Sudafrica on the road 4

Ci siamo. Ormai tutto è pronto per la partenza verso Johannesburg e gli splendidi panorami sudafricani del Krugher, il parco più antico e rinomato al mondo, caratterizzato da quasi 2 milioni di ettari di natura selvaggia dove vivono i "Big Five"
sudafrica on the road 4
Partenza il: 28/07/2011
Ritorno il: 21/08/2011
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €
Non mancheremo di visitare il Blyde River Canyon, il terzo canyon al mondo e posto ideale per percorsi suggestivi in auto ed emozionanti escursioni a piedi. Poi giù a sud verso la costa percorrendo la Garden Route, conosciuta come il “Paradiso del Sudafrica”, attraversando un’ area ricca di bellezza naturale e di incanto. Fino a raggiungere Cape Town e la Penisola del Capo fino a Cape Point famose per la loro bellezza panoramica…

Indice dei contenuti

Nella speranza di offrirvi delle idee utili per il vostro prossimo viaggio nel meraviglioso continente africano, pubblico questa mia relazione. Maggiori dettagli e fotografie li potrete trovare sul mio sito personale. La spesa complessiva per due persone è stata di circa 5000€.

Maggiori dettagli sul mio sito www.ormesulmondo.com – Buon viaggio!

28 luglio 2011 PARTENZA

Il nostro volo parte da Milano Malpensa alle ore 15:50 e quindi abbiamo la mattina comoda per gli ultimi preparativi, fare un veloce spuntino e poi raggiungere il Maggia Parking dove lasceremo la macchina in custodia per i prossimi 26 giorni (105€ per parcheggio scoperto) In pochi minuti raggiungiamo in pulmino il Terminal 1 dell’areoporto e facciamo un veloce check-in (da casa avevo prenotato i posti a sedere e stampato i biglietti, per cui si ha diritto ad una fila privilegiata rispetto agli altri passeggeri). Voliamo su un Airbus Industrie A330-200 della Qatar Airways comodi e con un buon servizio a bordo. Arrivo puntuale e breve attesa di un paio d’ore a Doha (Qatar) per il cambio di areomobile. Il volo su Johannesburg parte nella notte.

29 luglio 2011 da Doha a Johannesburg, arrivo a Sabie: verso la regione delle cascate

Lasciamo il Qatar alle ore 1.10 Am e arriviamo puntuali al Tambo International Airport alle ore 8:35 con tutta la giornata a disposizione per lasciare Johannesburg. Ho pianificato il viaggio in modo da non dover pernottare in città o nei dintorni proprio per evitare la metropoli e la sua periferia, riconosciute come le zone più a rischio di tutto il Sudafrica (furti, rapine e aggressioni). Senza una guida/accompagnatore sarebbe imprudente andare in giro in due per le vie della città. Sbrighiamo velocemente e senza problemi le formalità doganali. Cambiamo 250€ all’interno dell’areoporto, prima di uscire dalla porta degli arrivi internazionali. Dopodichè ci dirigiamo al banco di accettazione Europcar per ritirare la macchina a noleggio prenotata dall’Italia (una Toyota Yaris 1.3, famigliare- 897€ per 24 giorni). Grazie al navigatore satellitare Tom Tom installato su Iphone 3GS troviamo la via più breve per lasciare Johannesburg e dirigerci a est lungo la N12 fino a Witbank, imboccare la N4 e poi la R639 fino a Sabie. Non facciamo molte soste lungo il percorso anche perché, a dire la verità, questo primo tratto autostradale non presenta scorci panoramici o punti di interesse da segnalare. Facciamo sosta in autogrill (che sono anche meglio di quelli italiani per pulizia e confort) dove facciamo uno spuntino e poi proseguiamo dritti verso la nostra meta. Sabie è un punto di arrivo strategico perchè da qui è possibile visitare la regione delle cascate, che sono numerose in questa zona. Grazie al navigatore troviamo il campeggio che ho prenotato dall’Italia e montiamo la tenda per la notte. Poi facciamo due passi verso il piccolo centro cittadino, per fare i primi acquisti di cibo per i prossimi giorni. A queste latitudini il tramonto cade intorno alle ore 17.15 e alle 18.00 è già buio. L’escursione termica qui è notevole e già al calar del sole la temperatura scende di molti gradi. Ottima cena a lume di candela presso il ristorante del campeggio.

30 luglio 2011 da Sabie al Blyde River Canyon: la strada panoramica lungo il canyon e le cascate

Abbiamo trascorso una notte piuttosto fredda in tenda, forse una delle più fredde di tutto il viaggio. Il mio sacco a pelo non è stato sufficiente a tenermi caldo, anche con tutti i vestiti addosso (pile compreso). Sabie si trova in una conca e le temperature sono sempre più basse rispetto alle regioni circostanti. Ho passato una notte agitata e senza sonno e così stamani decido di acquistare un sacco nuovo più pesante per proseguire al meglio il viaggio (R400). Dopo una veloce colazione (latte e conrflakes) con il nostro fornellino a pastiglie di meta, ci mettiamo in viaggio verso le “famose” Mac Mac Falls (ingresso R20) che si trovano circa 12 km a nord di Sabie. Sono chiamate in questo modo a causa dei molti nomi di origine scozzese presenti nei registri delle concessioni minerarie della zona. Le cascate si possono vedere dall’alto seguendo un piccolo percorso obbligato. Carine ma non vi aspettate niente di stupefacente (non sono certo le cascate Vittoria!) Seguendo la strada per il Blyde Canyon, prima di arrivare a Graskop optiamo per una deviazione a Pilgrim’s Rest, una minuscola cittadina che vive grazie ai numerosi negozi per turisti, bancarelle con prodotti artigianali e edifici storici restaurati. La strada è panoramica con splendide viste sulla vallata sottostante. In questa città nel 1873 venne scoperto l’oro. Per oltre dieci anni la zona fu presa d’assalto da minatori in cerca di fortuna, che lavoravano in piccole concessioni su terreni alluvionali. Dopo il 1880 la città diventò preda delle grandi compagnie e gli abitanti divennero impiegati presso le nuove grandi aziende. Nel 1972 quando ormai il filone si esaurì, la cittadina divenne monumento storico nazionale e oggi attira numerosi turisti e curiosi. In questa stagione non si registra molto movimento e la si può visitare tranquillamente. La sola cosa fastidiosa sono le decine di ragazzi che girano con i secchi d’acqua e a vostra insaputa lavano la macchina in cambio di una mancia. Se non volete farvi lavare la macchina ci sono i ragazzi “guardamacchine” che vi curano il mezzo ma anch’essi vogliono la mancia. Io personalmente non ho dato mance ne agli uni ne agli altri perchè non credo sia questo il sistema per guadagnare onostamente il denaro. Ci fermiamo a Graskop solo per far benzina, la spesa al supermercato e qualche arancia per strada. Siamo praticamente al punto di partenza per visitare il Blyde River Canyon, che si estende per quasi 30 km ed è una delle meraviglie naturali del Sudafrica. Si tratta di una riserva naturale di circa 26.000 ettari che si estende verso nord, seguendo la scarpata fino al Blyde River. Il percorso classico si snoda lungo il margine del canyon, seguendo una bella strada asfaltata (R534) con numerosi punti di sosta panoramici. Il primo che incontriamo è il Pinnacle, una bella formazione rocciosa che si erge dalla scarpata. Lasciata l’auto, si può fare una breve passeggiata verso la terrazza panoramica. Proseguendo troviamo God’s Window e Wonder View, dove ci fermiamo per il pranzo (uno spuntino veloce) e dove è possibile fare una passeggiata lungo il sentiero per la foresta tropicale. Molti sono i punti panoramici lungo il percorso. Riprendendo la strada R532, facciamo una breve deviazione a sud per visitare le Lisbon Falls (ingresso R20), che con un salto di 92 metri sono le più alte della zona. Il Blyde River Canyon inizia in effetti pochi più a nord di questo punto, in prossimità delle Bourke’s Luck Potholes, che non siamo riusciti a visitare a causa di uno sciopero. Proseguendo ancora verso nord si raggiunge un punto panoramico con una splendida vista sulle Three Rondavels, tre splendide rocce cilindriche con la sommità a cupola che sembrano capanne e si ergono sulla parete opposta del canyon. Anche qui, a causa dello sciopero, la strada per il view-point era sbarrata ma alcuni turisti sudafricani avevano scavalcato il cancello e si erano incamminati a piedi. Così decidiamo di fare anche noi e oltrepassiamo lo sbarramento. Tra andata e ritorno impieghiamo quasi un’ora di buon passo. Siamo ormai all’imbrunire e dobbiamo ancora raggiungere il nostro campeggio che si trova sulla sponda opposta del canyon, in prossimità della Blydepoort Dam. Vi giungiamo ormai con il buio, sempre grazie al Gps. Montiamo la tenda e ceniamo a buffett nel ristorante del resort.

