Alla ricerca di Wilbur Smith e Kuki Gullmann

Paese di forti contrasti in passato, convivono (quasi) civilmente 11 etnie diverse, tante quante le lingue ufficiali. Anche la bandiera e' un insieme di colori. Ha un disperato bisogno di turisti, che per fortuna cominciano ad arrivare. Il Sudafrica offre ottime strutture di Bed and Breakfast (B&B), con costi molto contenuti e ottimi servizi, un'...
alla ricerca di wilbur smith e kuki gullmann
Partenza il: 26/08/2000
Ritorno il: 24/09/2000
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 3500 €
Paese di forti contrasti in passato, convivono (quasi) civilmente 11 etnie diverse, tante quante le lingue ufficiali. Anche la bandiera e’ un insieme di colori. Ha un disperato bisogno di turisti, che per fortuna cominciano ad arrivare. Il Sudafrica offre ottime strutture di Bed and Breakfast (B&B), con costi molto contenuti e ottimi servizi, un’ ottima rete stradale e -in alcune regioni- autostradale, un’ offerta di paesaggi naturali e una fauna unica al mondo. Non presenta controindicazioni di nessun tipo, salvo prestare maggiore attenzione all’ igiene (la malaria e’ ancora endemica nel Parco Kruger e nel Kwa-Zulu Natal) e non arrischiare una visita a Johannesburg da soli, sconsigliata da tutti (cosa che invece non e’ per le Township, anzi…). Johannesburgh ha grossi problemi di ordine pubblico, e una rete viaria molto caotica, in cui e’ facile perdersi, tenetela presente come punto di arrivo, e se volete visitarla, fatevi organizzare un tour, che preveda anche SOWETO. Ma andiamo con ordine e iniziamo da Francoforte…

27 Agosto, Middelburg: i nostri viaggi presentano qualche intoppo, all’ inizio, e anche stavolta non fa eccezione. Siccome non avevamo fatto il check-in in agenzia (con la Lufthansa si puo’) i nostri posti erano quanto di peggio potessero capitarci: interni nella fila centrale. E neanche vicini, ma uno davanti all’ altra. Immediato il passaggio in business. Con le comodita’ del caso… Anche perche’ il viaggio, notturno e di 11 ore poco si prestava all’ economy class. Al solito avevamo prenotato il minimo indispensabile: ovvero il volo e la macchina ed eccezionalmente, il soggiorno nel Kruger, temendo il pienone. Cosi’, saltata Sun City (la Las Vegas d’ Africa),che era a Ovest, puntiamo decisi verso Est, verso il Kruger Park, dopo aver visitato Pretoria, che subito non ci fa una grande impressione. Quanto basta per capire che i neri hanno ancora soggezione dei bianchi, e i bianchi, specie quelli di etnia olandese-boera, hanno un atteggiamento assai strafottente, anche verso i turisti. Non solo: colpisce la totale mancanza di fiducia reciproca: i bianchi hanno case tipicamente “inglesi” o americane, quindi giardinetto con prato tagliato fine, fioriere, muretti bassi… Solo che il tutto e’ sormontato e circondato da filo spinato, molti elettrificati. Cartelli minacciosi ricordano che la risposta e’ “armata”, ovvero che sparano agli intrusi. I neri, per contro non hanno (ancora) abbandonato del tutto le varie township, e ogni citta’ e’ doppia: quella dei bianchi ordinata, pulita, con le strade asfaltate, negozi ecc. E quella dei neri, con strade sterrate, case (?) in lamiera, e poverta’ “palpabile”. Non tutti i neri sono rimasti cosi’, ma la maggioranza si’. L’ impressione e’ grande, e il tutto puo’ spaventare. Giungiamo cosi’ a Middelburg, e nonostante non vi sia differenza di fuso orario, sono abbastanza stanco e decidiamo di fermarci. Molto faticosamente troviamo un B&B, dopo un inutile ricerca di un motel-hotel, e un altrettanto inutile tentativo di capire come e’ fatta Middelburg stessa. La casa e’ splendida la citta’ (forse) carina, vicino ci sarebbe un villaggio tipico degli Ndebele…Ma io non posso godermele, ho lasciato a Johannesburg, al noleggio, la