Da New York alla Florida: viaggio lungo la East Coast

Un tour per ammirare le meravigliose New York e Washington D.C. e poi la sorprendente Florida fino al Southernmost Point of USA
Scritto da: Pchan
da new york alla florida: viaggio lungo la east coast
Partenza il: 25/07/2015
Ritorno il: 14/08/2015
Viaggiatori: 2
Spesa: 4000 €
Ed eccoci arrivati, dopo mesi di documentazione e prenotazioni, al viaggio più lungo e più costoso fatto finora. 21 giorni nell’East Coast degli Stati Uniti suddivisi in: 8 giorni a New York, 2 giorni a Washington D.C., 5 giorni d Miami, 5 giorni a Key West ed infine un ultimo giorno a New York. Il tutto dal 25 luglio al 14 agosto 2015.

Il primo passo è stato acquistare il volo Alitalia Milano Malpensa – New York J.F.K., ad inizio Febbraio.

Dopodiché ci siamo concentrati sull’individuazione degli alberghi, scelti considerando sempre il rapporto tra prezzo e posizione. Infine, mi sono dedicata alla documentazione (tra guide turistiche, blog di viaggio e diari dei TpC) ed alla prenotazione delle attrazioni che mi interessavano.

Qui ho commesso il primo errore: per prenotare l’ingresso alla corona della Statua della Libertà non bastano 2 mesi di anticipo: quando infatti a Maggio cerco di prenotare per fine Luglio non trovo più posto fino alla metà di Settembre! Delusa da questo evento mi dimentico di prenotare quantomeno i biglietti per il basamento e di conseguenza rinunceremo a salire anche su quel primo livello.

Idem per il caveau della Federal Reserve Bank, dove già un paio di mesi prima sono esauriti i posti.

Me la cavo bene invece con il Washington Monument, per il quale a Giugno riesco a ricavare 2 biglietti con data e orario prestabiliti, il 3 Agosto alle 12:00! I biglietti mi arrivano direttamente a casa, per posta, pagando meno di 6$ (in realtà il biglietto è gratuito, paghi solo la spedizione).

Per New York abbiamo acquistato anche il CityPass che, con 114$ a testa, permette di saltare la fila ed accedere a: Empire State Building, Metropolitan Musem, Top of The Rock oppure Guggenheim Museum, National Museum of Natural History, Memoriale 9/11 e traghetto per la Statua della Libertà.

Fuori da questo biglietto pagheremo solo il MoMA (non previsto nel CityPass) ed il Guggenheim (perché era in alternativa al Top of The Rock).

SABATO 25 LUGLIO 2015: NEW YORK

Partiamo alle 13:00 da Malpensa. Il viaggio è comodissimo, grazie anche al cuscino ed alla copertina messi a disposizione da Alitalia (meno male, perché il clima, grazie all’aria condizionata, è glaciale!).

Arriviamo al J.F.K. di New York alle 16:10, in perfetto orario. All’uscita prendiamo il primo dei taxi in attesa, che ci porta per 52$ all’Hotel Belnord sulla W 87th St, nell’Upper West Side di Manhattan.

La prima impressione su New York, che ci verrà poi confermata quotidianamente durante la nostra permanenza, è che questa è una città FOLLE!

Un posto dove i tassisti guidano come dei matti, dove il clacson è l’accessorio più utilizzato dell’auto, dove c’è sempre una sirena accesa (che sia polizia, ambulanza o vigili del fuoco), ma soprattutto un posto in cui ovunque ti giri vedi qualcosa che ti stupisce o ti meraviglia.

Dal ponte che facciamo in taxi per raggiungere Manhattan vediamo tutti i grattacieli di Lower Manhattan e io mi sento già gasata!

A causa di alcune brutte recensioni lette online sul Belnord Hotel (in cui venivano criticate le dimensioni della stanza) in fase di prenotazione avevamo chiesto una camera ampia. Proprio per rispondere a questa nostra richiesta ci danno una camera davvero GIGANTE per gli standard newyorkesi! Ma la dimensione non è l’unica cosa positiva: l’arredamento è moderno, comodo e piacevole; l’ambiente è pulito e dotato di tutti gli optional.

DOMENICA 26 LUGLIO 2015: NEW YORK

La prima colazione a New York la facciamo da Hot&Crusty (consigliato su TripAdvisor), a circa 100 metri dell’hotel, sulla Broadway. Con 10$ prendiamo 2 caffè americani e 2 brioche al cioccolato piuttosto buone. Unico ostacolo: la lingua! Qui parlano con un accento marcatissimo e ad una velocità incredibile!

Dopo la colazione ci avviamo verso la fermata della metro 86th e prendiamo la metro rossa fino a Times Square, dove colpisce il caos, la gente ed il suono dei clacson. Non siamo qui nemmeno da 5 minuti che due figure mascherate ci braccano e ci invitano a farci la foto insieme a loro (ovviamente dietro mancia!). Per non perdere tempo ci lanciamo subito nei negozi più interessanti: Levi’s Store; Disney Store; Toys’R’us (dove ci sono una ruota panoramica vera e funzionante ed un T-rex gigante che si muove!); M&M’s Store.

Usciti dai negozi ci facciamo catturare nuovamente dalla vita frenetica di New York: gente che corre ovunque, frotte di turisti, voci di ogni nazionalità. Ed è a questo punto che accade il “dramma”.

Io sto camminando guardando affascinata verso l’altro, dove i palazzi di vetro cercando di emergere sopra gli schermoni pubblicitari di Times Square, ed è per questo motivo che non vedo il buco in cui metto il piede, facendomi sbilanciare in avanti.

Di fatto non mi accorgo nemmeno di cadere: mi ritrovo direttamente inginocchiata per terra e l’unica cosa che sento è l’ “OHHHH” della gente che mi circonda e lo SBANG dell’obiettivo nuovo di pacca della mia reflex che picchia contro l’asfalto. Non sto nemmeno a rialzarmi: l’unica cosa che mi interessa in quel momento è che l’obiettivo non si sia rotto! Nel frattempo E. si accorge della mia caduta, mi aiuta a rialzarmi e mi suggerisce di cercare un punto in cui sedermi un attimo e riprendermi dal trauma. Qui mi accorgo che ho i jeans completamente aperti su un ginocchio…e che anche il ginocchio è moderatamente aperto!

Risultato: jeans rotti (ma molto trendy!) e crostone sul ginocchio stile bambina che mi accompagnerà fino all’arrivo a Miami, 10 giorni dopo!

Ci dirigiamo a questo punto verso Briant Park: un parco carino ma piuttosto ordinario, circondato da alberi e pieno di tavolini. La cosa che lo rende veramente affascinante è che da qui scorgiamo per la prima volta da lontano il Chrysler Building e l’Empire State Building.

Dopo una breve sosta nel parco proseguiamo per la W 42nd St passando davanti alla New York Public Library (davanti alla quale c’è parcheggiato un vero scuolabus giallo fiammante!) fino a Grand Central Terminal. Qui entriamo e facciamo un giro al piano interrato, pieno di fast food di tutte le nazionalità. Troviamo Shake Shack, famosissimo per gli hamburger, ma è troppo affollato quindi desistiamo.

Prendiamo Lexington Ave e ci fermiamo da Everyday Gourmet Cafè, un Deli (qui a New York si usano un sacco), ovvero una specie di self-service dove si possono prendere le pietanze direttamente dai banconi e dove si trova un po’ di tutto: pasta di soia, riso, pollo, carne di vario genere, patate, verdura e frutta fresca. Metti tutto in contenitori di polistirolo e poi paghi al peso. Gli americani usano questi posti come fossero rosticcerie: arrivano, prendono il cibo e poi mangiano a casa o in giro. Noi invece saliamo a consumare il nostro pranzo al piano di sopra. Con circa 35$ ci facciamo due pasti abbondanti, birra, Coca-Cola e frutta.

Ci dirigiamo quindi verso il Chrysler Building, dove visitiamo la bellissima hall (altro non si può vedere perché è un edificio privato) e dove scattiamo qualche foto dall’esterno. Io mi perdo a guardare da lontano le aquile in metallo che sembrano spiccare il volo dal grattacielo, immortalate nel film “Men in Black III” dove Will Smith, per saltare indietro nel tempo, si lancia proprio da uno di questi doccioni.

Proseguiamo quindi verso Lexington Ave, ma il mercato non è particolarmente interessante, quindi svoltiamo a sinistra e ci dirigiamo al Palazzo dell’ONU. La zona è semideserta, ma incontriamo qualche turista all’ingresso, dove ci chiedono il passaporto. Dopo averci fatto una foto di riconoscimento ed essere passati al controllo con metal detector entriamo finalmente nel cortile del palazzo dell’ONU dove troviamo una bella scultura di Arnaldo Pomodoro e altre opere a me più sconosciute. La nostra visita dura quindi una mezzoretta scarsa, poi usciamo.

Torniamo a Grand Central, dove prendiamo la metropolitana (linea verde) per raggiungere Madison Square Park. Purtroppo non avevamo ancora capito che non tutti i treni di una linea fermano a tutte le fermate di quella linea quindi ci ritroviamo a Brooklyn Bridge, molte fermate più a sud! Torniamo indietro alla fermata 23 St dove scendiamo a vediamo finalmente il Flatiron Building. Qui entriamo da Eataly (che sta proprio davanti al Madison Square Park) e ci prendiamo un caffè. Ne approfitto anche per ripulire meglio il mio povero ginocchio e per scrivere ai familiari grazie al wi-fi gratuito.

Facciamo quindi un giretto al Madison Square Park, un parchetto molto bello caratterizzato da alcune pensiline dalle forme irregolari che, grazie alla superficie specchiante, riflettono gli alberi circostanti moltiplicando la percezione del verde circostante. Molto affascinante! Qui vediamo inoltre un’altra sede di Shake Shack, che compare nel film “Something Borrowed – L’amore non ha regole”.

Dopo una breve sosta prendiamo la Broadway ed arriviamo ai grandi magazzini Macy’s. A me questi posti vengono a noia molto in fretta, quindi dopo nemmeno mezzora usciamo senza alcun sacchetto e torniamo a piedi a Times Square, dove intanto il tramonto ha lasciato il posto ad un bel crepuscolo…ed è qui che comincia la meraviglia di Times Square. Un immenso acquario luminoso capace di stregarti completamente. Le decine di schermi giganti appesi ai vari grattacieli trasmettono pubblicità silenziose, un po’ come delle gigantesche pagine di riviste popolate da fotografie in movimento.

Moda, auto, birra, cibo: qui il consumismo diventa spettacolo. È incredibile come in questo posto, unico al mondo, sia riuscito a trasformare quello che altrove è considerato inquinamento visivo in uno spettacolo poetico e meraviglioso.

Saliamo sulla scalinata di TKS (sotto la quale, di giorno, vendono i biglietti per gli spettacoli di Broadway) e dall’alto ammiriamo questo posto tanto bello da non sembrare vero.

LUNEDÌ 27 LUGLIO 2015: NEW YORK

Questa mattina vogliamo andare al MoMA, quindi usciamo presto dall’hotel, raggiungiamo il museo ed entriamo a fare la rapida coda per il biglietto. Il MoMA non è compreso nel CityPass e l’ingresso costa 25$. Scaricata l’App saliamo all’ultimo piano, dove purtroppo c’è un’esposizione temporanea di Yono Ono che a me non dice proprio nulla, anzi, la trovo piuttosto fastidiosa. Mentre E. guardicchia l’esposizione, io mi metto a curiosare nel Bookshop, dove però non trovo nulla di interessante.

