Da Denver a San Francisco attraverso i parchi dell’Ovest

Un viaggio sensazionale: cinquemila chilometri di meraviglie tra natura sconfinata, piccoli paesi e mitiche città
Scritto da: Labila
da denver a san francisco attraverso i parchi dell’ovest
Partenza il: 11/08/2012
Ritorno il: 28/08/2012
Viaggiatori: 2
Spesa: 4000 €

11 Agosto: Roma-Denver

Siamo in partenza per una vacanza prenotata diversi mesi fa. In questi casi la sensazione è sempre la stessa: sembrava un giorno che non sarebbe mai arrivato e invece eccoci in aeroporto. Il nostro volo è alle 11.45 con la compagnia British Airways. Arriviamo a Denver facendo scalo a Londra alle 19.00. Sbrighiamo le formalità d’ingresso piuttosto velocemente con l’addetto alla sicurezza che pone le domande di rito e dà il benvenuto addirittura in italiano. Seguiamo l’indicazione “rent a car” e superata l’uscita è già pronta per noi la navetta Alamo. Le compagnie di noleggio sono infatti a qualche chilometro di distanza. Siamo gli unici clienti e ci viene offerto anche il caffè. Al momento di ritirare tutta la documentazione decidiamo di stipulare un’ulteriore assicurazione che prevede assistenza 24 ore su 24 in caso di guasti o problemi di vario genere, il costo è di 6,99$ al giorno ma la reputiamo piuttosto importante. La scelta è tra una vastissima gamma, la nostra attenzione è per una Chrysler 200, molto grande ma soprattutto comodissima. L’albergo prenotato è l’Holiday Inn Express (99$)che è a pochi chilometri da noi. Vista la stanchezza ,dopo 15 ore di volo, la scelta è stata quella giusta.

12 Agosto: Denver – Moab

Inutile dire che per il fuso ci svegliamo alle ore più insolite. Alle quattro del mattino siamo pronti per affrontare la giornata. Dopo colazione inizia il vero e proprio viaggio. I primi luoghi che attraversiamo sono tutte belle località sciistiche adesso immerse nel verde e attrezzate per i vari trekking estivi. Poco prima di arrivare prendiamo la deviazione per la Scenic Byway 128. Rappresenta il nostro primo impatto con lo scenario roccioso americano: rimaniamo senza fiato. I colori iniziano a farsi sempre più intensi, le conformazioni danno l’idea di essere millenarie e il tutto accompagnato dal corso del fiume Colorado che impetuoso percorre la sua strada. Arriviamo a Moab verso le due del pomeriggio. Il Motel scelto è il Rustic Inn. Alla reception non risulta però la nostra prenotazione ma avendo ancora stanze libere non c’è problema. Suppongo che avremmo trovato posto ugualmente perché le opzioni sono diverse, oltretutto una volta entrati non abbiamo una buona impressione: si tratta di un appartamento con tanto di angolo cottura ma è buio e l’unico lavandino presente è quello della cucina, davvero scomodo. Nel tardo pomeriggio visitiamo il nostro primo parco. Difficile, se non impossibile, non rimanere entusiasti di Arches. Qui regna la più alta concentrazione di archi naturali in pietra, con uno scenario complessivo da far venire i brividi: passiamo sotto rocce che sembrano sospese in aria. Ai nostri occhi appaiono reggersi per miracolo e non stiamo parlando di piccoli sassi ma di veri e propri complessi monumentali. Lo stesso Delicate Arch, il cui nome la dice lunga, poggia la sua forza su un braccio tutt’altro che lineare: presenta da un lato una strozzatura tale da farlo apparire semplicemente appoggiato. L’idea è che basti un soffio per farlo venire giù ed invece è lì, nel pieno della sua grandezza. Meraviglioso è anche il Double Arch con i suoi intrecci e le grandi Noth e South Window : due gigantesche finestre che dominano una parte della valle. La sera ci fermiamo in una Steakhouse lungo la strada di ritorno da Moab: Buck’s Grill House, un po’ caro (80,42$) ma la carne è molto buona. Prendiamo un piatto unico con cosciotto d’agnello e verdure grigliate.