mia carta di credito. L’ unica cosa che mi risolleva il morale (dopo la telefonata al noleggio auto e la conferma che l’ indomani saremmo tornati a prendere la carta) e’ un T-Bone steak da mezzo chilo per me e una Rump Steak per Carla. La carne e’ veramente deliziosa…Sara’ un caso? 28 Agosto, Skukuza, Kruger Park: impressionante: come ci verra’ anche in seguito confermato, il Sudafrica NON e’ pianeggiante, per niente. Up, Down, Left, Right…Su, giu’, sinistra destra…Trovare 5 km pianeggianti e/o rettilinei e’ una pia illusione. Ma cio’ contribuisce alla fama: colori, paesaggi, spazi… Tutti assolutamente incredibili. Alle 14 siamo al “cancello” di Menelane, l’ accesso da Sud al parco Kruger. Skukuza dista una 60ina di km, ma andranno fatti ai 40 all’ ora, al massimo, e spesso rallenteremo… La curiosita’ e gli animali visibili ci obbligheranno… Siamo emozionati, neanche finito di ripeterci “Tanto noi, non vedremo nulla”…Che eccole li’. Impala, una specie di bufalo, e ancora impala…E zebre…Dobbiamo essere assolutamente nel “camp”entro il tramonto (qui e’ inverno, il buio arriva presto) pena multe salatissime, per cui non ci fermiamo piu’ di tanto. Alla reception scopriamo che abbiamo sbagliato a prenotare, i tre giorni partivano ieri. Pero’ tutto si risolve, e preso possesso del “Rondavel” (una specie di bungalow in muratura con il tetto in paglia), prenotati 2 tour, uno mattiniero (dalle 5 e mezzo!!!) ed uno serale, andiamo allo shop a comprare la cena. Il Rondavel fa molto “etnico”, ma gechi, zanzare (con panico nostro causa malaria), moscerini e parpaglie sono veri e fastidiosi. Non c’e’ ombra di mosche, pero’. In veranda ci sono il lavello e i fuochi, e vari pensili. Da uno di questi (proprio dove abbiamo messo le cibarie per la colazione) provengono rumori sospetti… Grazie al cielo arriva in aiuto un vicino, e scopriamo che ci sono anche i topi. Comincio a rendermi conto che NON sara’ una vacanza facile… Inoltre il camp e’ praticamente al buio, e per muoversi e’ d’obbligo una torcia. Che noi non abbiamo… 29 Agosto, Skukuza, Kruger Park: la nottata e’ stata un inferno. Rumori ovunque, alle 2 Carla mi sveglia, ed effettivamente sembrava di stare in mezzo alla savana…Addio notte (non siamo piu’ riusciti a dormire), anche perche’ alle 5 e mezzo abbiamo il tour. E’ freddo, e molto. Ed e’ buio. Ma siamo sveglissimi: l’ eccitazione e’ forte. Infatti appena un km fuori dal camp 3 iene: non sono cosi’ brutte come si immaginano. Fanno paura, si’. Anche perche’ siamo all’ aperto di questa camionetta e se saltasse me la potrei trovare in braccio… Comunque la guida e’ rassicurante, ha con se un fucile (obbligatorio) per difenderci da attacchi. Soffia rabbiosa, la iena, e’ infatti una madre ed i cuccioli sono in potenziale pericolo. Il tour sara’ di tre ore, ma e’ iniziato bene! Eccoci ora sulle rive del fiume Sabie, ed ecco i leoni, grassissimi: hanno appena mangiato un impala. Iene e avvoltoi aspettano il momento adatto… Poi e’ un susseguirsi di “visioni”: ippopotami, uccelli stranissimi, giraffe, e babbuini. Nel parco si puo’ anche girare da soli, e, presi dall’ entusiasmo prendiamo la macchina e ci avventuriamo fra strade asfaltate e deviazioni in sterrato. L’ uomo non rappresenta un pericolo, per gli animali, se e’ dentro l’ auto, ma verrebbe immediatamente attaccato se scendesse. Vietato scendere dalla macchina, salvo nei (rari) punti pic-nic e di ristoro. Il tour serale si presenta con un tramonto da favola… E anche visioni di animali notturni quali la ginetta, un felino simile al gatto. Ma contiamo anche un leone, un elefante, un ippopotamo, e numerose impala. 