Procediamo poi in discesa per gli altri piani dove vediamo una o più opere di praticamente TUTTI gli artisti più importanti dell’arte moderna: Picasso, De Chirico, Boccioni, Mondrian, Klimt, Van Gogh.

Devo segnalare che all’interno del MoMA fa davvero un freddo cane e che io a questo punto sono completamente ibernata! Persino E., che non soffre mai il freddo, comincia ad accusare della bassissima temperatura!

Dopo aver visto velocemente la parte di arte contemporanea decidiamo di tornare in temperatura uscendo nel giardino delle sculture, che rimarrà nella mia memoria come una delle cose più belle viste a New York! Il giardino è piccolo ma molto curato e pieno di opere interessanti, con una vasca nel mezzo, un caffè sul fondo e un sacco di sedie disseminate ovunque. Ma la cosa più affascinante è il panorama di cui si gode alzando un poco lo sguardo: una folla di palazzi antichi e moderni si affacciano sul giardino quasi a volervi spiare dentro. Splendido!

Dopo il giardino torniamo all’interno per immergerci nelle opere di grandi artisti americani come Jackson Pollock, Richard Serra ed il mio amatissimo Mark Rothko.

Usciti dal MoMA decidiamo di fare i veri newyorkesi mangiando un hot dog preso al baracchino proprio davanti al museo, dall’altra parte della strada. Ce lo mangiamo seduti sulle panche in marmo che popolano il porticato proprio lì davanti al baracchino, a quell’ora pieno di gente che, come noi, mangia per strada. L’hot dog ci conquista e facciamo un secondo giro, per un totale di 20$ (4 hot dog e 2 coca cole).

Risaliamo quindi la Sixth Ave fino ad incrociare la W 55th, dove troviamo la scultura LOVE di Robert Indiana. Ovviamente ci facciamo svariate foto perché io adoro questo artista!

Proseguiamo quindi verso nord in direzione Central Park dove, girando a destra subito prima del parco, c’è il Plaza Hotel: spettacolare! Proprio davanti al Plaza troviamo quello che stavamo cercando: il cubo di vetro dell’Apple Store. Facciamo un giro nello Store ma non dobbiamo comprare nulla quindi usciamo a mani vuote e facciamo una piccola sosta nella piazzetta a fianco dove sono disposti numerosi tavolini e sedie free (cioè aperti a chiunque si voglia sedere: non sono di proprietà di nessun bar o ristorante) con vista sul Plaza.

Dopo la sosta procediamo lungo la E 59th in direzione della Roosvelt Island Tramway, la funicolare che unisce la piccola Roosvelt Island a Manhattan. Non si tratta di una meta turistica, ma molti turisti prima di noi l’hanno fatta e la consigliano, quindi la testiamo.

La funicolare ci impiega circa 10 minuti ad attraversare l’East River ed arrivare sull’isola. Una volta scesi ci dirigiamo verso il lungofiume sulla destra e passiamo sotto il Queensboro Bridge, che ci fa sentire minuscoli paragonati alla sua imponenza. Ci sediamo qualche minuto sul prato, all’ombra, poi decidiamo di tornare indietro. Al ritorno ammiriamo il paesaggio a nord e rimaniamo incantati quando la funicolare, superato il fiume, passa sopra York Ave e la 1st Ave: due lunghi canyon che attraversano la città e di cui non riesci a vedere la fine. Uno spettacolo che non può che lasciare senza fiato due italiani come noi, per nulla abituati a vedere spazi così immensi.

Rimango talmente incantata che voglio fare un altro giro: risaliamo (tanto la corsa è inclusa nella MetroCard e non ci costa nulla) e ci facciamo un altro viaggio di andata e, appena giunti, subito il ritorno!

Una volta scesi prendiamo la 2nd Ave e poi la E 53rd St fino a Park Ave, direzione Seagram Building. Mi fermo un attimo a contemplare l’opera di Mies Van Der Rohe con una bella scultura sul davanti (di cui però non conosco l’autore). Procediamo quindi in direzione Rockfeller Center e, lungo il percorso, ci fermiamo alla St. Patrick’s Cathedral, che ci delude un po’. Non troverete nulla di bello nelle chiese americane. Troppo nuove, troppo finte, troppo copiate allo stile gotico europeo.

Procediamo verso il Rockfeller Center, dove raggiungiamo la piazza al tramonto, accolti dalle luminarie sugli alberi, dalle bandiere mosse dal vento ed dal rumore della fontana su cui svetta un putto dorato mooooooolto tamarro!

Dopo un rapido giretto ci facciamo vincere dalla fame e decidiamo di avviarci verso l’hotel per mangiare in zona Upper West. Prendiamo la metro arancio fino alla 86th St e da lì facciamo la W 87th St (una via stupenda, costellata dalle classiche casette newyorkesi da film: scalette dai grossi corrimano in pietra che conducono direttamente alla porticina in legno con lo spioncino, bow window e lampioncino. Adorabile!) fino ad incrociare Amsterdam Ave.

Da qui saliamo fino alla W 92th fino a giungere alla pizzera Numero 28, consigliata da Trip Advisor. Veniamo accolti con gentilezza in un ambiente davvero confortevole, con frasi italiane scritte alle pareti.

Prendiamo mezzo metro di pizza Reginella: una pizza sottile, con mozzarella di bufala. Ci credete se vi dico che nemmeno in Italia ho mai mangiato una pizza così buona? Bè, credeteci!

MARTEDÌ 28 LUGLIO 2015: NEW YORK

Stamattina decidiamo di provare Starbucks per la colazione. Prendo succo di frutta e torta Lemon Iced, ma purtroppo non c’è posto a sedere quindi ci sediamo su una panchina dello spartitraffico in mezzo alla Broadway. Molto newyorkese fare colazione per strada!

Oggi vogliamo salire sull’Empire State Building, il cui prezzo del biglietto è incluso nel CityPass. Entriamo in una hall tutta in marmo, prendiamo la scale mobili ed incominciamo il percorso INFINITO che ci porta alla biglietteria, poi dentro un corridoio tutto buio con giochi di luce ed infine all’ascensore.

Finalmente arriviamo all’86esimo dove si apre di fronte a noi lo spettacolo dello skyline di New York. Una griglia ci divide dallo spazio vuoto intorno a noi ed un vento sibilante ci stordisce un po’. Facciamo svariate foto e ci prendiamo un po’ di tempo per ammirare in silenzio questa meraviglia. Dall’Empire si vede tutto: il Chrysler, Central Park, la Freedom Tower, il Flatiron Building e persino la Statua della Libertà. Un’esperienza irripetibile! Scendendo ci fermiamo allo Shop, dove vorrei tanto comprarmi il peluche gigante di King Kong, ma E. mi trascina verso l’uscita. Peccato!

Procediamo a piedi fino al Flatiron Building, che posso fotografare in lungo e in largo grazie alla luce meravigliosa che oggi illumina New York.

Io voglio mangiare a tutti i costi alla Birreria di Eataly, tanto decantata dalla Lonely Planet. Saliamo quindi all’ultimo piano dell’edificio e usciamo sulla terrazza della Birreria. Preso in mano il menù ci rendiamo conto che sarà un pasto mooooolto costoso. Decidiamo quindi di prendere la cosa meno cara del menù: un piatto di salumi a testa. Quattro fette (e dico 4 di numero) di prosciutto, una dozzina di fettine di cacciatorino del diametro di circa 3 cm, una birra e una CocaCola ci costano la bellezza di 45$. Mai più!

Procediamo a piedi fino a Union Square (che non ci sembra granché, forse perché non è giorno di mercato), quindi prendiamo la metro per Brooklyn Bridge: vogliamo andare ad attraversare proprio il famoso ponte! All’uscita dalla metro troviamo due chioschetti, uno dei quali (il Koki&Vegi) vende smoothies. Stanca e accaldata ne prendo uno all’ananas e pesca, che in seguito decreterò essere il migliore dell’intera vacanza. Delizioso!

Ci incamminiamo quindi per il Brooklyn Bridge e già dopo pochi metri questa mi sembra essere una pessima, pessima idea! Il sole è a picco, fa un caldo immane e l’asfalto è rovente. Appena giunti all’altezza di FDR Drive, dove il ponte comincia ad essere davvero un ponte, il caldo lascia un po’ il posto alla meraviglia ed allo stupore. Il Brooklyn Bridge non è particolarmente “bello” ma è incredibilmente affascinante, e soprattutto è spettacolare lo skyline di Manhattan.

Anche l’ultimo pezzo è bruttino: una volta superato il fiume bisogna camminare ancora un bel chilometro prima di poter scendere nel quartiere sottostante. Scesi dal ponte giriamo a destra, scendiamo per Poplar Street fino al lungofiume dove decidiamo di riposarci sul praticello che costeggia proprio il Brooklyn Bridge Park. La vista è stupenda, ma ancora di più è stupendo potersi togliere le scarpe e rilassarsi in un silenzio quasi totale. La vista di Manhattan da qui è impressionante: sembra quasi di vedere un grande dipinto, non ti sembra vero!

Poco dopo riprendiamo il cammino e, prendendo Furman Street in direzione nord e passando sotto il Brooklyn Bridge, arriviamo al quartiere Dumbo. Qui vediamo da vicino il bellissimo Manhattan Bridge (che, volendo guardare, è pure più bello del Brooklyn Bridge, ma non è pedonale, ci passano solo auto e la metropolitana). Giriamo per Washington Street e poi Front Street; ed è all’angolo di questa due strade che vediamo uno degli scorci più di belli di New York: uno dei piloni del Manhattan Bridge incorniciato dai bei palazzi in mattoni che contraddistinguono il quartiere Dumbo.

Entriamo nel Deli Peas&Pickles, dove facciamo merenda, poi riprendiamo il Brooklyn Bridge al contrario per tornare verso Manhattan con lo spettacolo del tramonto.

Siamo veramente cotti! Questo è stato in assoluto il giorno più stancante passato a New York, sia per i km percorsi sia per il sole preso. Finito il ponte prendiamo la metro verde fino a Grand Central dove scendiamo per cenare all’Everyday Gourmet Cafè: una certezza. Finita la cena procediamo a piedi per Times Square, dove prendiamo la metro rossa fino all’ 86th per tornare in hotel. Buonanotte!

MERCOLEDÌ 29 LUGLIO 2015: NEW YORK

Dopo la colazione da Starbucks ci dirigiamo alla solita fermata 86th dove prendiamo la metro rossa fino a Canal Street: oggi vogliamo vedere Chinatown e Little Italy.

Appena incrociamo Mulberry Street non possiamo resistere al fascino di Little Italy e ci immergiamo completamente in questa folle via. Un idrante dipinto con la bandiera italiana, musica napoletana che esce dai ristoranti con le tovaglie a quadri bianchi e rossi, luminarie ovunque e infine lo stupefacente “Christmas New York”, un negozio che vende decorazioni natalizie 365 giorni l’anno!

Io che adoro il Natale non posso resistere ed entro nel negozio tutto addobbato con cose bellissime e trashissime allo stesso tempo! Prendiamo un po’ di decorazioni per noi e per amici e parenti e ci facciamo personalizzare ogni pezzo da una ragazza che scrive veramente bene!

Svuotati i portafogli (fisicamente proprio, visto che non ci hanno preso la carta di credito), andiamo verso Chinatown, dove visitiamo il Mayhana Temple, un tempio piccolo ma molto bello, con un Buddha dorato gigante all’interno. Colpiscono moltissimo gli altarini ai defunti, nei due angoli opposti all’altare col Buddha, dove i parenti non lasciano fiori come da noi ma cibo: frutta e addirittura brioche!