13 Agosto: Moab – Mexican Hat

Partiamo in direzione del territorio Navajo. Attraversiamo il paese di Bluff dove ammiriamo le Twin Rocks, due bellissimi pinnacoli che si inerpicano verso il cielo. Sosta obbligata al Goosenecks State Park: canyon nero e profondo che incute quasi timore. Questa volta il fiume che ha scavato nella roccia è il San Juan River che la tiene in una stretta morsa quasi a celebrarne il possesso. Fantastico. Proseguiamo verso Mexican Hat e capiamo presto il perché di questo nome bizzarro: lo scenario è caratterizzato da una singolare roccia a forma di sombrero anch’essa sorretta da non si sa bene cosa, il cerchio poggia infatti su una struttura piramidale dove ha evidentemente trovato il suo perfetto baricentro. Dopo un veloce break nel food mart proprio di fronte al motel dove alloggeremo questa notte (Mexican Hat Lodge 97,02$) continuiamo sulla strada dalla prospettiva infinita che, quando meno te l’aspetti, regala uno scenario dalla maestosità incredibile: la Momunent Valley si spalanca dinanzi a noi ed è un’emozione semplicemente scrutarne i contorni a chilometri di distanza. Arriviamo all’ingresso il cui costo è di 5$ a testa. Si può scegliere se visitarla con la propria autovettura o fare un’escursione organizzata. Propendiamo per la prima soluzione. Ogni formazione monolitica ha un significato ben preciso e strettamente legato alla cultura degli indiani Navajo. Per quel che riguarda noi la sensazione è di vivere in un’epoca lontana nel tempo dove l’unico a parlare è il vento con il suo sibilo costante e non saremmo rimasti affatto sorpresi se da un momento all’altro fossero comparsi loro, i primi indiani al galoppo. La scenografia è tale da lasciare spazio a tutta l’immaginazione possibile. La strada che si percorre ha profonde buche ed è piena di sabbia al punto che in un paio di occasioni non è difficile rimanere impantanati. Per fortuna va tutto liscio, anzi siamo anche fortunati perché appena terminato il nostro giro inizia a piovere. Ci ripariamo all’interno del gift shop e al momento di uscire sono gli arcobaleni a farla da padroni. La sera assaggiamo le famose bistecche, cotte su una grossa griglia dondolante sul fuoco, dal propietario del motel vestito in perfetto stile cowboy. La cena è ottima (72,00$), la camera accogliente.

