Suriname questo sconosciuto.

Racconto di due viaggiatori siciliani alla scoperta del paese sudamericano. Dopo la Patagonia Argentina, la Bolivia, l'Ecuador e le Galàpagos, un'altra esperienza di due intrepidi viaggiatori siciliani.
Scritto da: giuau
suriname questo sconosciuto.
Partenza il: 22/10/2010
Ritorno il: 01/11/2010
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Quando la scelta del nostro ennesimo viaggio fu definitiva, i nostri amici e familiari ci guardarono con stupore e incredulità. La stragrande maggioranza di loro non sapeva neanche che fosse uno Stato riconosciuto e dove si trovasse. A dire il vero, quando Giuseppe mi propose il Suriname, anche io non sapevo esattamente di cosa stesse parlando; sapevo che in Sudamerica c’erano delle ex colonie olandesi e francesi, ma che il Suriname fosse uno Stato indipendente dal 1975, che fosse un’insolita oasi territoriale popolata da una straordinaria varietà di gruppi etnici, che più dell’80% del suo territorio fosse coperto da foreste pluviali molte delle quali ancora inesplorate, no…proprio questa era una sorpresa. In effetti, quando cominciammo a lavorare concretamente su questa meta, cercando informazioni su internet, ci trovammo davanti ad una regione che ci appariva interessante per svariati motivi. Una su tutti la difficoltà nel trovare una guida in italiano; infatti soltanto in “South America on a Shoestring” guida in lingua inglese della famosissima Lonely Planet, sono dedicate circa 50 pagine dal titolo “The Guaianas”, e nella parte dedicata al Suriname (da pag.705 a pag. 718), abbiamo raccolte le prime informazioni su questo curioso paese. Man mano che curiosavamo sui siti e ammiravamo foto, ci rendevamo conto che il turismo italiano sarebbe risultato pressoché inesistente, e che il territorio del Suriname non è altro che la propaggine a nord dell’Amazzonia, un paese pieno di fiumi e ricco di paludi, dove è possibile trovare specie infinite di piante, uccelli e rettili. Un altro dei motivi che ci ha spinto ad organizzare il viaggio è stata anche la multiculturalità e multietnicità che contraddistingue questa località. Infatti la popolazione del Suriname è abbastanza variegata: originariamente amerinda e africana e successivamente hindustana, creola, indonesiana e javanese, afro-americana, cinese ed infine sono arrivati gli europei, inglesi e olandesi, che hanno colonizzato il territorio. Anche le lingue parlate sono differenti: l’olandese, unica ufficiale, e poi lo sranang tongo, il giavanese e anche il cinese. Induisti, protestanti, cattolici, cristiani anglicani, musulmani e credenze indigene, rappresentano l’espressione delle fedi religiose di questo paese che, nel sito ufficiale (http://www.suriname-tourism.org/cms/), scrive testualmente “a cultural melting pot ”, un crogiolo di razze, di lingue, di popoli e di religioni. Il Suriname non è raggiungibile con voli diretti dall’Italia. È necessario fare scalo ad Amsterdam o a Cayenne (Guayana Francese); è anche possibile raggiungere il paese attraverso scali negli Stati Uniti (Miami o Fort Lauderdale) o dal Brasile. La nostra scelta è stata la Surinam Airways con volo diretto Amsterdam – Paramaribo. Amsterdam è stata raggiunta da Catania (Via Roma) con Alitalia. Klm effettua voli diretti per Paramaribo da Amsterdam, ma il costo, nel periodo del nostro viaggio, era di gran lunga superiore. Abbiamo pagato la tratta intercontinentale, andata e ritorno, € 696,00 oltre alla tratta per raggiungere Amsterdam (da Catania via Roma a/r € 280,00) La Surinam Airways si è rivelata un’ottima compagnia; durante la crociera ci hanno servito pasti caldi, bibite, rinfreschi e perfino il gelato a merenda ! L’intrattenimento è curato nei particolari; monitor esclusivi per giocare ai videogames o per la visione di film. Noi abbiamo scelto un cult movie di Bollywood, famosissima produzione di cinema popolare indiano… risate assicurate.