30 Agosto, Skukuza, Kruger Park: oggi lo possiamo definire l’ elephant day. Al solito, la nottata passa abbastanza tormentata, e alle 6 siamo gia’ in piedi. Oggi andremo verso est, Lower Sabie. E dunque cominciamo con gli elefanti, 4 ci attraversano la strada. Poi il facocero (qualcuno ricorda il Re Leone?), babbuini fastidiosissimi, un elefante che ci attacca in una deviazione (mamma che paura!), bufali, ippopotami, impala, tartarughe, e ancora elefanti…Zebre, kudu e giraffe, per finire… Che giornata!!! 31 Agosto, Sabie: usciamo dal Kruger, e’ stata una bella esperienza. Anche se stanotte il facocero affamato ha rovesciato tutti i bidoni della spazzatura… Consigliamo di andarci a fine Agosto, inizio Settembre, la vegetazione non e’ foltissima e gli animali sono ben visibili. Inoltre il clima e’ caldo ma non soffocante. Anche il rischio malaria e’ minimo. Siamo usciti e tutto cambia… La strada e’ molto dissestata, e moltissime persone di colore la percorrono a piedi, alcuni con le loro cose in testa, bambini in divisa scolastica corrono, alcuni fanno l’ autostop, alcuni riposano dentro delle carriole. Le abitazioni sono cubi di lamiera o di pietra, ma sembrano piuttosto malandate. Siamo nervosi… Il primo pensiero che ci viene e’ “Ma se questi ci fermano, fanno sparire tutto…Chi ci ritrova, a noi?” Si, te lo poni, questo pensiero, eccome. Ovviamente abbiamo sbagliato strada, ma e’ abbastanza facile, i cartelli non sono precisissimi, qui. Alla fine usciamo da questo posto, di cui, tra l’ altro, non sappiamo neanche il nome (forse Hazyview), e prendiamo la direzione per Sabie, la nostra meta iniziale. La savana e’ un ricordo, ora i paesaggi assomigliano al nord europa: fitti boschi costeggiano la strada. In piu’ saliamo, siamo a 1100m. Anche oggi la temperatura e’ stata sui 30 gradi, e il sole scalda molto. Il B&B che abbiamo scelto e’ molto bello, sulle 50 mila lire a testa, ed e’ gestito da un italiano, Sergio Battaglia, trasferitosi qui molti anni fa. L’ accoglienza e’ stupefacente: la moglie (sudafricana) non vedeva l’ ora che qualcuno arrivasse dall’ Italia perche’ Sergio facesse esercizio, lui non sta nella pelle, e ci invita a rimanere qualche giorno, perche’ le cose da vedere nei dintorni sono tantissime. E’ presto e ci mettiamo subito “on the way” (per strada): la Panoramic Route che deve il suo nome ad una serie di formazioni naturali del Drakensberg, la formazione montana che attraversa il Sudafrica da Nord a Sud, con canyon da brivido (Blyde River Canyon, il terzo al mondo, per profondita’), the Pinnacle, uno spuntone di roccia solitario, circondato dalle montagne, varie viste dal canyon, come la God’s windows (finestra di Dio), la Windows View (Vista della finestra) ed infine le Bourke’s Luck Potholes, un fiume che ha creato un gioco di cascatelle e pietre levigatissime. Qui incontriamo una comitiva di studenti di colore, molto loquaci e amichevoli. Il tempo e’ volato, e la cena (tornati a Sabie) e’ fantastica. La carne e’ -possiamo confermare- eccezionale.

1 Settembre, Sabie: anche oggi ce la siamo presa con calma… Una visita a Pilgrim Rest, paesino dove fu scoperto per caso l’ oro nel 1873, e che ora vive di turismo, essendo rimasto tale e quale a quei tempi… Giusto il tempo di goderci una birra, perche’ anche qui i ragazzini ti assillano, ed e’ molto difficile negare quello che per noi sono spiccioli. Ma dobbiamo farlo, come in altri paesi, infatti, e’ pessima abitudine abituare i bambini, ma anche gli adulti, a ricevere denaro senza nulla in cambio. Visitiamo i luoghi dove scoprirono l’ oro, diventato museo, e con un largo giro panoramico, visitando le Sundwala Caves, caverne relativamente “giovani”, un villaggio Ndebele e ancora montagne, ritorniamo a Sabie, non senza aver fatto la foto alla Kleine Sabie, la township. 