14 Agosto: Mexican Hat – Page

Visitiamo il Navajo National Monument dove alla fine del Sandal Trail un telescopio permette di ammirare i resti di un villaggio anasazi ancora in piedi. Il posizionamento di queste vecchie abitazioni è eccezionale: all’interno di una grande roccia scavata con intorno l’immenso canyon di Betatakin. Arriviamo a Page verso l’1.30 del pomeriggio anche se in realtà è mezzogiorno e mezza. All’interno della riserva indiana non si applica l’ora legale come invece avviene nel resto dell’Arizona. Ci mettiamo alla ricerca di un’agenzia che consenta di effettuare l’escursione nel sito dell’Upper Antelope per il giorno dopo, nell’ora in cui il raggio di sole penetrando dentro al canyon crea un effetto, a detta di tutti, molto suggestivo. Ma ahi me non c’è niente di libero. Questo crea un po’ di nervosismo tra di noi, oltretutto fa un caldo pazzesco che certo non aiuta. In barba a tutto ciò cambiamo strada per dirigerci all’Horshoe Bend panorama che abbiamo letto essere imperdibile. Lasciata la macchina è necessario percorrere un sentiero di per se non impegnativo ma che con il sole a picco diventa faticoso. Arrivati rimaniamo scioccati da tanta bellezza: sempre lui, il Colorado che si fa strada circondando un gigantesco macigno. La conformazione è simile a quella del Goosenecks, quel che cambia sono i colori. Qui l’immagine è più delicata: un profondo abbraccio tra fiume e roccia. Ora però abbiamo bisogno di un po’ di fresco. Puntiamo al Lake Powell con l’obiettivo di un bel bagno. Entriamo nella Marina di Wahweap dove troviamo una spiaggia che fa al caso nostro. Ci rilassiamo nelle acque del lago ma fulmini e saette spuntano all’orizzonte. Sembra debba venire giù il finimondo così prese le nostre cose continuiamo il giro della marina. In realtà non cadrà neanche una goccia. Ci fermiamo nel punto dove ormeggiano le barche e seduti alle panchine ammiriamo il panorama: sarà anche un lago artificiale ma è meraviglioso l’incastro che si crea con le guglie intorno, per non parlare delle sfumature di rosso che al tramonto si fanno sempre più intense. Prima che chiuda ci rechiamo al Visitor Center per vedere da un’ampissima vetrata la diga di Glen Canon. Fa venire le vertigini solo a guardarla, le sue dimensioni sono impressionanti. La sera alloggiamo al Red Rock Motel (55$) dove il simpatico proprietario conferma la nostra idea, maturata nel corso della giornata, di recarsi domani all’altro sito, il Lower Antelope Canyon a suo parere di gran lunga il migliore. Per la cena Page non sembra offrire granchè, alla fine ripieghiamo da Mc Donald’s.

15 Agosto: Page – Bryce Canyon

Sveglia all’alba e colazione in un posto delizioso: Beans Gourmet Coffe House. Andiamo quindi verso il Lower Antelope Canyon che non è neanche segnalato. Lo troviamo solo dopo aver chiesto informazioni e ci mettiamo in fila per la visita guidata. L’ingresso è di 20$ più 6$ per il parcheggio. Alle 8.30 siamo pronti. Si parte da una profonda spaccatura della terra nella quale siamo invitati ad entrare. Chi l’avrebbe mai detto che avremmo visitato un canyon tanto da vicino? Per passare da un punto all’altro dobbiamo appiattirci contro le pareti, un sistema di scale metalliche permette di andare sempre più in profondità. Mi tremano le gambe, gli spazi sono piccoli a volte ripidi ma che spettacolo guardare in alto e cercare il cielo attraverso queste conformazioni dalle curve tanto dolci. Le mani sono piene di sabbia rossa ed è come se portassimo via con noi una parte di questa meraviglia. Non proviamo neanche a visitare l’altro sito: all’entrata ci sono pullman su pullman e noi siamo assolutamente contenti così. Procediamo i direzione di Bryce , ad un certo punto la sorpresa. La Scenic Byway 12 offre uno scenario sensazionale: il Red Canyon. Il fatto che si chiami così non è un caso. Il colore rosso intenso domina ovunque. Ci fermiamo e incontriamo un harleysta . Lab gli chiede di poter fare una foto con la moto sotto all’ennesimo, splendido arco naturale. Che immagini incredibili offre questa natura. Una volta a destinazione entriamo nel parco e siamo circondati da cerbiatti. Non hanno paura , all’inizio guardano incuriositi e poi continuano per la loro strada. Saliamo nei punti migliori da dove osservare i famosi “Hoodoos”: Sunset e Sunrise point. Il panorama cambia ancora: si apre di fronte a noi un immenso anfiteatro con infiniti pinnacoli frutto dell’acqua che gelando erode la roccia. Ciò che colpisce è proprio la vastità di uno spazio che sembra non finire mai. Giriamo poi per le stradine di Bryce City in stile western e alle 19.00 assistiamo ad un rodeo (11$ a testa). Quando Lab mi fa capire il motivo per il quale cavalli e tori si agitano tanto penso che non parteciperò mai più ad una cosa del genere, in men che non si dica andiamo via. La sera ceniamo in fast food e la notte la passiamo al Best Western Grand Hotel. Davvero bello e confortevole ma piuttosto caro (169$ compresa prima colazione)

