Sudafrica in libertà

Finalmente realizziamo uno degli itinerari da tanto tempo attesi, il viaggio nella “nazione dell’arcobaleno”, il paese che “racchiude in sé tutto il mondo”
Scritto da: Claudio Battan
sudafrica in libertà
Partenza il: 25/08/2012
Ritorno il: 17/09/2012
Viaggiatori: 4
Spesa: 4000 €
Una meta dove si entra in contatto con gli animali liberi nel loro territorio, si vedono coste stupende e graziose cittadine, ma anche una regione che ha conosciuto l’apartheid – ovvero il razzismo fatto legge – e che ancora oggi fatica a superare le radicate divisioni razziali e soffre fortissime disparità tra una minoranza (bianca) ricca o quantomeno benestante e una minoranza (nera) tenuta ancora in condizioni di forte inferiorità e spesso sfruttata.

ITINERARIO: 1° giorno (sabato 25/08)

Alle 10 siamo in autostrada, direzione Nord; passiamo il valico del Brennero e dopo Kufstein entriamo in Germania; un rapido spuntino e nel primo pomeriggio arriviamo a Monaco. Alle 21:55, puntuali come normalmente i tedeschi sanno essere, l’aereo si muove e decolla prua a Sud; abbondante cena e poi si spengono le luci e si dorme.

2° (domenica 26/08)

La notte passa tranquilla e ci svegliano alle 6:30 per la colazione, alle 8:30 stiamo già scendendo dall’aereo all’aeroporto internazionale di Johannesburg; un rapido controllo dei passaporti e un altrettanto rapido ritiro dei bagagli, poi un salto al bancomat a prelevare un po’ di valuta locale, l’acquisto di una tesserina per il cellulare e poi alla Hertz per la vettura. Ci fanno pure scegliere nell’ambito della categoria prenotata e prendiamo una Renault Koleos; per le 11:30 siamo già in strada, il tempo è sereno, splende il sole e la temperatura è discreta. Decidiamo di saltare la prevista visita al Museo dell’Apartheid: siamo in giro da oltre 24 ore, in aereo (ovviamante) non abbiamo dormito molto, ed inoltre facciamo fatica a trovarne l’ingresso. Ci infiliamo quindi direttamente sull’autostrada N1 verso Nord-Est; un salto ad un supermercato per i viveri dei prossimi giorni, un rapido spuntino e poi via. Verso le 17 siamo alle porte di Polokwane e troviamo abbastanza facilmente il lodge prenotato dall’Italia; la struttura è molto carina con bungalow in “puro stile” africano, oggi però desolatamente deserta dopo il pienone del fine-settimana. Una cena (in realtà spartana, e piuttosto cara in proporzione) e poi a letto.

3° (lunedì 27/08)

Riprendiamo la N1 fino a Makhado, poi altri 70 km di buona strada e verso le 15 siamo all’entrata del Parco Kruger; una rapida registrazione ed in 10 minuti arriviamo al Punda Maria Camp. I bungalow sono puliti, anche se piuttosto piccoli, 2 letti in una capanna dal tetto in paglia, datata ma restaurata recentemente. Prevalentemente nei parchi si gira da soli, con la propria vettura (self-drive tour), su percorsi in parte asfaltati e in parte su buono sterrato. Un primo giro di assaggio – il Mahonie loop, definito uno dei 10 migliori percorsi del parco – ci permette di osservare già da oggi i primi animali; vediamo a distanza abbastanza ravvicinata elefanti, alcune gazzelle tra cui un grosso nyala, dei babbuini, qualche “strano” uccello ed una grande mandria di bufali in lento movimento.

4° (martedì 28/08)

Dopo colazione liberiamo le stanze ed alle 8:30 siamo già in movimento; nulla di particolare fino a Babalala, poi lasciamo l’asfalto per il Mphongolo Loop. Su questo percorso secondario riusciamo a vedere – in poche decine di km – zebre, giraffe, elefanti, vari tipi di gazzelle, kudu ed ancora bufali. Ritorniamo sull’asfalto giusto per una sosta al campo di Shingwedzi, poi pomeriggio riprendiamo lo sterrato del percorso “alternativo” che costeggia il confine col Mozambico; questo tragitto decisamente poco frequentato ci regala incontri abbastanza “ravvicinati” con un’aquila dal capo bianco, alcuni avvoltoi fermi sugli alberi ed ippopotami di cui emergono solo narici ed orecchie. Arriviamo al Mopani Camp giusto poco prima della chiusura dei cancelli, che in questa stagione è alle 18; questo campo è decisamente più vasto e più vivace di Punda Maria, con bungalow più nuovi e più ampi.