Arriviamo a Paramaribo venerdì 22 ottobre alle 19.30 ora locale, dopo circa 9 ore di volo; la differenza oraria rispetto all’Italia è di cinque ore indietro (quattro quando non c’è l’ora legale). L’aeroporto internazionale di Paramaribo, Zanderij International Airport, è piuttosto squallido; una ampia tettoia in lamiera sovrasta l’uscita dove il nostro autista (che avevamo contattato tramite la guesthouse) ci aspetta puntualissimo con il classico cartello indicante il mio nome. Il tragitto fino al centro città (25,00 €) è abbastanza scorrevole; la strada è discreta, a doppio senso di circolazione e guida a sinistra: a volte sobbalziamo per le frequenti buche sull’asfalto e dopo circa un’ora e mezza, arriviamo alla Twenty 4 Guesthouse. L’accoglienza nella Guesthouse non è delle migliori: un cane comincia ad abbaiare nervosamente all’arrivo del taxi, anche se ci viene assicurato che è uno di quelli tranquilli. L’edificio è la classica casa coloniale in legno con una balconata che scorre lungo i due lati della costruzione dove la mattina è possibile consumare la colazione a buffet ( 4.00 €). Peccato che su un lato scorra un fiumiciattolo maleodorante, ma siamo in Suriname e anche gli odori fanno la vacanza. La camera (€ 35.00) è praticamente ricavata da un garage sottostante la zona ricevimento e colazione; accanto alla nostra camera è parcheggiata una moto e quindi, alle esalazioni del fiumiciattolo si aggiungono quelle della benzina e del cane. Inoltre la camera ha un solo letto matrimoniale, ma è dotata di ventilatore e di un condizionatore anni ’60; il lavabo è di dimensioni così ridotte, che quello della casa di Barbie, deve certamente essere più grande. Nel complesso, anche se spartana, la camera è pulita, così come la biancheria. La doccia con acqua calda, per fortuna, funziona bene; quest’ultima è stata la condizione determinante per la scelta di questa Guesthouse al posto della Zus & Zo (medesima proprietà ma sistemazione più confortevole e più centrale), ma, di fatto, si è rivelata sbagliata: infatti considerato il clima afoso di Paramaribo, la doccia con acqua calda è superflua.

Sabato 23 ottobre.