Riprendiamo a camminare per Canal Street, dove assistiamo ad uno spettacolo senza paragoni: un vero mercato cinese con pesce e verdure mai viste, nessun suono inglese, nessuna faccia occidentale a parte noi due. Sembra di stare dall’altra parte del mondo! Che volendo ben guardare noi siamo già dall’altra parte del mondo, ma pensavamo di stare nella parte ovest e invece, in questo angolino di New York, sembra di essere stati catapultati all’improvviso nella parte est. Che spettacolo!

Decidiamo di prolungare la nostra permanenza in quest’atmosfera incredibile mangiando in un ristorante cinese, in cui noi siamo gli unici clienti non cinesi! Il locale si chiama 456 Shangai Cusine. Qui ci servono un tè caldo al posto dell’acqua, una ciotola di riso perfettamente formato a creare una sfera ed una zuppa strana, molto densa e un po’ viscida (ma dal sapore gradevole). Prendiamo pollo con verdure, pollo caramellato con sesamo e involtini primavera. Abbondante e buono! Con 35$ mangiamo fino allo sfinimento.

Siccome questa sera vogliamo salire sul Top of the Rock per vedere New York by night decidiamo di non stancarci troppo durante la giornata, quindi subito dopo pranzo torniamo in hotel per riposarci.

Dopo un po’ di relax riprendiamo la metro fino a Washington Square Park. All’uscita della metro, proprio sulla 6th Ave, la nostra attenzione viene catturata da un campetto da basket visibile dalla strada attraverso la rete, dove si sta svolgendo una partita tra giovani adolescenti afroamericani. Dall’altra parte della rete, un gruppo di rapper seduti su delle sedioline da campeggio sta rappando in tutta naturalezza, con una base di sottofondo proveniente dalla classica radiolina portatile. Scene da film!

Insieme ad altri turisti e curiosi rimaniamo a vedere la partita fino alla fine, poi ci dirigiamo verso il Greenwich Village. Qui, all’angolo tra la 6th Ave e Greenwich Ave veniamo catturati da Olio e Più, un locale molto carino ricoperto di vegetazione e disseminato di tavolini all’aperto in stile shabby chic. Ci fermiamo a bere un cocktail, poi proseguiamo lungo la 6th Ave, dove vediamo una biblioteca a forma di castello (stupenda!). Giriamo quindi sulla W10th St e arriviamo a Grace Church, altra chiesa famosa, dove è appena finita una funzione con concerto: peccato! La chiesa comunque è come tutte le chiese newyorkesi: un po’ fintarella.

Proseguiamo quindi per Astor Place fino a St Mark’s Place, via famosa per i punk ed i locali molto alternativi. Fidatevi: non perdete tempo ad andarci! La Lonely Planet la descrive come un luogo affascinante, ma in realtà è un’unica via piuttosto corta che inizia e finisce in totale anonimato. Ti accorgi di non essere nella via sbagliata solo perché effettivamente è un susseguirsi di locali alternativi; che però più che affascinanti definirei tristi e senza senso.

Scendiamo quindi lungo la Bowery fino ad incrociare la Phebe’s Tavern&Grill, uno dei posti più buoni in cui abbiamo mangiato! Io prendo un sandwich al pollo con pomodori, mozzarella e basilico. Buonissimo! Le patatine sono fritte con la buccia e sono presentate in una ciotolina di metallo. Rustico ma chic al tempo stesso. Spendiamo circa 35$ in due.

Torniamo sulla E 4th Ave e attraversiamo Washington Square Park di sera dove vediamo l’arco illuminato, la fontana piena di gente e, da lontano, la bellissima Freedom Tower illuminata. Che spettacolo!

Decidiamo di prendere la metro in direzione Rockfeller Center, ma quando scendiamo sul binario succede il guaio! Bisogna sapere che la metro americana non è come la metro italiana. Lì quando le porte si chiudono, di chiudono! E se rimani giù sono fattacci tuoi! E non succede nemmeno come a Milano, che le porte si riaprono due o tre volte perché c’è sempre qualcuno che si butta all’ultimo o che sta davanti alla fotocellula. No: lì il treno arriva, apre, chiude e via, in un battibaleno! Per questo motivo bisogna stare molto attenti a non prendere il treno se sta già per chiudere le porte perché qualcuno che è con voi potrebbe rimanere giù! Cosa che succede a me, quando E. si lancia sulla carrozza mentre le porte si chiudono e io, che ero dietro di lui, rimango lì bloccata a fissare la porta chiusa! Rideremo di questa cosa per tutta la vacanza, e anche dopo!

Arriviamo finalmente entrambi, vivi e riuniti, al Rockefeller Center! La prossima salita disponibile è alle 10,20, quindi usciamo nella piazza e attendiamo per un’oretta seduti su una panchina osservando le luci, la fontana, la folla. Alle 10,20 saliamo: arriviamo sulla terrazza e ci rendiamo conto che i vetri di protezione rovinano pesantemente la vista! Per fortuna, superato il primo livello (che è pure abbastanza bruttino) ed il secondo livello, troviamo delle scalette un po’ nascoste che portano su una terza terrazza, più piccola ma senza parapetti, da cui si vede tutta New York illuminata. Che dire? WOW!

Dopo la visita fuggiamo in hotel stanchissimi e, dopo una doccia, ci addormentiamo profondamente.

GIOVEDÌ 30 LUGLIO 2015: NEW YORK

Oggi piove quindi, dopo una lunga colazione da Starbucks, decidiamo di andare al MET. Raggiungere l’Upper East Side dall’Upper West Side è veramente scomodo! Non c’è infatti una linea metropolitana che taglia Central Park, ma bisogna o salire o scendere e poi spostarsi verso est.

Arriviamo all’imponente MET, situato lungo il perimetro di Central Park, entriamo, cambiamo i biglietti del CityPass con i biglietti originali del museo e ci lanciamo nell’ala Antico Egitto.

Da vedere assolutamente la sala del Tempio di Dendur! L’ambiente ricorda una grande serra, con una parete interamente fatta di vetro, inclinata, e affacciata direttamente sugli alberi di Central Park.

Il tempio sta in mezzo alla grande sala, su un piano leggermente sopraelevato e introdotto da una grande vasca d’acqua. Tutto è incredibilmente monumentale.

Segnalo inoltre la galleria asiatica con l’Astor Court Gallery, la Charles Engelhard Court e la sala 823, dove sono esposti i Cipressi di Van Gogh, che definire spettacolari è riduttivo.

Usciamo dal museo, appagati e affamati. Ci coglie però una pioggia scrosciante e, senza ombrello, corriamo dall’altra parte della strada, dove ci rifugiamo insieme a tanti altri turisti, sotto la pensilina di un hotel in attesa che spiova. Dopo qualche minuto smette di piovere e ne approfittiamo per correre da Dean&DeLuca, consigliatissimo da TripAdvisor e situato lì vicino, al 1150 di Madison Ave. Si tratta di una specie di Eataly versione americana, ma con radici italiane. Dentro si può trovare il banco rosticceria, panini e focacce, il bar e un vero e proprio mercatino di prodotti naturali (formaggi, dolci, vini, gadget).

Noi ci facciamo ingolosire dai piatti già pronti al banco rosticceria e ci apprestiamo a prenderci una delle più grandi fregature della vacanza. Prendiamo 2 porzioni di pasta e di pollo, Coca Cola e birra, spendendo la bellezza di 50$! Inoltre ci accorgiamo solo allora che non ci sono tavolini all’interno del locale e che gli unici posti a sedere sono i 6 sgabelli lì accanto, tutti occupati. Attendiamo in piedi la bellezza di 15 minuti. La pasta con pollo e peperoni è buona ma scotta (come tutte le paste mangiate in America), mentre il pollo è immangiabile, e pure la birra è imbevibile! Delusione!

Mangiamo rivolti verso la vetrina, godendoci lo spettacolo della pioggia che nel frattempo si è trasformata in diluvio universale! Qui succede una cosa molto buffa: i nostri telefoni emettono un suono strano, come una piccola sirena, e notiamo che ci è arrivata una strana notifica: un’allerta meteo che prevede alluvioni per quel pomeriggio alle 16:30 (che precisione!) e raccomanda di evitare le zone a rischio.

A questo punto ammettiamo l’impossibilità di visitare qualsiasi altra cosa e ci arrendiamo all’idea di prendere un taxi e tornare in albergo a riposarci. Siamo distrutti, quindi ci addormentiamo di brutto e ci risvegliamo alle 18! L’allerta meteo è passata e, anzi, ora splende il sole.

Decidiamo di tornare a cena da Numero 28, dove replichiamo una pizza Reginella e ci aggiungiamo un notevole tortino al cioccolato, serviti da un gentilissimo cameriere originario del Montenegro che parla molto bene l’italiano.

Riposati dal pomeriggio di sonno decidiamo di recuperare il tempo perduto con una bella serata a Times Square. Facciamo un giretto all’Hard Rock Cafè, poi proseguiamo poi per gli altri negozi (Levi’s, Swatch, Toys’R’us) e alla fine ci facciamo incantare dallo spettacolo meraviglioso di Times Square.

VENERDÌ 31 LUGLIO 2015: NEW YORK

Vogliamo uscire presto perché la meta di oggi è Liberty Island dove vedremo finalmente la Statua della Libertà! Per fortuna il giorno prima avevamo visto un cartello sulla metropolitana che avvisava chi volesse raggiungere South Ferry (il capolinea della linea rossa) che per poter scendere a quella fermata era necessario salire sulle prime 5 carrozze del treno. Facciamo quindi così: ci mettiamo sulle prima carrozze e viaggiamo a lungo prima di arrivare a South Ferry.

Giunti a Battery Park, il molo, cambiamo i biglietti e facciamo un lungo percorso prima di arrivare ai controlli. Qui ci rendiamo conto di quanto sia stata una buona idea arrivare così presto (sono circa le 9 del mattino): il lungo percorso è infatti pensato per affrontare le lunghe file che si creeranno tra qualche ora (mentre ora è deserto).

Il traghetto si ferma alle spalle di Lady Liberty e da qui comincia il tragitto sotto il sole (per fortuna breve) per poterla vedere dal davanti. Purtroppo non possiamo salire sulla corona (i biglietti sono esauriti 6 mesi prima) né sul piedistallo (per il quale non avevo capito che si dovesse prenotare), ma ci accontentiamo di poterla osservare da ogni angolazione dal basso!

Ci imbarchiamo quindi sul traghetto di ritorno, che passa da Ellis Island, dove visitiamo brevemente l’Ellis Immigration Museum. L’edificio è molto bello ma la mostra in sé, per chi non ha antenati che sono passati di qui, è un po’ noiosa.

Torniamo quindi col traghetto a Battery Park e prendiamo la Broadway fino al Bowling Green dove troviamo il Charging Bull (ovvero il famoso toro in carica) di Arturo di Modica, completamente sommerso da una folla agguerritissima che tenta di farsi fotografie da ogni angolazione!

Sgomitando tra la folla riusciamo a farci alcune foto sia sul retro del toro (ovviamente toccandogli le palle, come da tradizione!) che (più difficile!) sul davanti.

