Un safari in Sudafrica

Natura selvaggia, persone e tramonti indimenticabili
Scritto da: marina_che
un safari in sudafrica
Partenza il: 14/08/2010
Ritorno il: 30/08/2010
Viaggiatori: 20
Spesa: 3000 €
Ebbene sì…ecco che dopo 5 ore di volo da Milano a Dubai ed una bella sosta ristoratrice negli Emirati Arabi, ed altre 8 ore di volo da Dubai a Johannesburg sbarco in terra d’Africa…sole splendente, cielo azzurro, aria fresca, temperatura 20° circa: ottimo inizio direi! Dopo aver espletato le pratiche doganali e “monetarie” ed aver recuperato il bagaglio esco assieme ad altri 19 compagni di viaggio dall’aeroporto, non senza aver notato quanto sia bello, nuovo e pulito e quanto particolare sia il soffitto che ricorda una palla da rugby, lo sport nazionale! Facciamo conoscenza con Jaques, il nostro autista, e Saskia, la cuoca, o meglio la sua donna che per fare il viaggio con lui si è spacciata per cuoca. Il pezzo forte però è il camion giallo, un po’ in stile Overland, che ci scarrozzerà per savane e sterrati, guadi e sabbie durante questa avventura alla scoperta dell’ultimo lembo di Africa selvaggia, nella cui terra inospitale dal clima bizzarro è ancora la natura che impone le sue regole e gli animali selvaggi ne reggono indomiti il duro confronto nella lotta per la sopravvivenza. 15 agosto Prima tappa, fondamentale, spesa al supermercato, dove si fanno grosse scorte di acqua e di cibo, quindi partenza verso il Parco Pilanesberg, dove è importante arrivare prima che faccia buio, visto che ci si deve cimentare con il montaggio della tenda. Dopo aver montato il campo ed aver sperimentato l’improvviso freddo sudafricano al calare del sole si parte per il primo game-drive notturno. La jeep è scoperta ed il freddo è pungente, buio pesto illuminato solo dalla luce del faro del ranger che cerca gli animali: avvistiamo un cucciolo di rinoceronte bianco con la mamma che ci attraversano improvvisamente la strada, alcuni elefanti, gnu, springboks (il simbolo nazionale, dal quale prende il nome anche la squadra di rugby) e impala. A parte il freddo polare, che assaporeremo anche durante la cena all’aperto e soprattutto quando andremo a dormire (non io, con il mio mitico sacco a pelo che resiste ai -5°!!!) dopo una doccia ristoratrice, direi che ci si può anche accontentare come primo giorno!

16 agosto

Cominciamo bene! Sveglia alle 5,00 del mattino, ovviamente buio pesto, freddo becco, lampada frontale, chiudi il sacco a pelo, carica il bagaglio, smonta la tenda…colazione “polare” e partenza ai primi bagliori di luce. Dopo alcune ore di scomodo, ma divertente, viaggio arriviamo al confine con il Botswana, dove ci accoglie, se così si può dire, un simpatico ippopotamo che sguazza in una pozza d’acqua! Dopo aver appreso che è un animale pericoloso al quale di deve stare lontano ed aver preso conoscenza con la moneta locale, il pula, partiamo alla volta del Khama Rhino Sanctuary, una riserva di 4300 ettari che ospita e protegge gli ultimi rinoceronti del Paese. Il paesaggio è davvero molto bello e brullo, caratterizzato da infinite distese di erba secca, dalle quali spicca qualche carcassa di albero rinsecchita. Ogni tanto si vede qualche scimmia, qualche enorme struzzo che corre e gruppi di impala intenti a mangiare. Mangiamo sul camion durante lo spostamento: pane, formaggio, carne in scatola, biscotti: sarà l’inizio di una lunga maratona di “bad eating”! Verso le 16,00 arriviamo al parco e per fortuna c’è la possibilità di fare un safari al tramonto, che qui devo dire lascia senza fiato! Ci si divide in due auto, le guide sono molto disponibili e ben preparate. Ci addentriamo attraverso piste di sabbia bianca ed avvistiamo subito una numeroso branco di impala, poi subito dopo uno di springbok, che con il loro meraviglioso manto dalle varie tonalità dal beige al marrone attirano subito la mia attenzione, lasciandomi sconcertata di fronte a tanta perfezione! All’orizzonte, dove ormai il sole sta per fare capolino, c’è un maestoso rinoceronte bianco, che sta cercando qualcosa da mangiare per il suo cucciolo; un animale “corazzato” che può pesare fino a 1400 chili con un enorme corno di circa un metro si trova a poche decine di metri da noi… Ovviamente non rispettiamo lui e lui rispetta noi. Questa è la prima legge della giungla! Sulla via del rientro vediamo branchi di gnu, alcuni orici con le enormi corna dritte ed il caratteristico muso bianco e nero (davvero molto difficili da trovare: siamo fortunati!), uccelli variopinti dai mille colori che svolazzano di ramo in ramo ed a sorpresa una famiglia di giraffe che improvvisamente ci taglia la strada. Lo spettacolo è inaspettato e sorprendente: questi altissimi animali dal caratteristico manto maculato giallo e marrone che cambia a seconda dell’età e del sesso, che possono raggiungere i 6 metri di altezza, stanno mangiando le foglie dai rami più alti degli alberi, dove l’abbondanza è garantita visto che nessun altro ci può arrivare. Al tramonto il cielo si tinge di mille sfumature di rosso e cala il sipario sullo spettacolo che la natura ogni giorno ci regala. Lasciamo il parco con un ultimo incontro: un branco di rinoceronti ci dà le spalle e si addentra nella savana, dove un ultimo sguardo all’indietro ci regala la silhouette di un enorme baobab che si staglia all’orizzonte. Arriviamo al campo, cioè in mezzo al niente, al buio ed in dieci minuti montiamo le tende, mentre la pseudo-cuoca ci prepara la cena. Si mangia, si beve (e non poco…) e si fa baldoria, c’è chi parla diverse lingue, afrikaans compreso. Si spengono le luci e ci si gode il silenzio della notte e la meravigliosa volta stellata… Nonostante il freddo pungente e la presenza di inquietanti ragni sulle pareti del bagno…ma dopotutto anche questa è Africa!