Cominciamo a prendere confidenza con Paramaribo, Parbo così come è chiamata dai suoi residenti, principale città (circa 250.000 abitanti) e capitale della Repubblica del Suriname (circa 520.000 abitanti). Siamo fermamente convinti che le città si visitino a piedi e quindi, dotati di scarpe comode ed una serie di tshirt di ricambio, iniziamo a passeggiare verso il centro. Dotati di mappa, raggiungiamo per primo l’ufficio del turismo che si trova proprio a ridosso della Piazza dell’Indipendenza (Onafhankeliljkeidsplein), ma purtroppo il sabato è chiuso. Chiusa di sabato è anche la sede di Stinasu (Cornelis Jongbawstraat ), una fondazione per la conservazione della natura in Suriname (www.stinasu.com), che organizza tour in tutto il paese. Decidiamo allora di andare in giro; dalla Piazza dell’Indipendenza è possibile ammirare il Palazzo Presidenziale, il Palmentium, un piccolo parco pieno di palme altissime, e Fort Zelandia, una antica fortezza, costruita dagli inglesi intorno al 1650, destinata a luogo di tortura per prigionieri politici. Andando più avanti sul Waterkant, il lungofiume, arriviamo sino al super affollato Mercato Centrale, suddiviso in due aree: frutta, verdure e alimentari in genere al piano inferiore; tessuti, chincaglieria e bazar al piano superiore. Una curiosa particolarità: le donne vendono il pesce, gli uomini le carni. Notiamo che i commercianti non sono molto cordiali; attirati ovviamente dall’abbondanza di colori dei frutti esotici, spezie e da strani tuberi, turbiamo, nel fotografare e chiedere informazioni, la loro tranquillità. Facciamo pausa; tracanniamo due Coca Cola in un bar (7 SRD =1.90 €) e ci avviamo verso le strade interne al Waterkant, passeggiando nello stupefacente centro storico, pieno di meravigliose costruzioni coloniali in legno, la maggior parte sedi di importanti uffici pubblici. Abbiamo la sensazione di girare per la Mainstreet di Disneyland ad Orlando o Los Angeles. Ci fermiamo a pranzo; proprio di fronte al multinazionale Mc Donald, troviamo Spanato, il cui nome, ci ricorda vagamente la nostra terra, la Sicilia. Prendiamo due piatti con hamburger, due coca cola, due coppe di gelati ed una bottiglia d’acqua, il tutto per 41 SRD circa 5 euro a testa; economico e gustosissimo. Andando avanti per il centro storico, abbiamo la netta comprensione della multiculturalità che predomina in questo paese; ci troviamo davanti la moschea, che ci dicono essere la più grande dei Caraibi, che confina con una sinagoga, la Neveh Shalom; una costruzione in legno con un colonnato bianco. Poco più avanti la cattedrale di San Pietro e Paolo, la chiesa costruita interamente in legno più grande al mondo, purtroppo chiusa per restauro. In questa giornata decidiamo anche due peculiarità rilevanti del nostro viaggio: le due escursioni e il cambio della nostra sistemazione a Paramaribo. Scegliamo una agenzia che ci sembra la più organizzata; optiamo per due escursioni a sud con rientro a Paramaribo tra l’una e l’altra, per il cambio di vestiti e biancheria. E’ diventata per noi una consuetudine, nei paesi che visitiamo, lasciare il bagaglio principale nella località di riferimento, Paramaribo in questo caso, ed effettuare le escursioni con il solo zaino leggero in spalla. Prima escursione ad Anaula, resort ubicato nella Ferulassivallen sul fiume Suriname, durata tre giorni due notti € 260,00 per persona all inclusive, dove faremo conoscenza con i Maroons, discendenti degli schiavi africani, i quali, fuggirono dalla schiavitù, per fondare una società distinta e separata nelle giungle interne. La seconda al Brownsberg Nature Park due giorni una notte € 135,00 tutto compreso. L’agenzia ci ha anche fornito, distinto per escursione, un elenco dettagliato delle cose da portare: straordinariamente efficiente! Per chi volesse informazioni più dettagliate (agenzia, programmi e altro, può scrivermi indicando nell’oggetto Suriname). I costi delle escursioni si equivalgono tra le agenzie, anche perché, ci hanno spiegato, che le più piccole si rivolgono sempre a quelle più importanti, meglio organizzate e che dispongono di guide. Parte della quota che pagate all’agenzia per l’escursione viene devoluta a Stinasu (www.stinasu.com), che raccoglie fondi per la salvaguardia delle foreste; di conseguenza anche noi abbiamo contribuito a preservare la natura in questa terra straordinaria. Una altra utile informazione è quella di pagare in euro le escursioni alle agenzie; più dettagliatamente, le agenzie vi danno anche la possibilità di pagare in dollari surinamesi (SRD), ma il costo dell’escursione lievita considerevolmente; per esempio il tour che abbiamo scelto ad Anaula sarebbe costato circa € 100,00, se avessimo pagato con valuta locale. Dimenticate la carta di credito: vi diranno che hanno la macchinetta guasta, anche in aeroporto.

Domenica 24 ottobre.

