E per questo io appena posso ci torno. L’occasione di tornare in Sardegna l’ho avuta appunto quest’anno: mi hanno chiesto uno spettacolo che sto portando in giro per teatri e manifestazioni estive. È uno spettacolo che si accorda con ciò che ho raccontato fino ad ora: tra proiezioni e racconti parlo dei Misteri per Caso che ho incontrato facendo i miei viaggi per il mondo. Quindi per me si trattava di partecipare a un cartellone di spettacoli che si tenevano in Ogliastra, a due ore da Cagliari, al Festival dei Tacchi. Tacchi? Debbo confessare che non capivo bene di cosa si trattasse, se fosse qualche cosa che avesse a che fare con il nobile mestiere del risuonatore di scarpe o cosa.

Arrivando a Ulassai, un paese nella parte interna a Sud-Est dell’isola, e lasciando quindi le spiagge di Arzachena per addentrarsi all’interno, nella parte montuosa, ho capito che i tacchi erano delle cime di montagne, dei caratteristici massicci rocciosi denominati appunto così. Di origine calcarea, i Tacchi si ergono a picco raggiungendo altezze vertiginose. Ulassai si trova nel cuore dell’Ogliastra a 700 metri sul mare. I Tacchi sono quindi dei veri e propri picchi che ricordano le montagne del Far West: infatti sono serviti da ispirazione per Aurelio Galeppini, il disegnatore di Tex Willer, personaggio creato da Gianluigi Bonelli, di cui è appassionatissimo Patrizio, che ne ha la casa piena.

IN RICORDO DI MARIA LAI

I Tacchi si stagliano a protezione di un paese molto suggestivo, che ha una storia importante e ha dato i natali a una grande artista che ci è vissuta per anni: Maria Lai. Maria Lai è morta da pochi anni ma ha contribuito con la sua arte – che ha elaborato i temi della tessitura tipici della tradizione delle donne sarde, ma anche del pane, della pietra etc. – all’elevazione artistica di intere generazioni di abitanti della zona. Ne parlano tutti con affetto e ammirazione. La amano tutti, questa donna piccola e con tanta energia. Lei era sempre presente al “Festival dei Tacchi” e dava suggerimenti e incoraggiamenti. In effetti il festival è una iniziativa interessantissima: nei giorni estivi si susseguono spettacoli e laboratori che hanno come sfondo boschi e radure della zona. Il Museo di Maria Lai è alla “Stazione dell’arte”, che si trova in una zona pianeggiate che nelle notti estive viene illuminata da una luna splendente, e che una volta era il casello della ferrovia che arrivava fin lì. Che bella cosa i bracci ora dismessi delle ferrovie locali: se fossero sempre riattivati sarebbero bellissime occasioni per il turismo! La zona ha tutte questa belle caratteristiche, oltre a grotte incredibili e a cascate stupefacenti, ma viene ricordata soprattutto per una cosa: è la terra del Cannonau, il vino più famoso di tutta la Sardegna. Lì vicino, a Jerzu, si svolge ogni anno la manifestazione “Calici di stelle”: in poche parole a chi si trova lì – e ormai ci vanno migliaia di persone – viene liberamente offerto vino fino a non poterne più… un altro buon motivo per un passaggio.

CAGLIARI E LA FESTA DI SANT’EFISIO

Dopo aver soggiornato tra le montagne e i boschi, assieme al gruppo teatrale Cada die teatro che organizza il festival da 15 anni e che ora si occupa anche di un programma europeo chiamato Odissey (sono proprio quelli che ho incontrato in Estonia due mesi fa!), ho raggiunto di nuovo Cagliari per poi tornare “in continente”. Mi hanno ospitato Vanna e Andrea nel loro B&B Le Farfalle che mi sento di consigliare ai Turisti per Caso che passassero per Cagliari. Sta al porto, che è una zona interessantissima (dove Adriatica ha attraccato tante volte) e dalla quale si raggiunge il centro in poco tempo, arrampicandosi in salita sulle stradine dietro al Palazzo della Regione Sardegna. A Cagliari tempo fa sono andata per una manifestazione organizzata dalle scuole, per aprire i luoghi d’arte, le chiese e i musei, guidando i visitatori in giro per la città. Ho avuto quindi occasione di vedere il centro storico con un approccio particolare, con decine di ragazzi impegnati a raccontare la loro città.

A Cagliari ricordo anche d’aver visto la Festa di Sant’Efisio, una manifestazione coloratissima nella quale il Santo viene portato in processione tutti gli anni, e non ha mai mancato di farlo anche in tempo di guerra, con il rischio delle bombe degli alleati che, purtroppo, alla fine Cagliari sono riusciti a distruggerla. La festa è l’occasione per sfoggiare i costumi e i gioielli tradizionali delle varie zone della Sardegna. Questi non sono semplicemente folclore e colore, ma vero e proprio scrigno di simboli e riferimenti storici dalle radici antichissime, dai corpetti delle donne uguali a quello della Dea dei Serpenti micenea, fino ai fiori di papiro dei grembiuli delle donne di Orgosolo, del tutto simili a quelli dipinti nelle tombe egizie. Insomma ho, visto tanto, ma tantissimo mi rimane ancora da vedere: in Sardegna bisogna tornare tante volte anche solo per assaggiarne gli aspetti storici, quindi ne riparleremo…

Syusy