La frontiera delle possibilità
Alla conquista della Nuova Zelanda
Tutto questo mi hanno raccontato i tanti amici italiani trasferitisi in Nuova Zelanda: ad Auckland ho trovato un insegnante di yoga, una operatrice turistica, un professionista nel campo dell’informatica, un famoso chirurgo che aveva deciso di cambiar aria e di cambiare vita, una signora che faceva corsi di cucina, un’altra cara amica vendeva case, poi ho conosciuto una meravigliosa artista che aveva voluto liberarsi del peso della tradizione italiana per creare cose nuove in un posto nuovo. Qualcuno campava anche facendo catering all’Italiana, altri avevano provato a lanciare sul mercato locale la bresaola della Valtellina… Anche i nostri amici skipper, Gigi e Irene, hanno deciso di naturalizzarsi “Kiwi”, cioè neozelandesi, per avere una base in Pacifico per la loro barca. Per non parlare dei tanti ristoranti italiani. Tutti quanti mi hanno confermato che in Nuova Zelanda si erano ben integrati. In effetti – si dice – i neozelandesi sono anglosassoni un po’ sui generis, cioè più aperti della media degli anglo-americani e persino degli australiani. (Oddio, io a momenti vengo arrestato alla frontiera perché avevo introdotto, mio malgrado e a mia insaputa, una mascherina di legno laccato, e quindi certamente senza alcun parassita, ma lasciamo stare: quando si dice anglosassoni sui generis, non dobbiamo certo immaginarci un popolo di buontemponi flessibili…). Tutti però, i miei amici e conoscenti, nonché i tanti italiani incontrati per caso, confermavano che ormai – anche da un punto di vista normativo – la Nuova Zelanda non è più disponibile come qualche anno fa, anche là si è chiuso un ciclo. Quale sarà la prossima Frontiera? Ma c’è ancora posto, sul Pianeta, per un’altra Terra Promessa?
Patrizio