Galapagos, un viaggio mitico
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Il tragitto per arrivarci è lungo e complicato, ma ne vale la pena. Tenete conto che se prenotate un volo per arrivare a Quito (la capitale dell’Ecuador) dovete stare attenti all’orario d’arrivo previsto: dopo il tramonto spessissimo la conca dell’altipiano su cui è appoggiata la città con l’aeroporto si riempie di nebbia, per cui a Quito in molte occasioni non si atterra col buio (esperienza già fatta, un paio di volte, accidenti). Poi c’è il volo “locale”, da Quito o da Guayaquil, che tanto breve non è perché le Galapagos stanno a mille chilometri dalle costa ecuadoriana, e soprattutto sono voli sempre pieni. In tutti i nostri viaggi noi ci siamo appoggiati a www.tonellitours.net, che ci ha risolto un bel po’ di problemi pratici. L’ideale, secondo me, sarebbe programmarsi un viaggio di almeno 20 giorni, e organizzare un bel giro di circa 12 giorni per l’Ecuador continentale (interessantissimo, ma ne parliamo un’altra volta…) e gli altri 8 giorni passarli alle Galapagos.
UNA VACANZA
Ho detto e sottolineo “almeno” 8 giorni. Perché noi alle Galapagos siamo stati due volte (una volta nel 2002 in occasione del Giro del Mondo e la seconda volta nel 2007 in occasione del Giro di Darwin), e Adriatica con relativo equipaggio ci si è fermata per mesi, e nessuno si è mai annoiato. Anzi, il nostro amico Giovanni (operatore/montatore/regista) ci si è addirittura… sposato, con una deliziosa ecuadoriana. E, per esperienza diretta, posso dire che le escursioni per le varie isole sono indimenticabili, ma anche star a far niente e a bighellonare a Puerto Ayora (la capitale di fatto sull’Isola di Santa Cruz) o per Baquerizo Moreno (la capitale amministrativa sull’Isola di San Cristobal) è una esperienza e una vacanza bellissima.
A proposito: io confesso che ancora faccio confusione tra le varie Isole, per il semplice motivo che ognuna di esse (sono 60 in tutto, ma quelle principali sono 8 o 9) ha almeno due o tre nomi, uno dato dai pirati inglesi, magari un altro dai balenieri e infine uno spagnolo ecuadoriano. Per raccapezzarmi tra il Diario di un naturalista di Darwin e la cartina attuale coi nomi spagnoli, mi son dovuto fare una mappa bilingue…
STORIA
Le solite due righe di storia non sono inutili, perché la Storia è la maggior attrazione delle Galapagos: la prima “notizia” dell’esistenza delle Isole (a me fa un po’ schifo usare il termine “scoperta”, come se prima non ci fossero…) risale al 1535, quando ci è arrivato “per caso” un vescovo che si era praticamente perso in mare per colpa della bonaccia. Poi ci sono passati i pirati e i balenieri, che le usavano come cambusa: catturarono migliaia di tartarughe giganti, che riuscivano a sopravvivere a lungo sulle navi e quindi assicuravano una gran riserva di cibo. In cambio gli hanno dato un nome: Galapagos, cioè tartarughe. Poi, se non sbaglio nel 1835, ci è arrivato Darwin, ha fatto alcune osservazioni scientifiche fondamentali da cui ha ricavato la Teoria dell’Evoluzione, e da allora le Galapagos sono diventate per il mondo intero il Paradiso Naturale per antonomasia. Ho poi scoperto che in realtà il primo scienziato ad esplorare le Galapagos è stato un siciliano, Alessandro Malaspina, 45 anni prima di Darwin, ma purtroppo di lui si è saputo ben poco, per cui l’unico omaggio agli italiani resta il nome dell’isola di Genovesa. Insomma, per millenni alle Galapagos non c’è arrivato praticamente nessuno, mentre adesso il problema è che ci arrivano tra i 60 e i 100 mila turisti all’anno, e soprattutto – per assicurare ai turisti stessi accoglienza, alberghi e ristoranti – ci abitano stabilmente circa 20-25.000 persone.
UN LABORATORIO PER L’UMANITA’
Le Galapagos sono un Laboratorio dell’Umanità. Al di là infatti del loro valore scientifico (nel senso che sono state e sono ancora un ambiente unico al mondo, in cui le varie specie animali e vegetali si sono evolute e diversificate in modo speciale), queste Isole rappresentano “in piccolo” tutti i problemi del Pianeta. Uno, appunto, è quello dell’immigrazione clandestina, che qui è molto particolare: infatti gli immigrati non sono stranieri, sono ecuadoriani continentali, che violano le regole che limitano il numero dei residenti nell’Arcipelago, spinti qui dalla povertà: infatti le Galapagos offrono impieghi nel turismo, e anche buona terra da coltivare. Peccato che la vicinanza tra animali domestici (mucche, cani, gatti, capre, asini) faccia malissimo agli animali autoctoni e selvatici: le specie importate competono per il cibo con quelle locali o addirittura se le mangiano direttamente…
Ma il problema più scottante sulle Isole (in particolare le due più densamente abitate, e cioè San Cristobal e Santa Cruz) sono i pescatori, che sono davvero arrabbiati: qualche tempo fa hanno minacciato di far esplodere i serbatoi di carburante per protesta. Protestano contro le regole del Parco, che gli impediscono di pescare, mentre qualche miglio al largo le navi giapponesi pescano qualunque cosa. Protestano contro gli imprenditori turistici stranieri e “continentali” che, avendo il monopolio dei permessi per le barche da crociera, gli alberghi e persino i taxi, si pappano la fetta più grossa dei proventi del turismo, senza dare ai pescatori stessi nemmeno la prospettiva di una possibile riconversione economica.