Dopo aver fatto colazione, scambiato due chiacchiere con i nostri amici pensionati ex soldati olandesi, e concluso le operazioni di check out, cambiamo alloggio ed arriviamo al Guesthouse Centre (Van Sommelsdijckstraat 4), molto più simile ad un albergo che ad una guesthouse. Costo per notte: € 42,00 oppure $ 60,00 o ancora SRD 180,00 conviene, quindi, pagare in euro. La camera è decisamente migliore, con un ampia finestra, condizionatore, frigo, acqua calda e soprattutto due comodi letti singoli. Certo non è lussuoso, e anche la moquette andrebbe rinnovata….ci saranno state generazioni di acari, ma nel complesso si è rivelato decoroso ed il suo gerente, molto gentile e cordiale nel mettersi sempre a nostra disposizione per qualsiasi evenienza. Decidiamo di noleggiare due biciclette soprattutto per andare a vedere un tempio indù. Costo delle biciclette 20 SRD ognuna più € 50,00 di deposito (vi chiedono euro per il deposito) Sono però molto organizzati; ti forniscono kit per le forature, pompa per il gonfiaggio delle ruote e lucchetto. Una particolarità degli abitanti del luogo è quella che fanno le cose con una lentezza che ha dell’incredibile. Più di mezz’ora per espletare la pratica di nolo…. Ed eravamo gli unici: incredibile. Dopo la visita al tempio, purtroppo chiuso, siamo stati in giro per la città spingendoci anche in zone periferiche, dove prevalgono abitazioni lussuose (Lunastrat, Copernicusstraat) abitate dalla Parbo ricca e borghese. Pranzo sul Waterkant in un posto frequentato da locali, quindi caratteristico e per nulla turistico, suggerito dai nostri amici ex soldati olandesi. La sistemazione è alla buona, su tavolati in legno all’aperto con vista lungofiume; è domenica ed il posto è anche frequentato da famiglie che riteniamo vengano qui per il pranzo fuori casa. La cucina risente molto dell’influenza multiculturale dei suoi abitanti: pollo tandoori, involtini primavera, e sformatino di ingredienti imprecisati, hanno soddisfatto ampiamente il nostro appetito. (costo 42 SRD per due pasti birre comprese). La domenica pomeriggio la città sembra dormire; non c’è quasi nessuno per le strade, un silenzio irreale anche per la zona del mercato, che invece è animatissima negli altri giorni. Abbiamo le biciclette e ci spingiamo fin dentro i quartieri meno battuti dai turisti; questo ci da l’opportunità di comprendere meglio lo stile di vita degli indigeni . Hanno il culto dell’automobile; possono avere case fatiscenti, ma l’auto è nuova, lucidata e scintillante e con un impianto stereo da sfoggiare, a tutto volume in Kleine Waterstraat, il viale dove ci sono gli alberghi importanti e dove il venerdì e sabato, la Parbo movida impera. A quanto pare la domenica è dedicata al pranzo in famiglia; notiamo che sono tutti riuniti a casa con parenti e amici e, sembra che facciano tutti una siesta, nell’afosissimo dopo pranzo. Ci rilassiamo al Sidewalk Cafe ‘T Vat, un locale per turisti molo affollato a tutte le ore; la sera, spesso, musica del vivo e birra a volontà. A proposito la birra nazionale è, manco a dirlo, la Parbo Bier. Chiedete una Djogo Beer, vi porteranno un litro di buonissima birra Parbo ghiacciata. Al Sidewalk Cafe ‘T Vat è anche possibile collegarsi via lan ad internet; ma proprio di fronte, c’è un internet point che costa pochissimo e ha anche l’aria condizionata (plus da non sottovalutare). Cena presso il non entusiasmante Zanzibar, proprio di fronte al nostro hotel, ma comunque sempre economico; in due abbiamo speso 61.00 SRD, circa 17 euro.

Lunedì 25 ottobre.

Sveglia alle 7.00 per presentarci puntualissimi presso la lobby dell’hotel Torarica, dove abbiamo appuntamento per la partenza del tour alle 8.30. Non si vede nessuno per più di tre quarti d’ora, ma ormai abbiamo imparato che qui fanno tutto con comodo. Facciamo il giro degli altri alberghi e finalmente, con un minivan, lasciamo la città. La strada inizialmente è asfaltata e scorrevole per più di due ore di viaggio; dopo una pausa per uno spuntino, la strada diventa più ristretta, piena di buche, e di terra battuta; insomma una pista. Tra l’altro stanno provvedendo ad ampliarla ed è, quindi, trafficata da camion carichi di terra che sfrecciano alzando un polverone che oscura completamente la visuale. Ad ogni incrocio di camion, una prece. La pista termina ad Atjoni ed adesso bisogna proseguire in barca, lungo il Suriname River. Appena scesi dal minivan assistiamo ad una sorta di cerimonia funebre; una bara bianca è posizionata sotto una tettoia dove ci viene indicato per ripararci dal sole. Ci mettiamo da parte cercando di non disturbare le litanie e i canti che intonano le donne. Molto suggestiva e commovente è la trasposizione del feretro su una canoa che, a fine celebrazione, lascia la terraferma per procedere lentamente lungo il corso del fiume. Ovviamente non facciamo foto ne curiosiamo sfruttando la circostanza; attendiamo in silenzio che ci chiamino per salire su delle canoe per iniziare la navigazione alla volta della nostra destinazione. Arriviamo al resort alle 15.30 e immediatamente ci portano a pranzo.