17 agosto

Anche oggi sveglia alle 5,00. E’ ancora buio pesto ed il campo si anima poco a poco, si smontano le tende, si mangia pane e nutella, biscotti thè e caffè e si parte per quella che sarà una giornata dedicata ai trasferimenti. Nel pomeriggio arriviamo a Nata, ma prima di giungere al cosiddetto camping in mezzo al niente dobbiamo sorbirci un bel pezzo di strada dissestata e, dopo essere stati shakerati a dovere dal simpatico Jaques, scendiamo in mezzo ad una distesa di sabbia bianca, dove di tanto in tanto appare qualche arbusto e fortunatamente anche un bagno (acqua a dir poco gelida, ma grazie alla clemenza delle temperature serali possiamo permetterci una doccia!) ed una specie di resort, dove circolano indisturbati enormi elefanti. Il posto è deserto, praticamente ci siamo solo noi, le termiti … e gli elefanti! Cena: pasta “truculent” alla salsiccia e … udite! Udite! Frittata con uova, latte, formaggio a pezzi e fagioli, per fortuna 1-qualcuno sta fumando così non ne percepisco il sapore 2-qualcun altro mi offre del liquore che ha l’effetto dell’idraulico liquido…il fegato grida aiuto! Anche stasera tramonto mozzafiato: cielo infuocato, silhouette di fantastici alberi, il sole che cala e che lascia il posto ad un cielo stellato illuminato a sua volta dalla mezza luna che fa capolino. Nel campo c’è una pozza d’acqua, dove gli elefanti all’imbrunire vanno ad abbeverarsi, ed ovviamente anche stasera non tarderanno ad arrivare. L’incontro con il pachiderma è inusuale, un po’ perché a distanza così ravvicinata ci si rende conto della sua mole e poi perché sappiamo che girerà indisturbato durante la notte in mezzo alle tende… Dopo cena ci si raduna silenziosamente attorno al fuoco per ammirare questi inconsueti ospiti del campo e per ascoltare i rumori della natura ed i versi degli animali.

18 agosto

Oggi finalmente ci alziamo con il sole già alto, così alle 8,00 partiamo. Stanotte è stato bello sentire il ruggito del leone in lontananza… Spero che sia di buon auspicio! Dopo soli 10 minuti di marcia dobbiamo fermarci per lasciare il passo ad un branco di maestosi cudù che sta attraversando la strada. Percorriamo centinaia di chilometri in mezzo alla natura selvaggia: infinite distese di erba gialla, piccoli arbusti, alberi rossi, enormi distese di campi coltivati e di tanto in tanto un branco di elefanti o di giraffe che pascolano liberi. Su quest’unica strada che attraversa questa landa sconfinata ci siamo noi soltanto e lo sguardo volge all’infinito per scorgere il nulla più totale ed allo stesso tempo più emozionante. Il cielo blu, i colori della vegetazione, gli animali, i piccoli villaggi sperduti… Questa è l’Africa che sognavo e che proprio adesso mi sta accogliendo tra le sue calorose braccia. Nel primo pomeriggio arriviamo al Chobe National Park (beh! Questo è un camping vero e proprio con tanto di turisti e locale notturno per le serate in compagnia), montiamo le tende e visto che nella piazzola c’è la disponibilità di un barbecue compriamo la carne per la cena. Alle 15,30 partiamo per il primo game-drive nel parco: paesaggio davvero mozzafiato, apoteosi della natura, animali ovunque che vagano indisturbati. Sembra di essere all’interno di un documentario!!!! Avvistiamo numerosissimi branchi di impala, springbok e gnu, sugli alberi volteggiano numerosissime scimmie dispettose ed il cielo è popolato da uccelli variopinti e da maestose e fiere aquile, che con le loro eleganti evoluzioni attirano la nostra attenzione; branchi di elefanti si abbeverano sulle sponde del fiume Chobe e le giraffe allungano i loro colli per raggiungere le foglie sugli alberi. Al tramonto i colori si intensificano e gli animali escono dalle tane per cercare cibo e acqua, così siamo costretti ad uscire dal parco prima che faccia buio, ma sulla strada del ritorno avvistiamo la sagoma di un leone maschio adulto che svogliatamente si fa aria con la coda, ci fermiamo e cerchiamo di avvicinarci, ma lui non si alza, anzi si rimette a dormire…l’incontro con il re della savana è stato davvero emozionante, il solo pensiero di essere stata a così stretto contatto con uno degli animali più belli ed allo stesso tempo più temuti che esistano in natura mi riempie il cuore di gioia e di soddisfazione! Tornati al campo ci diamo dentro con bruschettata, grigliata, bevuta, serata mimi e, non ancora contenti, andiamo al bar, dove c’è anche la musica (!!!!), e degustiamo la tipica e buonissima amarula, o meglio la amarula kalua (sa di crema al whisky).