31 luglio 2011 dal Blyde River Canyon al Krugher National Park: ingresso e prima giornata nel Krugher

Stamane dopo una piacevole colazione sui tavolini in prossimità della piscina, lasciamo il resort con l’intenzione di visitare il lago creato dalla Blydepoort Dam che si trova a pochi chilometri dal campeggio ma ancora una volta lo sciopero ci ha sbarrato la strada. Decidiamo dunque di raggiungere l’ingresso del Krugher National Park, che dista da qui solo 50 km. Il parco è la più grande riserva naturale del Sudafrica. Si estende su di un’area di circa 20.000 km² (equivalente all’incirca a quella dello stato di Israele o del Galles), con un’estensione di 350 km da nord a sud e 67 km da est a ovest. Nel 1926, l’amministrazione Britannica stabilì che la riserva diventasse il primo Parco Nazionale del Sudafrica e, come gesto simbolico di riconciliazione con la popolazione dei coloni dopo la guerra, la ribattezzò “Kruger National Park” in onore di un leader boero, Paul Kruger. Il parco fu aperto al pubblico nel 1927, e dopo un inizio piuttosto timido il parco iniziò ad attirare turismo: già nel 1935 si vendettero circa 26000 biglietti d’ingresso. Oggi, il parco viene visitato da circa un milione di turisti l’anno. Il parco è suddiviso in 6 ecosistemi con diversi tipi di vegetazione, dai fitti boschi di acacie, sicomori e salici spinosi del sudovest alla savana della regione centrale. Complessivamente, il parco ospita circa 1.900 specie di piante. Nel parco si incontrano oltre 500 diverse specie di uccelli, alcune residenti, altre migratorie o nomadi. Il Kruger ospita tutti i membri del gruppo dei big five: bufali, leopardi, circa 1200 leoni, rinoceronti (sia neri che bianchi) ed elefanti. Altri mammiferi presenti nel parco includono zebre, ghepardi, giraffe, kudu, ippopotami, impala, molte specie di antilopi, iene, facoceri, gnu, e via dicendo. Nell’ultimo ventennio circa il parco ha sofferto di un’eccessiva crescita della popolazione degli elefanti, che crea notevoli problemi all’ecosistema. A partire dal 1989 il parco ha preso a vendere sistematicamente i propri elefanti ad altre riserve, e dal 1995 ha iniziato ad applicare la somministrazione annuale di farmaci contraccettivi. Nel parco si trovano inoltre 120 specie di rettili (tra cui circa 5000 coccodrilli), 52 specie di pesci, e 35 di anfibi. Passato un primo cancello, si arriva ad un piccolo ufficio dove occorre registrarsi e pagare l’ingresso al parco. Noi avevamo prenotato dall’Italia quattro notti, pagando in anticipo i campi e le relative tasse giornaliere. Queste ultime ammontano a R180/giorno, mentre per il pernottamento in tenda abbiamo speso R150/notte in due. Consiglio di prenotare anche in bassa stagione perchè nel corso della pianificazione del viaggio ho trovato alcuni campi non disponibili (gruppi di viaggi organizzati riempiono velocemente i posti). Sbrigate queste semplici formalità sostiamo nei pressi del piccolo market per acquistare una cartina del parco (R28 – indispensabile per pianificare i Game Drive, calcolando tempi e chilometri), un’adattatore per i nostri apparecchi elettrici (R14.30) e un piccolo spuntino per il pranzo. Poi ci mettiamo in marcia verso il nostro primo campo, il Satara, posto in prossimità dell’Orpen Gate (comodo per chi arriva dal Blyde River Canyon). Si trova su un’area pianeggiante e fertile che attira numerosi erbivori. Il campo vanta la più vasta popolazione di leoni (anche se in questa zona non ne abbiamo visto nessuno) I rest camp nel Krugher sono piccole cittadelle con ogni confort, situati in mezzo al bush, in posizioni strategiche per l’avvistamento degli animali. Date le dimensioni, in questa stagione non risultano particolarmente affollati. I campi sono sicuri, cintati elettricamente e pulitissimi. Dalle toilette pubbliche alle docce ai vialetti di accesso. Quasi sempre troverete supermarket con ogni genere di conforto e accessori da campeggio e negozi di souvenir oltre a ristorante, distributore di benzina, telefoni e talvolta bancomat. Talvolta anche piscine. Sono disponibili poi strutture riparate per cucinare con piastre elettriche e acqua calda. Insomma non manca praticamente nulla, il massimo della comodità. Si ha quasi l’impressione di essere in un grande parco a tema, dove tutto è studiato per il massimo divertimento dei visitatori (avvistamenti di animali compresi) Per gli amanti della natura selvaggia, ci sono sistemazioni anche più spartane nei cosiddetti Satellite Camps che dispongono soltanto dei servizi essenziali.

1 agosto 2011 Krugher National Park: game drive dal Satara Rest Camp al Letaba Camp

Sveglia all’alba per il primo vero “game drive” della vacanza. In questa stagione i cancelli del parco aprono alle ore 6:30 e chiudono alle 17:30, ormai all’imbrunire. Alle prime luci dell’alba la temperatura in tenda è ancora piuttosto bassa e occorre vestirsi bene prima di uscire. Un buon pile e una giacca termica sono consigliati per chi fa vita all’aperto. Veloce colazione e poi via in macchina per sfruttare appieno le ore di luce. Generalmente non abbiamo mai avvistato molti animali tra le 6:30 e le 9:00 (stranamente perchè dovrebbero essere molto attivi in questa fascia oraria) mentre nella tarda mattinata, primo pomeriggio gli incontri sono stati sempre numerosi. Impala, bufali, zebre, gnu, kudu, antilopi d’acqua, babbuini, facoceri e piccoli predatori sono presenti praticamente ovunque. Non siamo riusciti ad avvistare ghepardi e leopardi, anch’essi presenti su tutto il territorio. La zona del Satara, piuttosto fertile (600mm pioggia annuale) è costituita da ampie distese di pascolo che favorisce la presenza di leoni, giraffe e rinoceronti neri. Nella regione a Nord dell’Olifant Camp le precipitazioni sono meno intense e l’albero più diffuso e il mopane, che cresce robusto tra i salici del bush. Questa pianta è molto gradita agli elefanti, presenti in gran numero in questa zona.

Con una cartina del parco e l’ottima segnaletica lungo il percorso non solo è impossibile perdersi ma è anche molto facile prevedere i tempi di percorrenza senza rischiare di rientrare al gate in ritardo. Le strade asfaltate coprono un’estensione di circa 700 km, mentre le piste sterrate (comunque tenute in ottime condizioni) coprono altri 1200 km! E’ possibile dunque viaggiare nel parco con una semplice autovettura (anche con roulotte) senza la necessità di noleggiare un 4×4.

2 agosto 2011 Krugher National Park: game drive dal Letaba Camp a Punda Maria

Come sempre la sveglia suona alle ore 6:00 e in poco meno di un’ora siamo pronti a partire. Smontiamo la tenda e facciamo colazione (quasi sempre latte e cornflakes) poi cominciamo il “game drive”. Oggi ci spingeremo verso Punda Maria, il rest camp più a nord del Krugher. In questa regione le piogge raggiungono i 700 mm annui, favorendo la crescita di una ricca varietà di piante (in particolare sono molto belli i baobab) e una grande densità di animali. Ci sistemiamo nel primo pomeriggio nel campeggio quasi deserto, mangiamo uno spuntino e poi riprendiamo il nostro giro. Nei pressi del recinto elettrificato si trova una pozza quasi asciutta nella quale abbiamo visto diversi elefanti, bufali e gnu. Avvistare gli animali semplicemente guidando la propria vettura è una questione di fortuna ma qui al Krugher le possibilità sono altissime, più che in ogni altra riserva naturale del paese. Ci sono moltissime pozze naturali e artificiali intorno alle quali appostarsi e molti “bird-hide” per gli appassionati di bird-watching e per chi ha tempo da dedicare all’osservazione della natura in totale tranquilità.