Il resort è ricavato in un’aerea di 11 ettari ed è costituito da lodges per 2, 4 o 5 persone; ogni lodge è dotato di zanzariere, bagno, doccia con acqua “tiepida” e veranda che si affaccia sul fiume con una paesaggio mozzafiato. Dopo avere pranzato ed avere preso possesso del lodge, facciamo un’escursione lungo il fiume. Ci fermiamo per il bagno in un punto del fiume dove leggerissime ripide, creano un effetto Jacuzzi molto rilassante e divertente. Dopo cena con le canoe, ritorniamo in acqua, questa volta per andare a vedere i caimani. Indimenticabile la navigazione sul fiume di notte; se avessi saputo il pomeriggio che quelle acque erano popolate da caimani, forse non sarei entrato in acqua.

Martedì 26 ottobre.

Sveglia alle 7.00 e dopo avere fatto una doccia fredda ma corroborante, facciamo colazione con un coloratissimo pappagallo che ci fa un po’ troppa compagnia. Successivamente, sempre percorrendo il fiume, arriviamo ad un villaggio Maroons, precisamente Saramacca Maroons. La visita al villaggio è, per i nostri gusti, un po’ troppo turistica, così come la visita alla nonnina ottuagenaria che canta la canzoncina per turisti. La nostra guida, simpaticissima e molto gentile, intercede con i Maroons per permetterci di scattare delle fotografie ai loro volti meravigliosi. Abbiamo visto bellissime ragazze frutto certamente della miscela di razze che ha dominato questa regione. Ci imbattiamo con dei fanciulli che fanno pausa nei pressi di una scuola; vengono correndo verso di noi, tutti ordinati e impeccabili con le loro camicie verdi scozzesi tutte uguali, e ci offrono delle crespelle da intingere in una salsina piccantissima. Ottime. Successivamente torniamo al resort e, dopo avere pranzato, abbiamo alcune ore libere. Dopo la siesta, facciamo un’altra escursione all’interno dell’intricatissima foresta. Ci vengono mostrate piante, alberi e frutti tropicali con degustazione compresa. La sera, dopo cena, allietano la serata un gruppo di indigeni locali. Se non fosse per la birra che scorre a fiumi, sarebbe stato veramente difficile resistere al ritmo dei tamburi incessante e privo di melodia. La serata continua con una piacevolissima chiacchierata con la guida. Cerchiamo di capire il loro modo di vivere, le loro aspettative, il perché, a nostro giudizio, i surinamesi non hanno ben compreso che il turismo può essere una risorsa importantissima e perché si mostrano così schivi soprattutto con i turisti olandesi… ma ad una certa ora, il gruppo elettrogeno si spegne e senza corrente, si va a nanna.

Mercoledì 27 ottobre.

La mattina trascorre piacevole con una serie di escursioni nella foresta. Dopo il pranzo, il gruppo che è arrivato via terra, si appresta a lasciare questo incantevole territorio. Gli altri, che ci hanno raggiunto in aereo, rimarranno ancora un paio d’ore essendo per loro, il viaggio di ritorno, ovviamente più breve. Per arrivare fin qui non abbiamo scelto l’aereo non solo per ragioni economiche; infatti se avessimo preso l’aereo avremmo pagato un sovraprezzo. Abbiamo preferito via terra, o meglio via terra e via fiume, perché la navigazione con le canoe, è stata un esperienza indimenticabile. Lo avevo già fatto in altre parti nel mondo, e ogni volta è qualcosa di unico, di diverso…e come se si vivesse un film, insomma qualcosa di straordinariamente fantastico. Arriviamo a Paramaribo già ad ora di cena; ci concediamo una serata da Jasmine, uno tra i ristoranti più eleganti del centro, ma deludente nel complesso: 126 SRD in due.

Giovedì 28 ottobre.