IL PARCO
In tutto questo ci sono sulle Isole due diverse Autorità che vigilano sull’ambiente: l’ecuadoriano Parco Nazionale (che concede di più ai problemi sociali umani) e l’anglosassone Stazione Darwin (più rigorosamente legata alla difesa intransigente degli animali). Io, accompagnato da Fabio Tonelli che alle Galapagos ci risiede e che le ama e conosce come nessun altro, ho avuto la fortuna di partecipare da spettatore ad una seduta del Consiglio Amministrativo, cioè del parlamentino locale, dove sono rappresentate tutte le categorie socio-economiche. E ancora una volta l’America Latina mi ha stupito per la sua maturità politica, per la passione e per il gusto della democrazia. Anche se il capo dell’INGALA (l’ente per lo sviluppo delle Galapagos) mi ha esposto una soluzione al problema piuttosto inquietante: alzare i prezzi, in modo che alle Galapagos venga meno gente che spende di più… Speriamo che le Galapagos non diventino in futuro una riserva per tartarughe, iguane e turisti americani ricchi.
Ma cosa vi racconto a fare queste cose? Perdonatemi, ma a me sembrano queste le notizie essenziali per poter stare in questo Arcipelago riuscendo ad avere qualche rapporto con la gente, cercando di capirci qualche cosa. Anche la notizia che l’attuale presidente dell’Ecuador, Rafael Correa, da ragazzo ha lavorato a lungo come volontario al Parco Nazionale delle Galapagos non mi pare una notizia inutile: lui conosce perfettamente la situazione, e questo lascia ben sperare nel futuro.
GLI EQUILIBRI NATURALI
Ma torniamo al concetto di Laboratorio. Alle Galapagos vive l’unico pinguino che sopravvive all’equatore, all’ombra di un cactus. Come mai? In realtà è la corrente di Humboldt che porta dal Polo Sud verso nord, che lo ha trascinato fin lì, e poi la Corrente di Cromwell, che porta acqua fredda dal fondo del Pacifico centrale verso est, che permette di avere un clima fresco anche all’equatore, in cui il pinguino può resistere. Le Galapagos sono un Paradiso Naturale che si regge quindi su un equilibrio climatico delicatissimo: il fenomeno del Nigno, ad esempio, ha rischiato di compromettere tutto l’ecosistema. Le Galapagos sono un laboratorio nel senso che saranno il primo campanello d’allarme a squillare se i cambiamenti climatici del Pianeta dovessero superare una certa soglia.
Ma la vocazione ad essere un luogo emblematico per tutta l’umanità non finisce qui: anche in termini di energia le Galapagos rappresentano una frontiera. Una decina di anni fa la petroliera Jessica si è arenata davanti a San Cristobal, e sversando in mare il suo contenuto ha rischiato di rovinare il Paradiso. Ed ecco allora che proprio alle Galapagos gli Stati del G8 stanno sperimentando l’efficienza delle energie pulite e rinnovabili: anche l’Enel ha collaborato alla costruzione di una centrale eolica, che assicura all’Isola il 50% dell’energia.