2 settembre, Hluhluwe (si pronuncia “sclù-sclùe”): lasciati i nostri simpatici ospiti ed il Mpumalanga, partiamo di buon mattino per la tiratona: ci vorranno 8 ore per arrivare a HluHluwe, dopo aver costeggiato lo Swaziland: non ci fidiamo ad addentrarcisivi, le frontiere ad una certa ora chiudono, e non sappiamo se (nel caso) ci sia da dormire. Cosi’, salendo e scendendo montagne, attraversando villaggi neanche citati nella carta, con pochissimi punti di ristoro (abbiamo anche dovuto fermarci per strada…), il paesaggio non cambia…Su, giu’ sinistra, destra, e tantissima gente, adulti, donne, vecchi lungo la strada, che offrono frutta. Pur non dando nulla a nessuno, loro non sono delusi e quando passiamo, ci salutano con un gran sorriso… Infine arriviamo in questo B&B, ancora diverso da tutti gli altri. Ma splendido. Un enorme capanna suddivisa in tre camere, tutte con bagno e entrata indipendente e cucina disponibile per gli ospiti. Il tutto circondato da uno splendido giardino fiorito con prato all’ inglese e due affettuosissimi gattoni. Anche qui i proprietari si danno molto daffare, e ci dispiace venire via dopo una sola notte, ma qui non c’e’ molto da vedere, (Hluhluwe a parte) giusto una visitina a False Bay, che fa parte del St. Lucia Lake, molto rinomato per la pesca (pieno, invero di ippopotami e coccodrilli…) Oggi e’ domenica ed i negozi sono chiusi, cosi’ la cena sara’ (il paese non sembra avere luoghi pubblici) a base di un pollo e riso per Carla e manzo con riso al curry per me. Il tutto: 2000 lire, al cambio. Abbiamo cenato nella dining room: fuori solo uno spicchio di luna e il silenzio rotto solo dalle cicale e dal gracidare delle rane. La nottata ci riserva una sorpresa: Un uccello ha fatto il nido, proprio sopra il nostro letto, e nel bel mezzo della notte ci piovono sul letto (letteralmente “sparati”) 2 uova minuscole, ancora calde. Siamo rimasti tanto stupiti che le ho qui davanti a me a fianco del computer, come ricordo….

3 settembre, Salt Rock Beach: siamo nel fresco dell’ albergo (la temperatura si e’ abbassata molto), ma oggi ce la siamo vista brutta… Niente di pericoloso, per carita’, solo una giornata molto stressante… Cominciamo dall’ inizio: La nottata e’ passata, non benissimo, per via anche dei rumori, e siamo un po’ stanchi. Quando raccontiamo l’episodio alla nostra ospite, questa vola in giardino e rientra con in mano una cavalletta stranissima, insistendo perche’ Carla la prenda in mano anche lei (immaginatevi la faccia). Riesce, non so come, a schivare questa esperienza, e dopo grandi saluti, partiamo. La nostra meta odierna e’ il Parco Hluhluwe-Unfolozi, dove speriamo -finalmente- di vedere i rinoceronti. Sulla strada incontriamo vari bambini con il volto con terra bianca, e alcuni danzano. Nel Parco finalmente incontriamo i rinoceronti (rhinos) bianchi, meno rari dei neri. Sono enormi, e hanno un corno (qui non c’e’ timore di bracconieri, cosi’ i guardiani non devono tagliarlo per salvarli) lunghissimo…

Incontriamo anche giraffe, impala e gnu e coccodrilli. Nell’ Unfolozi in mattinata sono stati avvistati ghepardi e leoni, e forse per questo ci facciamo prendere la mano, e percorriamo circa 20 km su di uno sterrato, e quando ce ne accorgiamo (che e’ tutto sterrato) siamo gia’ vicini al Cenceni Gate, direzione Ulundi. Un incubo: gia’ il cancello sembrava la rappresentazione dell’ Inferno dantesco, poi appena fuori il nulla. Solo una strada sterrata. L’ istinto ci dice di tornare indietro, ma dalla cartina non e’ chiaro come sara’ la strada, e ottimisticamente mi avvio, pensando che in pochi chilometri troveremo l’asfalto. Saranno 30 km di sterrato (quasi da fuoristrada) in mezzo a villaggi poverissimi e senza un cartello consolatore… Mano a mano io mi incavolo sempre di piu’, e Carla, invece, si spaventa. Solo bambini, capre, e nient’altro. Quasi un ora per arrivare ad un villaggio di baracche, ma soprattutto