5° (mercoledì 29/08)

Dal bungalow vediamo il grande lago sotto di noi; degli ippopotami si distinguono solo le orecchie e le narici, mentre i coccodrilli oggi sono pigramente sdraiati sulla riva opposta. Dopo colazione, alle 8 siamo già fuori dal cancello; anche oggi, dopo pochi km abbandoniamo l’asfalto prendendo il percorso alternativo sulla destra (Tsendze Loop). Fa piuttosto caldo, e gli incontri con gli animali oggi sono più scarsi; due giraffe pascolano tranquille a pochi metri dalla nostra macchina, incuranti della nostra presenza. Un gruppo di elefanti a distanza un po’ troppo ravvicinata si allarma e la matriarca si gira bruscamente verso di noi, ma per fortuna sfiliamo via senza problemi. Dall’alto della strada vediamo 2 gruppi di ippopotami pigramente straiati ad asciugarsi sull’isoletta in mezzo al fiume; due coccodrilli sonnecchiano con le zampe in acqua. Una sosta al Letaba Camp per il pranzo, poi – via asfalto – verso le 15 arriviamo al Olifants Camp; prendiamo il bungalow anche questo già prenotato (e pagato) dall’Italia. Alle 16 partiamo tutti in gruppo su un camion aperto per il “Sunset Drive”; il veicolo non lascia mai l’asfalto, ma nonostante ciò riusciamo a vedere – anche grazie alla perizia dell’accompagnatore – qualche iena, un gatto selvatico, un paio di sciacalli, oltre agli immancabili elefanti, giraffe, zebre ed antilopi varie. La cena verrà ricordata come una delle peggiori del parco, oltre che per la … simpatia del cameriere.

6° (giovedì 30/08)

Nel “Morning Drive” – prevalentemente su percorsi sterrati – i nostri amici riescono a vedere anche un leopardo; rientrati verso le 9, riusciamo a muoverci solo verso le 10. Ripassiamo il ponte sul fiume Olifants, fermandoci per lo “spettacolo” di un gruppo di coccodrilli che pasteggiamo con una giraffa morta da qualche giorno; altri cocco attendono il proprio turno sonnecchiando svogliati sulle rocce. Dopo vari avvistamenti arriviamo al Satara Camp; a meno di 1 km di distanza dall’ingresso, sono ancora visibili i resti del pasto di un leone (a base di bufalo). Dopo un rapido spuntino, ritorniamo verso Nord, fermandoci ad ogni avvistamento significativo; da segnalare il corpo di uno sciacallo, abbandonato sul ramo di un albero da un leopardo, che poi pare non sia stato più interessato a completare il pasto. Ripassiamo Olifants e ci fermiamo al Letaba Camp, dove abbiamo fissato l’ultima notte al Parco Kruger.

7° (venerdì 31/08)

All’apertura del cancello, alle 6:00 in punto, lasciamo il campo; ripercorriamo la stessa strada asfaltata di ieri ed oggi vediamo anche i rinoceronti. Verso le 7:30 ci fermiamo al campo di Satara per la colazione, poi sempre su asfalto ci portiamo verso ovest, ma dei leoni nessuna traccia; una delle deviazioni ci regala l’incontro abbastanza ravvicinato con 3 iene. Verso le 12:30 arriviamo al piccolo campo di Orpen; un rapido spuntino, il rifornimento alla macchina e poi usciamo dal parco. Impieghiamo circa 3 ore a percorrere i 180 km che ci separano dalla città di Nelspruit, dove abbiamo già prenotato per la notte; un’ottima cena e poi tutti a letto.