Proseguiamo poi fino ad incrociare Trinity Church e lì, sulla destra, prendiamo Wall Street dove vediamo la Borsa. Affamati, risaliamo verso Fulton Street e mangiamo da GRK (al 111 di Fulton St), un fast food greco consigliatissimo da Trip Advisor. Qui scegli gyro (panino) o plate (piatto), il tipo di carne (chicken, pork, ecc), il tipo di tzaziki (salsa) e poi il contorno (riso o patatine, ecc). Spendiamo meno di 25$ in due e mangiamo molto bene!

Usciti da GRK procediamo verso il World Trade Center lì vicino, facendoci guidare dalla Freedom Tower che svetta su tutti gli altri grattacieli della City. Passiamo di fianco ad un cantiere dove si intravede la grande opera di Santiago Calatrava, già quasi completata, ed arriviamo alle due vasche d’acqua del World Trade Center. Qui, fino al 2001 si trovavano le Torri Gemelle, ora sostituite da queste enormi voragini riempite d’acqua. Attorno alle vasche corre un parapetto in metallo dove sono incisi i nomi di tutte le vittime dell’11 Settembre. Di fianco alle vasche, una struttura in vetro dalla forma irregolare, segnala l’ingresso al Museo, realizzato nelle fondamenta di una delle due torri e allestito veramente bene. Ciononostante gli oggetti esposti mi hanno lasciata piuttosto perplessa e, nel complesso, abbastanza infastidita. Credo sia inutile raccontare la storia di una tragedia e di un atto terroristico esponendo il peluche della tal bambina morta perché si trovava con la madre a passare di lì ecc.ecc. Si sa che agli americani piace trasformare ogni cosa in una grande messa in scena, ma a sto giro hanno davvero esagerato. Suggerisco ai curatori di andarsi a studiare il Jewish Museum di Berlino per vedere come si può raccontare una tragedia senza scadere nel becero sensazionalismo.

Risaliamo dal museo e andiamo alla Freedom Tower, di una bellezza davvero unica. La forma particolare crea un effetto ottico sensazionale: quando ci si mette proprio sotto l’ingresso e si guarda verso l’alto, il grattacielo sembra non finire mai! Spettacolare!

Vorremmo salire sulla terrazza panoramica (aperta da poco), ma la prima salita disponibile è alle 19,45 e sono solo le 16! Decidiamo quindi, con mio immenso rammarico, di abbandonare il progetto di salire e decidiamo di spostarci dall’altra parte della città, ad Harlem. La Cathedral of Saint Johns The Divine è la prima chiesa che vedo a New York a non sembrarmi finta: fuori è molto bella e appare anche abbastanza antica, nonostante poi gli interni non siano all’altezza dell’apparenza esterna.

La Columbia University invece è piuttosto deludente. Sarà che è agosto ed è quindi completamente deserta, ma devo dire che nel complesso non c’è praticamente nulla da vedere.

La sera ceniamo al ristorante messicano Rosa Mexicano davanti al Lincoln Center. Qui attendiamo più di mezzora per avere un tavolo. Una volta seduti il servizio è veloce, anche se il cameriere insiste un po’ troppo per farci prendere più di un piatto a testa. Spediamo in due circa 57$.

SABATO 1 AGOSTO 2015: NEW YORK

Oggi finalmente è arrivato il momento di visitare Central Park!

La vicinanza dell’hotel al parco ci consente di raggiungerlo a piedi e di entrarvi all’altezza della W 85th St da cui partono vari sentieri, tutti in leggera salita/discesa. La nostra meta è il Belvedere Castle, situato proprio a metà del parco. Orientarsi senza mappa non è facilissimo (avendo i sentieri percorsi irregolari), ma per fortuna una guida del parco incontrata per caso ci vede un po’ indecisi e ci chiede se abbiamo bisogno di aiuto, porgendoci una mappa del parco. Angelo salvatore!

Arriviamo in poco tempo ad una casetta in legno dietro la quale c’è il bellissimo Shakespeare Garden (che attraversiamo scattando foto ai bellissimi fiori ed alle panchine in legno in stile molto fantasy) ed arriviamo al Belvedere Castle: una stupenda struttura in pietra costituita da una piccola piazzetta, una pensilina con vista sul laghetto sottostante ed un mini-castello.

Procediamo verso sud percorrendo stradine sperdute in mezzo a fitti alberi e vegetazione di vario tipo. Non diresti mai di essere in piena città! Arriviamo quindi al famoso The Loeb Boathouse, il famoso ristorante sul lago dietro il quale scorgiamo un approdo di barche e scopriamo che per circa 10$ si può noleggiare la barca per mezzora. Entusiasti ci lanciamo su una di queste barchette metalliche e ci facciamo spingere in acqua dall’addetto, poi E. inizia a vogare. Spettacolo!

Scorgiamo subito la Bethesda Terrace con l’omonima fontana, famosissima per la varie scene di film che vi sono state girate e procediamo lungo il lago, passando sotto il Bow Bridge (altro set di moltissimi film) attualmente in ristrutturazione.

Il giro in barca si rivela un’esperienza davvero meravigliosa, in cui scorgiamo perfino decine di tartarughe intente a prendere il sole! Inoltre dal lago si vedono scorci di New York davvero inediti. Lo consiglio assolutamente! Nel ritorno verso il deposito barche remo un po’ anche io e ci prendo gusto, senonché si sono fatte le 11 ed il laghetto si è riempito, per cui iniziano gli scontri e gli incastri con le altre barche!

Riconsegnata la barca andiamo alla Bethesda Terrace e ci facciamo un po’ di foto davanti alla Bethesda Fountain.

Ho fame e voglio assolutamente provare Shake Shack prima di lasciare New York, quindi usciamo da parco e risaliamo fino alla W 77th St. Facciamo una fila lunga ma scorrevole e prendiamo un hamburger per E. ed un Chicken Hot Dog con Cheese Fries per me. Che delizia! Un pranzo ottimo (ovviamente parliamo di un fast food, quindi aspettatevi panini unti, non piatti gourmet!) per soli 23$!

Dopo pranzo rientriamo a Central Park e percorriamo il Mall fino al bellissimo ponticello sospeso sul The Pond, il laghetto affacciato proprio sull’Hotel Plaza. Che vista magnifica!

Usciamo quindi da Central Park, stanchi ma rinvigoriti da questa passeggiata in questo luogo così rilassante, e ci dirigiamo verso il Guggenheim Museum con la metro verde.

Il Guggenheim è esattamente come me lo aspettavo: un’architettura meravigliosa (sia dentro che fuori) con un’esposizione insignificante. Unica perla: l’opera Daddy Daddy di Maurizio Cattelan posta proprio alla fine della grande spirale da cui si scende visitando il museo in discesa.

A questo punto mi manca solo una cosa fondamentale da vedere: il murale Crack is Wack di Keith Haring, all’interno del parco omonimo situato nel quartiere Harlem, a ridosso del Bronx. Riprendiamo quindi la metro verde in direzione Uptown e scendiamo alla 125th, ma la cosa si rivela ben presto una pessima idea!

Ci rendiamo subito conto di essere in estrema periferia, con negozi non proprio rassicuranti e marciapiedi popolati di afroamericani vestiti da rapper e latinos con bandane, catene al collo, ecc. Ci fingiamo completamente a nostro agio e procediamo a passo svelto senza far sentire che siamo italiani. Purtroppo però ci rendiamo ben presto conto di non sapere proprio che direzione prendere e di essere passati ai raggi X da ogni persona che incontriamo per strada (tutti uomini, peraltro), quindi decidiamo di fare un rapido dietrofront e tornare alla metropolitana. Niente Crack is Wack! Peccato!

Decidiamo di andare a Times Square, dove ci fermiamo da H&M per un po’ di shopping, poi ci dirigiamo al The View, il locale famosissimo per il suo piano rotante. Da qui, comodamente seduti al tavolino del bar/ristorante, si può vedere la città a 360° in meno di un’ora! Decidiamo di non mangiare per contenere le spese, ma spendiamo comunque più di 50$ per due drink! Ma ne vale la pena, la vista è spettacolare. Tornati in hotel ci apprestiamo a fare le valigie…Domani si parte per Washington!

DOMENICA 2 AGOSTO 2015: WASHINGTON D.C.

Ultima colazione newyorkere dopodiché salutiamo per l’ultima volta il Belnord Hotel e prendiamo un taxi.

Arriviamo a Penn Station con largo anticipo e aspettiamo circa un’oretta prima di salire sul treno Amtrack. Il treno è comodo e confortevole, ma è veramente veramente freddo a causa dell’aria condizionata altissima! Io mi infilo un paio di leggings lunghi sopra quelli corti e una felpa e osservo il panorama fuori dal finestrino. Ho sempre adorato viaggiare in treno!

Dal finestrino vediamo paesini pazzeschi: degno di nota è sicuramente il paesino di Elizabeth nel New Jersey, ma anche vedere da lontano i grattacieli di Philadelphia provoca una certa emozione!

Arriviamo alla Union Station di Washington alle 12:35 e, appena fuori dalla stazione, scorgiamo subito il Campidoglio, la cui cupola purtroppo è tutta impacchettata causa restauro!

Prendiamo un taxi, direzione Foggy Bottom, dove c’è il nostro hotel, il George University Inn.

Il taxi ci costa poco più di 20$, ma sono ben spesi considerato che la metropolitana di Washington è molto particolare e non ci sono fermate vicinissime al nostro hotel.

L’hotel è molto bello (anche se non nuovissimo) e la camera è GIGANTESCA! Dico solo che per andare in bagno dalla camera c’è un corridoio! Lati negativi della stanza: la moquette. Lati positivi: la macchinetta del caffè in stanza, la gentilezza del personale.

Ci rinfreschiamo un attimo e usciamo subito a pranzo. Lungo la via dell’hotel vediamo delle casette spettacolari, tutte colorati con toni pastello e tutte corredate da giardinetto e cancelletto molto fiabesco.

Ci fermiamo a mangiare al vicino Potbelly Sandwich, al 616 della 23rd St NW. Qui mangio il panino al pollo con cheddar più buono che abbia mai assaggiato nella mia vita!

Scendiamo nella stazione della metropolitana di Foggy Bottom e, con un po’ di fatica, prendiamo il biglietto per Capitol South (il biglietto si paga in relazione alla stazione in cui si scende ed i prezzi variano da giorni lavorativi a giorni feriali. Noi spendiamo 2,75$ per fare otto fermate).

Rimaniamo colpiti dal lusso di queste vetture: i sedili sono di pelle e sul pavimento c’è la moquette!

Arrivati a Capitol City ci accoglie il deserto! Per strada non c’è nessuno e l’unico essere vivente che incontriamo è uno scoiattolo che gioca con noi a nascondersi!

La città ci sembra subito un po’ finta: troppo pulita, troppo precisa, nulla fuori posto, nessuno in giro! Sembra di stare in una specie di Truman Show: quando saremo passati, dei tecnici smonteranno questa scenografia da “città perfetta” e la riporranno da qualche parte!

Il Capitol è davvero molto bello, ma le foto sono rovinate dall’evidente impalcatura, quindi non ne scattiamo molte. Purtroppo durante la giornata scopriremo che i lavori non riguardano solo il Capitol ma anche tutto il Mall e che questi dureranno fino al 2017!

Passeggiamo poi per il Mall in direzione ovest dove vediamo il particolarissimo Smithsonian Castle. Dopodiché e raggiungiamo il meraviglioso National Sculpture Garden dove finalmente vedo dal vivo opere di Sol Lewitt, Alexander Calder e Roy Lichetenstein!