3 agosto 2011 Krugher National Park: game drive da Punda Maria al Letaba Camp

Il sistema computerizzato delle prenotazioni calcola in automatico le distanze e i tempi minimi di percorrenza tra un campo e l’altro e quindi mi ha impedito di prenotare questa notte al Lower Sabie e mi “ha costretto” a fermarmi nuovamente in un campo intermedio lungo il percorso. E così ho scelto nuovamente il Letaba come sosta. La temperatura è sempre gradevole durante il giorno, perfetta per la manica corta. I cieli tersi e luminosi ci regalano colori perfetti per le fotografie. In alcuni punti lungo il percorso ci sono anche aree attrezzate per il braii (barbeque) che sembrano essere molto apprezzate dai turisti sudafricani che anche a pranzo si dedicano alla cucina con pasti più che abbondanti. Addirittura vengono fornite per pochi rand le bombole del gas per cucinare sulle piastre. Le toilette ovunque sono pulitissime. Sono aree piacevoli per la sosta, recintate e sicure e spesso in prossimità di point-view.

4 agosto 2011 Krugher National Park: game drive dal Letaba Camp al Lower Sabie Rest Camp

Come tutte le mattine lasciamo il Letaba Camp per l’ultimo “game drive” cui possiamo dedicare una giornata intera. Ci spingeremo verso sud costeggiando il confine con il Mozambico, viaggiando per molte ore praticamente senza avvistare nessun altro veicolo. Il Lower Sabie si affaccia sulla diga del Sabie River e attira molti animali. Come sempre vi giungiamo al tramonto

5 agosto 2011 dal Krugher National Park a Piet Retief: lungo le strade della provincia di Mpumalanga

Oggi lasciamo il Krugher National Park con un clamoroso avvistamento. Due leoni che sono usciti all’improvviso dal bush e si sono lentamente avvicinati alla nostra vettura, scrutandoci da pochi metri. Mentre scattavo qualche fotografia mi sono reso conto soltanto in un secondo momento di quanto fossero vicini e ho socchiuso il finestrino. E così come sono entrati in scena, così sono lentamente scomparsi. E’ stato un momento breve ma piuttosto intenso ed emozionante. Nel nostro ultimo “game drive” decidiamo di percorrere tutta l’area sud-occidentale del parco passando per Berg-en-Dal, un altro grande campo a pochi chilometri dal Malelane Gate, l’uscita meridionale del parco. Ci fermiamo al campo per una breve sosta e per pranzare. Ci facciamo preparare un hamburgher con patatine e ci rilassiamo sulle panchine di fronte ad uno specchio d’acqua. Da qui parte un bel sentiero protetto che costeggia il fiume e consente di osservare da vicino tutta la fauna selvatica. Lo spettacolo a cui assistiamo ci lascia senza parole: un grosso elefante si protegge dal sole caldo di mezzogiorno facendo un bagno in piena regola rotolandosi nella sabbia e poi spruzzandosi acqua con la proboscide. Restiamo affascinati ad osservare questo spettacolo della natura e non vorremmo più andare via. Ma purtroppo ancora molta strada ci aspetta. Questa sera vogliamo arrivare a Piet Retief dove un’artista molto singolare possiede un bed & breakfast. La cittadina non è niente di più che una tappa intermedia per raggiungere la costa, un buon punto per sostare lungo il cammino. Stiamo attraversando la provincia del Mpumalanga (Luogo del Sole Nascente), la più piccola del Sudafrica, dove gli altipiani dell’alto veld terminano improvvisamente nelle pianure del basso veld. I paesaggi lungo il percorso sono incantevoli, cosparsi di grandi foreste che consentono da queste parti una grande produzione di legname. Giungiamo a destinazione non molto presto, ormai con il buio, a causa dei numerosi lavori in corso (stanno riasfaltando un lungo tratto della N2 Road) e anche a causa di una foratura. Ceniamo all’ottimo Mama Mia Restaurant, a due passi dal nostro bed & brekfast ( R249 )

6 agosto 2011 da Piet Retief a Hluhluwe: visita allo Hluhluwe-Imfolozi Park

La colazione presso il LA Guest House è favolosa e la proprietaria è davvero gentilissima. Stamane telefona alla sua officina di fiducia e ci accompagna di persona per cambiare la gomma forata. I proprietari sembrano usciti da uno spot pubblicitario e sono veramente molto disponibili e cordiali. Addirittura chiamano personalmente la Europ Car per avvisarli del danno subito e sapere se c’è modo per noi di ottenere un rimborso della riparazione. La gomma è troppo danneggiata e dobbiamo acquistare un copertone nuovo (R570) Verso le ore 10:00 riusciamo a ripartire e ci dirigiamo verso sud, all’ingresso dello Hluhluwe-Imfolozi Park. Il parco si estende su un’area di 96.000 ettari e in questo periodo dell’anno gli avvistamenti dovrebbero essere più numerosi, nonostante la vegetazione molto rigogliosa renda la cosa più difficile. Il tempo però oggi non è dei migliori: cielo grigio e pioggia a tratti. Anche la temperatura è piuttosto fredda, a causa del vento. Giungiamo all’ingresso principale (Memorial Gate) intorno alle ore 13.00 (R110 a testa per l’ingresso) Il territorio è piuttosto collinoso e i paesaggi spettacolari. Purtroppo le condizioni meteo non ci consentono di avvistare molti animali. Per la verità ne vediamo piuttosto pochi e dopo qualche ora all’interno del parco, delusi, riprendiamo la strada per il lostro lodge. In realtà siamo stati particolarmente sfortunati ci racconta una coppia sudafricana che viene qui ogni week-end. Oggi è la giornata peggiore che potessimo incontrare e anche loro erano sorpresi dalla quasi totale assenza di avvistamenti.

Ho prenotato dall’Italia due notti al Wild Bees Eco Lodge che si trova a pochi chiometri dal parco. Immerso in un lussureggiante giardino tropicale, questo ecolodge offre sistemazioni in cottage e una piscina in stile laguna, incorniciata da cespugli di palme. Il Wild Bees fa parte del Parco di Greater iSimangaliso Wetlands, protetto dall’Unesco. Ancora una volta il navigatore satellitare ci aiuta a trovare la giustra strada grazie alle coordinate Gps che mi avevano indicato. L’ultimo tratto di strada è sterrato e senza indicazioni; sarebbe stato complicato raggiungerlo solo con una cartina. Sistemazione e ottima cena in lodge.

7 agosto 2011 soggiorno a Hluhluwe: visita alla Mkhuze Game Reserve

Una meta molto interessante è la Mkhuze Game Reserve, che si estente per circa 36.000 ettari. Istituita nel 1912, questa riserva non ospita nè leoni nè elefanti, ma vi si trovano quasi tutti gli altri animali, comprese 400 specie di uccelli. All’interno si trovano anche molte postazioni nascoste in prossimità degli specchi d’acqua da cui è possibile ammirare la fauna selvatica. Stanotte ha piovuto molto e la mattina è piuttosto fresca (abbigliamento: felpa) ma il sole sta già facendo capolino tra le nubi. Dal villaggio di Hluhluwe procediamo velocemente verso Nord lungo la N2 per circa 35 km, per giungere alle ore 10.00 al bivio che indica la riserva. Da qui la strada è sterrata ma molto ben battuta per 18 km fino al gate.Si riesce a tenere una media di 50/60 km orari. L’ultimo tratto è più sconnesso e attraversa piccoli villaggi. I ragazzini per strada danzano e ci salutano chiedendo qualche penna o qualche rand. Evidentemente turisti poco scrupolosi li hanno pagati in cambio di una foto. Questa è una pratica malsana che bisogna evitare a tutti i costi. Giungiamo all’Emshopi Gate alle ore 10.30 (ingresso R95) e cominciamo subito il “game drive” all’interno della riserva. Le dimensioni decisamente più ridotte rispetto al Parco Krugher ci consentono di prendercela comoda; una giornata è più che sufficiente per esplorare le sue piste. Ci spingiamo a sud verso le Nsumo Pan dove si dovrebbe concentrare la maggior parte dei rinoceronti e dove ci sono alcuni bird-hide (nascondigli di avvistamento) Osserviamo sulla riva opposta una grande colonia di ippopotami e alcuni fenicotteri ma dei rinoceronti nemmeno l’ombra. Avvistiamo molti altri animali anche se restano nei nostri occhi le immagini della fauna straripante del Krugher che resta un punto di riferimento per gli appassionati di natura e di avvistamenti. Alle ore 16.30 lasciamo la riserva e verso le 18.00 siamo di ritorno al nostro lodge. Stasera cena all’aperto con falò per un classico braii ( barbeque di carne )

8 agosto 2011 da Hluhluwe al Greater St Lucia Wetland Park: in campeggio con i coccodrilli

Siamo diretti a sud verso la Elephant Coast, un tratto lungo l’oceano di straordinaria bellezza e interesse naturalistico. St Lucia Estuary è il principale luogo di villeggiatura della regione e nei mesi estivi è decisamente sovraffollato. In questa stagione invece si può godere appieno delle bellezze che lo circondano senza incorrere in grandi masse di turisti. Arriviamo a St Lucia alle ore 9.15, giusto in tempo per salire a bordo della Advantage Cruiser, l’imbarcazione della Advantage Tours (R170 cad./2h) per una “crociera” di osservazione degli ippopotami e coccodrilli presenti nell’estuario. Il tour è abbastanza interessante anche se la guida poteva essere più loquace. In alternativa consiglio di visitare la colonia di ippopotami presso il Sugarloaf Camp da dove è possibile osservarli dalla stessa distanza e con più tranquillità !