8° (sabato 01/09)

Abbiamo rinunciato alla colazione e alle 7:30 siamo già in marcia: abbiamo davanti quasi 450 km e prevediamo circa 7 ore. Scavalchiamo varie catene di montagne, tra boschi di pioppeti ed altri di conifere, fattorie ed industrie del legno; passiamo cittadine vivacissime con lunghe code davanti ai bancomat e variopinti mercati. Le strade sono sempre scorrevoli e ben tenute, sia le autostrade sia le strade minori. Verso le 16 arriviamo al Parco Ithala, un parco “governativo”, ma raffinato come una struttura privata; preso l’alloggio, facciamo un primo giro di assaggio, senza riuscire a vedere molti animali: la giornata è un po’ cupa, con temperatura bassa e vento forte. I bungalow sono a quasi 1400 metri di quota e la sera fa piuttosto fresco.

9° (domenica 02/09)

Dopo colazione, prima delle 8, siamo già fuori dal campo; su nostra richiesta, i ranger del parco ci hanno suggerito un giro verso la parte Ovest come più indicato per osservare gli animali. La giornata è grigia, è coperto ed ogni tanto pioviggina. I percorsi – tutti sterrati – sulle guide sono indicati anche per vetture “normali”, ma in realtà sono piuttosto accidentati e richiedono notevole attenzione; solo alcuni percorsi sono “ufficialmente” riservati solo ai 4×4. Fino a metà mattina giriamo senza vedere nulla di rilevante, salvo qualche gruppo di impala; gli animali paiono molto più guardinghi rispetto al parco Kruger, forse qui sono meno abituati ai turisti e quindi mantengono di più le distanze. Un secondo percorso ci permette di vedere – anche se non proprio da vicino – una femmina di rinoceronte che allatta il suo piccolo; in distanza un gruppo di elefanti si muove verso il fiume per abbeverarsi. Nel pomeriggio, altri giri verso la zona Est ci permettono di vedere alcune zebre, diverse mandrie di gnu, ovunque impala e altre gazzelle, un paio di struzzi e qualche giraffa; rientrati sull’asfalto ci accorgiamo di aver bucato una gomma. Un cambio non proprio da formula 1 e poi rientriamo al lodge.

10° (lunedì 03/09)

Verso le 8:30 siamo fuori dal campo e verso le 10 arriviamo a Pongola dove troviamo il gommista che ci aveva indicato il ranger; la gomma non è riparabile e quindi dobbiamo acquistarne una nuova. Verso le 11 ripartiamo lungo la N2; un rapido spuntino e per le 15 siamo a ST. Lucia. Trovata la Guest-house prenotata dall’Italia, abbiamo il tempo per girare un po’ il paese; siamo fuori stagione ed il villaggio è desolatamente deserto. Siamo alloggiati in una stupenda vecchia casa padronale gestita direttamente dai gentilissimi ed efficientissimi proprietari, i cui antenati arrivarono dall’Europa oltre 300 anni fa.

11° (martedì 04/09)

Dopo un’abbondante colazione, servita sotto la diretta sorveglianza del patriarca (sempre gentile e prodigo di consigli sui migliori percorsi da effettuare), ci incamminiamo con la macchina verso Nord, all’interno dell’Isimangaliso Wetlan Park; gli incontri sono abbastanza ravvicinati con impala, kudu, zebre, un paio di rinoceronti, facoceri e diversi uccelli che vivono solo in quest’aera. Coccodrilli ed ippopotami sono visibili solo da distanza più lunghe (fortunatamente). Arriviamo fino a Cape Vidal, il punto più settentrionale raggiungibile via strada da questo lato del parco; passiamo le suggestive “dune rosse” e nel tardo pomeriggio rientriamo alla base, giusto prima che inizi a piovigginare.

12° (mercoledì 05/09)

Piove ormai da diverse ore quando saliamo sulla barca per il tour dell’estuario; si tratta di un natante con 20-30 turisti, condotta e gestita tutta da donne, dal giovane capitano e speaker, al mozzo per finire alla barista. La gita di due ore ci porta a distanza abbastanza ravvicinata con diversi gruppi di ippopotami, tranquillamente immersi nel fiume; i pochi coccodrilli restano invece a distanza, disturbati dalla pioggia. Ai bordi del fiume, grossi uccelli passeggiano tranquilli; per lunghi tratti, fitte mangrovie delimitano il lato destro del corso d’acqua. Alle 12 sbarchiamo, riprendiamo la macchina e ci mettiamo in marcia, sempre sotto la pioggia; verso le 16 arriviamo nella periferia est di Durban, un tranquillo quartiere residenziale dove abbiamo un paio di indicazioni per dei B&B.; Prima di cena inganniamo il tempo con un salto al vicino centro commerciale di Gateway, uno dei più grandi dell’emisfero meridionale, con quasi 400 negozi.