Sveglia alle 5.30 per l’appuntamento al Torarica Hotel alle 6.30. Com’è consuetudine, non ci muoviamo prima delle 7.00 e percorriamo, per un buon tratto, la stessa strada che abbiamo già fatto. Del resto si va a sud, e la strada è una sola. Ci fermiamo per una serie di spuntini; una cosa è certa: in Suriname non morirete di fame. Dopo avere lasciato la strada che avevamo percorso per andare ad Anaula, ci imbattiamo in una pista che comincia a salire tortuosa, con buche che mettono alla prova gli ammortizzatori del minivan e i nostri fianchi. Dopo circa tre quarti d’ora di salita arriviamo al Brownsberg Nature Park. Il parco è gestito da Stinasu ed è presidio WWF. Il parco è una zona privilegiata per la conservazione della biodiversità e si trova a circa 500 metri di altitudine ed è interamente coperto dalla foresta pluviale. Facciamo subito un giro intorno e ci rendiamo conto che qui è completamente diverso rispetto ad Anaula. E’ più selvaggio, senza lodge, senza quelle comodità che forse snaturano la magia e l’esclusività della natura. Il visitors centre ci accoglie positivamente; un fabbricato con una veranda in legno dove sono sistemate delle panche e dei tavoli, che fungerà certamente da accomodo per il pranzo e la cena. Ci viene mostrato dove passeremo la notte; una costruzione con un tetto in paglia e lamiera, pavimento di cemento e bambu per pareti. Non ci sono letti ma delle robuste travi in legno dove agganciare le amache. Si infatti passeremo la notte in una amaca, corredata da una zanzariera che la ricopre per intero. Cominciamo subito un’escursione nella foresta; è così fitta che quando ha cominciato a piovere in maniera incessante e violenta, all’interno della vegetazione intricatissima, quasi non ti bagnavi. Gli acquazzoni non sono stati frequenti ma generalmente il pomeriggio, per quindici minuti, venivano giù dei temporali di tutto rispetto. Si procede in un sentiero che è pieno di radici, radici grosse come rami; spesso ci cammini sopra con evidente difficoltà. Lo spettacolo è mozzafiato, indescrivibile: bisogna essere lì..e basta. La guida è gentile e disponibilissima; ogni tanto si ferma e ci invita al silenzio assoluto. Ecco che sopra le nostre teste, sugli alberi, un combriccola di babbuini, salta da un ramo all’altro; oppure, in effetti molto più impressionante, notiamo un serpente assolutamente mimetizzato con i colori della vegetazione, incredibile. Ritorniamo al visitors centre e dopo avere pranzato, una parte del gruppo ritorna a Paramaribo, mentre noi ed una coppia di olandesi (neanche a dirlo) insieme alla guida, prepariamo le amache per la notte. Successivamente ci viene chiesto se vogliamo restare a rilassarci un po’ oppure preferiamo fare un’altra escursione. Noi propendiamo per un’altra “hike’s forest”, mentre i nostri amici olandesi preferiscono rilassarsi e rimanere nel tucul. Percorriamo per una primo tratto lo stesso percorso della mattina, incontrando delle piccole cascate, e scendiamo per ancora 1,5 km.; discendendo verso valle penso all’inevitabile risalita. Siamo in tshirt, pantaloni lunghi di cotone e scarpe da trekking; noi siamo in un bagno di sudore, la nostra guida, invece, asciutto e con passo atletico, ci invita, con garbo, ad allungare il passo. Lungo il percorso sono sistemate, nei tratti più impervi, delle corde per facilitare la discesa. Ad un certo punto arriviamo ad una cascata molto più imponente di quella della mattina; Irene Val. La guida, preparata per l’occasione, toglie via i pantaloncini e la maglia ed in costume da bagno si dirige verso la cascata; noi, avendo in altre situazioni perso l’occasione di bagnarci per la mancanza del costume da bagno, come quella volta alle Termas de Polques in Bolivia, decidiamo senza pensarci due volte, che anche gli slip sono perfetti per l’occasione, seguendo, tra l’ilarità generale, la guida, nella nostra prima doccia amazzonica. Dopo esserci ristorati la guida ci esorta a metterci in cammino; siamo partiti alle 16.00, ci siamo fermati moltissime volte, abbiamo impiegato più di mezz’ora alla cascata, dobbiamo percorrere più di 2 km in salita, e nella foresta amazzonica, l’oscurità incombe. In effetti la guida aveva ragione; risalire è ovviamente più difficoltoso; ci fermiamo per prendere fiato, più volte rispetto alla discesa, e comincia a fare buio. Sentiamo i pipistrelli che svolazzano inquietanti sopra le nostre teste; il sottobosco è fittissimo per la poca luce che ormai arriva. Ad un certo momento ho la sensazione che qualcuno di fronte a me, con una torcia segnali qualcosa; dopo qualche minuto ne avvisto un’altra.. Senza rivolgermi agli altri, infatti evitiamo di parlare per non sprecare le poche energie che ci rimangono per affrontare la risalita, mi rendo conto che non c’è nessuno e che le luci che scorgo tra la vegetazione, non sono torce ma lucciole. Che spettacolo! Comincio a vederne moltissime, a decine, sembrano accompagnarci per illuminare il sentiero che ci porterà alla base. Arriviamo finalmente stremati ma galvanizzati dalla sorprendente esperienza; il tempo di cambiarci e andiamo a cena. La notte passa, tra i versi degli animali che si sentono vicinissimi e le lotte tra gechi, di una taglia superiore a quella nostrana, per la conquista di un insetto o di una farfalla notturna.