Alle ore 12:00 siamo in prossimità del Bhangazi Gate (R95 / due persone) l’ingresso dell’Isimangaliso Wetland Park, che fa parte del Great St Lucia Wetland Park dichiarato dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità. Esso occupa una superfice enorme (328.000 ettari) costituita da un confuso mosaico di numerose riserve ciascuna di esse con un ingresso separato. Non ci aspettavamo di rimanere in coda per oltre mezz’ora (figuratevi d’estate) ma l’ingresso degli autoveicoli è rigorosamente controllato e a numero chiuso (max 120 al giorno). Siamo diretti a Cape Vidal, 35 km più a nord del gate. Qui si trova uno splendido campeggio costiero ma anche dune di sabbia alte 150 metri coperte di foreste e spiagge meravigliose. La strada che stiamo seguendo costeggia il Lake St. Lucia che in realtà è parte dell’estuario più grande dell’Africa. Le paludi lungo le rive del lago vengono riempite dall’acqua che filtra tra le dune, creando un rifugio per le forme di vita marine abituate all’acqua dolce quando la salinità è troppo alta. È presente anche la più grande colonia di ippopotami dei parchi sudafricani. Gli elefanti invece vennero introdotti nel 2001. Due specie di tartarughe marine utilizzano la spiaggia come deposito per le uova. La riserva costiera non include solo le spiagge ma anche le barriere coralline che si trovano al largo, e la migrazione delle megattere passa davanti a queste coste. È uno dei pochi parchi africani in cui è possibile vedere insieme ippopotami, coccodrilli e squali. Infatti il parco ospita 1.200 coccodrilli del Nilo e 800 ippopotami.

Alle ore 18:00 siamo di ritorno al nostro campeggio, il Sugarloaf Camp (R 170/notte) situato in ottima posizione sull’estuario e vicino al centro di St Lucia. Sistemiamo la tenda e andiamo in centro al Quarterdeck, con cena a base di carne seduti sulle panche all’esterno. Per la verità fa piuttosto freddino stasera e sarebbe stato meglio cenare in un locale al chiuso !

9 agosto 2011 da St Lucia a Pietermaritzburg: in viaggio verso le Midlands

Stamane la temperatura al risveglio è piuttosto fredda e cerchiamo uno spicchio di sole per asciugare la tenda dall’umidità della notte e per scaldarci un pò. Facciamo colazione sulla base di un tronco di legno colpito dai raggi del primo mattino, sempre a base di latte e cornflakes. Poi ci incamminiamo lungo la passerella che costeggia il campeggio e che consente l’accesso alla spiaggia e costituisce un ottimo punto di osservazione della colonia di ippopotami presenti nell’estuario. Restiamo qui per oltre un’ora, incantati nel vederli giocare sul fiume così vicini a noi. Poi a malincuore riprendiamo il nostro cammino seguendo la costa e alle ore 12:20 giungiamo a Mtunzini. Immersa nelle alture dello Zululand, questa piccola oasi sembra un angolo d’Europa adagiato nel cuore di una enorme distesa di rare palme da rafia. Attraversiamo la cittadina con andatura lenta, tra le sue tranquille viuzze adornate da ville sontuose e campi da golf, tentando di raggiungere invano uno sbocco sull’oceano. Attraversiamo una rigogliosa foresta tropicale, dove è stato eretto il Rafia Palm Monument, fino a raggiungere l’ingresso della Umlalazi Nature Reserve (R10) che però non visitiamo per mancanza di tempo. Consumiamo uno snack nei pressi del visitor center della città, proprio di fronte al campo da golf.

Proseguiamo il nostro viaggio fino a giungere al confine della provincia dello Zululand dove sorge la piccola località balneare di Tugela Mouth, adagiata sull’estuario del Tugela River. Questa cittadina vanta una delle spiagge più incontaminate della regione ma nelle sue acque sono presenti numerosi squali. Il fascino di questa località è costituito sia dalle fantastiche opportunità per la pesca, sia dall’atmosfera remota, quasi soprannaturale che la pervade. Al nostro arrivo non troviamo nessun turista, il parcheggio di fronte alla spiaggia è completamente deserto e la spiaggia occupata soltanto da qualche pescatore. Un vero paradiso per gli amanti dei luoghi poco affollati! Proseguiamo lungo la costa fino a Durban che scorgiamo soltanto in lontananza, seguendo la tangenziale che conduce a Nord. Siamo diretti a Pietermaritzburg, dove arriviamo alle ore 16:15. Capitale amministrativa e legislativa dello KwaZulu-Natal, è considerata da molti il principale centro storico e culturale della regione. Passeggiando per la città si notano molti imponenti palazzi di epoca coloniale spesso ristrutturati e trasformati in musei, alberghi o banche. Alloggiamo nei pressi del centro, nel Prince Alfred Street Backpackers, situato anch’esso in una casa coloniale restaurata e gestito da un simpatico “signore” di mezza età. Come accade ovunque, anche qui la città si svuota alle ore 17:00 quando chiudono tutti i negozi. Anche la lunga via pedonale ci appare deserta, occupata soltanto da qualche barbone e da pochi altri passanti. La comunità zulu qui è molto consistente e si incontrano pochissimi bianchi. E’ sempre consigliabile non rimanere in giro con il buio, soprattutto se non si conosce bene la zona. Facciamo una spesa presso il vicino supermarket e rientriamo in stanza per una cenetta a base di verdure.

10 agosto 2011 da Pietermaritzburg a Ficksburg: lungo le strade panoramiche del Free State

Lasciamo la città alle ore 8:00, dopo una buona colazione in ostello. Siamo diretti a nord verso il Golden Gate Highland National Park, situato negli Altopiani orientali, la regione più bella del Free State dove imponenti monoliti di arenaria torreggiano su incantevoli campi ondulati. I paesaggi che incontriamo lungo i circa 265 km che ci separano dal parco sono incantevoli e giustamente apprezzati dalla gente del posto che prende d’assalto la regione nei week-end e nei mesi estivi. Adesso le montagne in lontananza sono ancora spruzzate di neve e l’aria è piuttosto frizzante. La nostra guida ci indica la possibilità di incontrare ghiaccio e neve anche nel Golden Gate, ma le giornate così calde e il cielo terso ci fa pensare che ormai l’inverno da queste parti sia passato in fretta (almeno per quest’anno!). All’ingresso veniamo registrati, ma non paghiamo nulla. Le auto possono transitare gratuitamente in giornata da una parte all’altra del parco, ma se si vogliono fare escursioni o deviazioni in macchina sui sentieri indicati allora occorre pagare una piccola tassa di ingresso (R100). Il parco merita assolutamente una visita ed è appagante anche soltanto il percorso automobilistico (peccato ci siano pochi view point per ammirare il paesaggio circostante) e le foto più belle le potrete fare all’alba o al tramonto quando gli affioramenti di arenaria risplendono di una meravigliosa luce dorata.

Alle ore 13:15 giungiamo a Clarence, considerata da molti il gioiello del Free State. Circondata da rocce calcaree e da verdi colline che si elevano sullo sfondo delle Moluti Mountains questa cittadina ci appare subito molto accogliente e graziosa. Qui si raccolgono ben 18 gallerie d’arte con esposte opere d’arte di artisti sudafricani molto conosciuti. E poi ci sono negozi, boutique ed empori in stile far west con esposti moltissimi prodotti locali. E poi caffetterie, ristoranti di alto livello e molte guesthouse piene di fascino. E infatti persino Harry d’Inghilterra e molte celebrità del cinema vengono qui in cerca di rifugio dalla loro vita movimentata. Dopo una doverosa passeggiata curiosando tra le boutiques della zona, ci mangiamo un panino nella piazza principale, sdraiati sul prato godendo della splendida e calda giornata di sole.

Proseguiamo verso Ficksburg seguendo una strada spettacolare che attraversa vallate coltivate e canyon. Il paesino è circondato dalle maestose Maluti Mountains e vanta alcuni edifici storici, tra questi il municipio e l’ufficio postale. Per il resto non c’è molto da fare o da vedere in paese ma per noi è un buon punto di sosta, visto che siamo già al calar del sole. Ci sistemiamo così nel centrale Highland Hotel Hoogland, che forse ha visto giorni migliori, pur conservando una certa trasandata eleganza. Ceniamo comodi nel ristorante senza pretese all’interno dell’Hotel.