19 agosto

Finalmente un po’ di caldo e di relax, così da poter fare colazione con la calma, lavare qualche panno e partire belli riposati per il safari del mattino. L’ora a dire il vero non è delle migliori per fare gli avvistamenti, perché inizia a fare molto caldo e gli animali si nascondono all’ombra degli alberi o si radunano vicino al fiume. Comunque sulle rive del Chobe c’è un nutrito branco di elefanti che sta facendo il bagno, dove si possono vedere i cuccioli che giocano e si rotolano nel fango con “i piedi” all’aria. Poco più in là un bel gruppo di ippopotami paciocconi si sta tranquillamente sollazzando. Dopo essere rientrati al campo ed aver generosamente mangiato ripartiamo nel pomeriggio per fare il game-boat direttamente sul fiume Chobe, così da poter vedere ancora più da vicino gli animali lungo il fiume. Passiamo a distanza ravvicinata di ippopotami, che ci guardano minacciosi con i soli occhi che fuoriescono dalla superficie dell’acqua, e da una “cordata” di elefanti che attraversa il fiume per raggiungere l’isolotto che vi si trova in mezzo. Innumerevoli gli uccelli: dalle bellissime aquile pescatrici ai favolosi gruccioni, dalle ghiandaie agli inquietanti marabù africani, e tanti tanti altri uccelli di cui non conosco il nome, ma il cui meraviglioso canto conservo ancora nel cuore. Ovunque si guardi ci sono magnifici animali a fare da sfondo a questo stupendo Chobe Riverfront, mandrie di antilopi, giraffe, bufali, zebre e gnu si radunano lungo il fiume fornendo cibo in abbondanza agli enormi e numerosi coccodrilli che abitano queste acque. Qui vive la più grande colonia di elefanti africani dell’intero continente, tant’è che ovunque si guardi se ne vedono a centinaia e spesso ci si sente circondati: l’esperienza è allo stesso tempo allarmante ed indimenticabile! Appagati da tanta natura torniamo al campo e dopo cena andiamo a festeggiare al bar con vassoiate di amarule! PS. Qui ho incontrato due mie amiche di Milano, con cui ho fatto un viaggio negli States lo scorso anno…il mondo è davvero piccolo!

20 agosto

Sveglia easy, partenza easy e spesa non proprio easy, visto che si inizia a discutere sul cibo, se così si può chiamare! Finalmente partiamo alla volta dello Zambia, ma poco dopo la partenza ci troviamo già in coda dietro a camion, biciclette, auto e mezzi di ogni genere e sorta per attendere il nostro turno di attraversamento del fiume Zambesi. Così, già sapendo che le ore di attesa potrebbero essere anche molte, scendiamo dal truck e ci sediamo all’ombra degli alberi a guardare il fiume che lentamente scorre attraverso queste terre aride. E’ una sensazione meravigliosa ed inaspettata, perché ci si ritrova a dover condividere con persone mai viste la stessa sventura, se così si può chiamare; così, osservando quello che mi circonda, vedo camion stracarichi di balle di fieno o granaglie che mi intossicano con i potenti gas di scarico, automobili e mezzi di trasporto ai quali non saprei dare un nome colmi di ceste, pacchi, vestiti, animali e persone, gruppi di donne dagli abiti variopinti che trasportano enormi scatole sulla testa con un fagotto legato dietro la schiena, che quando mi lasciano le spalle capisco essere un bambino, anziani sdentati in bicicletta che trasportano smisurati e traballanti carretti, gruppi di ragazzini in divisa scolastica che giocano e saltellano e cantano: ma dove andrà tutta questa gente che paziente e composta attende il proprio turno per salire sulla chiatta che nel giro di pochi minuti ci trasporterà da un Paese ad un altro? Che cosa c’entro io con questa gente così diversa da me? Cosa penseranno di noi, delle nostre macchine fotografiche che da sole li sfamerebbero e li vestirebbero per mesi? Perché la ricchezza è così mal distribuita, e con lei anche la felicità…quella vera intendo, non quella legata alle cose materiali… Mentre la mia mentre brancola nel buio delle domande senza risposta attraversiamo il fiume ed assaporiamo la quiete di questo posto e di queste acque. Giunti nell’altra sponda, espletato le pratiche doganali, aggiunto il timbro sul passaporto, ci rimettiamo in marcia e dopo circa due ore di viaggio avvistiamo un enorme nube di vapore acqueo in lontananza: ciò significa che siamo ormai arrivati a Livingstone e che quella nube non è altro che il segnale che le Cascate Vittoria sono vicine. Andiamo subito a montare le tende al camping, dove però dobbiamo prestare attenzione alla popolazione di babbuini dispettosi che lo abita. Si decide di non perdere tempo, così alle 16,00 andiamo a vedere le Victoria Falls al tramonto… E che spettacolo!!!! Maestose, imponenti, altere, grandiose, magnifiche e solenni…attraverso le lunghe passerelle di legno situate proprio di fronte alle cascate si ha la percezione della vastità, dell’altezza e della portata d’acqua di queste meraviglie della natura. L’aria è umida, vaporizzata da una moltitudine di invisibili goccioline d’acqua che mi rinfrescano e a tratti letteralmente mi inzuppano, ma che disegnano uno spettacolare arcobaleno colorato; il rumore è assordante e nel contempo ovattato… Lo show è assicurato, non ci sono parole sufficienti per descriverlo, bisogna viverlo. Continuiamo a camminare in mezzo alla vegetazione rigogliosa che incornicia le cascate, soprattutto ora che il sole ormai al tramonto tinge tutto di rosso e regala incantevoli scorci e vedute; man mano che scende la sera il pulviscolo dell’acqua dona al cielo varie sfumature dall’arancio al giallo al rosso, il sole diventa una palla incandescente che scende velocemente dietro alle cascate e tutto il resto si trasforma in una silhouette informe ed allo stesso tempo bellissima. A malincuore lasciamo questo luogo così suggestivo, perché al crepuscolo iniziano ad uscire dalle tane anche gli animali, così sulla strada del ritorno vediamo alcuni enormi elefanti che placidamente si dirigono verso le pozze in cerca d’acqua. Ceniamo all’aperto, ma subito ci rendiamo conto che il campo non è abitato solo dai babbuini ma anche da una miliardata di zanzare voraci ed enormi, che usano il nostro Autan come profumo!!!