16 Agosto: Bryce Canyon – Las Vegas

Si parte in direzione Las Vegas. Non seguiamo la strada indicata dal navigatore perché vogliamo attraversare la Scenic Byway 14 che si snoda nella Dixie National Forest. Si tratta di una grande foresta dal classico colpo d’occhio montano con tantissimi pini, un bellissimo lago ma dove a tratti il terreno appare coperto da pietre laviche. Forse non sarà quella la loro natura ma è l’impressione che danno. Molto particolare. Giunti a destinazione lasciamo la macchina nel parcheggio gratuito del nostro Hotel, il Bill Gamblin’Hall and Saloon (104$ per due notti) e iniziamo ad esplorare la città a piedi. Siamo in zona centralissima di fronte al Bellagio. L’impatto con la metropoli sempre in festa è un po’ traumatico: dov’è finito il cappello solitario di Mexican Hat? E il sibilo del vento della Monument Valley?Qui regna il caos totale. Per prima cosa prenotiamo un’escursione per domani che prevede il sorvolo del Grand Canyon in aereo più un bus all’interno del parco (309$ a testa) verso il South Rim e poi iniziamo con la visita degli alberghi. Si tratta di un viaggio dalla piramide d’Egitto del Luxor fino a Piazza S. Marco del Venetian con tanto di gondole e gondolieri passando per New York e Parigi. E’ sicuramente una città da vedere perché esce fuori da qualunque tipo di canone e nel suo genere è forse unica al mondo ma la trappola dei casinò, la tanta povertà a dispetto del lusso sfrenato nonché il giro di prostituzione sfacciatamente pubblicizzato ai turisti, un po’ lascia perplessi. Ceniamo all’Hard Rock (65,61$) su una terrazza che si affaccia sulla strip divenuta nel frattempo un mosaico di luci, pronta per le movimentate e lunghissime notti. Aspettiamo di fronte al Bellagio che si aprano le danze per le fontane ma il troppo vento ne impedisce l’accensione. Andiamo allora allo spettacolo del Volcano at The Mirage, ben fatto comunque.

17 Agosto: Las Vegas – Grand Canyon – Las Vegas

Ora che siamo pronti a volare sul Grand Canyon a bordo di un piccolo aereo da turismo iniziamo a provare un po’ di terrore. Temiamo che ci siano le forti folate della sera prima che faranno ballare parecchio. Per fortuna non sarà così. In realtà potevamo giungere qui per conto nostro partendo da Page ma avevamo messo in conto di arrivare “dall’alto” per un’esperienza diversa e particolare. Con il pullman entriamo in vari punti panoramici . Ci sporgiamo nel vuoto ed eccolo, sempre lui, il fiume Colorado a stupirci ancora una volta. Da dove siamo è solo un rigagnolo ma la sua forza non ha eguali: ha creato questo paesaggio sensazionale e non si fermerà, destinandolo evidentemente a continui cambiamenti. Ritornati a Las Vegas camminiamo quasi un’ora per raggiungere lo Stratosphere: elevatissima torre da dove godere di una vista superlativa. L’entrata è di 18$ ma difficilmente ricapiterà di salire tanto. Assolutamente consigliata.