13° (giovedì 06/09)

Ha continuato a piovere tutta la notte e le previsioni non fanno sperare che migliori; sulla veloce autostrada M4 ci portiamo verso la città. Il traffico è abbastanza scarso ed in breve siamo all’Umgeni River Bird Park, un “santuario” che contiene quasi 5000 uccelli di circa 400 specie diverse; purtroppo una parte del percorso è allagata dalle recenti piogge ed è impraticabile. La pioggia non dà tregua neppure a noi, e siamo costretti a ritornare rapidamente alla macchina; un giro in centro attraverso il Golden Mile (oggi deserto) ci porta fino al uShaka Marine World. Questo parco acquatico comprende un grandioso acquario tropicale e diverse attrazioni a tema; ma la pioggia ci scoraggia dal visitarlo. Nel primo pomeriggio rientriamo all’alloggio, sperando inutilmente che smetta di piovere; contiamo almeno sulle previsioni per l’indomani.

14° (venerdì 07/09)

Effettivamente oggi non piove; verso le 9 partiamo, infilando subito l’autostrada che aggira Durban verso l’entroterra. Il traffico è abbastanza scorrevole su questa arteria a 4 corsie; passato Port Shepstone, abbandoniamo la N2 e proseguiamo ancora lungo la costa. A Port Edward anche la R61 lascia la costa ed entra decisamente all’interno; siamo sull’altopiano a 30-40 km dal mare, l’aria è fresca e soffia un vento impetuoso. La strada piuttosto tortuosa attraversa una serie di villaggi quasi senza soluzione di continuità, ed un paio di cittadine caotiche e dall’aria non molto sicura, quali Bizana e Siphangeni, con traffico quasi immobile ed elevata paura di aggressione, ma fortunatamente va tutto bene. Non si corre molto e solo verso le 15 arriviamo a Port St. Johns, nostra destinazione odierna. Suggerita dalla nostra precedente locandiera e decantata dalle guide come una delle “nuove” mete del turismo sudafricano, è in realtà una località oggi ancora piuttosto arretrata, senza strutture adeguate (salvo un paio di modeste guesthouse, a prezzi abbastanza alti) ed un mare non particolarmente invitante.

15° (sabato 08/09)

Ci vogliono oltre 80 km (e quasi 2 ore) per arrivare a Mthatha dove potremmo riprendere la N2; nella periferia della città ci fermiamo ad un supermercato e mentre in 3 entriamo per gli acquisti, il nostro amico viene aggredito con un coltello e rapinato da 3 lestofanti. Nella sfortuna va anche bene, perché non viene ferito nessuno, ma si limitano a portare via “solo” un borsello, risparmiando zainetti e valige e lasciandoci pure la vettura; segue la denuncia alla polizia, una serie di telefonate frenetiche per bloccare le carte di credito e recuperare i dati dei biglietti e la telefonata di avviso al consolato di Città del Capo. Purtroppo il Sudafrica si rivela quindi per quello che temevamo, un paese ad elevato rischio, con delinquenza diffusa, almeno in alcune aree; e sì che la zona dove è successo ci sembrava anche abbastanza tranquilla. Passato un po’ lo choc per il rischio vissuto e per il danno subito – sia come valore (macchina fotografica, videocamera, binocolo, cellulare, soldi e carte di credito) che come ricordi (tutte le foto e le riprese del viaggio) – riprendiamo la strada. Arriviamo a Grahamstown solo verso le 17 e scopriamo che è in corso una qualche conferenza internazionale ed è impossibile trovare alloggio; dopo un ennesimo tentativo a vuoto, chiediamo ad una guesthouse di telefonare un po’ in giro e ci trovano posto a circa 40 km, a Bathurst. Siamo all’interno di una coltivazione di ananas, la struttura non è particolarmente in ordine, ma il posto è tranquillo e si cena discretamente.