21 agosto

Sveglia alle 6,00. Aria freschina e bella umida. Colazione con le scimmie e con alcuni amici “randagi” del nostro driver. Partenza alla volta del Kafue, che dista la bellezza di circa 600 km da qui. Oggi ci aspetta una lunga traversata attraverso strade sconnesse e spesso sterrate, nel mezzo della savana più vera e desolata, dove di tanto in tanto si intravede qualche minuscolo villaggio di poche capanne di paglia. Per ore e ore non si vede anima viva, è un problema anche fare le soste “tecniche”, perché va bene fare la pipì in mezzo ai rovi ma con il pericolo che un serpente ti morsichi va un po’ meno bene. Mangiamo panini di pomodoro e tonno sul camion e verso le 16,00 arriviamo ad un supermercato per fare un po’ di spesa e sgranchire le gambe. Il negozio accetta solo moneta locale, di cui tutti siamo sprovvisti, e non accetta carte di credito, di cui tutti siamo inutilmente provvisti. Così andiamo a cambiare alcuni dollari in Kwacha per poter prendere almeno il necessario. Jaques ci informa che mancano ancora 4 lunghe ore per arrivare al parco e che, essendo già tardi, lui non guida nel buio…anatema ricevuto! Alle 18,00 ovviamente cala il sole e noi siamo ancora in mezzo al niente, anzi ci sembra di essere sempre a Mumbwa, così ci viene proposto di accamparci dove siamo, ma ritenendo la cosa molto pericolosa, decidiamo di tornare indietro di qualche chilometro e di chiedere ospitalità in una specie di motel che avevamo intravisto sulla strada. Dopo Kazungulu eccoci a Mumbwa… Qui c’è un gran viavai di uomini locali, musica, belle ragazze dal look “lustrini e pailettes”…ma dove siamo capitati? Per fortuna ci sono alcune stanze disponibili, così ci organizziamo alla meno peggio per la notte: stanze spartane con finestre senza vetri, servizi senza acqua e lavandino, un bel ragno nero sul soffitto…sarà una notte moooolto lunga, come rimpiango la tenda!!!!! Unica curiosità: questo posto non esiste nemmeno sulla carta geografica del posto…!

22 agosto

Ore 5,00 del mattino, sveglia naturale: il canto del muezzin che richiama insistentemente a raccolta i fedeli, non so se i fedeli rispondono ma certo è che i grilli lo fanno con altrettanta insistenza! Facciamo colazione e via verso il Kafue, il più grande parco dello Zambia ed il secondo di tutta l’Africa. Dopo circa un’ora di strada entriamo nel parco ed avvistiamo un meraviglioso esemplare di leopardo, che seduto sotto un albero ci guarda con indifferenza. Un incontro inaspettato che mi riempie il cuore di emozione e di belle speranze. Questo è proprio il cuore dell’Africa: boschi che si alternano ad immense distese di prati di erba giallo cangiante, arbusti rinsecchiti, di tanto in tanto qualche solitario baobab si erge maestoso in mezzo alla savana, e tanti tanti animali liberi di vagare in questi enormi spazi. Per circa due ore e mezza percorriamo questa strada ad una velocità di circa 20/30 km all’ora, visto che è tutta sterrata, piena di buche e di guadi; a volte bisogna liberarla dai tronchi degli alberi caduti, altre bisogna mutare il percorso perché c’è ancora pericolo che il fango non sia del tutto asciutto e si rischia di impantanarsi. Finalmente arriviamo al campo, montiamo le tende e prepariamo il pranzo. Dopo elefanti, scimmie e zanzare ecco il momento dei tafani: questo posto ne è veramente infestato. Pungono attraverso i vestiti e si sente una dolorosa puntura come un ago che ti infilza e ti fa uscire il sangue, non parliamo poi dei bozzi che lasciano, del prurito e dell’antistaminico e della pomata cortisonica. Scopriremo poi che questi non sono tafani, ma le temute mosche tse-tse, quelle della malattia del sonno per capirci, ma il ranger dice che in questa stagione non sono letali…beh, buono a sapersi visto che ho decine di punture! Ci viene raccomandato di non uscire dalle tende quando si spengono i fuochi, perché qui girano indisturbati gli animali, soprattutto iene ed elefanti. Alle 16,00 partiamo per un lungo game-drive. Ci si divide in due auto, il nostro ranger John è davvero molto bravo e disponibile. Fa molto caldo ma lui dice che al tramonto la temperatura scende di tanto e ci consiglia di portare giubbotti pesanti e coperte di lana…aveva ragione, qui le escursioni termiche sono fortissime! Non appena si imbocca la stradina sterrata che entra nella riserva ci si apre davanti un mondo meravigliosamente vario e finora sconosciuto: il sole del tardo pomeriggio illumina alcuni enormi palmeti che si ergono importanti sulla distesa di erba secca, dove branchi di cudù e di impala riposano, poco più in là ci sono degli enormi cactus in mezzo ai quali corrono piccoli leprotti e svolazzano incredibili uccelli dai mille colori, tra gli alberi e gli arbusti multiformi ci sono gli elefanti che con le enormi e prensili proboscidi spezzano grossi rami e mangiano le foglie, tra la boscaglia si vede il fiume dal quale fuoriescono enormi coccodrilli e nelle cui paludi si vedono meravigliose cicogne ed altri tipi di uccelli, il verso di alcuni grossi ippopotami che si inabissano nelle acque placide del fiume Kafue attirano la nostra attenzione, ma ormai si possono vedere solo gli occhi sul pelo dell’acqua e la mastodontica bocca con le enormi zanne! E’ l’ora del tramonto e John ci porta in un posto dove ce lo possiamo godere al massimo: la landa desolata, la palla infuocata che in pochi minuti scende e ci lascia intravedere in lontananze le silhouette di una palma che si tinge di nero. Che spettacolo indimenticabile, non si riesce a staccare gli occhi dal cielo… John dice che questa è l’ora giusta per avvistare gli animali che escono dalle tane, così si addentra in mezzo agli arbusti costringendoci a lottare con mosche tse-tse e spine, ma all’improvviso scorgiamo nel buio la sagoma di un magnifico esemplare di leopardo maschio. L’entusiasmo è alle stelle, il felino si aggira indisturbato tra la boscaglia, non ci sono parole per descrivere questo incontro, sembra un enorme gattone dall’incredibile manto maculato, siamo senza fiato, adesso ci guarda infastidito dal faro, si alza e scompare. Continuiamo il safari fino alle dieci di sera ed avvistiamo altri due leopardi ed alcuni erbivori, ma dobbiamo rientrare perché i generatori si sono spenti alle 20,00 per rispettare i ritmi della natura ed inizia a fare molto freddo. La serata è stata davvero appagante. Cena veloce attorno al fuoco, doccia alla luce della lampada frontale in compagnia di alcuni grossi ragni variopinti e nanna.