18 Agosto: Las Vegas – Death Valley – Los Angeles

Da adesso in poi il viaggio è in piena libertà. Finora avevamo prestabilito le tappe e prenotato motel ed alberghi, ora decidiamo tutto sul momento. Ed è sul momento che prendiamo la direzione per la Death Valley. Certo agosto non è il periodo ideale ne tantomeno l’ora in cui arriviamo (l’1.30) ma come si fa a non visitarla? Scendiamo dalla macchina dalla quale già da un po’ abbiamo spento l’aria condizionata per abituarci, nel limite del possibile, al caldo. Saliamo per la piccola collina che porta ad ammirare Zabriskie Point e viene da chiedersi come sia possibile che dopo aver visto tanto continuiamo a sorprenderci ancora. Per tutto il percorso mille emozioni prendono il sopravvento. Il tempo appare fermo da secoli dinanzi a questi paesaggi lunari. Sembra sia sparita ogni traccia di vita sulla terra, in che modo infatti si potrebbe mai sopravvivere qui? Eppure se pensiamo alla confusione che regna in quasi tutte le città ci rendiamo conto che abbiamo bisogno anche di questo silenzio per continuare il nostro percorso quotidiano e ne facciamo pieno carico. Solo quando il vento caldo inizia a bruciare sul viso cominciamo ad allontanarci. Prossima tappa Los Angeles. Commettiamo l’errore di inserire sul navigatore non tanto una via quanto un numero civico a caso che ci portasse verso Santa Monica. Le strade qui sono lunghe chilometri e chilometri e ad un certo punto non capiamo più nulla. Compriamo una cartina per verificare a che altezza siamo. L’oceano non si vede, veniamo da ore di macchina e si è fatto buio. Decidiamo di fermarci nella catena dei Confort Inn che hanno delle strutture eccezionali. Il fatto però di essere evidentemente quasi arrivati alla costa fa schizzare il prezzo a quasi 200$. Siamo troppo stanchi, accettiamo. Dopo una doccia necessaria cerco però con l’aiuto del mio pc un albergo per le prossime due notti magari meno bello ma più economico.

19 Agosto: Los Angeles

Ci raggiungono Edo e Barbara, due nostri cari amici di Roma in giro per la California. Insieme passeggiamo per l’allegro e caratteristico Pier di Santa Monica, la bellissima Third Street e una volta ripresa la macchina arriviamo a Malibù Beach. Certo i surfisti ci sono ma la spiaggia non vale granchè. Un tuffo nell’oceano con l’intenzione di raggiungere S. Barbara nel pomeriggio. Il traffico per arrivare è fin da subito molto intenso e non essendo proprio di strada io e Lab decidiamo di tornare indietro per riprovare domani. Impostiamo questa volta la via esatta dell’albergo prenotato ieri sera per vedere dove finiremo. Siamo all’Hollywood Inn nell’omonima zona. Il posto è molto carino e curato, c’è una bella piscina e il prezzo è di 104$ a notte colazione inclusa. Non male. Usciamo e andiamo in direzione di Rodeo Drive e di Beverly Hills che insieme rappresentano quanto di più ricco ed elegante ci sia in giro: dalle boutique più costose alle ville più sfarzose. Hollywood si presenta invece come una lunga via dove sui marciapiedi sono impresse delle stelle dedicate alle star del cinema e non solo. Non ci aspettavamo niente di diverso ma tutto sommato la passeggiata non è male: rimane in ogni caso una strada piena di vita e illuminata a festa. Giusto il parcheggio fa storcere il naso: 20$. Facciamo la foto di rito con alle spalle la collina dove è impressa la celebre scritta e per cena confermiamo per l’Hard Rock.

20 Agosto: Santa Barbara – Los Angeles

Di buon mattino ci rechiamo a Santa Barbara. Questa volta, complice il fatto di essere lunedì, niente traffico. In meno di due ore siamo lì. E’ una ridente cittadina di mare anch’essa con un imbarcadero molto particolare e una via centrale deliziosa che pullola di piccoli negozi, botteghe e ristoranti. E’ un vero piacere gironzolare da queste parti. Di ritorno ci fermiamo a Venice Beach. Questo posto non va perso. I più snob lo troveranno orribile per noi è un vero spasso. Tutto ciò che è normalmente vietato qui sembra ampiamente legalizzato: dall’uso della marijuana ai piercing fatti in ogni dove, incontriamo cani con gli occhiali da sole e chi può permetterselo sfoggia nella muscle beach un fisico statuario. Una sorta di gabbia di matti. La spiaggia dal canto suo è magnifica. Torniamo facendo una lunga camminata sul bagnasciuga accompagnati da un bel sole caldo. In serata torniamo verso la Third Street per vederla illuminata dalle luci della sera: ancora più bella, ancora più chic.