16° (domenica 09/09)

Ritornati a GRAHAMSTOWN visitiamo il grazioso centro, oggi particolarmente desolato per la giornata festiva. Ripresa la N2, in un paio d’ore arriviamo a Port Elizabeth, quarta città per dimensione ed importante porto; del centro storico troviamo interessante solo la zona del municipio, mentre la zonAddo Elephant Parka a Nord pare già abbastanza degradata. Ci portiamo poi sul lungomare turistico, molto vivace anche se deserto in questa stagione. Da qui ci vuole quasi un’ora per arrivare all’Addo Elephant Park; preso l’alloggio (prenotato per tempo dall’Italia), facciamo un primo giro di assaggio, ma riusciamo a vedere solo qualche sciacallo ed alcuni elefanti in lontananza. La pozza illuminata nei pressi del campo non ci regala alcun avvistamento; neppure dalla terrazza del bungalow riusciamo ad avvistare nulla e quindi andiamo a letto abbastanza presto.

17° (lunedì 10/09)

Giriamo in lungo e in largo tutto il parco, nei suoi vari ambienti; dietro una curva ci troviamo un branco di elefanti con diversi piccoli, che ci sbarra la strada e siamo costretti a stare fermi per un buon quarto d’ora, anche un po’ in ansia su come comportarci. Vediamo diverse antilopi (kudu, impala, ecc.), alcune zebre, piccoli gruppi di facoceri, qualche sciacallo dalla schiena nera, un paio di topolini e persino una grossa tartaruga; nessun rinoceronte, né – tantomeno – leoni. Rientriamo al campo verso le 16, in tempo per assistere alla lenta processione degli elefanti che passano ad abbeverarsi alla pozza.

18° (martedì 11/09)

Scendiamo nuovamente fino a Port Elizabeth e prendiamo la N2; la strada scorre veloce, in parte tra foreste di conifere, in parte in vista dell’oceano. A tratti sembra di essere in Canada o in Norvegia, con lagune che assomigliano a laghetti e i pini che scendono quasi in riva al mare. Passiamo Tsitsikamma con le sue attrazioni, Knysna con la sua estesa laguna e George (così chiamata in onore al Re d’Inghilterra Giorgio III), viaggiando con continui saliscendi tra immense coltivazioni. Infine ci fermiamo a Moseel Bay, dove approdò nel 1487 il navigatore portoghese Bartolomeu Dias; qui visitiamo il museo a lui dedicato (e che tratta anche altri temi, quali botanica, apartheid, ecc.) e che comprende anche una ricostruzione a grandezza naturale della caravella da lui utilizzata.

19° (mercoledì 12/09)

Ripresa l’autostrada, ci fermiamo a Swellendam, una delle cittadine più pittoresche del Sudafrica; interessante l’imponente edificio della chiesa riformata olandese ed il Drostdy, costruito nel 1747 come sede del magistrato locale. Ritorniamo sulla costa oceanica ad Arniston, un grazioso paesino di pescatori, dove oggi abbondano le case di vacanza ed è sorto pure un brutto albergo che deturpa il paesaggio. Ci spingiamo poi fino a Cape Agulhas, il punto più a Sud del Sudafrica e dell’intero continente africano; qui si incontrano e si scontrano l’Oceano Atlantico (ad Ovest) e l’Oceano Indiano (ad Est), in un panorama di selvaggia bellezza. Passando all’interno, tra estese fattorie dedite prevalentemente all’allevamento (mucche, pecore e struzzi), ritorniamo sull’oceano a Hermanus; dovrebbe essere un buon punto per osservare le balene già dalla terraferma, ma per il momento riusciamo a vederne solo una schiena.

20° (giovedì 13/09)

Giriamo un po’ il lungomare cercando di avvistare qualche balena che si aggira per la baia; alla fine la nostra pazienza è premiata e riusciamo a vederne alcune, anche se piuttosto da lontano. Il tempo è brutto, pioviggina, il mare è piuttosto agitato e quindi le balene se ne stanno al largo per non essere sbattute contro gli scogli. Partiamo per l’ultima tappa che scavalca le montagne, con passi intorno ai 300-400 m; piove e troviamo nebbia, ed intorno alle 13 arriviamo a Cape Town; abbiamo un paio di indicazioni e fortunatamente già la prima ha posto per noi. Nel pomeriggio ha finalmente smesso di piovere e riusciamo a girare il V&A; Waterfront; vivace ed affollatissimo “centro per turisti” con negozi, centri d’artigianato, musei, gioiellerie, ecc.. Per finire, cena in uno dei tanti ristoranti del porto (nessuno dei quali può definirsi economico) e poi rientriamo in Hotel.