ad un distributore e alla strada asfaltata. Ma sono provato, gli ultimi 5 chilometri (dopo aver provato inutilmente a chiedere lumi ai passanti) li ho passati ad urlare di rabbia, con Carla che era sull’ orlo di una crisi di nervi. Purtroppo i nostri guai non sono finiti, dato che il B&B piu’ vicino dista un centinaio di km e alcuni montagne da varcare. Cosi’, in serata, faticosamente, troviamo un albergo. E’ carissimo, ma pazienza, sono sfatto. Di bello ha che e’ a picco sul mare, e se fosse bello sarebbe paradisiaco, ma soprattutto una colazione interminabile…

6 settembre, Umtata: seduti al Whistle, il ristorante di questa stazione di servizio con albergo, ci godiamo un mezzo pollo Peri.Peri. Siamo entrati nell’ Eastern Cape, la regione piu’ povera ma anche la piu’ selvaggia del Sud Africa. Dopo aver soggiornato un paio di giorni a Umhlanga (pronuncia “umsclànga”), che sarebbe un posto fantastico se non ci fosse stato costruito di tutto e il peggio di tutto, e nel cui B&B oltre a stare attenti alle scimmie, bisogna “cacciare” gli scarafaggi, transitiamo in mezzo a Durban, anch’ essa sconsigliata da visitare, e continuiamo a meravigliarci per questa alternanza di baracche e villette di benestanti che sembrano divise solo da una strada. Abbiamo puntato al Giant Castle nel Drakensberg, per accorgerci ben presto che non avevamo ne’ il vestiario ne’ la macchina adatta. E’ fine inverno, ma la’ ad oltre 2000 m, c’e’ la neve, ancora, e abbiamo deciso di dedicare piu’ attenzione a questa zona, la 1000 Hills, nei pressi di Pietermaritzburg, dove artisti di tutto il mondo si sono rifugiati qui a dipingere, scolpire, disegnare e creare. Il paesaggio e’ idilliaco, dolci colline si alternano a prati fioriti, ed il tutto e’ molto bucolico. Cosi’ tornati a Durban scendiamo lungo la costa, fino a Port Shepard, per poi seguire la N2 all’ interno. Piccola deviazione per l’ Oribi Gorge, formazioni rocciose con canyon profondi, e alte e spettacolari cascate (anche se un po’ rinsecchite, per via della stagione). Qui, ad Oribi, si puo’ capire bene quanto il Sudafrica sia “turisticamente” immaturo: le indicazioni sono approssimative, l’ accesso e’ praticamente in una fattoria (anche se ora e’ un B&B) e lo stradello per accedere allo splendido paesaggio e’ in mezzo ad una piantagione di canne da zucchero…Infine prima di arrivare qui abbiamo puntato verso la Coffee Bay, assolutamente selvaggia (a parte un B&B ben camuffato nel verde) con spiaggia assolutamente unica. La strada e’ abbastanza pericolosa: si transita fra villaggi Xhosa che lasciano gli animali liberi di vagare, e non e’ raro vedersi una mucca o un cavallo ben piantato in mezzo alla strada, Se poi la strada e’ “up-down-left and right” capirete perche’ non si superano i 60 km/h. I villaggi piu’ grossi, inoltre, sono un “caravanserraglio”, la confusione e’ totale, e la strada e’ occupata da tutto e tutti. 8 settembre, St. Francis Bay: ci avevano consigliato di prendere un volo, da Durban a Port Elisabeth, ma abbiamo scelto di guidare, e non siamo affatto pentiti, di questa scelta: questi posti sono i piu’ belli di tutto il Sudafrica! Da Umtata siamo passati per East London e per Port Elisabeth, la prima, localita’ turistica marina ora di moda tra i surfisti e sede di un museo che contiene un esemplare del “pesce fossile”, il Celacanto: un pesce considerato estinto da secoli, che, improvvisamente nel 1991, e’ riapparso nelle reti di pescatori, al largo di questa citta’. Port Elisabeth e’ un porto fiorente, ma non presenta attrattive. Molto piu’ paradisiaca St. Francis Bay. Anche grazie ai nostri ospiti, Loraine e Peter, veramente deliziosi. Peter, anfitrione elegante, ci ha fatto scoprire le bellezze dei dintorni (in Dune Buggy…), Loraine (detta Lollo), cuoca provetta con