11 agosto da Ficksburg a Nieu Bethesda: nel villaggio di Helen Martins

Stiamo seguendo la R26 in direzione sud con le preziose indicazioni del nostro inseparabile navigatore Gps. Il paesaggio lungo il percorso è sempre spettacolare e molto vario. La giornata calda e senza nuvole. Siamo stati veramente fortunati con il tempo nel corso di questo viaggio e come spesso accade non bisogna farsi troppo intimorire dalle guide quando si legge che non è la stagione indicata o quando vengono riportate le statistiche di pioggia e temperature per una certa regione. Il tempo è ancora una variabile impazzita e talvolta nel programmare un meta o un percorso si scartano località che meriterebbero una visita solo perchè si teme di trovare tempo incerto o non idoneo alla vacanza. Fregatevene! Rischiate, perchè ne vale sempre la pena. Siate affamate, siate folli! (Steve Jobs). Attraversiamo lungo la R26 i villaggi rurali di Hobhouse e Zastron, in questa terra dalla luce dorata e dai prati verdi con coltivazioni di girasoli e pecore. Dopo qualche ora di viaggio la strada peggiora per la presenza di numerose buche che credo si formino da queste parti con la forte escursione termica in questo periodo invernale. Ce ne sono moltissime e alle volte le si scorge all’ultimo momento. Sono costretto a rallentare decisamente, ma anche a 60/70 km orari una buca profonda vista all’ultimo minuto può risultare pericolosa.

Alle ore 12.45 giungiamo a Aliwal North, dove ci fermiamo a comprare qualcosa per il pranzo in un supermercato. Questa cittadina situata al confine tra il Free State e l’Eastern Cape era agli inizi del XX secolo una rinomata destinazione turistica, grazie ai suoi bagni termali. Purtroppo oggi non è rimasto molto del suo antico splendore e Aliwal è ormai una cittadina poco nota e piuttosto malconcia. Cerchiamo dunque un posto dove mangiare fuori città, una piazzola lungo la strada dove riposarci e pranzare.

Proseguiamo il nostro viaggio lungo la R26 fino ad un bivio per la R56 in direzione di Steynsburg dove proseguiamo innestandoci sulla N9, la grande arteria che porta verso la costa. Noi però faremo una piccola deviazione seguendo per 30 chilometri la strada sterrata che conduce a Nieu Bethesda. Questo minuscolo ed isolato villaggio ci è stato consigliato caldamente come un “must see” da numerose persone incontrate lungo il percorso e dunque non potevamo evitare di visitarlo. Vi giungiamo verso le ore 16:45, in tempo per godere delle ultime luci del tramonto. Scendendo di latitudine abbiamo guadagnato quasi un’ora di luce, il che non è poco nell’economia della nostra giornata ! Questo paesino è diventato famoso in tutto il mondo per la “straordinaria” Owl House, dimora e laboratorio di Helen Martins. La storia racconta che un giorno mentre giaceva a letto malata, la signora Martins, considerata una reietta dagli abitanti della città, decise di portare un pò di luce e di colore nella sua vita monotona e solitaria. Nel corso dei 30 anni successivi, la Martins lavorò con una passione ai limiti dell’ossessione, adornando inizialmente l’interno della casa con frammenti di vetro e pitture dai colori vivaci, passando poi a riempire il cortile con gigantesche statue di gufi, cammelli, acrobati e sirene, tutte create con materiali di uso quotidiano come cemento, bottiglie rotte e filo metallico. All’età di 78 anni, spossata dall’artrite e dalla cecità, Helen si tolse la vita. lasciando disposizioni affinchè la sua casa fosse conservata in ricordo della sua concezione artistica. Oggi la Martins è considerata un’artista “outsider”, priva cioè di un’istruzione accademica, ma capace di sviluppare un interessante stile originale e di modificare il prorpio ambiente. Le richieste di alloggio si fanno presso il locale ufficio informazioni, che ospita anche un emporio di prodotti tipici e la sera funge da ritrovo di artisti e organizza cene a base di stufato di kudu (carne simile al nostro agnello, ma dal sapore meno selvatico).

12 agosto da Nieu Bethesda a Graaf-Reinet: in giro per musei e visita alla Valley of Desolation

Stamane, dopo una veloce colazione in camera (sempre grazie all’inossidabile fornellino a meta) facciamo ancora due passi per Nieu Bethesda. Il paese non ci ha particolarmente conquistato forse per l’assenza di turisti e quindi di quell’atmosfera un pò hippy che speravamo di trovare. La maggior parte dei locali qui sono chiusi e anche molti “atelier” degli artisti del posto. Partiamo quindi di buon’ora dopo una breve passeggiata per le solitarie vie del “centro”. Graaf-Reinet invece ci riserva una bella sorpresa: soprannominata “gioiello del Karoo”, si tratta infatti di una cittadina veramente deliziosa e affascinante che consigliamo di visitare. E’ la quarta delle più antiche città del Sudafrica e vanta un superbo patrimonio architettonico, con oltre 220 edifici dichiarati monumento nazionale. Dopo aver trovato una buona sistemazione presso Le Jardin Backpackin’ (consiglio una visita al fornitissimo ufficio del turismo) ci dedichiamo alla visita dei musei in città. Acquistiamo il pass cumulativo (R35 cad.) che consente l’accesso ai quattro principali musei della città. Per primo visitiamo l’interessante Old Library che ospita una ricca collezione di indumenti antichi, pitture rupestri e fossili provenienti dal Karoo (anche alcuni crani preistorici). Ci spostiamo poi verso la Old Residency, un’antica dimora ottocentesca dove è esposta una straordinaria collezione di armi da fuoco e oggetti del passato. Collegata a questa si trova la Reinet House, la casa parrocchiale della chiesa riformata olandese. E’ un’autentica sorpresa visitare il suo interno con una vastissima e originale collezione dei più svariati oggetti di uso quotidiano: dagli utensili da cucina alle bambole ai carri d’epoca agli strumenti della medicina di inizio secolo. Bellissima e imperdibile! E’ ormai troppo tardi per visitare anche il quarto museo, la Urquhart House che ci accontentiamo di vedere dall’esterno. Sosta per il pranzo presso un fast food della catena Wimpy (ottimo servizio) e poi ci allontaniamo dal paese di qualche chilometro per visitare la vicinissima riserva del Camdeboo National Park che praticamente circonda Graaff-Reinet (ingresso, R60 cad.) L’area della riserva accessibile (alcune piste sono state chiuse a causa delle forti piogge) è veramente molto piccola e in meno di un’ora, decisamente delusi, usciamo dal gate principale. Con lo stesso biglietto è possibile anche entrare nella Valley of Desolation, che invece vale veramente la visita. Si tratta di una vallata dalla bellezza disarmante, dalla quale è possibile ammirare uno splendido paesaggio sulle colonne di roccia che si ergono sullo sfondo. La strada è molto ripida ma ben asfaltata e ci sono diversi view-point per ammirare la valle e il paese di Graaf-Reinet sullo sfondo. Alba e tramonto, ovviamente, sono i momenti migliori. Rientriamo in paese e compriamo al supermercato l’occorrente per un’ottima pasta in ostello. Siamo in buona compagnia stasera con una coppia di viaggiatori tedeschi e due ragazze olandesi che stanno seguendo un itinerario molto simile al nostro. E’ bello ritrovarsi tutti insieme a tavola e scambiarsi le reciproche sensazioni di viaggio. E’ bello comunicare con un’unica lingua internazionale e sentirsi come a casa…

13 agosto da Graaf-Reinet all’Addo Elephant N.Park: nella regione dell’Eastern Cape e lungo le piste dell’Addo

Stamattina presto facciamo una buona colazione in ostello, poi un salto veloce al supermercato per acquistare il pranzo e alle ore 8:15 si riparte verso l’Addo Elephant National Park. Questo parco ospita gli esemplari sopravvissuti dei vasti branchi di elefanti che un tempo vagavano liberi per l’Eastern Cape. All’inizio del XX secolo gli agricoltori che iniziavano a coltivare le terre di questa regione si trovarono in difficoltà di fronte a questi pachidermi e incaricarono un certo Major Pretorius di far fronte a questa minaccia. Egli portò a termine il suo incarico con spietata efficacia fino a quando non fu fermato da una protesta popolare. Quando nel 1931 l’Addo Elephant National Park fu dichiarato parco nazionale, restavano soltanto 11 elefanti! Oggi se ne contano circa 300 oltre a zebre, antilopi alcine, kudu, facoceri e persino leoni e iene introdotti in tempi recenti. Intorno alle ore 11:00 facciamo il nostro ingresso al gate principale e ci registriamo presso la reception. Prendiamo una piazzola per la nostra tenda e facciamo uno spuntino. Ripartiamo velocemente per un “game drive” che ci porterà in giro per le meravigliose piste del parco, tenute in condizioni perfette per un normale veicolo, anche qui come al Krugher. Numerosi gli avvistamenti soprattutto di elefanti inseriti in un contesto naturale meraviglioso. Qui la savana lascia il posto a ricche foreste e prati verdi con numerose pozze dislocate un pò ovunque per gli avvistamenti. Devo dire che il paesaggio di questo parco è davvero incantevole e meritava assolutamente una visita. Cena al ristorante (consiglio di prenotare se non volete mangiare nella zona tendata esterna, decisamente più fredda) La temperatura in serata scende molto e occorre coprirsi con una buona felpa o un pile e una giacca pesante.