23 agosto

Sveglia alle 5,30. Aria molto frizzante, anche perché qui siamo a 1500 metri d’altitudine. Oggi si parte per un’intera giornata di safari! Quina Mulandu…tutto OK! …ormai sono quasi le 20,00 e siamo di ritorno dal game-drive, siamo stanchi, sporchi, impolverati, stremati, abbiamo sofferto il freddo del mattino, il caldo torrido e soffocante del giorno, le punture degli insetti, ma mi riesce quasi impossibile descrivere le emozioni e le sensazioni che questa esperienza ha lasciato nel mio cuore e nella mia anima. In un parco grande quanto l’intero Massachusetts abbiamo macinato centinaia di chilometri alla scoperta di un mondo incontaminato, dove abbiamo incontrato soltanto alcuni altri esploratori. Alle prime luci dell’alba il freddo si è rivelato proprio al limite della sopportazione, però lo spettacolare risveglio della natura è davvero appagante: le scimmie che saltano da un ramo all’altro tra gli alberi di un bosco incantato dai colori autunnali, impala ed altri erbivori ancora distesi su prati verdi e gialli, i palmeti all’orizzonte fanno da sfondo ad altissimi termitai che inghiottono anche gli alberi più possenti, simpatici facoceri in cerca di cibo scorrazzano tra i cespugli, e poi elefanti, cudù, ecc… Ma quello che veramente mi lascia senza parole è la varietà dei paesaggi: boschi variopinti attraversati da tortuose stradine sterrate dove a mala pena passa la jeep, prati ed arbusti rinsecchiti dai colori cangianti, puntellati di tanto in tanto da qualche fiore rosso fuoco. Poi d’improvviso all’orizzonte un rigoglioso bosco di alberi verdissimi, ricchi di foglie: là scorre il fiume Lufupa, imponente e traboccante d’acqua, linfa vitale per piante ed animali. In alcuni tratti si formano delle vaste paludi, abitate da centinaia di esemplari di uccelli dalle varie forme e colori e da alcuni grossi coccodrilli, che al minimo rumore si inabissano nella melma e lasciano intravedere solo i contorni della caratteristica armatura squamosa; non manca un branco di ippopotami che gioca in acqua emettendo versi e spruzzi d’acqua! Ogni tanto si vede qualche baobab, dalla forma inconfondibile che “guarda tutti dall’alto” dei suoi rami, nonostante la leggenda racconti che un tempo il baobab era l’albero più bello della terra e così si pavoneggiava per i suoi profumatissimi fiori e frutti, deridendo gli altri alberi, che pregarono gli dei affinché provvedessero a far cessare questo comportamento ingiusto. Così il dio della foresta, ormai stanco delle lamentele, decise di infliggere al baobab una severa punizione: lo sradicò, lo alzò verso il cielo e lo conficcò nel terreno a testa in giù. Dunque noi oggi vediamo solo le radici… Ma resta comunque una pianta affascinante con la sua corteccia liscia e bronzea. John ci porta da alcuni amici che gestiscono un posto di ristoro lungo il fiume, ci offrono il caffè ed i biscotti ed una veduta rilassante e meravigliosa di questo luogo straordinario, pervaso dalla pace e dal silenzio. Proseguiamo verso distese sterminate a perdita d’occhio di pianure prive di vegetazione, perché alcune parti sono state bruciate, affinché possa ricrescere l’erba fresca per nutrire gli animali. I colori vanno dal giallo al nero dell’erba bruciata. Il colpo d’occhio è fantastico! Attraversando questo mare di cenere avvistiamo branchi di antilopi di Roan, cudù, bufali dall’aria minacciosa e quindi le inconfondibili zebre. Ci fermiamo su un piccolo promontorio per pranzare tutti assieme, ma ci accorgiamo che sopra di noi c’è un enorme alveare, così, appena in tempo prima che le api arrivino, ce la svigniamo per approdare ad un altra piccola collinetta. Qui almeno ci sono solo i serpenti…I nostri driver ci hanno preparato un pranzetto davvero con i fiocchi: sandwich, un piatto tipico a base di patate, polpette ed alette di pollo, frutta e bibite in abbondanza! Dopo pranzo ripartiamo sotto il sole cocente delle 13,30 ed avvistiamo un fuoristrada con delle persone sul tetto che sventolano le braccia chiedendo aiuto. Turisti fai da te che sono usciti dalle piste autorizzate e si sono impantanati ai bordi di una palude. Il nostro John li aiuta ad uscire e si raccomanda con loro di rispettare i sentieri tracciati. Oggi, non lo sanno, ma hanno rischiato la vita. Ripartiamo dirigendoci a nord ai confini della riserva, dove c’è una piccola riserva di caccia, anche se il ranger ci dice che il bracconaggio è ancora un problema molto grave ed impossibile da controllare. Attraversiamo distese di erba ingiallita dal sole, boschi con le tipiche acacie ad ombrello, prati verdi dove brucano gli animali. Passiamo vicino ad un incendio controllato, quasi a lambirne le fiamme, così vediamo da vicino i rapaci che attendono gli uccellini e gli insetti che scappano a causa dell’aria troppo calda, diventando un ghiotto ed abbondante pasto. John si addentra di nuovo tra gli arbusti, perché ha visto le orme e gli escrementi del leone, ma la ricerca sarà senza risultato. Sigh! All’imbrunire andiamo in un campo scuola pieno di bimbi festanti, qui ammiriamo uno dei tre baobab più vecchi dell’intero continente: un esemplare di ben 500 anni, che cresce di un metro ogni 10 anni! Ormai la giornata volge al termine e, come sempre da queste parti, il cielo ci regala uno straordinario crepuscolo, complice anche la luna piena che al calare del sole illumina il cielo di una nuova luce. Inizia a far freddo e sulla via del ritorno mi colpiscono gli occhietti luccicanti degli animali che di tanto in tanto si vedono tra la boscaglia nera come la pece. Due enormi ippopotami a passeggio ci costringono a fermare il mezzo per lasciare loro la strada libera, il barrito di un elefante ci fa salire il cuore in gola, un po’ per l’inaspettato spavento e poi per l’improvvisa apparizione a pochi metri dall’auto. Ultimo avvistamento: un procione dal manto maculato ha pensato di fermarsi in mezzo alla strada, così siamo costretti ad attendere che se ne vada…dopotutto qui è la natura che comanda! Non riesco a prendere sonno, perché con la mente continuo a ripercorrere i luoghi visitati, gli animali incontrati e mi rendo conto di quanto piccoli siamo al cospetto della natura. Ore 2,45 del mattino. Versi di ippopotami e rumore di rami secchi che cadono sulla tenda. Apro lentamente la cerniera e sbircio con la testa per vedere cosa c’è fuori: un grosso elefante si aggira tra le tende. Mah. Speriamo che sia vero che ci vede! Hakuna Matata!