tanto di dimostrazione: una sera, infatti ci hanno invitato a pranzo, e abbiamo mangiato divinamente. St. Francis e’ un posto esclusivo, dove le case sono assolutamente nello stesso stile (bianche con tetto in paglia) collegate sia da una rete stradale, sia da canali. Peter e Lorraine hanno il B&B esattamente sulla punta, dove il fiume Kromme si butta in mare. La vista e’ incredibile, i silenzi sono totali. Hanno anche due cani, una, la “Sexy”, appicicossimo botolo, e un maschio. Ci rendiamo conto cosi’ che le case costano poco, mi immagino costi folli per comprare case che hanno una metratura vicina ai 300 mq, ed invece costano poco piu’ che 2 milioni al mq. Anche con un costo della vita piu’ basso, rispetto al nostro, sarebbero comunque economiche, per noi. Durante la cena abbiamo modo di capire che si’, il razzismo esiste, ma assomiglia tremendamente al nostro atteggiamento verso gli extra comunitari, e che si’, adesso c’e un razzismo dei neri verso i bianchi, che ci vorra’ un po’ di tempo prima che l’ integrazione avvenga. E, dato che il vino e’ buono, parlo moltissimo. Anche Carla e’ abbastanza sciolta, e partecipa alla conversazione senza che le debba tradurre nulla. Cosi’, alle 21 e 30 ci ritiriamo in camera sazi e felici di aver conosciuto “amici”. Grazie Peter, grazie Lollo! 10 settembre, Wilderness: Dopo due giorni a St. Francis Bay riprendiamo il viaggio: Peter ha voluto assolutamente prenotarci l’ albergo, e sebbene titubanti, accettiamo. Inoltre ci ha dato il percorso, ed e’ stata una scelta felice. Infatti passiamo lo Storm River, famoso perche’ e’ un fiume che scorre in fondo ad un canyon profondo e da un ponte su questo canyon fanno il bungle jumping. Qui c’e’ un autogrill, dove facciamo conoscenza con la carne secca, il biltong, una prelibatezza, anche se dopo due giorni ne siamo nauseati. Inoltre attraversiamo lo Tsitsikamma Park, dove facciamo la conoscenza con il “Big Tree”, un albero yellowood di ca. 800 anni. Seguendo poi la vecchia strada attraversiamo montagne e vallate,entrando nel Western Cape, per arrivare a Knysna (pronuncia “naisna”): splendida cittadina “capoluogo” della Garden Route. Che dire? Da un paradiso all’ altro. . Wilderness e’ sicuramente “selvaggia”…Qui hanno si’ costruito sul mare, ma hanno rispettato un po’ meglio la natura. L’ albergo e’ sul mare. Letteralmente. L’ Oceano Indiano e’ un oceano tranquillo, e le mareggiate sono rarissime, per cui non ci sono problemi. A 50 metri ci sono le onde, a 100 le balene (in stagione, come adesso): praticamente da letto vediamo le balene. In mezzo, fra la camera e il mare, un giardino tropicale con prato all’ inglese. Passiamo il pomeriggio a guardare una balena. 12 settembre, Wilderness: visitiamo i dintorni di Knysna. Leisure Island, una penisola dove i ricconi si sono fatti la villa, di fronte alla laguna. Dobbiamo pero’ rinunciare all’ Outeniqua Tjoe Choo (pronuncia “utenìka ciu’ ciu'”), il trenino storico che porta da Knysna a George in un percorso splendido perche’ si deve fare sia l’ andata che il ritorno. E perderemmo un giorno. Che infatti dedichiamo al Feather Bed Reserve, un isola-parco con paesaggi mozzafiato. Qui siamo raggruppati con dei francesi, e una coppia di canadesi, che ci hanno fatto tanta tenerezza: lui, in particolare sembrava molto “rapito”, da tutto. Ed entrambi erano molto attratti dagli uccelli (non posso dargli torto, ci sono specie uniche, qui) ma non sembravano molto svegli. La giornata e’ stata fantastica, e ci siamo “sgranchiti le gambe”. Sulla via del ritorno ancora qualche foto dal Dolphin Point (da dove si vede Wilderness dall’ alto) ed infine abbiamo cenato, come al solito, divinamente. Anche chiacchierando amabilmente con i vicini di tavolo (non impressionatevi, e’ assolutamente normale qui).