21° (venerdì 14/09)

Sistemata la questione “consolato” per il visto provvisorio del nostro amico (che richiede quasi 1 ora di lenta burocrazia), ci incamminiamo per il giro della penisola del Capo; scavalcate le montagne, scendiamo a Hout Bay. Da qui, la strada panoramica scorre alta sulla scogliera e dopo il Chapman’s Peak scende verso il faro di Kommetjie; il percorso verso Sud è flagellato dal forte vento. Una sosta al Capo di Buona Speranza e poi arriviamo fino al faro di Cape Point; ci sono troppi turisti e rinunciamo a salire fino alla sommità. Ritornati verso Nord, ci fermiamo a Boulders per vedere i pinguini; l’area è diventata “parco” a pagamento, invasa dai turisti, il che toglie un po’ di poesia a tutto l’ambiente. Mantenendo la costa orientale della penisola, passiamo Simon’s Town e Fish Hoek e poi in autostrada rientriamo in città.

22° (sabato 15/09)

Dedichiamo la giornata alla visita delle Winelands, la zona degli splendidi vigneti dove decine di fattorie producono dei deliziosi vini di fama internazionale. Lasciata l’autostrada, la R-310 attraversa la zona più spettacolare, dove i vigneti di enormi fattorie riempiono l’orizzonte a perdita d’occhio. Stellenbosh è una cittadina molto graziosa, fondata nel 1679 mantiene ancora oggi il suo aspetto caratteristico; ci spostiamo poi a Franschhoek, fondata nel 1649 da ugonotti francesi a cui la Compagnia olandese delle Indie Orientali assegnò le fattorie di questa splendida valle. Un po’ più a Nord, Paarl costituisce l’ultima tappa di questo giro, e poi rientriamo a Cape Town.

23° (domenica 16/09)

Un ultimo giro al V&A; Waterfront per gli ultimi acquisti della mattinata, poi ci portiamo in aeroporto; consegnata la macchina, facciamo uno spuntino in attesa del Check-in. Nel tardo pomeriggio un volo di 2 ore ci porta a Johannesburg; da qui, con quasi un’ora di ritardo per problemi tecnici, partiamo per il volo di rientro verso Monaco.

24° (lunedì 17/09)

Anche questo volo è passato tranquillo e di prima mattina stiamo già scavalcando le Alpi; tutto si svolge “alla tedesca”, alle 9 siamo già in autostrada e poco dopo le 12 siamo a casa.

NOTIZIE PRATICHE

Generale: una natura che affascina e conquista, un paese che attira e coinvolge, ma nello stesso tempo richiede costante attenzione per un viaggio non sempre facile.

Voli: Tra le varie opzioni disponibili, abbiamo scelto Lufthansa, perché con meno di 100 € di differenza ci consente un volo diretto (10 ore) rispetto a voli leggermente più economici, ma con scalo in penisola arabica (16-18 ore); inoltre abbiamo scelto di partire dall’aeroporto di Monaco che – per noi che viviamo a Trento – presenta un trasferimento quasi più economico rispetto a Milano, con un comodo e conveniente parcheggio all’interno dello stesso aeroporto (meno di 200€ per 23 giorni, senza necessità di navetta), il tutto con teutonica efficienza.

Lingua: inglese e afrikaans sono le principali di 11 lingue “ufficiali”, a cui si aggiungono varie lingue locali – fortunatamente tutti parlano almeno il primo.

Clima: a fine inverno il clima è ancora piuttosto bizzarro, passando dai 32-33 gradi del parco Kruger, ai 9 gradi della costa; asciutto ma con qualche pioggerella l’interno, un po’ più piovosa la costa.

Valuta: il Rand SudAfricano (abbreviato R o ZAR) vale – oggi – circa 10 centesimi di € (10 R valgono circa 1€)

Ristoranti: i prezzi sono notevolmente inferiori rispetto a quelli italiani, almeno in tutte le aree dove abbiamo girato.