24 agosto

Ore 5,45 sveglia e colazione. Dopo inutili discussioni lasciamo questo indimenticabile posto e ci dirigiamo verso il Lower Zambesi. Si decide di fare un’unica tirata e di dedicare tutta la giornata al trasferimento, che pare sia di circa 400 km. La strada per giungere a destinazione è davvero molto bella, intanto perché di vera strada asfaltata si tratta, e poi perché sale attraverso colline piene di alberi dai colori autunnali, dai quali ogni tanto emerge qualche baobab dal tronco bianco. Il paesaggio collinare è proprio inaspettato e inusuale. Quando arriviamo alla chiatta per attraversa il fiume davanti a noi solo villaggi impolverati, capanne diroccate, bambini malvestiti, ma incuriosisti dal nostro arrivo, dopotutto qui di turisti se ne vedono ancora pochi. Ci accolgono con i loro sorrisi sinceri e festanti, così scattiamo qualche foto, regaliamo un po’ di cibo e ci imbarchiamo sulla chiatta, che in pochi minuti ci porta sull’altra sponda. Dopo circa 11 km arriviamo al campo, stavolta proprio sulla riva del fiume. Montiamo le tende, accendiamo un grosso fuoco e finalmente alla sera la temperatura è gradevole e non ci sono zanzare!

25 agosto

Mi alzo alle 6,30 per godermi in solitudine il silenzio della natura che si risveglia alle prime luci dell’alba. Il fascino del fiume è coinvolgente ed incantevole. Lo sguardo fisso sull’acqua che scorre lenta, seduta su una panca di legno sotto ad una tettoia di paglia mi sento un po’ Karen Blixen… Ma non sarà un sogno? Mi sento veramente bene.. Alle nove si parte per il giro in canoa. Il cielo è coperto ed il fiume un po’ agitato, inoltre si pensava che ci fosse una guida per canoa, invece la guida è una per tutti, così un po’ titubanti causa inesperienza si parte alla scoperta dello Zambesi River. L’esperienza di scivolare tra le acque silenziose del fiume godendoci da vicino panorami mozzafiato e venendo a contatto ravvicinato con gli animali si rivelerà meravigliosa ed indimenticabile. Pagaiando in prossimità dei canneti si scorgono branchi di ippopotami che fanno il bagno, poco più in là un bel gruppo di elefanti sta per entrare in acqua, di tanto in tanto la sagoma di un grosso coccodrillo si inabissa nella melma, e uccelli, uccelli ovunque, che con il loro canto melodioso ci accompagnano alla scoperta di questo tratto di fiume. Siamo al confine tra due Paesi: alla nostra destra c’è lo Zimbabwe con le sue foreste rigogliose e all’altra sponda c’è lo Zambia con le sue distese sabbiose. Torniamo al campo ustionati ed indolenziti, ma la fatica ed il timore del contatto un po’ troppo ravvicinato con gli animali si dimenticano e ci fanno pensare che ne è valsa davvero la pena! Dopo pranzo uno dei ranger del campo ci invita ad accompagnarlo a casa, dandoci così la possibilità di conoscere un mondo a noi sconosciuto; addentrandoci all’interno del bush e completamente fuori dalle rotte turistiche si scopre la dura e cruda realtà di queste popolazioni. Come si poteva immaginare lo spettacolo è a dir poco raccapricciante: minuscole casette di paglia, all’interno delle quali ci sono solo alcuni stuoini accatastati, immondizie ovunque, un solo fuoco che serve per scaldarsi, far da mangiare e creare un po’ di atmosfera conviviale. Regaliamo alcuni generi alimentari, il capo villaggio ci ringrazia, ma nel suo sguardo non vedo solo gratitudine ma anche un velo di tristezza, che mi fa sentire veramente inadeguata in questi luoghi dimenticati da Dio. Per fortuna ci sono centinaia di bambini festanti che ci circondano, ci prendono per mano, giocano e cantano e ci sfoderano dei meravigliosi sorrisi sinceri e spesso sdentati che stringono il cuore! Nonostante siano sporchi, scalzi, svestiti e purtroppo anche molto malati non gli neghiamo questo raro momento di svago e di curiosa gioia! Torniamo al campo che ormai è buio e ci chiediamo “quale sbobba ci presenterà stasera la pseudo-cuoca?”… Infatti…in un calderone vediamo galleggiare mais in scatola con tanto di liquido non scolato, formaggio a pezzi, pomodori e pasta scotta! Per fortuna laviamo tutto con l’Amarula Kahlua e con quattro chiacchiere attorno al fuoco, prima di andare a nanna.