21 Agosto: Los Angeles – Sequoia N.P. – Oakhurst

Siamo indecisi se passare una giornata agli Universal Studios: da poco abbiamo visitato Orlando con i suoi eccezionali parchi di divertimento. Da quanto abbiamo letto le attrazioni sono molto simili con la percezione che quelle che abbiamo visitato sono state anche migliori. Dopo qualche esitazione partiamo in direzione del Sequoia N.P. Impieghiamo forse più di un’ora solo per varcare l’entrata a causa di lavori ma eravamo preparati perché avevamo letto quest’informazione in Italia. Una volta dentro siamo quasi commossi. Non ci sono parole per definire questi giganti buoni che svettano in cielo dritti e rigogliosi: siamo solo puntini ai loro piedi. Dobbiamo allontanarci per farli entrare nell’obbiettivo delle nostre macchinette e nel camminare a testa in su ripetiamo costantemente: “non è possibile”. Esseri millenari con più anni di Gesù che hanno visto scorrere la storia come nessuno mai. Facciamo il trail che conduce al più grande di tutti: il General Shermann. Poi passiamo a quello circolare che inizia vicino al museo. Siamo solo noi due, gli scoiattoli e una marmotta. La base dei tronchi sembra una zampa di dinosauro e a dirla tutta l’intero scenario ha molto del giurassico. Incredibile. Completato il giro arriviamo a Oakhurst dove pernottiamo sempre al Confort Inn (109$). Bagno in piscina per riprendere le forze e cena messicana. Prima di dormire ripenso alla giornata di oggi. Siamo stati inebriati da tanti paesaggi: dagli archi in piedi quasi per magia, alla forza del Colorado, dalla maestosità della Monument Valley alla profondità del Grand Canyon passando in primis noi per le strette fessure dell’Antelope, per non parlare poi dei camini di Bryce. Tutto bello, tutto spettacolare ma niente al confronto delle Sequoie: unica grandezza al contrario delle altre che respira, vive e cresce. Non possono parlare ma la loro presenza è come se lo facesse. La più esaltante creazione della natura che abbia mai visto.

22 Agosto: Oakhurst – Yosemite N.P. – Mariposa

Siamo alle porte di Yosemite e dopo poco ne oltrepassiamo l’ingresso. Andare al Mariposa Grove è impossibile, i parcheggi sono tutti pieni anche a Wawona. Ci dirigiamo allora verso il Glacer Point da dove si gode di una vista sensazionale. Riscendiamo per la Yosemite Valley. Notiamo che le cascate non sono nel pieno del loro splendore, leggiamo infatti che in questo periodo la portata d’acqua è molto contenuta. Rimaniamo nel sottobosco fermandoci a caso in vari punti. Superata la gran folla ci divertiamo a passeggiare nei torrenti circondati dalle grandi vette, incontriamo un cervo e un cerbiatto con il suo piccolo. Il paradiso non può essere tanto diverso da qui. Andiamo via con un po’ di malinconia all’idea che questo sia stato l’ultimo parco del nostro viaggio. Ci fermiamo nel paese di Mariposa, un particolare villaggio in stile Western. Dormiamo al Mineers Inn(109$ compresa colazione). La sera ceniamo nel ristorante appartenente allo stesso complesso, ottimo (72$).

23 agosto: Mariposa – Monterey

Siamo a Monterey una graziosa cittadina sulla costa, avvolta purtroppo da una nebbia fitta. Quando giungiamo al pontile spunta qualche raggio di sole e basta questo a convincerci di partecipare ad un’escursione di whale watching (40$ a testa). Ci copriamo come possiamo e prendiamo al volo l’ultima barca in partenza della giornata. Di megattere neanche l’ombra ma veniamo letteralmente circondati da un branco di delfini. Sono diversi da quelli che ogni tanto è capitato di vedere: grandissimi e bianchi. Uno in particolare non lo dimenticheremo mai: appena ha visto la barca ha iniziato a saltare per attirare la nostra attenzione. E’ stato un chiaro segno di saluto avvalorato dal fatto che non c’era nessun domatore a dirigerne il movimento. Torniamo al porto infreddoliti anche perché qui la temperatura è di per sé già bassa. In un chioschetto mangiamo la fantastica Clam Chowder, zuppa di vongole assaggiata per la prima volta a Cape Cod nel New England. Qui viene servita all’interno di una pagnotta scavata. Che bontà! Per la notte ci fermiamo al Lone Oak Lodge (89$ senza prima colazione) con una bollente vasca idromassaggio e sauna.