Ci rilassiamo alla grande fontana centrale che, oltre ad essere bella, è piacevolissima perché vi si possono pucciare i piedi! Stiamo un po’ con i piedi a mollo e ci godiamo il fresco e l’ombra, poi concludiamo il giro vedendo opere di Robert Indiana, Louise Bourgeois e Claes Oldenburg.

Usciti dal National Sculpture Garden procediamo a piedi fino all’Ellipse e poi alla Casa Bianca, davanti alla quale c’è ovviamente una piccola folla intenta a scattare foto. Ci aggiungiamo a questo piccolo assembramento di persone e riusciamo a scattare e scattarci alcune fotografie.

A questo punto facciamo il giro passando da destra e arriviamo sul retro della Casa Bianca, su Pennsylvania Ave dove parecchia gente (che scatta foto, canta o protesta) intasa la strada.

Fatte alcune foto anche da dietro e ammirato il candore davvero incredibile della casa, procediamo in direzione del ristorante Founding Farmers (al numero 1924 di Pennsylvania Ave), acclamatissimo dalla Lonely Planet. Qui attendiamo la bellezza di 1 ora e mezza per avere un tavolo! Il posto è particolare, reso ancora più caratteristico da decine di grossi vasi in vetro pieni di frutta e verdura credo sotto spirito.

Ordiniamo Crispy Shrimps per me e uno stufato per E., ma entrambi i piatti non ci sono (che stranezza!), quindi opto per Fish and Chips: discreto ma non eccelso.

Mangiamo bene, ma ad essere sincera non rimarrà nella nostra memoria come un posto eccezionale. Il tutto per 66 $. Stremati, raggiungiamo a piedi l’hotel e crolliamo nel letto!

LUNEDÌ 3 AGOSTO 2015: WASHINGTON D.C.

Questa mattina vorremmo fare colazione da Starbucks ma troviamo prima Devon&Blackery, una catena simile a Starbucks (ma più ricca e “colorata”) dove prendiamo muffin gigante e succo di frutta fresco per me, caffè americano e brioche per E. Tutto molto buono!

Finita la colazione ci avviamo a piedi verso il Mall, dove vediamo il Vietnam Veterans Memorial di Maya Lin (molto bello), e poi il Lincoln Memorial! Che emozione! L’interno è affollato, ma il biancore delle pareti trasmette una pace incredibile.

Procediamo quindi a piedi fino al Washington Monument dove abbiamo appuntamento per la salita delle 12:00 (prenotata con largo anticipo facendomi recapitare i biglietti direttamente a casa). Qui ci dispongono ordinatamente in gruppi e dopo pochi minuti ci fanno salire con l’ascensore. Rimaniamo subito colpiti dalla vista stupenda. Due finestrelle quadrate per ogni lato permettono di vedere dall’alto monumenti come il Capitol, la Casa Bianca, il Lincoln Memorial e il Jefferson Memorial, con la sua bellissima cupola tonda. Molto lontano si scorge anche il Pentagono, con la sua forma caratteristica! Wow!

Quando scendiamo è l’1 del pomeriggio e fa caldissimo, motivo per cui nostri propositi di andare fino all’Arlington National Cemetery a piedi vengono meno! Prendiamo quindi un taxi che per 11 $ ci porta a pochi metri dall’ingresso del cimitero.

Il cimitero è visitabile in due modi: a piedi oppure su una navetta da cui puoi scendere e risalire quando vuoi (costa circa 22$ a persona). Decidiamo di farcela a piedi, visto che è giust’appunto l’1 del pomeriggio e ci ingolosisce l’idea di camminare per chilometri in un cimitero sotto il sole cocente!

Prendiamo Eisehower Dr dove, a poche decine di metri dall’ingresso, ci scontriamo nientemeno che con un funerale militare che sembra proprio uscito da un film: inno e soldati e cavallo. Ovviamente la nostra sosta lì finisce presto perché una specie di buttafuori afroamericano di 200 Kg arriva a dirci che non possiamo stare lì!

Procediamo quindi con la visita tra prati sconfinati disseminati di lapidi bianche ordinatamente disposte in file, fino ad arrivare all Milite Ignoto proprio in tempo per il cambio della guardia.

Usciti dal cimitero sono particolarmente ansiata dal fatto che non troveremo mai un taxi per tornare in città. È vero che ci sono bus e pure la fermata della metropolitana, ma oltre ad essere lontana, non porta nemmeno dove vogliamo andare, ovvero a Georgetown.

E invece colpo di fortuna! Becchiamo una famiglia che sta scendendo da un taxi, che peraltro è in divieto di sosta! Mentre la sicurezza del cimitero smadonna contro il malcapitato tassista, noi approfittiamo del suo stato di confusione e ci saltiamo sopra, per apprendere subito che è il suo primo giorno di lavoro, motivo per cui non sapeva di essere in divieto di sosta in quel punto!

Arriviamo a Georgetown dove rimaniamo talmente affascinanti dalla sua bellezza del posto che ci dimentichiamo che è ora di pranzo! Sembra infatti di stare in una specie di Far West moderno in cui una serie di splendide casettine in muratura si affaccia su una via brulicante di vita.

M Street è infatti la via dello shopping, dei ristoranti ed in generale della vita a Georgetown.

Il motivo per cui volevamo visitare questo quartiere era proprio dato dal fatto che tutte le guide lo dipingono come un quartiere particolarissimo, in parte residenziale ed in parte commerciale, in cui è possibile respirare la vita di “paese” in una città immensa come Washington DC. E devo dire che Georgetown è anche meglio di quanto pensassimo! Davvero adorabile!

Però la fame prevale, quindi proseguiamo lungo la via piena di ristoranti fino a trovare l’odiatissimo Dean&DeLuca. Ci piace ripetere almeno due volti gli stessi errori quindi, nonostante la brutta esperienza avuta a New York, entriamo anche in questa sede.

Stavolta siamo più accorti: verifichiamo innanzitutto che ci siano tavolini dove mangiare (ce ne sono parecchi fuori, in una specie di veranda aperta che credo chiudano in inverno con dei tendoni cerati) e cerchiamo di essere più oculati nella quantità del cibo e nella spesa.

La seconda esperienza è piuttosto piacevole, ma ribadisco la mia impressione su questo posto così incredibilmente patinato ed invitante: tutto fumo e… poco arrosto!

Rifocillati e rinfrescati riprendiamo M Street decidendo di dirigerci verso ovest fino a raggiungere la Georgetown University per poi tornare indietro sulla stessa via. In realtà M Street non arriva fino all’università, ma bisogna risalire lungo una delle traverse e poi continuare su N Street.

Rimaniamo letteralmente stregati dalla bellezza delle casette affacciate su questa via! Qui si alternano casette di mattoni a vista a casette in legno colorato dalle tinte pastello: sembra di stare in un dipinto!

Alla fine della via si giunge ad una scalinata che porta al piazzale dell’università. Altra meraviglia! Dal dipinto a olio di N Street si passa direttamente alle pagine del libro di Harry Potter: Georgetown University è infatti una specie di Hogwarts con i suoi muri pietra e le torrette culminanti da guglie appuntite, le finestre decorate in pietra e gli scaloni che permettono di raggiungere i portoni in pesante legno. Che meraviglia!

Usciti dall’università facciamo in giro del giardino antistante, poi usciamo dall’ingresso principale che dà su O Street, che percorriamo fino alla 35th, dove scendiamo per riprendere Prospect St NW e vedere un po’ di negozi. Qui incrociamo l’Apple Store, tappa obbligata ma che non produce frutti, poi scendiamo ancora fino a tornare in M Street.

Assetati, ci fermiamo all’americanissimo Old Glory, dove beviamo una birra seduti al bancone, previa dimostrazione tramite passaporto della nostra maggiore età! Ahahaha!

Riprendiamo la passeggiata e ci fermiamo a fare acquisti al negozio Moleskine e a curiosare nella cartoleria Paper Source (dove vorrei comprare tutto ma alla fine mi trattengo e non compro nullla!), ma anche da Diesel e Dr Martins. È quasi ora di cena e io avevo visto, durante la nostra passeggiata, un ristorante spagnolo che mi aveva attirata un sacco! Decidiamo quindi di tirare l’ora di cena passeggiando un altro po’.

Troviamo la Oldest House, la casa più antica di Washington, che purtroppo è già chiusa, ma nel cui giardino è possibile entrare e sedersi un po’ sulle panchine in legno, circondati da rose e altri fiori stupendi. Poi riprendiamo il cammino e andiamo da Bodega, ristorante spagnolo specializzato in tapas dove mangiamo benissimo! La prima impressione non è delle più rosee perché la cameriera fa volare giù dal nostro tavolo il sale (porterà sfiga??) e si scusa dicendoci che oggi è il suo primo giorno di lavoro. È la giornata dei primi giorni di lavoro oggi?? Ci rilassiamo ammazzandoci di tortilla spagnola, calamari fritti e chorizo alla piastra (di cui facciamo pure il bis!) con sangria. Qui ci chiedono il documento per la seconda volta!

Dopodiché procediamo a piedi lungo M Street fino ad incrociare la 23rd Street e torniamo in hotel dove dobbiamo sistemare tutte le valigie per la partenza di domani.

Aggiungo un’appendice per dire che Georgetown è veramente pazzesca e che è da vedere PER FORZA! Vero che il Mall e tutti i suoi monumenti sono imperdibili, ma ritagliatevi del tempo anche per questo quartiere perché è qui che veramente si vede la vita di questa città, non in quella scenografia stupenda ma pure un po’ “artificiale” del Mall!

MARTEDÌ 4 AGOSTO 2015: BALTIMORA / MIAMI

Svegli di buonora, valigie alla mano, lasciamo l’hotel dopo una veloce colazione da Devon&Blackery.

Prendiamo un taxi che per 80$ ci porta all’aeroporto di Baltimora, da cui partirà il nostro volo per Miami.

E qui succede la tragedia.

Arriviamo in anticipo ma incontriamo subito problemi: l’aeroporto sembra parecchio disorganizzato e gli addetti confusi. Dopo una serie di peripezie imbarchiamo il bagaglio e ci mettiamo in fila per i controlli, che lì sono INFINITI! La coda non avanza, tutto si blocca, e centinaia di persone perdono il proprio volo, tra cui noi! Per la prima volta nella nostra vita…proprio il volo per Miami!

Il prossimo volo è la sera stessa alle 20,20: accettiamo di prendere quello (senza pagare un dollaro, si intende, visto che la colpa è stata loro…) e attendiamo tutto il pomeriggio in questo aeroporto maledetto. Il volo della sera parte alle 21,30, con più di un’ora di ritardo.

Di questa esperienza mi rimarrà un profondo odio per Baltimora ed i suoi abitanti (quantomeno quelli che lavorano in aeroporto), tutti incredibilmente scortesi (dagli addetti ai voli ai commercianti dei duty free fino agli operatori dei numerosi fast food e snack bar). Come se non bastasse il volo non passa indolore: numerose perturbazioni ci fanno sballottare pesantemente creando un po’ di panico tra i passeggeri.

Alle 00:30 scendiamo dal maledetto aereo e corriamo al Baggage Claim, recuperiamo i bagagli (non dopo aver litigato con un odioso addetto) e via a prendere il taxi per Miami Beach!

Appena arrivati al Princess Ann Hotel (al 920 di Collins Avenue) veniamo accolti da un simpatico signore che parla uno spagnolo perfettamente comprensibile, ma anche un discreto italiano!