14 agosto dall’Addo Elephant N.Park a Plettemberg Bay: lungo la costa, paradiso dei surfisti di tutto il mondo

La notte è stata particolarmente fredda e stamane ci accoglie una leggera pioggerellina. Facciamo colazione nel piccolo bungalow al coperto dove è possibile cucinare. Smontiamo la tenda senza poterla asciugare e poi verso le ore 8:00 giungiamo al gate. Il game drive di stamattina ci porterà dalla parte opposta del parco, scendendo a sud verso il Matyholweni Gate, in prossimità della N2 Road. Oggi avvistiamo pochi animali, forse a causa del mal tempo: qualche elefante, bufali, volpi e iene. Alle ore 11:30 raggiungiamo l’uscita, dove facciamo una breve sosta. Il tempo sembra migliorare, con qualche squarcio di sereno tra le nubi ancora cariche di pioggia.

La costa dell’Eastern Cape è una delle zone migliori del mondo per praticare il surf, anche perché le onde sono estremamente costanti. Siamo diretti verso la mitica Jeffrey’s Bay, famosa in tutto il mondo per la mitica Supertubes, definita dagli appassionati come “l’onda più perfetta del mondo”. Nel periodo compreso tra giugno e settembre si radunano qui tutti i migliori surfisti del globo. A fine luglio si svolge nella baia un’importante competizione chiamata Billabong Pro. Arriviamo in città verso l’ora di pranzo e parcheggiamo la nostra vettura proprio di fronte alla spiaggia della famosa onda “supertube”. Ci sono molti surfisti in acqua e molti curiosi seduti sulle panchine in legno con vista sull’oceano. Ci sono anche alcuni fotografi professionisti che probabilmente stanno cercando di catturare qualche scatto spettacolare per le riviste del settore. Restiamo affascinati dalle evoluzioni dei surfisti e dal paesaggio spettacolare. Purtroppo oggi è domenica e tutti i negozi di abbigliamento sportivo sono chiusi. Peccato perchè avremmo acquistato volentieri qualche bella t-shirt! Dopo una sosta veloce per un hamburgher da Kfc (Wi-Fi gratuito) torniamo sulla spiaggia per scattare ancora qualche foto e poi, a malincuore, ripartiamo. Lungo la strada facciamo una breve sosta nell’area di servizio (distributore Total) adiacente allo Storms River. Da qui è possibile ammirare dall’alto uno spettacolare canyon, uno dei tanti dello TsiTsikamma National Park. E’ proprio da queste parti infatti che si trova il punto più alto del mondo da cui praticare il bungee jumping (216 mt. dal ponte sul Bloukrans River!). Siamo diretti a Plettemberg Bay, all’inizio della Garden Route. “Plett” è un centro di villeggiatura che può sfoggiare una rara combinazione di montagne, spiagge di sabbia bianca e acqua cristallina. Giungiamo ormai con il buio e ci dirigiamo verso il centro arroccato su un alto promontorio che domina la laguna del Keurbooms River e la Beacon Island. Qui troviamo alloggio presso il Notando Backpackers Hostel, un pulitissimo e accogliente ostello segnalato dalla nostra guida Lonely Planet. Affiliato alla catena Yha e valutato ben cinque stelle è sicuramente una sistemazione perfetta per la notte. Dopo esserci sistemati e aver “steso” in camera la nostra tenda per farla asciugare, usciamo a cena. Il centro, ad un isolato dal nostro ostello, è praticamente deserto e insieme ad un gruppo di francesi siamo gli unici clienti della Cranzgot’s Pizzeria che sforna ottime pizze cotte nel forno a legna.

15 agosto 2011 da Plettemberg Bay a Oudtshoorn: nel paese degli struzzi e lungo la strada dei due passi

Stamattina facciamo due passi sulla splendida Hobie Beach, godendoci il caldo sole del mattino. Il posto è molto tranquillo e rilassante e invoglia ad oziare. Alle ore 9:20 facciamo una breve visita alla St. Peter Anglican Church, posta in splendida posizione con vista sull’oceano. Poi riprendiamo il nostro cammino passando per Knysna, percorrendo un meraviglioso tratto di costa che ci porta a Wilderness, dove una fitta foresta, chilometri di spiagge bianchissime, estuari e lagune ricche di avifauna hanno contribuito a rendere molto popolare questa regione. Passato l’abitato, appena la strada comincia a salire seguendo il promontorio ci fermiamo presso un view point molto affollato. Da qui infatti è possibile vedere anche ad occhio nudo le numerose balene che si aggirano nella baia. Proseguiamo seguendo la N12, oltrepassando George, per arrivare all’ora di pranzo a Oudtshoorn. Ci fermiamo a mangiare un panino in un fast food della catena KFC (R60) e poi ci dedichiamo alla visita di un museo quanto mai originale: C.P. Nel Museum (R15 a testa). Dovete sapere che a Oudtshoorn tutto ruota intorno agli struzzi. Infatti la città si definisce capitale mondiale dello struzzo e le fattorie dei dintorni letteralmente pullulano di questi animali che vennero allevati qui fin dal 1870. All’inizio del XX secolo gli imprenditori locali accumularono fortune grazie alla moda diffusa in tutto il mondo delle piume di struzzo e la città divenne fiorente ed elegante. Ancora oggi, nonostante la moda sia ormai passata, gli allevamenti rendono bene grazie alla vendita della carne e della pelle di struzzo. Il museo che ho citato pocanzi è proprio dedicato all’allevamento degli struzzi e alla storia del Karoo. E’ ospitato all’interno di un edificio di arenaria portato a termine nel 1906 e al suo interno troverete molti incredibili oggetti, oltre a splendide ricostruzioni di negozi dell’epoca vittoriana e l’interno di una sinagoga del 1896.

Alle ore 14:20 ci dirigiamo verso lo spettacolare Swartberg Pass lungo la Two Passes Route. La strada sale ripida e completamente sterrata, in discrete condizioni, ma occorre andare molto adagio se non si ha un 4×4. I due valichi che ci accingiamo a percorrere sono entrambi veri e propri capolavori di ingegnieria, con tornanti mozzafiato sul panorama circostante. La giornata è splendida e ancora una volta il tempo è dalla nostra parte. Soltanto verso le ore 16:30 usciamo dallo spettacolare canyon dalle pareti strettissime e ripidissime che conduce all’abitato di Prince Albert, dove facciamo benzina. Dobbiamo rientrare a Oudtshoorn e questa volta attraversiamo il Meiringspoort Pass, anch’esso spettacolare ma più veloce da percorrere poichè completamente asfaltato. A metà strada ci fermiamo ad ammirare la bellissima cascata che fuoriesce dal canyon che stiamo attraversando. Si stà ormai facendo tardi e arriviamo in città con il buio. Prendiamo alloggio presso il Backpackers Paradise, situato all’interno di un’imponente edificio d’epoca. Vi è anche la possibilità di campeggiare ma la temperatura è decisamente fredda e così optiamo per pernottare in una doppia (13° in stanza).