Alberghi: la ricettività è abbastanza buona, con un rapporto costo/qualità nella media; nelle zone più turistiche abbondano i B&B; e le GuestHouse, così come le sistemazioni “self catering” per chi desidera anche farsi da mangiare. Abbiamo prenotato dall’Italia solo la prima notte e la tappa dopo il parco Kruger, poi ci siamo arrangiati sul posto senza problemi, in parte col passa-parola ed in parte appoggiandoci agli uffici turistici. Un discorso a parte meritano i parchi, dove le sistemazioni sono abbastanza omogenee, ma a prezzi non proprio economici.

Parchi: Ce ne sono quasi 600 tra parchi nazionali e riserve, ognuno con le proprie caratteristiche e specificità; il Kruger è sicuramente il più “turistico”, ma è anche il più vasto e quello che permette di vedere il maggior numero di animali. In tutti i parchi da noi visitati si gira da soli, sui percorsi indicati, ma spesso sono disponibili anche i mini-safari con guida – è consigliabile dormire all’interno, nei vari lodge, per sfruttare al meglio gli orari di apertura (dalle 6 del mattino fino al tramonto), ma gli alloggi vanno prenotati per tempo (almeno 3-4 mesi prima – e vanno pagati al 100% al momento della prenotazione) perché poi si fatica a trovare posto e si è costretti a modificare l’itinerario, come è successo a noi; il sito principale dove prenotare è http://www.sanparks.org/parks/kruger/default.php – dubitate di tutti i siti alternativi, che “rivendono” gli alloggi ufficiali, a prezzi maggiorati.

Costi: costi generali mediamente paragonabili a quelli italiani

Pagamenti: la carta di credito è accettata ovunque, anche per piccoli acquisti nei supermercati – anzi, spesso è preferita degli stessi negozianti, in quanto più sicura rispetto ai contanti, considerando l’elevato tasso di criminalità. Strade: abbastanza buone le autostrade a 4 corsie (con pagamento a barriera), discrete le altre strade, ma talvolta un po’ strette, e comunque tutte discretamente asfaltate; nei parchi solo i percorsi principali sono asfaltati, il resto sono sterrati più o meno agevoli, ma per i quali è consigliata una vettura robusta.

Carburante: distributori non troppo frequenti su tutte le strade – consigliato non scendere mai sotto metà serbatoio; ci risultava che NON accettassero le carte di credito, ma in realtà dove abbiamo chiesto le accettavano. I prezzi sono notevolmente inferiori a quelli Italiani (circa 1€/litro, in alcune zona la benzina è leggermente più economica del diesel).

Guide: usata la guida “Sudafrica” della Dorling-Kindersley, nella traduzione Italiana della Mondadori – edizione 2011 e la guida “Sudafrica …” della Lonely Planet nella edizione Italiana EDT del 2011.

Cartografia: utilizzato la cartina “Südafrika” della World Mapping Project scala 1:1,400,000 – anche nell’era del satellitare, non viaggio mai senza una cartina: è l’unico strumento per avere una visione di insieme di dove sono e dove vado

Navigatore: il mio sistema si è confermato anche in questa occasione un ottimo navigatore (ma la macchina era già dotata di navigatore). Telefoni: roaming internazionale abbastanza diffuso, ma a costi esagerati per le telefonate internazionali – conviene acquistare una SIM locale (ad esempio Mtn, acquistata ancora in aeroporto, a circa 10 € per circa 100 minuti di telefonate anche internazionali)

Corrente: 220 V, ma con una presa particolare che richiede un adattatore, reperibile in qualunque negozio o supermercato.

Sicurezza: costituisce oggettivamente un problema non da poco e richiede particolare attenzione – non c’è solo (o non esclusivamente) il pericolo di borseggio, ma il rischio vero è l’aggressione. E’ un paese con fortissima disparità tra chi sta bene e chi non ha di neppure da mangiare ed il turista rappresenta una “fonte di guadagno” da non lasciarsi scappare. Vanno messe costantemente in atto tutte le norme di buon senso e non bisogna mai abbassare la guardia – e se succede, non reagire assolutamente: il rapinatore non ha nulla da perdere e non esita ad usare le maniere forti. Un discorso a parte è costituito dalle aree più turistiche (i parchi, ma anche i lungomare delle città); qui il livello di sicurezza è sicuramente più elevato e si gira abbastanza tranquilli.

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