24 agosto: Monterey – Jenner

Percorriamo un lungo tratto di costa Californiana. La nebbia di tanto in tanto lascia spazio a un sole meraviglioso ma in entrambe i casi è il fascino che domina: spiagge immense, mare agitato, scogliere a picco impressionanti. Passiamo di volata a San Francisco attraversando il Golden Gate. Foto di rito e via ad esplorare cosa si nasconde dopo il ponte. Un percorso tanto bello quanto impegnativo, per il numero di curve presenti, conduce alla riserva naturale di Pont Reynes. Qui è scritto si trovi il punto dove si è verificata con maggiore intensità la faglia di Sant’Andrea. Facciamo il breve tragitto chiamato appunto Earthquake. La vegetazione intorno è molto rigogliosa per cui è difficile vedere qualcosa ma la posizione degli alberi è sospetta: completamente distesi sul terreno ma vivi, proprio come se il balzo in avanti della terra li avesse fatti cadere senza però danneggiarne le radici. Continuiamo senza una meta ben precisa e arriviamo a Jenner. C’è una struttura molto particolare (Jenner Inn) dove entro per sapere se possiamo rimanere la notte. Facciamo una pazzia: dormiamo per 197$(compresa prima colazione)in una casetta in riva al mare con un bel terrazzo che ospita una vasca idromassaggio tutta per noi. Ci sentiamo fuori dal mondo e in parte lo siamo: niente TV, niente internet, nessun campo per il cellulari. Gli unici esseri viventi che incontriamo sono un piccolo coniglio e cerbiatti che spuntano nel bosco presente alle nostre spalle, ottima compagnia.

25 Agosto: Jenner – San Francisco

La nostra macchina inizia a chiedere pietà: avvisa di cambiare l’olio e le gomme. Le chiediamo virtualmente di pazientare perché una volta a San Francisco avrà modo di riposare. Facciamo colazione nel salone principale del Jenner Inn, ovviamente differente da quanto mangiato finora: timballo di patate e spinaci, frutta fresca e un dolcetto che potrebbe somigliare al nostro pan forte. A San Francisco avevamo prenotato telefonicamente un motel per le notti del 26 e 27. Proviamo a vedere se c’è posto per un giorno in più. La scritta vacancy scioglie ogni dubbio. Il costo è di 130$ a notte con parcheggio gratuito. La stanza è carina e la posizione non male: su Lombard Street ad a 15 minuti a piedi dal Pier 39. Il posto si chiama Redwood Inn. Siamo affamati, casualmente in quel momento Barbara ed Edo con un messaggio ci consigliano la zuppa di vongole all’Hog Island Oyster dentro al Ferry Building. Da noi è quasi un’ora di cammino e l’appetito aumenta. Una volta seduti ordiniamo di tutto: ostriche, zuppa e crostini al formaggio. Spendiamo 94$ ma abbiamo mangiato fino a scoppiare. Da lì proseguiamo per il distretto finanziario e per la zona commerciale di Union Square. Passiamo per China Town e raggiungiamo un’altra volta l’oceano per arrivare a famigerato Pier. E’ sicuramente questo il posto più frequentato, ma l’affluenza la merita tutta: piccoli negozi, una giostra, pigri ma simpatici leoni marini, l’acquario e una vista speciale su Alcatraz e il Golden Gate.