26 agosto

Anche stamattina mi sveglio alle prime luci dell’alba, fa freddino e c’è molta umidità, ma non rinuncio a godermi una di queste ultime albe africane immersa nel silenzio della natura e accompagnata solo dal canto degli uccellini. La giornata è interamente dedicata al game-boat attraverso un lungo tratto del fiume Zambesi fino al gate de parco naturale. Risalendo il fiume a bordo di un piccolo motoscafo solchiamo le acque scintillanti e davanti a noi si celano incantevoli paesaggi sorprendentemente diversi uno dall’altro e meravigliosamente incontaminati. Alberi rinsecchiti, vegetazione dalle varie tonalità del verde, piante acquatiche, cielo azzurro e bianchissime nuvole fluttuanti, qualche sagoma dorata di baobab, palmeti, piccoli agglomerati di capanne di paglia, isole di sabbia bianchissima, argini di terra rossa dai quali si tuffa un giocoso branco di ippopotami, elefanti che fanno il bagno, piccole canoe di legno con i pescatori che si perdono in mezzo ai canneti, bambini che fanno il bagno e donne che lavano biancheria e stoviglie, coccodrilli che si immergono mostrandoci l’affilata dentatura, campi ed orti coltivati, scimmie dispettose che si abbeverano e sullo sfondo le sontuose montagne. Ovunque si volge lo sguardo un’immagine autentica e diversa dalle altre, pace e silenzio, solo lo sciabordio dell’acqua ed i colori del tramonto. Peter, il nostro ranger del campo, ci accompagna a visitare una scuola in un villaggio all’interno della savana. Dopo circa un’ora e mezza di cammino attraverso sentieri polverosi al seguito di un gruppo di bambini che trasportano grossi fasci di legna sulla testa raggiungiamo questo luogo: la preside della scuola ci accoglie gioiosa, ci spiega un po’ come funziona la scuola e come si sviluppano le lezioni, ci mostra le aule ed i campi per lo sport. Sopra ai banchi degli scolari c’è un cartello che penzola dal soffitto con i loro nomi in ordine di banco, attorno alla lavagna le lettere dell’alfabeto con il disegno corrispondente alla parola che inizia con la lettera stessa: E di elefante, G di giraffa, C di capanna…all’ingresso dell’aula l’orario delle lezioni e le materie quotidiane: lettere, matematica, storia, inglese, sport, gioco, religione…qui si inizia alle 7,30 del mattino e si finisce nel pomeriggio con solo mezz’ora di pausa per il pranzo. I 283 bimbi della scuola sono divisi in 7 classi gestite da soli 7 insegnanti. Ora hanno 4 settimane di vacanza, ma presto rientreranno a scuola e troveranno una sorpresa: una penna nuova e dei colori! All’uscita veniamo di nuovo circondati da una masnada di bambini, che non chiedono altro che giocare a girotondo, a battere le mani, ci chiedono il nome e ci dicono il loro (impronunciabile!!!), ci mostrano dei giocattoli fabbricati da loro con materiale di recupero e rifiuti, piccoli capolavori di ingegno e fantasia, e purtroppo, anche di necessità! Alcuni di loro accudiscono i fratellini poco più che lattanti mentre le mamme sono al mercato a vendere il raccolto. Ci prendono per mano, sorridono, ci studiano incuriositi, forse pensano, come noi, che per uno strano scherzo della natura loro sono lì, miserabili e sorridenti, e noi invece siamo qui con le nostre macchine fotografiche e la nostra abbondanza, mai contenti. Sul fare della sera, quando ormai il sole cala dietro alle capanne ed ai baobab, salutiamo questo scorcio d’Africa con l’amarezza nel cuore e la speranza che si possa in futuro fare qualcosa di più concreto per dare aiuto e dignità a queste persone, attanagliate dalla miseria, ma che comunque degne e fiere ci hanno accolto nelle loro case. In quest’ultima serata sulla riva del fiume sotto alla volta stellata che ci regala una magnifica visuale della via lattea, ripenso a tutte le esperienze fatte, ed alle persone incontrate, ed alla natura primordiale, e mi sembra di vivere un sogno.