Ponendo fine a questa giornata assurda, saliamo in camera, la 315, (ahimè, l’hotel non ha l’ascensore e la nostra camera è proprio al secondo piano) facendo giusto in tempo a vedere che è carina, confortevole, dotata di frigorifero, minicabina armadio, bagno piccolo ma accogliente e letto comodo…quindi ci addormentiamo di brutto!

MERCOLEDÌ 5 AGOSTO 2015: MIAMI

La mattina successiva svegliarsi è una faticaccia. Scendiamo a fare colazione ma scopriamo con delusione che è piuttosto limitata! Inoltre lo spazio per fare colazione è limitato e spesso si crea la fila nonché un certo sgomitamento per prendere un pezzettino di pane e 2 microvaschette di marmellata.

La prima cosa che noto di Miami è proprio l’afa: un senso di soffocamento ti avvolge costantemente e basta poco per cominciare a sudare. Anche in camera siamo costretti ad accendere l’aria condizionata nonostante non ci stia simpatica proprio a causa dell’altissimo livello di umidità che rende subito fiacchi.

Dopo la colazione, presa dalla stanchezza, mi riaddormento per risvegliarmi alle 10 passate!

Usciamo per vedere un po’ la città e prendiamo Collins Avenue dove, dall’8th St alla 5th St c’è lo Shopping District, ovvero un’infilata di negozi invitanti: Vans, Levi’s, Aldo, Guess, Gap e altri. Procediamo fino alla 5th St dove troviamo la pizzeria Fratelli La Bufala e ci fiondiamo! Prendiamo due Margherite DOP e una caprese al cioccolato: divini! Inoltre il personale è gentile e disponibile e l’aria condizionata non è troppo forte: cosa chiedere di più?

Dopo pranzo percorriamo Ocean Drive e vediamo per la prima volta tutti gli hotel Art Decò più famosi.

Devo ammettere però che l’esperienza mi lascia piuttosto indifferente. In parte perché il caldo prevale anche sull’entusiasmo, in parte perché gli edifici in questione, visti dal vivo e di giorno, perdono un po’ di fascino e di visibilità: le insegne non sono accese e i tendoni dei bar antistanti abbassate, di conseguenza dei palazzi si vede ben poco!

Camminando lungo Ocean Drive si costeggia, sulla destra, il cosiddetto Lummus Park: in realtà un semplice prato costellato di palme che separa la città dalla spiaggia.

Arriviamo fino alla famosa Española Way (dove però ci sono solo ristoranti e forse è più pittoresca di sera) e poi Lincoln Road (in teoria il “centro” di Miami Beach) che però è deserta e un po’ triste.

Torniamo in hotel, prendiamo due teli gentilmente offerti dall’hotel (fortuna che non abbiamo dovuto usare i nostri perché non avremmo proprio saputo dove stenderli per farli asciugare visto le limitate dimensioni del bagno!) e andiamo in spiaggia.

Il bello della spiaggia di Miami Beach è che è enorme e ha le torrette dei guardaspiaggia fighissime! Il brutto è che è super-affollata e che non ci sono tutti i figoni che si vedono nei film, anzi!

L’oceano è caldissimo e a Miami Beach l’acqua si abbassa solo dopo mooooooooooltissimi metri! In più ci sono un po’ di alghe, ma io non sono schizzinosa. Mi faccio il bagno e poi mi addormento di nuovo sulla spiaggia.

Alle 19,00 risaliamo in hotel, doccia e fuori per cena. Optiamo per Española Way, che in effetti di sera è proprio carina: piena di luci, musica, gente! Dico solo che nel giro di 5 minuti sono passati un tizio in bicicletta con lemure vero e vivo nel cestino ed un secondo tizio sempre in bicicletta con boa al collo!

Esaltati dall’atmosfera, affamati e soprattutto mal consigliati da TripAdvisor, ci fermiamo da Piccola Cucina, ristorante italiano.

Riassumo l’esperienza (una delle più spiacevoli dell’intera vacanza) dicendo che il cibo era appena discreto, che non si può fare i fighi con il ristorante italiano e lo chef famoso bla bla bla se poi mi presenti la fettina di limone con l’etichetta ancora attaccata alla buccia, e soprattutto che magari gli stranieri li puoi fregare quanto ti pare e piace, ma un italiano no! E quindi lo scontrino con un piatto sbagliato (22$ invece che 11$) e con 8$ di acqua mai ordinata e mai arrivata te lo contesto senza colpo ferire! Il cameriere ci corregge lo scontrino senza manco chiedere scusa e noi ce ne andiamo senza lasciare nemmeno un dollaro di mancia. Non ci rivedranno mai più, ma intanto gli abbiamo lasciato i 101$ peggio spesi della vacanza. Mannaggia!

GIOVEDÌ 6 AGOSTO 2015: MIAMI

Dopo colazione prendiamo un taxi per andare alla sede di Alamo (al 4332 di Collins Avenue) dove ritiriamo l’auto noleggiata già tempo prima e già pagata. Ci danno una stupenda New Beetle bianca nuova fiammante e partiamo per Key Biscayne dove vogliamo passare la prima giornata in spiaggia dell’intera vancanza!

Non ci fermiamo alla prima spiaggia, quella del Crandon Park, perché avevo letto su un blog che la spiaggia più bella è in realtà quella più a sud dell’isola, all’interno del Bill Baggs Cape Florida State Parks. Paghiamo 8$ per entrare nel parco e parcheggiamo a pochi metri dal famoso faro. Attenzione nella guida perché il parcheggio è pieno di iguane che potrebbero attraversare la strada da un momento all’altro! Infatti ne vediamo qualcuna, ma scappano subito!

Raggiungiamo la spiaggia proprio in prossimità del Lighthouse Cafè, l’unica struttura nel parco, e con 20$ prendiamo ombrellone e due lettini. La spiaggia è mooooooolto più bella di quella di Miami Beach (non c’è proprio paragone) e pure il mare è molto meglio. L’acqua è pulita ad eccezione delle onnipresenti alghe, è calda ed è piuttosto calma.

La spiaggia è ben servita: vicino al bar ci sono docce, bagni, tavoloni e addirittura griglie! Pranziamo al Lighthouse Cafè dove mangiamo bene con 46$ (non pochi ma nemmeno esagerati per gli standard americani): io prendo un sandwich al pollo e patatine fritte, E. un risotto al pesce proprio buono.

Il pomeriggio è all’insegna del relax ed alle 18:00 risaliamo dalla spiaggia. Vogliamo vedere il faro da vicino, ma purtroppo è giù chiuso e non riusciamo a vederlo.

Dopo una doccia torniamo nella pazza Española Way, dove la sera prima avevamo visto la Pizzeria Numero 28: una catena di pizza italiana al metro già apprezzata a New York.

Qui ci troviamo altrettanto bene: la pizza è deliziosa e l’atmosfera piacevole. Consigliatissimo!

VENERDÌ 7 AGOSTO 2015: MIAMI

Oggi decidiamo di andare a vedere la Miami dell’entroterra: direzione Coral Gables. Niente navigatore perché ormai ci sentiamo sicuri di noi! Ovviamente ci perdiamo, e ci ritroviamo nella periferia di Little Havana che in effetti è piuttosto degradata e appare un tantino pericolosa.

Accendiamo il navigatore e arriviamo sani e salvi a Coral Gables, il quartiere residenziale dei ricconi dove infatti, girovagando per le stradine, riusciamo a vedere una sfilza di villoni della madonna! Tutti senza cancelli, con il tipico vialetto davanti a casa, il canestro per giocare a basket in giardino e il macchinone parcheggiato davanti al garage.

Ci spostiamo sempre in auto, perché il quartiere è grande e fa un caldo terrificante. Andiamo prima al Biltmore Hotel, che vediamo solo da fuori, bello e imponente, quindi ci dirigiamo alla famosa Piscina Veneziana dove speriamo di fare un bagno. Poveri illusi: c’è una fila infinita!

La piscina è bella anche se non grandissima, i palazzi in stile veneziano creano atmosfera e gli alberi intorno proteggono più o meno bene dai curiosoni come me che vogliono spiare! Purtroppo non ce la sentiamo di fare la fila quindi niente bagno nella “piscina pubblica più bella di tutti gli USA”. Peccato!

Facciamo ancora un giro tra i villoni, circondati da alberi pazzeschi: una vegetazione così affascinante non l’ho proprio mai vista!

Alle 12:00 abbiamo già fame e ci mettiamo alla ricerca del ristorante spagnolo El Carajo, consigliatissimo dalla Lonely Planet. Sapevamo che il ristorante in questione era ospitato in una stazione di servizio, proprio dietro le pompe di benzina, ma quando arriviamo al numero civico segnato sulla guida vediamo un’insegna che non c’entra proprio niente (ovvero “Food Store & Deli”, scritta a caratteri cubitali sull’edificio). Avrà mica chiuso o cambiato sede?? Giriamo per un po’, convinti che il numero civico segnato sulla guida sia sbagliato, poi, sempre più perplessi, torniamo lì e ci avviciniamo per indagare meglio. E sul vetro della stazione di servizio vediamo finalmente un minuscolo menù targato proprio El Carajo! Trovato!

Nonostante sia collocato all’interno di una stazione di servizio è un ristorante molto tirato, con una parete interamente occupata da vini e persino una cantina climatizzata in bella vista. Insomma, il locale è molto cool, il menù mooooolto interessante (ma per nulla caro) ed i camerieri sono super professionali. Mentre attendi la tua ordinazione puoi persino godere di uno squisito olio, da mangiare col pane servito caldo. Wow! Ci facciamo la più grande e la migliore mangiata di tutta la vacanza: tortilla spagnola, riso con chorizo, pulpo a la gallega e chorizo al vino (D-I-V-I-N-O!).

Dopo pranzo ci dirigiamo a Coconut Grove, altro quartiere cool di Miami. Qui effettivamente c’è un sacco di vita (mentre a Coral Gables le strade sono deserte!) e noi puntiamo al famoso CocoWalk: il centro commerciale all’aperto più famoso del posto. Ci stiamo nemmeno mezzora in quanto, benché la struttura sia davvero bella, i negozi non sono interessanti; anzi sembrano piuttosto scadenti.

Optiamo quindi per un altro famosissimo centro commerciale all’aperto: il Bayside Marketplace, situato a Downtown Miami, dove c’è anche l’Hard Rock Cafè.

Qui girovaghiamo per i negozi e ci beviamo uno smoothie buonissimo con vista sul porto. Dopodiché usciamo dal Bayside Marketplace e ci dirigiamo nel cuore di Downtown.

A pochi metri dal Bayside Marketplace c’è una stazione del Metromover, una specie di metropolitana sopraelevata che viaggia senza conducente ed è pure gratuita! Ci sono 3 percorsi possibili, tutti fatti ad anello. Uno più corto, l’Inner Loop, che facciamo per primo e che si rivela molto carino, ma non eccelso. Gli altri due sono Brickell Loop e Omni Loop. Optiamo per il Brickell e ci posizioniamo proprio in testa alla piccola vettura. Figataaaaaa! Sembra di stare sui primi sedili di una giostra di Gardaland e, anche se la velocità è all’incirca quella di un BrucoMela, l’emozione di stare sospesi e girare tra veri grattacieli non si può spiegare a parole! Assolutamente da provare!

Scesi dal Metromover prendiamo l’auto, lasciata al parcheggio sotterraneo del Bayside, e torniamo in hotel distrutti. Dopo la doccia crollo sul letto e mi risveglio solamente alle 19:00 passate.

Decidiamo quindi di fare un giro serale su Ocean Drive per vedere gli hotel art Decò con le insegne accese. Ora sì che hanno fascino! Inoltre la vera vita è qui, non in Lincoln Rd!