Venerdì 29 ottobre.

Sveglia all’alba per andare a vedere dall’altopiano, il sorgere del sole. Ci incamminiamo in un sentiero e dopo circa quindici minuti di cammino, arriviamo al punto prestabilito dove sono poste delle panche ed una tettoia in legno. L’emozione è alle stelle; lo spettacolo è immensamente stupefacente. C’è un pò di foschia ma si riesce a scorgere, più giù a valle, il W.J. Van Blommestein Lake; la prospettiva è spettacolare, così come è esaltante il grido dei babbuini che difendono il loro territorio. Ritorniamo al visitor centre e dopo avere fatto colazione, ci prepariamo per una altra escursione nella foresta. Qui gli appassionati di trekking non resteranno delusi, grazie a punti di straordinaria bellezza paesaggistica e naturalistica che si alternano in continuazione lungo tutto l’itinerario. Arriviamo, dopo circa due ore di discesa, in una incantevole area dove scorre un fiumiciattolo che forma in un certo punto un laghetto.

La location sembra essere quella del famosissimo film Laguna blu: al posto di Richard ed Emmeline troviamo, però, due turisti francesi, che, con un camping gaz, stanno cucinando una minestrina (ci chiediamo come faranno a mangiarla…con il caldo che fa…). La guida ci da il via per fare il bagno; c’è anche la possibilità di tuffarsi e anche noi facciamo lo stesso disturbando, in verità, la quiete dei due fidanzatini francesi. Risaliti al visitor centre, andiamo a pranzo, un po’ in ritardo, in effetti, ma ne è valsa la pena. Più tardi lasciamo il Brownserbg e arriviamo a Paramaribo dove imperversa un temporale in stile equatoriale. Per fortuna smette di piovere e, dopo essere ritornati ad un aspetto decente, siamo pronti a tuffarci nella vita notturna di Paramaribo. Al Sidewalk Cafe ‘T Vat, c’è una sorta di gemellaggio musicale tra la U.S. Air Force e l’omologa surinamese. Soldati in mimetica si alternano, suonando dal vivo i pezzi del più classico repertorio classic rock, funky , soul e Rhythm & Blues. Alle 23.00, stremati, andiamo a dormire.

Sabato 30 ottobre.