16 agosto 2011 da Oudtshoorn a Hermanus: nella capitale delle balene

Alle ore 8:15, dopo una buona colazione in ostello ci rimettiamo in viaggio lungo la R62 in direzione Montagu. La strada dopo Calitzdorp diventa molto panoramica con viste spettacolari sul paesaggio circostante. Poco prima di Ladismith seguiamo una strada in parte sterrata indicata come “scenic route”, una breve deviazione di circa 15 km che vale la pena percorrere. Giunti a Montagu ci fermiamo per pranzo al Deoude K.Hombuis Restaurant che prepara ottimi piatti fatti in casa e torte squisite. La cittadina è molto tranquilla e ospitale e si possono ammirare molti monumenti nazionali magnificamente restaurati tra i quali alcuni incantevoli edifici in stile art déco. Si prosegue poi lungo la N2 in direzione di Hermanus attraversando spettacolari distese collinari colorate di verde e giallo. La giornata è caldissima, forse la più calda di tutto il nostro viaggio e assolutamente limpida. Giungiamo ad Hermanus nel primo pomeriggio e ci sistemiamo subito presso l’Hermanus Backpackers che è situato in posizione davvero comoda, a pochi passi dal Cliff Path Walking Trail da dove si possono ammirare le balene. Ed è proprio qui che ci dirigiamo a piedi subito dopo aver sistemato i nostri bagagli. Il paese, una volta tranquillo villaggio di pescatori, ha raggiunto grande fama come sito per l’avvistamento delle balene e non senza motivo. Dopo qualche minuto, dalla scogliera dove ci siamo seduti per pranzare, vediamo il classico sbuffo di una balena a poche decine di metri da noi. Ogni anno tra giugno e novembre le balene australi vengono proprio in queste acque a riprodursi, favorite dalla calda temperatura delle acque. Tra i migliori punti di osservazione a Hermanus ci sono Castle Rock, Kraal Rock e Sievers Point. Trascorriamo molto tempo incantati dal susseguirsi di avvistamenti così a ridosso della baia. Alle volte anche tre o quattro esemplari insieme. Le balene sembrano giocare, danzare felici protette dai cacciatorpedinieri che fino al 1976 solcavano autorizzati questi mari. Ceniamo in ostello.

17 agosto 2011 da Hermanus a Stellenbosh: nelle Winelands, lungo le strade del vino

Nessuna imbarcazione può transitare nella baia ed è proibito andare in jet-ski. Soltanto due operatori possiedono la licenza per praticare il whalewatching: la Southern Right Charters che è possibile prenotare tramite il nostro ostello e che stamane risulta “full booked”, al completo. Optiamo allora per la Hermanus Whale Cruises (R600 cad.) che contattiamo direttamente al porto. L’imbarcazione a prima vista sembra piuttosto spartana e malconcia. Di sicuro molto più moderna e appariscente l’imbarcazione della concorrente Southern Right Charters. Il nostro tour parte alle 9:00 e dovrebbe durare circa due ore. Non siamo in molti a bordo e questo non depone a nostro favore, poichè l’altra imbarcazione parte alla stessa ora assolutamente strapiena. Per un accordo tra le parti i due operatori si dirigono in zone opposte di avvistamento a settimane alterne, ovviamente per non farsi concorrenza. Il vantaggio è che sulla nostra barca c’è molto più spazio per muoversi e fotografare. Staremo a vedere.

Ci allontaniamo rapidamente dalla baia ma purtroppo, trascorsa la prima ora, non avvistiamo nulla. Probabilmente dovremo già rientrare ma la nostra guida ci assicura che non ce ne andremo senza aver prima visto qualche balena. E’ impossibile che non siano nella zona, si tratta soltanto di aver pazienza. Ed infatti poco dopo cominciano ad affiorare i primi sbuffi in lontananza. Ci avviciniamo con l’imbarcazione e finalmente ci troviamo circondati da questi giganteschi mammiferi che cominciano a giocare fra di loro, sollevando grandi spruzzi d’acqua tutto intorno a noi. Al ritorno riusciamo ad ammirare da vicino più balzi spettacolari di una balena sulla nostra rotta.

Pranzo veloce ancora sulla costa per ammirare le ultime balene e poi si riparte. La giornata splendida, caldissima. Riprendiamo il nostro viaggio in direzione di Stellenbosh, lungo la strada dei vini che comprende oggi circa 100 aziende vinicole. Molte di queste hanno saputo sfruttare la popolarità e il crescente successo riscossi da questa industria aprendo al loro interno ristoranti, strutture ricettive e infrastrutture turistiche di ogni genere. Stellenbosh, fondata nel 1679, è la città più antica del Sudafrica dopo Capetown. Le sue tranquille vie fiancheggiate di querce ospitano alcuni dei capolavori più belli delle architetture olandese del Capo, georgiana e vittoriana. Vi giungiamo nel primo pomeriggio e ci gustiamo l’atmosfera piacevolmente rilassata del posto gustandoci un tè in uno dei numerosi locali affollati del centro. Decidiamo di cercare qui un posto per dormire e così ci sistemiamo presso lo Stumble Inn, un ostello piuttosto trasandato ospitato all’interno di due vecchi edifici, uno dotato di una piccola piscina e l’altro di un grazioso giardino. Sistemati i bagagli in ostello ci dirigiamo fuori città verso Franschhoek che ha la fama di essere la capitale gastronomica del Sudafrica. A detta della guida la città si presenta come una delle più belle del Capo, talmente curata e perfetta da sembrare un parco tematico. Ci sono molte gallerie d’arte e numerose aziende vinicole. Purtroppo, come spesso è capitato, giungiamo nel tardo pomeriggio e la città appare quasi deserta, svuotata. Tutte le principali attività si concentrano nella Main Road dove facciamo due passi poi decidiamo di rientrare a Stellenbosh, dove ceniamo nel ristorante/pizzeria Arpeggio che offre un’ottima cucina in un elegante locale con possibilità di degustazione.

18 agosto 2011 da Stellenbosh a Città del Capo: verso il punto più meridionale del continente africano

Stamattina raggiungiamo velocemente la Cape Peninsula, ovvero la regione meridionale di Città del Capo affacciata sull’oceano Atlantico. Il tempo non è dei migliori, una giornata alquanto brumosa, quasi invernale. Facciamo sosta a Muizenberg, rinomata località di villeggiatura dei primi anni del XX secolo situata a circa 25 km a sud del centro città. Passeggiamo lungo l’ampia spiaggia bianca che gode di grande popolarità tra i surfisti locali e ospita anche una famosa scuola di surf, la Gary’s Surf School. La spiaggia è caratterizzata dalla presenza di graziose cabine balnerari d’epoca vittoriana tinteggiate con colori vivaci. Riprendiamo il nostro itinerario in direzione di Boulders Beach, famosa per la sua colonia di circa 3000 pinguini africani. Situata circa 3 km a sud di Simon’s Town, quest’area protetta fa parte del Table Mountain National Park e vi si può accedere da due ingressi. I pinguini li potete osservare già nel parcheggio per i visitatori (attenzione a dove posteggiate!) e lungo la passerella che unisce Foxy Beach a Boulder Beach. Se volete osservarli giocare sulla spiaggia dovete pagare un biglietto d’ingresso (R40 pax), ma ne vale assolutamente la pena. Non appena arrivati il cielo si è aperto e il sole ha cominciato a far capolino regalandoci una nuova splendida giornata.

Proseguendo verso sud raggiungiamo il Cape of Good Hope Nature Reserve (Capo di Buona Speranza) soprannominato così nel 1487 dall’intrepido portoghese Bartholomeu Dias che lo doppiò insieme ad un pugno di avventurieri sotto le sferzate di venti impetuosi. L’anno successivo fu la volta di Vasco da Gama, che superò il capo proseguendo la rotta verso nord-est. L’ingresso alla riserva costa R80 a persona e consente di raggiungere in auto il punto più meridionale del continente africano. E’ possibile trascorrere un’intera giornata nella riserva passeggiando lungo i numerosi sentieri escursionistici o semplicemente ammirando gli splendidi panorami mozzafiato che punteggiano la penisola. Noi abbiamo raggiunto a piedi il faro costruito a Dias Point nel 1919 e che ha sostituito il vecchio faro (1860) che era spesso oscurato dalla nebbia. Questo è uno dei punti più panoramici e spettacolari con drammatiche scogliere a precipizio sull’oceano.

Lasciamo la riserva mentre il tempo sta cambiando e nuvole scure si addensano all’orizzonte. Per precauzione avevo già prenotato l’ostello dall’Italia e dunque non abbiamo fretta di giungere in città a cercare un posto per dormire. Decidiamo di seguire la via più lunga ma anche quella probabilmente più scenografica per entrare a Città del Capo, passando per i sobborghi di Scarborough, Noordhoek e Hout Bay. La strada che collega questi ultimi due è la famosa Chapman’s Peak Drive, un percorso dalla bellezza mozzafiato che numerosi punti panoramici veramente spettacolari. Purtroppo il tempo sta velocemente peggiorando e la percorriamo in parte sotto un autentico diluvio.

Grazie al navigatore satellitare riusciamo senza difficoltà a trovare il nostro ostello, l’House on the Hill un’ottima sistemazione con tutti i confort, all’interno di due edifici di epoca vittoriana perfettamente restaurati. Cenetta nell’accogliente cucina dell’ostello, mentre fuori piove.