26 Agosto: San Francisco

La nostra giornata inizia con la visita al sottomarino Pampanito (12$ a testa). Impressionante immaginare come tanti uomini abbiano condiviso spazi così angusti. Proseguiamo con l’acquario (18$ a testa) ma niente di che. Probabilmente avrebbe meritato di più quello di Monterey. Spuntino al sole e visto il caldo ne approfittiamo per un giro su uno degli autobus scoperti per arrivare a scoprire più punti possibili della città (25$ a testa). Il tour dura due ore e ripaga le nostre attese: passiamo dalle ville vittoriane al municipio, dal Presidio al Golden Gate Garden con tanti scorci da immortalare. Una volta scesi torniamo verso Union Square per un po’ di shopping. Attraversiamo il quartiere cinese ma non la parte turistica e si vede:molta più sporcizia, molta più povertà.

27 Agosto: San Francisco

Curiosiamo nella Ghirardelli Square prima di imbarcarci per Alcatraz (28$ a testa). La visita al carcere penitenziario viene fatta con l’ausilio di audio guide che la rendono molto suggestiva: passare davanti alle celle e ascoltare la storia da chi l’ha vissuta non lascia certo indifferenti. Una volta rientrati facciamo gli ultimi regali e poi verso il motel per effettuare il chek in on line, domani infatti si torna a casa. Il sole purtroppo sta tramontando anche su questa giornata ma non permetteremo mai che tramonti sui nostri ricordi. Saranno sempre vive le emozioni provate su questa terra che ogni volta riesce a stupirci. La speranza è quella di tornare presto per nuove avventure anche se una parte del nostro cuore rimarrà qui, insieme a quella natura e ad ogni sua manifestazione che tanto ci ha incantato e che tanto, ne siamo certi, ha ancora da mostrarci.

Consigli e dettagli

– Abbiamo prenotato il viaggio intorno al 20 marzo per partire ad agosto spendendo 1.200 euro a testa. Non sono pochi, ma la British Airways è stata un’ottima compagnia. Se si riescono ad anticipare ancora più i tempi forse è possibile spendere un po’ meno.

-Ci siamo ridotti all’ultimo giorno per la patente internazionale perché una settimana prima della partenza abbiamo letto che nel Colorado era obbligatoria… nessuno l’ha chiesta.

– La compilazione dell’Esta adesso è a pagamento (14$ a persona), dovrete compilarla con carta di credito a portata di mano.

-Vicino ai parchi abbiamo preferito prenotare dall’Italia perché avevamo letto che in alta stagione è difficile trovare posto. In realtà i motel, da quel che abbiamo notato comunque si trovano, la comodità sta essenzialmente nel non perdere tempo a cercare magari di sera con parecchie miglia alle spalle. Giusto intorno alla Monument Valley non c’è granchè, lì effettivamente è meglio avvantaggiarsi.

-All’entrata del primo parco acquistate l’annual pass (80$) che vi permetterà l’ingresso a tutti gli altri esclusi quelli all’interno del territorio Navajo.

-All’ingresso i ranger forniscono il giornale del parco con mappe, raccomandazioni ed escursioni. Potete comunque stamparvi le informazioni più importanti e le cartine già dall’Italia (e in Italiano) sul sito www.nps.gov/findapark/index.htm.

– Le assicurazioni per la macchina aumenteranno ovviamente il costo ma il rischio di fare incidenti con gli animali è purtroppo alto per cui conviene studiarsi le opzioni possibili

-Il navigatore è essenziale, soprattutto per le grandi città. Non affidatevi alle mappe dei cellulari, spesso non c’è segnale per centinaia di chilometri…

-Quello che sicuramente va prenotato dall’Italia è Alcatraz, sul posto è difficile trovare i biglietti.

-Spesso ci siamo chiesti dove stavamo guidando perché l’idea è quella di non arrivare mai…. ma questo fa di tutto l’itinerario una continua e elettrizzante sorpresa.

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Red Canyon

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Grand Canyon

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Arches N.P.

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Ila e Lab

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S. Francisco

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Las Vegas

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Lab al Red Canyon

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