Giornata destinata allo shopping. Facciamo colazione al Tangelo, bar di lusso appartenente al Torarica Group: due succhi, un toast ed una fetta di torta per 44 SRD ( circa € 12,00) che qui sono una fortuna. Uno dei pochissimi negozi dove fare shopping turistico, è in Maagdenstraat 44. Da Ready Tex Crafts (www.readytexartgallery.com ) troverete souvenir per tutti i gusti; oggetti di artigianato in legno, ceramiche, legno intagliato, dipinti di artisti locali, cartoline e indumenti. Un altro negozio di artigianato si trova al Zus & Zo, ma Ready Tex Crafts è molto più fornito ed attrezzato. È possibile pagare in Euro, SRD e Dollari statunitensi; accettano, senza fare storie, anche tutte le carte di credito più comuni. Attenzione il sabato chiude alle 13.30. Il pomeriggio le strade di Paramaribo sono quasi deserte ma, su Onafhankeliljkeidsplein, Piazza dell’Indipendenza, notiamo che ci sono dei preparativi. Stanno allestendo stands, palco, speakers, tutto il prato della piazza è coperto da sedie perfettamente allineate. Chiediamo e ci dicono che questa sera ci sarà il Divali Fest, una delle più importanti feste induiste che si festeggia in questo periodo. Tutta la comunità indiana e induista arriverà qui; Giuseppe ricorda di avere già assistito in India ad una manifestazione Diwali. Chiediamo informazioni sul programma della serata; ci viene detto che ci sarà moltissima gente, che sarà presente il Presidente del Suriname e tantissime personalità religiose e politiche. Ma ciò che ci incuriosisce di più, e l’esibizione dell’uomo volante. All’imbrunire l’enorme piazza è già piena di gente. Ci imbattiamo con un addetto alla sicurezza che sembra particolarmente interessato alle macchine fotografiche di Giuseppe che, come un lampo, me ne mette una al collo. Raccontiamo che siamo giornalisti (in realtà una mezza panzana in quanto Giuseppe è veramente un pubblicista) e che ci piacerebbe scattare delle foto da una postazione privilegiata. Ci viene concesso di entrare in un area riservata a giornalisti e fotografi professionisti. L’”uomo volante” si rivela molto meno avvincente di quanto ci aspettavamo, ma la festa, nel complesso, supera le nostre aspettative. Lasciamo la piazza quando ancora sul palco si esibiscono delle ballerine in costume, stanchi e convinti di andare a dormire perché, domani mattina all’alba, qui nella stessa piazza, ci sarà una gara di canto di uccellini in gabbia. Abbiamo saputo che è una specie di mania nazionale; ogni domenica mattina, si esibiscono, prima del sorgere del sole, uccelli di svariati colori e razze. Per questo motivo abbiamo notato, in questi giorni di permanenza a Paramaribo, che molti uomini portano con sé, gabbiette con piccoli volatili. Purtroppo però, facciamo tardi; prima di arrivare in albergo, entriamo in uno dei casinò che si affacciano su Kleine Waterstraat dove, in occasione di Halloween, c’è organizzata una festa. Non siamo amanti del gioco d’azzardo ma più che un casinò, sembra un veglione di capodanno; gruppi musicali si esibiscono dal vivo, c’è un concorso per la maschera più bella e, per di più, si beve e si mangia gratis. Facciamo tardi.

Domenica 31 ottobre.

Ci svegliamo con comodo. Dopo la colazione andiamo un po’ in giro e decidiamo di affittare una barca (50 SRD) per un escursione sul fiume. Alle 14.00 ci aspetta il taxi che ci porta in poco più di un ora, all’aeroporto. Per fortuna siamo in anticipo; infatti veniamo fermati, subito dopo il check in, da agenti della sicurezza dell’aeroporto. Forse diamo troppo nell’occhio, forse due turisti italiani non sono molto comuni qui in Suriname (in effetti non abbiamo mai incontrato connazionali), forse ne prendono due a sorte, ma sta di fatto ci fanno un sacco di domande e ci viene comunicato che devono perquisirci e soprattutto, controllare i nostri bagagli. Ci prendono i passaporti e ci fanno accomodare in un locale ricavato nel retro della zona check in dove arrivano i bagagli, pronti ad essere imbarcati sull’aereo. Sono un po’ in ansia; non abbiamo nulla di cui preoccuparci ma mi vengono in mente tutta una serie di circostanze, per lo più viste nei film, dove certe situazioni possono rivelarsi parecchio fastidiose. Ci fanno entrare singolarmente; cercano droga, è ovvio. Sono molto gentili ma ci scombinano tutto. Cercano anche all’interno del flash della macchina fotografica, e all’interno delle scarpe da trekking. Capiscono che, a parte vestiti e qualche souvenir, non c’è nulla che possa essere di loro interesse, e ci lasciano andare. Partiamo con circa due ore di ritardo; l’ipod suona e appena decollati, chiudo gli occhi cercando di fissare nella mente, tutto ciò che di straordinario ho potuto ammirare in questi dieci giorni in Suriname. Un paese meraviglioso che resterà a lungo tra i ricordi dei miei viaggi più belli.

Giuseppe Autore

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