Dopo una passeggiata mi viene fame, quindi ci fermiamo nel locale più appetibile di Ocean Drive, ovvero quello che sa meno di fregatura! È il ristorante messicano Japaleno, dove effettivamente mangiamo bene a prezzi contenuti. Il personale è gentile e viene più volte a chiederci se è tutto ok.

E ora a letto, che domani ci attendono gli alligatori delle Everglades!

SABATO 8 AGOSTO 2015: MIAMI

Oggi sveglia presto perché ci attendono le Everglades: le paludi che compongono uno dei parchi naturali più estesi degli USA.

Ma prima di uscire da Miami Beach facciamo una deviazione sulla spiaggia, a pochi passi dall’hotel, per fotografare le torrette dei guardaspiaggia! Fotografiamo la più bella, quella rosa, e chiediamo al guardaspiaggia di poter salire per una foto, ma questo non ci dà retta perché nel frattempo è scattato un allarme incendio in fondo alla spiaggia, a South Beach. Il tizio parte con il quod in direzione del fumo, seguito da un camion dei pompieri che scende direttamente in spiaggia e da un altro milione di mezzi tra quod, ambulanze, polizia, ecc. A Miami ogni volta che succede qualcosa si mobilita il mondo!

Noi intanto usciamo dalla spiaggia e risaliamo lungo Collins Avenue fino alla 13th St dove, ad angolo tra le due via, c’è il parcheggio che utilizziamo: 20$ per tutto il giorno.

Partiamo per le Everglades, direzione Shark Valley, uno dei tre ingressi principali al parco. Percorrendo la Tamiami Trail ci imbattiamo in una serie di parchi “divertimento” a tema “alligatori” con decine di airboat parcheggiati sull’acqua. Affamati ci fermiamo in uno snack bar gestito da Indiani d’America (questa è la zona dei loro villaggi, come il Miccosukee Indian Village). Qui una signora gentile ci fa il caffè e ci mostra un alligatore che sta dormendo nell’acqua sotto il pontile!

Procediamo poi per Shark Valley e paghiamo i 10$ di ingresso. Parcheggiamo e ci guardiamo un po’ intorno: c’è poca gente e molti cartelli che spiegano a che distanza tenersi dai coccodrilli e che ti raccomandano di non familiarizzare con loro!

Ci informiamo per il giro col pulmino aperto, con tanto di guida. Facciamo il biglietto (22$ a testa) e attendiamo l’orario della partenza girovagando in giro. Ovviamente nel frattempo arrivano 2 coppie di milanesi DOC che cominciano a parlare tra di loro ad altissima voce. È finita la pace!

Prendiamo un percorso su passerella in legno sospesa sull’acqua e completamente circondata di vegetazione, ma non prima di esserci ammazzati di Autan specifico per zanzare tropicali! Non so se funzioni anche contro i mosquitos delle Everglades ma lo scopriremo presto. Qui vediamo il secondo alligatore della giornata, proprio sotto i nostri piedi, a pochi centimetri dalla passerella!

Alle 12,30 parte il tour. Il giro dura 2 ore e, devo ammetterlo, si rivela subito piuttosto noioso. Il paesaggio è stupendo anche se un po’ ripetitivo, ma è la totale mancanza di animali che rende il giro piuttosto noioso. Niente alligatori né tartarughe: solo qualche uccello lontanissimo.

Usciti dal parco torniamo verso Miami e ci fermiamo a pranzare all’Everglades Park. Qui mangiamo pollo e alligatore fritto (che sa vagamente di pesce ed è molto ciccoso). Il posto organizza anche gite in airboat, ma la struttura non ci fa impazzire e tra l’altro comincia a diluviare! E pensare che la mattina c’era un tempo splendido! Ma la Florida è così…

Nel frattempo io scopro di avere uno sconto per il Gator Park: decidiamo quindi di dirigerci lì visto che comunque si trova sulla strada di ritorno per Miami. Il tempo però non ci asseconda e più ci avviciniamo al parco più diluvia! Smette e poi ricomincia! Decidiamo comunque di prendere i biglietti per il tour perché ci sembra che i nuvoloni si stiano muovendo. Infatti il tempo di prendere i biglietti (circa 25$ dollari a testa, meno lo sconto di circa 3$ che avevo) che il cielo si apre un pochino. Assistiamo al breve show di questo esperto di alligatori che scherza con scorpioni, un ranocchio gigante, un pappagallo e alcuni alligatori di varie età e dimensioni. Un po’ trash ma molto divertente!

Il cielo continua a non promettere bene, ma noi saliamo comunque sul successivo airboat (che poi scopriamo essere il penultimo della giornata) guidato da un ragazzo molto giovane. Il primo tratto è lento: il ragazzo si ferma spesso per farci vedere l’acqua popolata da pesci, qualche tartaruga e per permetterci di fotografare i begli uccelli sugli alberi che circondano il “canale” della palude. Ad un certo punto dice qualcosa in un inglese mooooolto americano che io interpreto così: “Ora comincerò ad andare veloce quindi mettete via tutto quello che non volete perdere o bagnare. Inoltre questo è il momento giusto per mettersi i tappi nelle orecchie”. Mi guardo intorno e TUTTI sull’airboat si mettono i tappi. Tutti tranne noi due, che di tappi non ne avevamo proprio! Panico!

E infatti il tizio tira un’accelerata della madonna, facendo un rumore tipo aereo in decollo. Senza tappi e, OVVIAMENTE, seduti proprio nelle ultime panche dell’airboat il rumore è piuttosto significativo!

Sintetizzerò questa esperienza dicendo che è stata una delle cose (o forse LA COSA) in assoluto più fighe di questa vacanza, e comunque una delle più folli in generale della mia vita! Fatelo assolutamente o non potrete dire di essere stati nelle Everglades!

Purtroppo non saprei dire quale fosse la velocità dell’airboat ma posso dire che andava davvero come una scheggia e, cosa ancora più sorprendente e più figa, il tizio ci faceva fare tutte le curve di traverso (!!!) fino al definitivo testacoda! UNA ROBA PAZZESCA!

Ma soprattutto devo dire che alla fine anche il fatto di fare il giro con il tempo un po’ altalenante si è rivelata una scelta vincente: non ho mai visto uno spettacolo più bello di quel cielo scuro che incombeva all’orizzonte, i nuvoloni sparsi sopra di noi, ed il sole dall’altra parte che proiettava sul cielo temporalesco un bellissimo arcobaleno…Wow!

Nell’ultima parte di tragitto vediamo finalmente gli alligatori (2 baby e 2 adulti, stupendi!) che tanto avevamo sognato di vedere e che, finita la pioggia, sono usciti dalla vegetazione per prendersi un po’ di sole. Scesi dall’airboat, con gli occhi lucidi per l’emozione, pensiamo addirittura di fare un altro giro ma ahimè, sono le 17:00 e il parco chiude proprio dietro di noi! Peccato!

Stanchi e un po’ zozzi dopo la giornata, ripartiamo per Miami dove finalmente vedo la famosa Calle Ocho, il cuore di Little Havana, ma solo dal finestrino dell’auto! Calle Ocho è particolare ma non eccezionale: un’infilata di ristoranti cubani, messicani, ecc e di negozi di tutti i tipi.

Torniamo a Miami Beach, ma arrivati all’incrocio tra la 5th St e la Collins Avenue troviamo il traffico bloccato. Al Walgreens all’angolo c’è un problema che non riusciamo ad identificare (sicuramente non fuoco, molto più probabilmente un’infiltrazione d’acqua viste le piogge torrenziali della giornata). Il solito dispiegamento di mezzi (3 camion dei pompieri, 2 auto della polizia e ambulanze varie) ci impedisce di girare nella via del nostro hotel, quindi decidiamo di fermarci dai Fratelli la Bufala, proprio lì davanti, e farci una pizza. Sempre buona! Poi finalmente doccia in hotel e approntamento valigie per il giorno dopo: si parte per Key West!

DOMENICA 9 AGOSTO 2015: MIAMI-KEY WEST

Lasciamo Miami Beach, ma prima di arrivare a Key West vogliamo però fermarci in due posti: Robert is Here, il fruttivendolo gigante che vende frutta tropicale consigliato dalla Lonely Planet e osannato da molti TpC; e l’altro lato delle Everglades, il Royal Palm Visitor Center.
Robert is Here si trova ad Homestead, all’incrocio tra due stradoni su cui si affacciano solo fattorie e case in legno che ricordano molto il film “Twister”! È un fruttivendolo atipico che, oltre ad avere una minifattoria sul retro (piuttosto triste però), fa smoothie e frullati di frutta e ti permette anche di consumare la frutta che compri nei tavoloni sul retro. C’è gente che si fa aprire cocchi per berne il latte, ma purtroppo io non conosco il metodo di consumazione del 90% della frutta in vendita (tutta tropicale), quindi mi perdo un po’ il bello del posto. Compro giusto una carambola (il frutto giallo che se lo tagli ha la forma di una stella), me la faccio lavare e tagliare e la mangio sul retro.

Poi si parte alla volta del Royal Palm Visitor Center, che non esiste sul navigatore quindi è un po’ difficile da trovare. Il bello dell’Everglades Park è che se tu paghi un ingresso e conservi lo scontrino, per tutta la settimana puoi rientrare gratis da quello stesso ingresso oppure dagli altri!

Noi infatti mostriamo il biglietto fatto alla Shark Valley ed entriamo senza pagare. Parcheggiamo l’auto e ci addentriamo in questo percorso super consigliato per l’avvistamento di alligatori: l’Anhinga Trail. Si tratta di un percorso relativamente breve (0,6 miglia) su passerella di legno sospesa sopra una palude da cui si possono vedere (in maniera del tutto potenziale) un sacco di animali.

Anche qui però, vediamo solo tartarughe, pesci e qualche uccello. Niente alligatori! Però il paesaggio è davvero stupendo! Io lo chiamo palude, ma è in realtà un “lago” stupendo circondato da verde e costellato di piante acquatiche. Bello bello bello!

Procedendo per Key West decidiamo di fermarci a Key Largo, al ristorante Fish House tanto osannato dalla Lonely Planet. Di questo posto purtroppo non posso parlare bene perché, nonostante il pesce fresco e davvero molto buono, la scortesia dei camerieri ci ha rovinato completamente l’esperienza. Fatti accomodare senza tante cerimonie, ci è stata presa l’ordinazione e portato il piatto nel giro di 2 minuti (neanche il tempo di lavarci le mani!). Ma ancora più rapido è stato il ritiro dei piatti con tanto di frase “Avete finito? Porto il conto?” invece della classica “Desiderate altro?”. Ma hai tutta sta fretta di mandarmi via???

Ripartiamo, e alle 18,30 passate finalmente arriviamo a Key West. Il nostro albergo, Duval Gardens, è su Duval Street, la via principale di Key West. L’hotel ci piace: è bello e molto tipico, la colazione è una bomba (grande varietà e ottima presentazione), la piscina è minuscola ma proprio bellina ed il personale è molto gentile e disponibile! Inoltre questa è la camera più carina, accogliente e ben arredata vista finora! Unica sfiga: i milanesi dell’altro giorno sembrano averci seguiti e soggiornano anche loro in questo hotel. Fortunatamente li vedremo solo per quella mattinata!

Dopo una doccia ci facciamo subito una passeggiata su Duval Street. Sembra di stare in un far west moderno, con tutte le casette di legno affacciate su questa via principale, ognuna ospitante un negozietto o un pub: fantastico!