27 agosto

Mi sembrava che da un po’ di giorni si batteva la fiacca, infatti oggi di nuovo sveglia alle 5,00, colazione, ultimo malinconico saluto al fiume, partenza con destinazione Livingstone. Prevediamo una lunga giornata di trasferimento. Fortunatamente il percorso si snoda attraverso montagne coperte da aceri multicolore, colline di piccoli arbusti dai quali si scorge qualche solitario baobab, infinite distese di prati verdi coltivati o gialli arsi dal sole, villaggi di paglia, bambini festanti. Dal finestrino impolverato del truck l’immagine che conserverò sempre nel mio cuore è di questo bush dalla vegetazione bassa che cresce disordinata sulla terra rossa, quasi a macchiarla, all’orizzonte le sagome delle acacie ad ombrello che si stagliano sul cielo azzurro nel quale fanno capolino infinite piccole nuvole bianche multiformi, la ferrovia taglia in due questo paesaggio ed io con il rumore del treno mi desto dal sogno ovattato che mi regala queste sensazioni indimenticabili. Ormai è quasi buio, la palla infuocata cala e ci regala le luci della notte, montiamo per l’ultima volta la tenda, mangiamo l’ultimo pappone di carne e verdure non sbucciate (speriamo che almeno siano lavate!) e assieme a zanzare, formiche e scimmie andiamo a letto stanchi della lunga giornata.

28 agosto

Al mattino fa freddo e c’è molta umidità, così mi alzo e vado a fare colazione con caffè e biscotti sulla riva del fiume. Qui ho la fortuna di fare una conoscenza fuori dall’ordinario, Barbara, una signora di origine austriaca che vive e lavora da molti anni a Dubai, e, nonostante il suo status le permetta di meglio, viaggia da sola per il continente africano con l’ausilio della guida, dei mezzi pubblici e delle sue straordinarie doti organizzative e di adattamento. Mi racconta le meraviglie dell’Africa suggerendomi un viaggio fuori dal tempo in Uganda e Rwanda per entrare in contatto con i gorilla, secondo lei la più bella e toccante esperienza della sua vita. Grazie Barbara, sono proprio contenta di aver scambiato quattro chiacchiere con una persona come te! Oggi si vede che sono in vena di conversazione, così mi perdo a parlare anche con il ragazzo addetto alle pulizie nel campo, parliamo di religione, di politica, di organizzazione, è molto curioso, non è mai stato altrove, ma conosce un sacco di cose… Finalmente, dopo alcune ore di spensierato relax (beh, dopotutto siamo in vacanza!) arriva il momento tanto atteso del lion encounter: si entra in una riserva, dove vengono recuperati i cuccioli di leone, ai quali i bracconieri hanno ucciso i genitori, qui vengono accuditi, allattati e chippati; all’età di 4 o 5 anni, quando ormai sono indipendenti vengono rilasciati nel loro habitat naturale per tornare a vivere liberi nel branco d’origine. Appena entriamo nella riserva sentiamo un forte ruggito che ci fa venire i brividi, ma allo stesso tempo acuisce la nostra curiosità. L’incontro con il leone, il re della foresta, il felino dei felini, sarà un’esperienza indimenticabile ed irripetibile. Di fronte a tanta bellezza entra in gioco l’incoscienza nell’azzardare anche una carezza sulla pancia. Sembra che il leone gradisca…anche stavolta è andata, a parte una “codata” scaccia mosche, niente di più. Resta comunque il fatto che al suo cospetto si è piccoli, insignificanti ed impauriti: il fascino del predatore è terrificante ed allo stesso tempo esilarante. In Africa si dice che il ruggito del leone viene dal cuore, il suono è un misto di energia selvaggia dal profondo, ventilata come un gemito gutturale. Il terrore del ruggito lontano va dal romantico al leggendario e vuole sedurre il continente nero. Per quest’ultima serata insieme ci raccogliamo attorno al fuoco, che qui profuma di aromi, di cioccolato e di miele, ascoltiamo assieme il barrito dell’elefante lontano, i canti degli uccelli e ci godiamo l’ultimo tramonto africano sul fiume. Mi preparo per la cena, da sotto lo specchio fuoriesce un geco curioso ed infastidito dalla luce, le zampette nere di un grosso ragno fanno capolino dalla presa della corrente, sono sporca, stanca ed impolverata, ma grandemente appagata da quello che questo viaggio mi ha regalato! Questa è l’Africa che cercavo!

29 agosto

Come sempre 5,00 del mattino, ultima tenda, ultimo sacco a pelo e ultime albe africane, con il cielo terso e limpido che in pochi minuti si rischiara. Ultimo caffè, solubile, sulla riva del fiume e ultimi versi di animali, con la luna che nonostante ormai sia giorno fa ancora capolino in cielo. Si parte per visitare le cascate Vittoria dal lato dello Zimbabwe. In meno di un’ora siamo al confine e dopo aver sbrigato le pratiche doganali ed aver apposto l’ultimo timbro sul passaporto facciamo l’ultima scorpacciata di natura. Per fortuna ci aspettano circa due ore di passeggiata su piccoli sentieri che si snodano nella foresta che si affaccia sulle Victoria Falls. Cerco di godermi al massimo le cascate, gli scorci, le gole, il frastuono dell’acqua, il vapore, la foresta, le liane, le rocce e tutto questo favoloso insieme di cose che ti lascia senza fiato. Ormai il viaggio sta volgendo al termine, perciò getto un ultimo sguardo su tutto quello che mi circonda e faccio mente locale su tutto quello che ho vissuto e assaporato in questi giorni, cercando di imprimere nella memoria le esperienze e le emozioni che questo Continente mi ha regalato. Fate che il vostro spirito avventuroso vi porti sempre ad andare avanti per scoprire il mondo che vi circonda con le sue stranezze e le sue meraviglie. Scoprirlo, significherà per voi, amarlo. Kahlil Gibran



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