L’ITINERARIO
Ma veniamo al viaggio vero e proprio: il maggior numero di voli arriva all’aeroporto di Baltra (un ex aeroporto militare americano, costruito durante la guerra) da cui si arriva facilmente a Puerto Ayora. Io consiglierei almeno un paio di giorni di soggiorno nella cittadina che apparentemente non è davvero nulla di speciale, ma che in poco tempo ti conquista per la simpatia della gente, e per l’accoglienza dei ristorantini (in cui si mangia soprattutto pesce fritto, con riso e fagioli e ottima birra) e delle pensioni. Il secondo nome dell’Isola sarebbe Indefatigable, ma in realtà è bello anche stare a Puerto Ayora a non fa nulla, a passeggiare tra il Mercato del Pesce, la Piazza e l’Internet Cafè. Puerto Ayora assomiglia un po’ a Cesenatico, ma uno si abitua a vedere cormorani e qualche leone marino che pascolano sul porto, assieme alle prime iguane marine, e può dedicare i primi giorni di permanenza a conoscere l’ambiente, visitando il Parco Naturale e la Stazione Darwin. E poi c’è l’immancabile gita all’interno dell’isola di Santa Cruz, per vedere le tartarughe giganti. Io sono stato ospite dell’agriturismo di Fabio Tonelli, che sta giusto in cima, e ha le tartarughe giganti che gli passano in giardino. Quando ho partecipato al campo dei Biologi dell’Università di Roma Tor vergata sono stato accampato 4 giorni a Cerro Dragon, dall’altra parte dell’Isola. E ho potuto toccare con mano la variabilità climatica delle Isole: basta cambiare versante, e quindi esposizione a venti e correnti, perché cambi radicalmente vegetazione e temperatura. Le Galapagos passano dal bosco, alla selva, al deserto e alla colata vulcanica nel giro di 100 metri…
LA TEORIA DELL’EVOLUZIONE
Gabriele Gentile e i suoi collaboratori, che studiano appunto le iguane (anzi, hanno recentemente scoperto addirittura una nuova specie di iguane) mi hanno permesso di vedere da vicino e quindi capire il meccanismo e il significato della biodiversità e quindi della variabilità genetica, che sono appunto la ricchezza inestimabile dell’Arcipelago. Milioni di anni fa, in vari modi (in volo o su zattere naturali), varie specie animali sono arrivate sulle Isole (iguane ma anche fringuelli, ad esempio). Uno degli a priori dell’Evoluzione è la variabilità: significa che ogni individuo è diverso dagli altri. Ma poi, popolando le varie isole, sono sopravvissuti (e quindi si sono riprodotti) gli individui che si sono meglio adattati ai diversi ambienti: ad esempio in un’isola in cui bisognava sgranocchiare semi durissimi sono sopravvissuti i fringuelli col becco più grosso, in un’altra isola in cui bisognava cavare il cibo da buchi nel legno degli alberi si sono adattati meglio quelli con un becco lungo, ecc. E, a lungo andare, queste diversità si sono radicalizzate, e si è arrivati a specie diverse, tutte derivate da un antenato comune, ma tutte differenti. Se si aggiunge a questo semplice meccanismo l’opera del Caso (ad esempio in un’isola arrivano gli uomini che importano i cani che mangiano le iguane, e in un’altra no), eccoci alla formulazione (sia pure grossolana e semplificata) della teoria dell’Evoluzione Naturale. Che è praticamente nata qui, alle Galapagos, e non a caso…
LA CROCIERA
Le Galapagos infatti offrono un vero campionario di specie animali, e certo non basta stare a Santa Cruz per vederlo. E allora non si può fare a meno di prenotarsi una delle tantissime crociere di 5-6 giorni che fanno il giro delle altre Isole. Ho letto su alcuni siti il consiglio di affittarsi una barca a vela, ma o sono resoconti di viaggio vecchissimi, o sono errati: infatti possono navigare per l’Arcipelago (o meglio possono sbarcare sulle Isole) soltanto le barche autorizzate locali. Sette o otto anni fa erano quasi tutte delle baite galleggianti, di tre piani, dall’aspetto poco rassicurante sotto il profilo della navigabilità (infatti sono successe alcune disgrazie), mentre due anni fa ho potuto vedere che erano state quasi tutte rinnovate: ora sono delle piccole navi, con una decina di cabine doppie ognuna, che portano in giro un gruppo di una ventina di turisti con guida obbligatoria. Ma ce ne sono anche di più grandi, e ce ne sono di quelle attrezzate per immersioni subacquee. La crociera è divertente e rilassante: si naviga tra isola e isola di notte, e ogni giorno si fa una escursione diversa. Si mangia bene (in linea di massima) e le cabine sono comode (almeno nelle barche più recenti).
LE ISOLE
Ma soprattutto ogni giorno è una scoperta: isole vulcaniche, passeggiate sulla lava tra panorami strepitosi, immersioni, lagune esplorate con i gommoni. E animali, animali di ogni tipo che non temono l’uomo e che si fanno avvicinare. Tra le tante Isole val la pena di ricordare (solo come esempio) Genovesa, cioè l’Isola degli Uccelli, dove sembra di camminare in mezzo ad un’aia, molto speciale, popolata da sule, gabbiani, sterne e fringuelli che se ne stanno tranquillissime a un metro dal visitatore. Oppure l’isola di Floreana, dove ci sono storie e tracce umane dei primi romantici naturalisti (o meglio naturisti) che provarono ad abitare le Isole, o dove c’è la botte che serviva da casella postale per i balenieri di passaggio. Alla fine della crociera a noi è capitato un piccolo contrattempo, dovuto appunto ai “vizi” della colonizzazione turistica: infatti è tradizione lasciare all’equipaggio e alla guida una mancia, un extra. Noi eravamo un gruppo di pochi adulti e molti studenti, per cui abbiamo lasciato una cifra non esattamente ricca (gli adulti 20-30 dollari a testa, i ragazzi 10 dollari a testa di media) ma comunque per noi significativa. Ma purtroppo la somma è stata snobbata e restituita, perché ritenuta irrisoria: i gruppi di americani danno molto di più… No ce la siamo presa e quindi ce la siamo ripresa (la cifra), più offesi di loro. Sono gli incerti della globalizzazione turistica…
Patrizio