Ci fermiamo a mangiare da Caroline’s Cafè, dove rimaniamo molto soddisfatti. Io prendo Shrimps Po’Boy, ovvero un panino servito aperto con sopra una montagna di gamberi fritti (divini), insalata, pomodoro e salsa. Buoooooooooono! Facciamo poi un giro fino a Mallory Square, la piazza più famosa di Key West, ma non c’è praticamente nessuno in giro, quindi, distrutti, torniamo in hotel e ci addormentiamo.

LUNEDÌ 10 AGOSTO 2015: KEY WEST

Oggi ci meritiamo una riposante giornata in spiaggia, quindi andiamo nella spiaggia più bella di Key West, consigliata dalla Lonely Planet e dalla proprietaria dell’hotel: quella all’interno del Fort Zachary Taylor Historic State Park. L’ingresso costa 7$ ad auto (oppure 2$ a persona se a piedi o in bici). Due lettini ed 1 ombrellone vengono invece 30$ (apppperò!). Noi li prendiamo, essendo provvisti solo dei teli gentilmente offerti dall’hotel.

Il vecchietto che viene ad aprirci l’ombrellone ci chiede da dove veniamo, io rispondo con un generico “Italy, from Milan” e lui mi risponde in inglese “Ah, tutti quelli che vengono dall’Italia arrivano da Milano”. Etttttttipareva! Che questa è la patria estera del milanese l’avevamo già capito, ma nel caso avessimo ancora qualche dubbio ci viene tolto da una nuova coppia di milanesi DOC che si mette nell’ombrellone di fianco al nostro, con la “sciura” che comincia a lamentarsi dei sassi, nell’acqua, del costo dell’ombrellone, di tutto! Io invece trovo questa spiaggia incantevole, anche se non bisogna assolutamente pensare che a Key West ci siano spiagge caraibiche, con acqua cristallina e palme ovunque! Queste spiagge, infatti, sono piene di alghe, ed alle palme si alternano parecchi pini. Ma mi basta entrare nell’acqua, raggiungere degli scogli a circa 100 metri dalla battigia e vedere la moltitudine di pesci che popola queste acque per innamorarmi del posto!

Dopo una nuotata e un po’ di sole saliamo al Cayo Hueso Café, il baretto che dà sulla spiaggia e di fronte al quale c’è il famoso albero con le frecce che indicano le distanze da svariate città nel mondo! Bellissimo! C’è anche Roma! Mangiamo io un Cheese Toast e E. un hamburger, Coca-Cola e Corona, seduti ai tavolini sul portichetto del bar.

Il pomeriggio scorre tranquillo con un altro bagno e tanto relax. Verso le 17:30 ce ne andiamo perché stasera non vogliamo perderci lo spettacolo del tramonto da Mallory Square. Dopo una doccia veloce in hotel, prendiamo Duval Street verso nord fino ad arrivare a Mallory Square, dove vediamo una folla incredibile rivolta verso il sole e intenta a scattare foto con qualsiasi tipo di dispositivo!

Ammirando il tramonto capisco perché è così famoso: non ho mai visto nulla di più bello! Il sole sembra vicinissimo ed il cielo ha dei colori pazzeschi: dal rosso aranciato al viola di alcune nuvolette sparse all’orizzonte. Io scatto foto a distanza di alcuni minuti l’una dall’altra (lo “spettacolo” da quando arriviamo dura circa 20 minuti) e in ogni foto i colori sono diversi: impressionante!

Affamati ci dirigiamo al Roof Top Cafè, quotatissimo da TripAdvisor. La location è davvero carina, ma cucina non è all’altezza del posto. Il pesce non sembra freschissimo (tanto che E. dopo la prima cozza accantona le altre) ed il mio piatto ha un errore di fondo: il finto parmigiano sulla pasta coi gamberi non si può vedere! Totale della cena per 2 primi, 1 calice di vino e acqua: 81$.

Dopo la cena voglio a tutti i costi provare la famosissima Key Lime Pie da Key Lime Republic. Lì te la danno in una vaschetta di plastica e la puoi mangiare dove vuoi. Io lo faccio sulla panchina color Lime che c’è fuori dal negozio. La torta è aspra, proprio come un lime, ma non è male. Senonché un’oretta dopo comincio a non stare bene e rimango nauseata per tutta le notte e parte del giorno successivo. Mmm, qualcosa mi dice che qualche ingrediente non era fresco!

MARTEDÌ 11 AGOSTO 2015: KEY WEST

Oggi ci dedichiamo alla visita della città ed allo shopping! Cominciamo subito dal Southernmost Point, un enorme panettone di cemento che indica che quello è il posto più a sud degli USA (falso, perché in realtà il punto più a sud è nella base navale a pochi metri da lì!).

Il panettone ci esalta tantissimo: nonostante non sia nulla di che ci fa subito simpatia! Ci mettiamo in fila per scattarci una foto (ebbene si, c’è la fila sul marciapiede!) e ci scambiamo lo scatto della foto con la coppia che attende davanti a noi. Poi aspettiamo i momenti tra una foto e l’altra dei vari turisti per scattare immagini in solitaria del simpatico panettone.

Risaliamo Whitehead Street fino al famoso Lighthouse che visitiamo dentro e fuori per 10$ a testa. Davvero molto bello! Per salire ci sono 88 gradini (occhio, non sono pensati per chi soffre di vertigini!) e dall’alto si vede il giardino sottostante, molti tetti e alcuni edifici della città.

Subito dopo c’è la Casa di Hemingway, che ha abitato qui per circa 10 anni con la seconda delle 4 mogli, nonché amica della prima moglie. Hai capito…?!

L’ingresso costa 13$ a testa e comprende una piccola guida scritta in italiano: utile! La casa è molto bella e lussuosa, davvero interessante da visitare anche per chi non è amante della letteratura.

Inoltre ci sono gatti ovunque, tutti discendenti dagli amati gatti dello scrittore e tutti molto simpatici. Peccato però non vederne nemmeno uno con le famose 6 dita delle zampe!

Ci dirigiamo verso il Cimitero, famoso per le lapidi con bizzarri epitaffi tipo “Ve l’avevo detto che non mi sentivo bene”. Arrivati qui scopriamo però che il cimitero è ancora in uso, piuttosto moderno e soprattutto gigante! Non riusciremo mai a trovare le lapidi che cerchiamo! E il sole scotta talmente tanto che il rischio è quello di morire nell’impresa!

Torniamo quindi su Duval Street decidiamo di pranzare di nuovo da Caroline’s Cafè dove mangiamo ancora una volta bene (Caesar Salad per me e bistecca cubana per E. Totale 49$). Poi inizia lo shopping: compriamo regali per noi e per amici e parenti. Uno dei gift shop più carini è forse quello che c’è all’angolo tra Whitehead St e Fleming St, dove c’è il famoso cartello del Mile 0!

Dopo gli ultimi acquisti torniamo in hotel e ci mettiamo in ammollo nella piccola piscina. Che goduria!

Usciamo per il secondo tramonto a Key West, poi, tornando verso l’hotel, ci fermiamo all’Old Town Mexican Cafè su Duval Street (i ristoranti sono tutti su questa via!) dove ci offrono delle tortillas fatte in casa ancora calde, con salsa: divine! Prendiamo entrambi un piatto di pollo con riso e verdure grigliate. Tutto molto buono! Totale: 63$.

MERCOLEDÌ 12 AGOSTO 2015: KEY WEST

Per l’ultimo giorno a Key West vogliamo solo relax, quindi torniamo alla spiaggia del Fort Zachary Taylor Historic State Park dove prendiamo ancora ombrellone e due sdraio.

Immancabile anche la nuotata fino agli scogli per vedere i pesci: che spettacolo incredibile!

Mangiamo ancora al Cayo Hueso Cafè e facciamo un altro bagno. Alle 17:45 risaliamo in “città” e, dopo una bella passeggiata, ceniamo da El Meson De Pepe, un ristorante cubano gigantesco che affaccia proprio su Mallory Square. Prendiamo io pollo ed E. bistecca, entrambi con contorno di riso e, a scelta, yucca o platano fritto. I piatti sono nel complesso giganteschi e molto buoni. Se cercate un pollo alla piastra senza salse o altre cose strane questo è il posto giusto per voi.

Dopo la cena torniamo in hotel e cominciamo a ripulire la mia valigia dai ragnetti che nel frattempo l’hanno infestata! Domani si torna a Miami per prendere il volo di ritorno a New York.

GIOVEDÌ 13 AGOSTO 2015: MIAMI

Sveglia presto per tornare con la nostra New Beetle a Miami dove la sera alle 18:55 ci attende il volo per New York. Da lì, il giorno dopo, ritorneremo in Italia.

Facciamo tutta una tirata e per l’ora di pranzo siamo Miami. Non vogliamo andare fino in centro, quindi ci fermiamo di nuovo dai Fratelli la Bufala dove si mangia sempre e comunque bene!

Facciamo un giro nello Shopping District, quindi lasciamo il caldo della città per dirigerci all’aeroporto. Lasciamo l’auto alla sede di Alamo (drop-off comodo e veloce) e con la navetta gratuita arriviamo in aeroporto con parecchio anticipo. Facciamo tutti i super controlli previsti negli USA e partiamo con mezzora di ritardo con la Delta Airlines.

Arriviamo a New York in perfetto orario, alle 22:00. Prendiamo un taxi (bisogna fare la fila pure per il taxi!) per l’hotel, che stavolta abbiamo preso vicinissimo all’aeroporto per ottimizzare gli spostamenti. Il Garden Inn & Suites si rivela però il classico albergaccio di periferia. Il letto è king-size ma la camera no, quindi non ci sono i comodini! Pazienza, dobbiamo starci solo una notte quindi non ce ne preoccupiamo. Doccia veloce e poi ci addormentiamo subito!

VENERDÌ 14 AGOSTO 2015: NEW YORK

L’ultima giornata di una vacanza è sempre moooolto triste!

Dopo una non colazione (la colazione più povera e triste di tutta la vacanza), decidiamo di limitare il trauma del ritorno visitando il mare di New York: Coney Island. Purtroppo, essendo mattina presto, tutto a Coney Island (famosa soprattutto per il parco divertimenti) è chiuso. Facciamo una passeggiata sul lungomare e sul molo (molto bello anche se l’aria freddina e la poca gente ricorda il mare italiano in inverno) dopodiché, non essendoci molto da fare in zona, prendiamo la metro arancione N e andiamo a salutare Times Square per l’ultima volta.

Il volo per Milano parte alle 20:30 e noi crolliamo entrambi addormentati. Atterriamo a Malpensa alle 13:00 in perfetto orario. La vacanza è finita… e io non vedo l’ora della prossima!

Tirando le somme dell’intero viaggio devo fare alcune considerazioni: a New York siamo riusciti a vedere tutto quello che ci interessava tranne la salita sulla Freedom Tower (rimpianto che mi perseguita tutt’ora) e la High Line.

Peccato anche per il murale di Keith Haring, ma devo ammettere che la zona in cui si trovava non era proprio sicura. Inoltre avrei voluto vedere una messa gospel, ma i racconti dei TpC ed alcune recensioni negative su TripAdivsor ci hanno fatto desistere.

Anche in Florida mi rammarico di non aver visto la costa ovest affacciata sul Golfo del Messico, ma la Florida è certamente un Paese che vorrò visitare nuovamente in maniera più approfondita, anche per vedere Orlando! Alla prossima, USA!



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