19 agosto 2011 soggiorno a Città del Capo: camminando per la città

Stamane con calma ci dedicheremo alla visita di Città del Capo. La città sorge in una delle posizioni più spettacolari del mondo, che ricorda molto Rio de Janeiro. Sormontata dalla splendida Table Mountain e immersa all’interno di un parco naturale. Noi ci troviamo nella zona denominata Waterfront, a nord della città e piuttosto vicini al centro commerciale conosciuto come City Bowl. Ci incamminiamo a piedi sotto una leggera pioggerellina verso la zona di Bo-Kaap in Wale St. dove le ripide viuzze sono fiancheggiate da case e moschee settecentesche. In Chiappini Street ammiriamo le graziose case decorate con colori sgargianti. Da qui ci dirigiamo decisamente verso il centro della città, il cuore amministrativo e storico che però non mi conquista particolarmente. Percorriamo Wale St. fino a raggiungere la St. George’s Cathedral, la chiesa di rito anglicano in cui in passato l’arcivescovo Desmond Tutu pronunciava i suoi sermoni. La pioggia adesso è battente e ci ritiriamo per il pranzo in un locale piuttosto elegante del centro: il Doppio Zero (R 150 in due per una pizza).

Attraversando la Grand Parade, la piazza dove in passato si svolgevano le parate militari e le esecuzioni pubbliche, ci dirigiamo verso il Castle of Good Hope (R28 pax) la fortificazione europea più antica del Sudafrica. Costruita tra il 1666 e il 1679 per difendere la città, questa struttura pentagonale dai poderosi muri in pietra è ritenuta l’edificio più antico della città. La visità vale sicuramente la pena e vi terrà occupati per almeno un paio d’ore. All’interno si può ammirare un’interessante esposizione di oggetti militari, di reperti relativi ai primi anni del castello oltre ad oggetti e arredamenti originali dell’epoca della William Fehr Collection che comprende alcuni splendidi mobili risalenti al dominio olandese, tra i quali un tavolo da 100 posti e dipinti realizzati da John Thomas Baines.

Dopo la bella visita al castello, complice un nuovo raggio di sole a squarciare le nubi, ci dirigiamo lungo Darling St. costeggiando Old Town Hall (il vecchio municipio) dove nel febbraio del 1990 Nelson Mandela pronunciò il suo primo discorso in pubblico dopo essere stato scarcerato. Raggiungiamo così i Company’s Gardens, i giardini che si sviluppano su sei ettari di terreno, ciò che rimane di quella che in origine era la coltivazione di verdure della Compagnia Olandese delle indie Orientali. In epoca recente il terreno fu trasformato in un magnifico giardino ornamentale, con una bella collezione di specie botaniche provenienti da tutto il mondo, tra le quali fiori di loto, alberi fiammeggianti, aloe e rose. E’ un bel posto per passeggiare tranquillamente e rilassarsi. Ne approfittiamo per contattare al telefono la nostra carissima amica Mariela che vive qui da ormai quattro anni. Sarebbe un bel colpo riuscire ad incontrarla!

Ci incamminiamo adesso verso il Victoria & Albert Waterfront, la zona turistica per eccellenza con numerosi negozi, ristoranti, bar e cinema. Da qui si possono prenotare numerose escursioni e attività nalla baia. I bacini vennero costruiti nel 1860 in onore della regina Vittoria e di suo figlio Albert e sebbene oggi siano troppo piccoli per permettere l’ormeggio degli enormi mercantili moderni, vengono ancora utilizzati da pescherecci, rimorchiatori e numerosi altri natanti. Il motivo della nostra visita qui non è sicuramente lo shopping ma la prenotazione della visita a Robben Island (R220 pax) la famigerata prigione di Nelson Mandela. Acquistiamo i biglietti per domattina e torniamo in ostello piuttosto stanchi per la lunga ma intensa giornata trascorsa.

20 agosto 2011 soggiorno a Città del Capo: da Robben Island alla Table Mountain

Stamane alle ore 9:00 ci dirigiamo verso il Waterfront che dista circa 15 minuti a piedi dal nostro ostello. Una grande folla di turisti è in coda per la partenza del traghetto che ci porterà a Robben Island, trasformata di recente in un museo e dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. La visita è piuttosto rapida, troppo per riuscire a vedere e ad assorbire tutto. Ma il gran numero di persone che ogni giorno giunge qui da ogni parte del mondo richiede una logistica militare nei trasporti e nell’organizzazione del tour all’interno delle carceri. E’ un continuo flusso di persone che vengono accompagnate (quasi scortate) da un luogo all’altro dell’isola. Occorrono circa 30 minuti di traghetto per la traversata e appena sbarcati si viene indirizzati su diversi autobus in attesa, ciascuno con una guida che illustrerà in poco meno di 40 minuti i punti più interessanti dell’isola. E’ vietato rigorosamente scendere e si può soltanto osservare dai finestrini, ascoltando i racconti della guida. Tra i vari punti di interesse mi ha colpito molto la cava di pietra calcarea dove i carcerati lavoravano sotto il sole per otto/dieci ore al giorno. Tra i detenuti comuni c’erano molti laureati e presto la cava fu ribattezzata l’Università di Robben Island perché qui molte persone analfabete impararono a leggere e scrivere. Ci fanno scendere solo per pochi minuti davanti alla chiesa usata nel periodo in cui l’isola funse da lebbrosario e poi poco più avanti, dove si può ammirare una splendida vista da lontano di Città del Capo, giusto il tempo per una fotografia. Il nostro tour riprende con la visita della vecchia prigione dove fu carcerato Nelson Mandela, accompagnati da un autentico ex-carcerato. Purtroppo il suo inglese masticato era poco comprensibile e ho faticato molto a capire tutto ciò che aveva di interessante da raccontare. All’interno della vecchia prigione si può velocemente (oserei dire di corsa…) visitare la bellissima e toccante mostra “Cell Stories”: in ciascuna delle 40 celle di isolamento troverete un manufatto e la storia di un ex prigioniero politico cui apparteneva.

Rientrati per l’ora di pranzo al Waterfront ci incontriamo con la nostra amica Mariela in compagnia della sua simpaticissima ed esuberante mamma. Ci faranno da ciceroni per tutta la giornata, scarrozzandoci in macchina per i dintorni della città. La nostra prima tappa è il famoso Table Mountain National Park, che ospita l’omonima montagna la cui cima (1086 mt.) è raggiungibile con la funicolare (R193 a/r) che parte ogni dieci minuti circa. La salita in cabina è spettacolare anche perchè questa continua a ruotare su se stessa consentendo a tutti i visitatori di ammirare lo spettacolare panorama. In cima la vista è incredibile e spazia a 360° su tutta la città. Ci sono alcuni sentieri escursionistici in cima che consentono di esplorare meglio la zona. E’ possibile anche salire in cima alla montagna seguendo diversi sentieri non troppo facili, ma se avete tempo e siete allenati è comunque una bella alternativa alla visita in funicolare.

Il nostro tour in compagnia prosegue ripercorrendo in senso opposto la Chapman’s Peak Drive, questa volta però con una giornata spettacolare di sole che esalta la bellezza del paesaggio e dell’oceano. Da alcuni point view vediamo in lontananza le balene che scorrazzano nella baia. La giornata si conclude nella bella casa della nostra amica Mariela, che per l’occasione ci cucina un’ottima cena a base di pasta e buon vino. A malincuore rientriamo in ostello, consapevoli che ormai la nostra vacanza è terminata. Domattina presto si ritorna a casa.

21 agosto 2011 da Città del Capo a Johannesburg e Doha: riconsegna della vettura e volo interno verso Johannesbug

Stamane all’alba ci dirigiamo verso l’areoporto internazionale di Città del Capo che è il secondo aeroporto più grande in Sud Africa (dopo Johannesburg). Si trova a 20 chilometri dalla città ed è considerato come il migliore aeroporto in Africa. Ci sono cinque terminal che si trovano tutti a distanza ravvicinata tra loro. Il terminal Arrivi Internazionali è stato rinnovato completamente nel 2001, il terminal partenze internazionali è stato rinnovato nel 2003. Ci sono lavori in corso tuttora nel terminal voli domestici. L’Aeroporto Internazionale di Città del Capo gestisce sei milioni di passeggeri all’anno, ma si è previsto che la cifra duplicherà nel 2015.

Ci dirigiamo presso il terminal Europcar dove non trovo nessuno per il ritiro e il controllo dell’auto. Mi reco allora preoccupato verso gli uffici dove un assonnato impiegato mi prega di consegnare le chiavi. Non mi viene fornita ricevuta (con il senno di poi dovevo pretenderla) e non viene controllato lo stato della vettura. Purtroppo non abbiamo molto tempo e dobbiamo partire. Il nostro volo parte alle 7.20 e dobbiamo fare il check-in.

Voliamo verso Johannesburg dove ci attende nel pomeriggio il volo di rientro su Doha.



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