13 settembre, Oudtshoor (pronuncia ut-scior): siamo arrivati in questa “capitale” dello struzzo spostandoci all’ interno, e sempre fra paesaggi incredibili. Struzzi, dicevamo: ovunque e migliaia. La cosa divertente e’ che sono come ci si immagina: buffi! Scegliendo accuratamente il B&B, fra le tante proposte decidiamo per quella dal nome piu’ strano: Thylitshia Villa, dal nome dei proprietari. E fuori dal paese, ed e’ una classica Ostrich Farm (Allevamento di struzzi), oltre che una Winery (un produttore di vino). Lasciate le valigie in camera, dopo aver preso gli accordi per il farm tour, ci precipitiamo alle Cango Caves, famose e antiche grotte. Sono molto belle, anche se l’ uomo ha fatto parecchi danni (moltissime le stalattiti e stalagmiti “segate”), e assomigliano molto a quelle che troviamo in Italia. Cosi’, tornati al nostro B&B-allevamento-vinocultore, caricati su pianale di un pick-up insieme ad una coppia svizzera in luna di miele (carinissimi :-)))), Thys ci porta in giro per le sue proprieta’: dapprima gli struzzi, dalle uova (molto resistenti), i piccoli, fino agli esemplari adulti, molto aggressivi, specie se con piccoli. Scopriamo che le femmine sono grigie, ed i maschi sono bianchi e neri, e che lo si vede solo dopo un anno. Mezzi congelati arriviamo alla winery. Dove assaggiamo nell’ ordine due bianchi (uno molto acerbo, l’ altro discreto) un nero (superbo e di forte personalita’) ed una grappa (meglio, uno schnapps), e a questo punto siamo gia’ ciucchi come delle oche. Oltretutto erano anni che non bevevo, poiche’ da forte fumatore non ne potevo piu’ apprezzare il sapore. Rientrati (a fatica) in camera, ci porta dello Sherry. Ceniamo qui, a base (ovviamente) di struzzo. Dobbiamo dire che e’ una carne fantastica, e assolutamente diverse da quella che gia’ avevamo provato in Italia. Non fatevene scappare l’ occasione! 14 settembre, Swellendam: se ieri eravamo in una classica fattoria “dutch”(olandese) oggi siamo nel paese olandese per eccellenza, in una casa olandese per eccellenza: datato 1789, soffitto a cassettoni, bagno con vasca (in stile) in centro, immancabili cani, giardino da favola, e -pure- cavallo in annesso “corral”. Ma ricominciamo dalla mattina: ancora a Oudtshoor visitiamo la Croc Farm, praticamente uno zoo piu’ aperto con coccodrilli, ghepardi al guinzaglio e fanno le fusa (da non credere), serpenti, ippopotami, e dei suricati molto scemi che fanno morire dal ridere. In citta’ acquistiamo un piumino di struzzo come ricordo, e quindi, seguendo i consigli di Thys, seguiamo la strada interna, tra passi spettacolari e le fantastiche montagne del Klain Karoo, fino ad arrivare a questa magnifica cittadina con le case tutte bianche e antiche. I nostri ospiti ci mandano a mangiare in un ex-mulino, con un menu’ molto particolare: coccodrillo, struzzo, kudu e boboti. Eccezionali. Specifico che sono animali molto diffusi, ed anche il coccodrillo e’ di allevamento. 15 settembre, Hermanus: salutata la nostra donnona inglese (in tipica casa olandese) partiamo diretti al punto piu’ a sud di tutto il continente africano: Cape Agulhas. Agulhas e’ importante anche perche’ si incrociano le correnti calde dell’ Oceano Indiano con quelle fredde dell’ Oceano Atlantico, cosi’ dicono che questo sia il punto piu’ pescoso di tutta la costa, perche’ si trovano sia i pesci dell’ Atlantico, sia quelli dell’ Indiano. Comunque il faro e’ anche un museo, e vale una visitina, cosi’ come la passeggiata sulla costa. Torniamo indietro sempre fra verdi colline sotto uno splendido cielo azzurro, e finalmente arriviamo ad Hermanus, rinomata (e quindi piu’ cara) cittadina turistica, famosa perche’ nelle varie baie vengono ad accoppiarsi e a figliare le balene. Ci parcheggiamo all’ Hortensia Lodge, asettico hotel, il proprietario e’ un tedesco, Rolf, e durante la colazione ci illustra (ordina?) i vari percorsi che potremmo (dovremmo?) fare. Comunque, come al solito sono consigli giusti: infatti su una baia, eccola li’, una bella balena. Come in tutte le localita’ turistiche, qui i bianchi a piedi sono molti. Per negozi, e sul lungomare, a fare un po’ jogging.

