La frontiera delle possibilità

Ogni generazione ha la sua "terra promessa", la nostra è stata la Nuova Zelanda...
Patrizio Roversi, 07 Lug 2010
la frontiera delle possibilità
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Ogni generazione ha avuto la sua “terra promessa”, il suo Far West, la sua Frontiera dove andare per ricominciare tutto da capo, quella che per i nostri bisnonni magari era stata l’Australia, l’America Latina, o l’Abissinia. Con tutti i dovuti distinguo, l’erede di questo concetto (almeno fino a pochissimi anni fa) è decisamente la Nuova Zelanda. Sarà che sta agli antipodi dell’Italia, sarà che (se uniamo le due Isole di cui è composta) la Nuova Zelanda disegna perfettamente, al contrario, i contorni della nostra penisola, fatto sta che per molti della mia generazione e anche molto più giovani, la Nuova Zelanda rappresenta l’Alternativa. E in effetti, quando ci sono stato, ho trovato non solo molti amici italiani che laggiù hanno cambiato vita, ma ho trovato anche molte tracce di Italia. Ho trovato (anche grazie al clima che è abbastanza simile al nostro, almeno sull’Isola del Nord) tracce di una Nuova Toscana, con uliveti e vigneti e tanta voglia di Italia, che rappresenta per molti versi un modello. La stessa cosa l’avevo trovata anche altrove, per esempio in Sudafrica o in Australia, ma qui in Nuova Zelanda era tutto più credibile, anche perché tutto abbastanza più originale. E’ un mondo come il nostro che, essendo stato rifatto dopo, cerca di non ripetere tutti i nostri errori. Sembra che ci sia meno burocrazia, meno vincoli col passato. Più attenzione al diverso e al nuovo, alla natura, all’ambiente. Non a caso i Neozelandesi hanno fama di esser aperti, e fisici, diretti. Hanno i loro scheletri nell’armadio e le loro belle gatte da pelare noi confronti dei Maori, ma le stanno gestendo in modo “politicamente corretto”.

Alla conquista della Nuova Zelanda

Tutto questo mi hanno raccontato i tanti amici italiani trasferitisi in Nuova Zelanda: ad Auckland ho trovato un insegnante di yoga, una operatrice turistica, un professionista nel campo dell’informatica, un famoso chirurgo che aveva deciso di cambiar aria e di cambiare vita, una signora che faceva corsi di cucina, un’altra cara amica vendeva case, poi ho conosciuto una meravigliosa artista che aveva voluto liberarsi del peso della tradizione italiana per creare cose nuove in un posto nuovo. Qualcuno campava anche facendo catering all’Italiana, altri avevano provato a lanciare sul mercato locale la bresaola della Valtellina… Anche i nostri amici skipper, Gigi e Irene, hanno deciso di naturalizzarsi “Kiwi”, cioè neozelandesi, per avere una base in Pacifico per la loro barca. Per non parlare dei tanti ristoranti italiani. Tutti quanti mi hanno confermato che in Nuova Zelanda si erano ben integrati. In effetti – si dice – i neozelandesi sono anglosassoni un po’ sui generis, cioè più aperti della media degli anglo-americani e persino degli australiani. (Oddio, io a momenti vengo arrestato alla frontiera perché avevo introdotto, mio malgrado e a mia insaputa, una mascherina di legno laccato, e quindi certamente senza alcun parassita, ma lasciamo stare: quando si dice anglosassoni sui generis, non dobbiamo certo immaginarci un popolo di buontemponi flessibili…). Tutti però, i miei amici e conoscenti, nonché i tanti italiani incontrati per caso, confermavano che ormai – anche da un punto di vista normativo – la Nuova Zelanda non è più disponibile come qualche anno fa, anche là si è chiuso un ciclo. Quale sarà la prossima Frontiera? Ma c’è ancora posto, sul Pianeta, per un’altra Terra Promessa?

Patrizio