19 settembre, Stellenbosch: prima di giungere nella zona enologica piu’ famosa di tutto il Sudafrica, dobbiamo sottolineare la zona a sud-est di Hermanus, ovvero De Kelders e Gansbaii, zone frequentatissime di balene, perche’ un po’ piu’ tranquille, a Hermanus l’ imperdibile camminamento costiero, 6 km immersi nella natura, fra protee, marmotte, donnole e cicaloni, la Steak House, semplicemente la migliore di tutto il Sudafrica. Anche la collina alle spalle di Hermanus, cui si accede da una bella e comoda strada asfaltata, merita una visita, il panorama e’ mozzafiato. Sulla strada per Stellenbosch (costiera) troviamo la Penguin Bay, con centinaia di pinguini… La Onrus beach (dove si puo’ mangiare in un magnifico ristorante in faccia al mare) , Botrivier e la Gordon Bay. Proseguendo poi per la regione degli ugonotti, la via dei vini (Franschhoek e Paarl) si arriva a Stellenbosch, la capitale della Winelands. In tutto e per tutto sembra una cittadina dell’ Inghilterra. E’ sede, infatti di una famosa (ed esclusiva) universita’, e’ moderna e molto movimentata, ed la zona “storica” e’ molto bene conservata, anche se la maggior parte degli edifici non sono visitabili. Ma e’ piuttosto cara. Il B&B dove abbiamo soggiornato -Evergreen- e’ uno dei meno cari, ma e’ molto carino, eppoi…Ci sono tre meravigliose gattine (Stramacciona, Macchiolina e Bianchetta), tutte coccole e strusci. 20 settembre, Stellenbosch: essendo poco interessati al vino, le numerose winery destano poco interesse, per noi, e quindi ci dirigiamo a nord, eludendo ancora Cape Town (le grandi citta’ ci fanno un certo effetto) pur essendone a non piu’ di 50 km. Raggiungiamo cosi’ la Saldanha Bay, ammirando la fioritura in arrivo. Purtroppo ci vorra’ ancora qualche settimana per vedere i prati completamente fioriti, ma ce ne facciamo un’ idea. Stasera abbiamo cenato in un tipico ristorante di cucina “del Capo”, sapori africani ed europei perfettamente integrati. 21 settembre, Cape Town: che dire? Anche Cape Town e’ una sorpresa. Facile da girare in auto, ma non troppo, troviamo abbastanza in fretta l’ albergo: e’ a 15 minuti a piedi da Victoria and Albert Waterfront, l’ ex porto ora adibito (usanza tipicamente anglosassone) a centro commerciale. Ed infatti scaricati i bagagli in camera, ci fiondiamo al V&A. Fra tanti negozi, ristoranti, centri commerciali si potrebbe passare la vita, e Carla non ne e’ entusiasta. Cosi’, si infiliamo nell’ Acquarium, e vediamo 4 coraggiosi sub dare da mangiare ai pescecani. 22 settembre, Cape Town: la penisola del Capo e’ una delle tante attrazioni. Ma bisogna fare il giro per il verso giusto (al mattino costeggiare da est), senno’ il sole invece che esaltare i colori, ne impedisce la vista. Il tour inizia con la visita al magnifico giardino Kirstenbosch, gia’ abbastanza in fiore, poi a Groot Constantia, vecchissima tenuta agricola ancora produttrice di ottimo vino, di cui abbiamo visitato la casa padronale. Lungo la costa, poi, si incontrano i luoghi di villeggiatura dei ricchi di Cape Town, St. James-Kalk Bay, Fish Hoek, Simons Town, quest’ ultima sede (The Bulders) di un’ altra colonia di pinguini, ed infine il parco del Capo, che poi sono due, il Cape Point, ad est, e il Cape of Good Hope, ad ovest. A Cape Point c’e’ una funicolare per salire al faro, e per riprendersi della fatica al ritorno (fatto a piedi) c’e’ il ristorante (NON lo snack point) dove si deve mangiare: assolutamente fantastico. Attenzione ai babbuini, che per il cibo possono attaccare l’ uomo e fare anche male. Poi il Capo di Buona Speranza, piu’ selvaggio. Al ritorno si gira sulla costa ovest, ma purtroppo il giro non e’ completo, perche’ la strada (Chapman’s route) e’ interrotta e chissa’ quando la riapriranno. Comunque e’ stato un bellissimo giro, con tanti avvistamenti di balene, come neanche in Australia avevamo visto…Splendido anche il tramonto, Concludiamo la serata in un tipico ristorante africano: 20 portate caratteristiche di molti paesi dell’ Africa. Inutile dire che bisogna provarlo.

23 settembre, Cape Town: l’ ultimo giorno…Visitiamo “The Castle” in centro citta’, il piu’ antico edificio, datato 1679, e per lungo tempo sede dei governatori della citta’. Fino ai primi anni del ‘900 era anche l’ edificio piu’ alto della citta’, e la cosa appare assai insolita, poiche’ ora sembra uno dei piu’ bassi. Poi il quartiere malese, con le case coloratissime, ed infine un altro tramonto, a Sea Point, prima di concludere con una discreta cena a V&A, in un ristorante Cajun, non eccezionale. maggiori informazioni presso il sito www.Ilmatitino.Com



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